Commissione Tributaria Regionale del Lazio – Roma, sez. VIII, 15 dicembre 2020 n. 4031


Svolgimento del processo- Motivi della decisione

Con atto spedito per la notificazione in data 17 gennaio 2018, indi depositato il 23 febbraio 2018, T.P. ha proposto appello chiedendo la riforma della sentenza n. 262 del 2017 con la quale Commissione Tributaria Provinciale di Viterbo ha rigettato il ricorso introduttivo per l’annullamento dell’ingiunzione di pagamento n. (…) del 14.06.2010 della somma complessiva di Euro 1.052,00 a titolo di imposta comunale ICI, per gli anni 1999, 2000, 2001, 2002 e 2003, notificata in data 2 marzo 2015, con condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di lite.

Con il ricorso introduttivo di primo grado, il contribuente, premesso che quello impugnato costituiva il primo atto con il quale egli era venuto a conoscenza della pretesa tributaria e, quindi, autonomamente impugnabile, lamentava l’irregolarità della prima notificazione dell’atto (effettuata in data 13.07.2010) non essendo stato identificato il soggetto che aveva rifiutato la consegna della copia dell’atto, atteso che soltanto nel caso in cui la notifica sia stata rifiutata da parte del destinatario, l’art. 138 c.p.c. considera la stessa fatta a mani proprie, non anche quando il rifiuto sia stato opposto da un soggetto estraneo o da un congiunto del destinatario.

Conseguentemente, eccepiva l’intervenuta prescrizione della pretesa tributaria in data 2 marzo 2015, ovvero all’epoca della prima valida notificazione dell’ingiunzione di pagamento.

Si costituiva in primo grado la P. S.r.l., Concessionaria del servizio di riscossione, che chiedeva il rigetto del ricorso contestando che l’ingiunzione gravata fosse il primo atto, autonomamente impugnabile, con il quale il contribuente era venuto a conoscenza della pretesa tributaria, essendogli stato notificato, in data 15 settembre 2008, la comunicazione di avvio al procedimento e avviso di mora n. (…) del 1 settembre 2008.

La concessionaria eccepiva altresì l’infondatezza della dedotta irregolarità della notifica del 13 luglio 2010, poiché ai sensi dell’articolo 138, secondo comma, c.p.c. nel caso di rifiuto della parte di ricevere l’atto, la notifica si ha per avvenuta in mani proprie.

Deduceva infine l’infondatezza dell’eccezione di prescrizione della pretesa tributaria levata dal contribuente, considerata l’efficacia interruttivo della comunicazione di avviso al procedimento e avviso di mora n. (…) del 1 settembre 2008, notificata in data 15 settembre 2008.

Conseguentemente in questa fase non sarebbe più rilevabile alcuna eccezione sul merito della pretesa creditoria, atteso che tale eccezione andava proposta in opposizione all’ingiunzione di pagamento nei termini decorrenti dalla prima notifica (in data 13.07.2010), dato che la rinotifica dell’ingiunzione del 2 marzo 2015 costituirebbe un’attività eseguita ai soli fini dell’avvio della riscossione coattiva.

La sentenza di primo grado ha ritenuto l’ingiunzione di pagamento n. (…) del 2010 correttamente notificata la prima volta in data 14.07.2010 “in mani proprie” del coniuge convivente del ricorrente, il quale aveva rifiutato la notificazione stessa con ogni conseguenza in ordine all’applicazione dell’articolo 138, secondo comma, c.p.c., a norma del quale il rifiuto della copia equivale a notificazione effettuata in mani proprie.

Quanto all’eccezione di prescrizione della pretesa tributaria, i primi giudici hanno affermato che il ricorrente avrebbe dovuto sollevare tale eccezione nei confronti della presupposta comunicazione 159 del 15.09.2008 che non ha formato oggetto di tempestiva impugnazione ai sensi e per gli effetti dell’articolo 21 del D.Lgs. n. 546 del 1992, trattandosi di atto qualificabile come avviso di accertamento o di liquidazione, idoneo a radicare una situazione di lesività per il contribuente, esplicitando le ragioni fattuali e giuridiche di una ben determinata pretesa tributaria.

