Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, Sezione Distaccata di Catania,
sez. VI, 07.05.2020 n. 2825
Svolgimento del processo
A. proponeva ricorso avverso l’atto di pignoramento presso terzi n. 2018/340 emesso dall’Agente della Riscossione, recante l’importo di Euro 220.866,64, per il recupero di somme dovute in virtù di n. 35 cartelle di pagamento alcune delle quali emesse dall’Agenzia delle Entrate di Catania, asseritamente mai notificate, chiedendo dichiararsi l’illegittimità e/o inefficacia del pignoramento presso terzi e la nullità delle cartelle sottese, disconoscendosi il credito erariale.
L’Ufficio, con atto di intervento volontario, ha dichiarato il proprio difetto di legittimazione passiva, rilevando che abilitato a contraddire sarebbe solo l’Agente per la riscossione, rimasto comunque estraneo al giudizio. La CTP dichiarava preliminarmente il difetto di legittimazione passiva dell’Agenzia delle Entrate di Catania e la inammissibilità del ricorso, a causa dell’omessa chiamata in causa del concessionario.
Appella R. A. il quale propone cinque motivi di censura in riferimento alla dichiarata inammissibilità del ricorso, atteso che la legittimazione passiva compete sempre all’Ente impositore e alla asserita tardività dello stesso, che sarebbe stato proposto tempestivamente in relazione alla avvenuta conoscenza del pignoramento impugnato. In appello sono stati devoluti pure tutti gli altri motivi del ricorso introduttivo.
L’AE ha chiesto il rigetto dell’appello.
All’udienza del 18-2-2020 la causa è stata posta in decisione.
Motivi della decisione
Va anzitutto rilevato che il ricorso introduttivo, oltre a riguardare gli atti esecutivi impugnati, riguardava anche la mancata notificazione della cartelle di pagamento che portavano i ruoli in forza dei quali si procedeva all’esecuzione impugnata.
In merito va detto che nella disciplina della riscossione delle imposte la cartella di pagamento svolge la funzione di portare a conoscenza dell’interessato la pretesa tributaria iscritta nei ruoli, entro un termine stabilito a pena di decadenza della pretesa tributaria. In tale caso la legittimazione passiva spetta all’ente titolare del credito tributario e non già al concessionario, al quale, se è fatto destinatario dell’impugnazione, incombe l’onere di chiamare in giudizio il predetto ente, se non vuole rispondere dell’esito della lite, non essendo il giudice tenuto a disporre d’ufficio l’integrazione del contraddittorio, in quanto non è configurabile nella specie un litisconsorzio necessario (Cassazione civile, sez. trib., 24/04/2018, n. 10019).
Sicché la tardività (al pari della ·mancanza) della notificazione della cartella non costituisce vizio proprio di questa, tale da legittimare in via esclusiva il concessionario a contraddire nel relativo giudizio. La legittimazione passiva spetta, pertanto, all’ente titolare del credito tributario e non già al concessionario, al quale, se è fatto destinatario dell’impugnazione, incombe l’onere di chiamare in giudizio l’ente predetto, se non vuole rispondere dell’esito della lite, non essendo il giudice tenuto a disporre d’ufficio l’integrazione del contraddittorio, in quanto non è configurabile nella specie un litisconsorzio necessario (Cassazione civile, sez. trib., 14/05/2014, n. 10477).
Conseguentemente la sentenza, che aveva dichiarato la inammissibilità dei ricorso introduttivo perché non era stato chiamato in causa il Concessionario per la riscossione, va riformata.
Anche il rilievo contenuto in seno alla sentenza impugnata e relativa alla mancanza di prove sulla tempestività del ricorso introduttivo è privo di fondamento in quanto risulta, e comunque è riportato in seno al ricorso in appello, che il pignoramento presso terzi impugnato fu notificato al ricorrente in data 26-1-2018, sicché il ricorso notificato in data 27-3-2018 deve essere considerato tempestivo.
Spettava all’Ufficio dimostrare che le cartelle sottese all’atto esecutivo impugnato con esse, erano state notificate in data precedente o, in alternativa, chiamare in giudizio il Concessionario per la riscossione ex art. 14 terzo comma D.Lgs. n. 546 del 1992.
In mancanza di prova della notifica delle cartelle l’appello va accolto e le cartelle vanno annullate, seppure limitatamente a quelle aventi natura fiscale, atteso che per tutte le altre difetta la giurisdizione del Giudice tributario.
Ogni altra questione resta assorbita.
Le spese vanno compensate in ragione della circostanza che non è dato, agli atti, di conoscere quali e quante cartelle si riferiscono a tributi erariali, solo rispetto ai quali è legittima la giurisdizione di questo Giudice, non potendo più essere disposta d’ufficio, ex art. 7 comma terzo D.Lgs. n. 546 del 1992, la esibizione almeno degli estratti di ruolo.
P.Q.M.
in parziale accoglimento dell’appello ed in riforma della sentenza impugnata, annulla le cartelle aventi natura tributaria. Compensa le spese dei due gradi del giudizio.
Catania, il 18 febbraio 2020
COMMENTO:
La pronuncia in esame trae origine dall’impugnazione di un pignoramento presso terzi, mediante la quale si censurava, tra l’altro, la mancata notificazione delle cartelle di pagamento sottese, alcune delle quali di natura tributaria, poiché emesse dall’Agente della Riscossione sulla base di ruoli trasmessi dall’Agenzia delle Entrate di Catania.
Mediante il ricorso introduttivo, parte ricorrente evocava in giudizio unicamente quest’ultima, e non anche il concessionario (i.e.: Agente della riscossione). Per tale motivo, la Commissione Tributaria Provinciale di Catania dichiarava l’inammissibilità del ricorso, stante l’asserito difetto di legittimazione passiva dell’Ente impositore rispetto alle doglianze sollevate, di esclusiva competenza del concessionario (i.e.: Agente della riscossione), che parte ricorrente aveva omesso di chiamare in causa.
La pronuncia in commento, su appello del contribuente, riforma la sentenza di primo grado, ribadendo il principio secondo cui tra Ente titolare del credito e concessionario (i.e.: Agente della riscossione) non sussiste alcun litisconsorzio necessario. Pertanto, qualora il contribuente notifichi il proprio ricorso ad uno solo di tali soggetti, spetta a quest’ultimo provvedere alla chiamata in causa dell’altro, se non vuole rispondere dell’esito della lite, non essendo il giudice tributario tenuto a disporre d’ufficio alcuna integrazione del contraddittorio.
In tal senso si è più volte espressa la giurisprudenza di legittimità, soprattutto con riferimento all’ipotesi (inversa a quella risolta dalla sentenza in commento) in cui il contribuente aveva evocato in giudizio il solo concessionario, pur lamentando vizi della cartella riconducibili all’attività dell’Ente titolare del credito.
Addirittura le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno statuito che “… la mancata notificazione della cartella di pagamento comporta pertanto un vizio della sequenza procedimentale dettata dalla legge, la cui rilevanza non è esclusa dalla possibilità, riconosciuta al contribuente dall’art. 19, comma terzo, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, di esercitare il proprio diritto di difesa a seguito della notificazione dell’avviso di mora, e che consente dunque al contribuente di impugnare quest’ultimo atto, deducendone la nullità per omessa notifica dell’atto presupposto o contestando, in via alternativa, la stessa pretesa tributaria azionata nei suoi confronti. In entrambi i casi, la legittimazione passiva spetta all’ente titolare del credito tributario e non già al concessionario, al quale, se è fatto destinatario dell’impugnazione, incombe l’onere di chiamare in giudizio il predetto ente, se non vuole rispondere dell’esito della lite, non essendo il giudice tenuto a disporre d’ufficio l’integrazione del contraddittorio, in quanto non è configurabile nella specie un litisconsorzio necessario” (Cass. civ., Sezioni Unite, 25 luglio 2007 n. 16412).
A tale principio si è uniformata tutta la successiva giurisprudenza, affermando più volte che “in materia di impugnazione della cartella esattoriale, la tardività della notificazione della cartella non costituisce vizio proprio di questa, tale da legittimare in via esclusiva il concessionario a contraddire nel relativo giudizio. La legittimazione passiva spetta pertanto all’ente titolare del credito tributario e non già al concessionario, al quale, se è fatto destinatario dell’impugnazione, incombe l’onere di chiamare in giudizio l’ente predetto, se non vuole rispondere all’esito della lite, non essendo il giudice tenuto a disporre d’ufficio l’integrazione del contraddittorio, in quanto non è configurabile nella specie un litisconsorzio necessario” (si vedano, in tal senso, Cass. civ., sez. V, 30 ottobre 2007 n. 22939; Cass. civ., sez. V, ord., 16 settembre 2010 n. 19635; Cass. civ., sez. V, 14 maggio 2014 n. 10477 e Cass. civ., sez. V, 22 luglio 2015 n. 15393).