Il contribuente appellante chiede l’integrale riforma della sentenza impugnata per i seguenti motivi:

– inesistenza dell’originario avviso di accertamento quale atto presupposto rispetto alla procedura di riscossione;

– nullità o l’inefficacia della comunicazione numero 159 del 1 settembre 2008 in assenza delle informazioni per proporre ricorso, in violazione dell’articolo sette della L. n. 212 del 2000 e prescrizione, all’epoca, della pretesa tributaria;

– violazione dell’articolo 148 c.p.c. – inesistenza o nullità insanabile del primo tentativo di notifica in data 14 luglio 2010 e intervenuta prescrizione della pretesa tributaria azionata con l’atto impugnato, in assenza di un valido atto interruttivo della prescrizione medesima

– intervenuta prescrizione biennale dell’Ici ai sensi dell’articolo 12 del D.Lgs. n. 504 del 1992 e irretroattività della finanziaria 2007, nella denegata ipotesi in cui si volesse considerare valida la notifica del 14.07.2010.

Si è costituita nel presente grado di giudizio la P. S.r.l. che, in via preliminare, ha eccepito l’inammissibilità dell’appello in mancanza di specifiche censure, ai sensi dell’articolo 53, comma uno, del D.Lgs. n. 546 del 1992, nonché l’inammissibilità dei nuovi motivi di appello non proposti in primo grado.

Segnatamente, il motivo di appello relativo all’inesistenza dell’originario avviso di accertamento – atto presupposto della procedura di riscossione – non costituirebbe censura alla sentenza appellata, ma un nuovo motivo di impugnativa dell’atto originario che avrebbe dovuto essere proposto con ricorso dinanzi al giudice di primo grado, in ogni caso, tale eccezione avrebbe dovuto essere sollevata mediante impugnazione della comunicazione di avvio al procedimento e avviso di mora n. (…) del 1 settembre 2008 o, al più tardi, con l’impugnazione dell’ingiunzione di pagamento nel termine di 60 giorni dalla prima notificazione in data 13 luglio 2010, perfezionatasi con il rifiuto del destinatario. Pertanto, l’omessa impugnazione entro i predetti termini avrebbe determinato la definitività di ogni atto presupposto, con conseguente decadenza da ogni opposizione in fase successiva.

Parimenti inammissibile sarebbe il motivo di appello sollevato per la prima volta in questa sede con la quale il contribuente ha eccepito l’illegittimità della comunicazione di avvio al procedimento innanzi indicata, trattandosi di atto che non conterrebbe i presupposti e le indicazioni per la presentazione del ricorso.

Infine, in relazione all’eccezione di prescrizione, la Concessionaria appellata ha reiterato le osservazioni già dedotte con le controdeduzioni di primo grado. In particolare, ha sostenuto che l’eccezione di prescrizione sarebbe infondata ed errata data l’efficacia interruttiva della comunicazione di avviso al procedimento e avviso di mora n. (…) del 1 settembre 2008, notificata in data 15 settembre 2008.

Pertanto, l’ingiunzione di pagamento oggetto del ricorso introduttivo avrebbe potuto essere impugnata solo ed esclusivamente per vizi propri, laddove le eccezioni sollevate nel presente giudizio andavano proposte appena di decadenza esclusivamente verso gli avvisi di accertamento, o nei termini della prima notifica dell’ingiunzione di pagamento.

Non si è costituito in giudizio il Comune di Nepi.

Il ricorso è stato posto in discussione alla pubblica udienza del 28 gennaio 2020 e, all’esito, la Commissione ha deciso come da dispositivo.

L’appello merita accoglimento essendo fondata l’eccezione di prescrizione della pretesa tributaria relativa all’ICI, oggetto dell’ingiunzione di pagamento n. (…) del 14.06.2010 impugnata in questa sede.

Al riguardo, la Concessionaria fin dal primo grado ha sostenuto l’infondatezza di tale eccezione essendo stati notificati al contribuente due atti interruttivi della prescrizione e, segnatamente, l’avviso al procedimento e avviso di mora n. (…) del 1 settembre 2008, notificato in data 15 settembre 2008 e la medesima ingiunzione di pagamento n. (…) del 14.06.2010, notificata una prima volta in data 13 luglio 2010.