In senso analogo si segnalano altresì Cass. civ., sez. V, 25 novembre 2008 n. 28091; Cass. civ., sez. V, 15 ottobre 2010 n. 21315; Cass. civ., sez. V, ord., 10 ottobre 2011 n. 20789; Cass. civ., sez. V, ord., 19 settembre 2012 n. 15736; Cass. civ., sez. V, 29 maggio 2013 n. 13331; Cass. civ., sez. V, 07 maggio 2014 n. 9762.
La posizione del concessionario nei confronti del contribuente si esaurisce infatti in una funzione di mero destinatario del pagamento (i.e.: adjectus solutionis causa) e non comporta pertanto una situazione di litisconsorzio necessario, né sostanziale, né processuale, tra l’ente impositore ed il concessionario stesso. Quest’ultimo, a parte l’esercizio dei poteri propri, volti alla riscossione delle imposte iscritte nel ruolo, nell’operazione di portare a conoscenza del contribuente il ruolo dispiega una mera funzione di notifica, ossia di trasmissione al destinatario del titolo esecutivo, così come formato dall’ente titolare del credito.
Pertanto, nelle liti riguardanti l’impugnazione della cartella di pagamento, la legittimazione passiva spetta all’ente titolare del credito tributario e non già al concessionario, al quale, se è fatto destinatario dell’impugnazione, incombe l’onere di chiamare in giudizio il predetto ente, se non vuole rispondere dell’esito della lite, non essendo il giudice tenuto a disporre d’ufficio l’integrazione del contraddittorio, dovendosi escludere qualsiasi fattispecie di litisconsorzio necessario.
Il litisconsorzio necessario tra Concessionario ed ente titolare del credito è peraltro escluso non solo dal lato passivo, ma anche da quello attivo, dovendosi riconoscere ad entrambi tali soggetti il diritto all’impugnazione nei diversi grado del processo tributario (si veda in particolare, in tal senso, Cass. civ., sez. V, 07 maggio 2014 n. 9762).
Anche in epoca più recente, la giurisprudenza di legittimità ha confermato i principi sopra illustrati.
In tal senso, si ricorda Cass. civ., sez. V, 09 novembre 2016 n. 22729, secondo cui il contribuente, che possa contestare sia la pretesa tributaria, sia la cartella come atto consequenziale, può scegliere di impugnare tale ultimo atto, deducendone ad esempio la nullità per omessa notifica dell’atto presupposto, oppure contestando, in via alternativa, la stessa pretesa tributaria azionata nei suoi confronti.
In entrambi i casi, la legittimazione passiva spetta all’ente titolare del credito tributario e non già al concessionario del servizio di riscossione, il quale, se è fatto esclusivo destinatario dell’impugnazione, ha l’onere di chiamare in giudizio il predetto ente, se non vuole rispondere dell’esito della lite, non essendo il giudice tenuto a disporre d’ufficio l’integrazione del contraddittorio, in quanto non è configurabile in tali casi alcun litisconsorzio necessario.
Ancora nel medesimo senso Cass. civ., sez. V, ord., 24 aprile 2018 n. 10019 (citata nella motivazione della sentenza in commento); Cass. civ., sez. V, ord., 23 maggio 2018 n. 12737 e, nell’ambito della giurisprudenza di merito, Commissione Tributaria Regionale della Sicilia Palermo, sez. III, 19 settembre 2018 n. 3865.
Infine, di poco precedente alla pronuncia in commento è la statuizione Cass. civ., sez. V, 04 febbraio 2020 n. 2480, la quale ha anch’essa escluso l’obbligo, in capo al ricorrente, di notificare il ricorso avverso una cartella di pagamento anche al Concessionario, oltre che all’ente titolare del credito.
La predetta pronuncia ha infatti motivato che “… considerato che, nel caso di specie, l’opposizione iniziale era stata dal contribuente proposta nei confronti dell’Agenzia delle entrate (Ufficio di Acireale) e questa scelta, non era priva di una radice di natura sostanziale, dal momento che l’opposizione in questione era stata proposta per intervenuta decadenza dal potere impositivo ai sensi del D.P.R. nn. 602 del 1973, art. 25 (trattandosi di somme dovute a seguito di liquidazione ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, per l’anno 1997, la notifica sarebbe dovuta avvenire nei termini previsti dalla norma in parola), ha errato il giudice di secondo grado nel disconoscere all’Agenzia delle entrate la legittimazione passiva, così disconoscendo la sentenza di primo grado, che era ad essa opponibile, in quanto aveva travolto la pretesa creditoria”.
A principi del tutto analoghi si uniforma anche la sentenza in commento.
Dott.ssa Cecilia Domenichini
Unicusano-Roma