Non avendo il contribuente impugnato tempestivamente i due atti appena indicati, egli sarebbe decaduto non solo dal potere di impugnare i suddetti provvedimenti e gli atti da questi presupposti, ma anche dal potere di impugnare i successivi atti di identico contenuto emessi al fine di sanare la sopravvenuta inefficacia del primo per mancato inizio dell’espropriazione nel termine di legge (Cass., n. 6721/2012).

Sul punto, la Commissione rileva in maniera assorbente rispetto agli altri motivi, l’erroneità della pronuncia di primo grado, laddove ha disatteso l’eccezione di prescrizione della pretesa tributaria sollevata dal ricorrente, considerando ritualmente notificato per la prima volta in data 13 luglio 2010 l’ingiunzione di pagamento impugnata in questa sede, in base all’assunto che l’atto era stato rifiutato dal coniuge convivente del contribuente e, dunque, la notifica doveva ritenersi effettuata in mani proprie.

In realtà, come correttamente osservato dal ricorrente, l’art. 138, secondo comma, c.p.c. richiamato dai giudici di primo grado, considera la notifica fatta in mani proprie soltanto quando il rifiuto di ricevere copia dell’atto da notificare sia stato opposto dal destinatario dello stesso e non anche quando tale rifiuto sia stato opposto da altri soggetti, inclusi il coniuge o i familiari conviventi.

Tale interpretazione è stata ribadita dal consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo il quale “a norma dell’art. 138, secondo comma, cod. proc. civ., il rifiuto di ricevere la copia dell’atto è legalmente equiparabile alla notificazione effettuata in mani proprie soltanto ove sia certa l’identificazione dell’autore del rifiuto con il destinatario dell’atto, non essendo consentita una analoga equiparazione nel caso in cui il rifiuto sia stato opposto da un soggetto del tutto estraneo, oppure se l'”accipiens” sia un congiunto del destinatario o un addetto alla casa (o, a maggior ragione, un vicino o il portiere), ancorché si tratti di soggetti che altre disposizioni abilitano, in ordine prioritario gradato, alla ricezione dell’atto” (Cass., n. 12545/2013; conf. Cass. Ord. n. 9779/2018).

D’altro canto, l’art. 140 c.p.c. prevede espressamente che ove non sia possibile eseguire la consegna dell’atto (tra l’altro) per rifiuto delle persone indicate nell’art. 139 c.p.c. (ovvero, persone di famiglia, addetti alla casa o all’ufficio o portiere), l’ufficiale giudiziario deve depositare copia dell’atto nella casa del comune dove la notificazione deve eseguirsi, affiggere avviso del deposito in busta chiusa e sigillata alla porta dell’abitazione del destinatario e dargliene notizia mediante raccomandata con avviso di ricevimento.

Ciò conferma che, nel caso in cui la consegna dell’atto non sia stata rifiutata dal destinatario, bensì da un familiare convivente, l’ufficiale giudiziario (o il messo comunale) deve procedere alla notificazione secondo le modalità indicate dall’art. 140 c.p.c. 

Nella fattispecie, dalla relata di notifica dell’ingiunzione di pagamento del 13 luglio 2010, non si rileva affatto che la copia dell’atto notificando sia stata rifiutata dal destinatario, T.P., mancando qualsiasi indicazione della persona che ha rifiutato la consegna dell’atto.

Conseguentemente, la notifica dell’ingiunzione di pagamento del 13 luglio 2010 non può considerarsi perfezionata “in mani proprie” ai sensi dell’art. 138, secondo comma, c.p.c., come erroneamente affermato dalla sentenza impugnata, che sotto tale profilo va dunque riformata, non avendo l’agente della riscossione proceduto ai sensi dell’art. 140 c.p.c. 

Ciò comporta che alla prima notifica dell’ingiunzione di pagamento non può essere attribuita alcuna efficacia interruttiva della prescrizione della pretesa tributaria. Pertanto, poiché l’unico atto avente efficacia interruttiva della prescrizione precedente alla notifica dell’ingiunzione di pagamento in data 2 marzo 2015 risulta essere la comunicazione di avviso al procedimento e avviso di mora n. (…) del 1 settembre 2008, notificato in data 15 settembre 2008, è evidente che alla data del 2 marzo 2015 era oramai intervenuta la prescrizione quinquennale della pretesa tributaria oggetto dell’ingiunzione di pagamento tempestivamente impugnata.

Inoltre, poiché l’eccezione sollevata con il ricorso introduttivo riguarda la prescrizione intervenuta successivamente alla notificazione dell’atto presupposto in data 15 settembre 2008, la stessa non poteva che essere sollevata mediante l’impugnazione del primo atto impositivo successivo validamente notificato, ovvero l’ingiunzione di pagamento gravata, notificata il 2 marzo 2015.

In conclusione, assorbiti tutti gli altri motivi, l’appello merita accoglimento e, in riforma della sentenza impugnata, va annullata l’ingiunzione di pagamento gravata.

Le spese di lite dei due gradi di giudizio vanno poste a carico degli appellati, nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

La Commissione accoglie l’appello e, in riforma della sentenza impugnata, annulla l’ingiunzione di pagamento gravata;

condanna gli appellati, in solido, alla rifusione delle spese di lite dei due gradi di giudizio, che liquida in Euro 300,00 per il primo grado e in Euro 400,00 per il secondo grado, oltre oneri di legge.

Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2020.


COMMENTO – La vertenza in oggetto trae origine dall’impugnazione di un’ingiunzione fiscale relativa ad I.C.I., notificata il 2 marzo 2015 dal Concessionario per la riscossione del Comune di Nepi.

Il contribuente deduceva come tale ingiunzione fiscale costituisse il primo atto con il quale egli era venuto a conoscenza della pretesa tributaria azionata nei propri confronti, in quanto la precedente notificazione, effettuata in data 13 luglio 2010, era stata oggetto di rifiuto da parte di un soggetto non identificato come il destinatario dell’atto, e dunque non si era validamente perfezionata.

Il contribuente eccepiva quindi l’avvenuta prescrizione quinquennale del tributo, stante l’assenza di validi atti interruttivi tra la comunicazione di avvio del procedimento e contestuale avviso di mora, notificato il 15 settembre 2008, e la seconda notificazione dell’ingiunzione fiscale, avvenuta il 02 marzo 2015.

La Commissione Tributaria Provinciale di Viterbo respingeva il ricorso, sul presupposto che la notifica dell’ingiunzione fiscale avvenuta in data 13 luglio 2010 fosse corretta, in quanto avvenuta “in mani proprie” del coniuge convivente del ricorrente, il quale aveva rifiutato la notificazione stessa. Tale rifiuto, secondo i Giudici di primo grado, doveva equipararsi all’avvenuta notificazione dell’atto, stante il disposto di cui all’art. 138, comma 2, c.p.c. Conseguentemente, non poteva ritenersi maturata alcuna prescrizione quinquennale del tributo, stante l’esistenza di un atto interruttivo della stessa validamente notificato.

Avverso tale pronuncia il contribuente proponeva appello, che trova integrale accoglimento da parte della sentenza in commento.

Quest’ultima fa corretta applicazione dell’art. 138,  comma 2, c.p.c., norma secondo la quale la notifica si considera fatta in mani proprie soltanto quando il rifiuto di ricevere la copia dell’atto da notificare venga opposto dal destinatario dello stesso, e non anche quando tale rifiuto sia stato opposto da altri soggetti, inclusi il coniuge o i familiari conviventi.

Solo la sicura identità del soggetto che oppone il rifiuto con il destinatario della notificazione consente infatti di equiparare integralmente il rifiuto all’avvenuta consegna della copia, mediante una finzione giuridica (fictio juris), in grado di realizzare una vera e propria “notifica virtuale”, valida ad ogni effetto di legge. 

Tale interpretazione è stata ribadita dal consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo il quale “a norma dell’art. 138, secondo comma, cod. proc. civ., il rifiuto di ricevere la copia dell’atto è legalmente equiparabile alla notificazione effettuata in mani proprie soltanto ove sia certa l’identificazione dell’autore del rifiuto con il destinatario dell’atto, non essendo consentita una analoga equiparazione nel caso in cui il rifiuto sia stato opposto da un soggetto del tutto estraneo, oppure se l'”accipiens” sia un congiunto del destinatario o un addetto alla casa (o, a maggior ragione, un vicino o il portiere), ancorché si tratti di soggetti che altre disposizioni abilitano, in ordine prioritario gradato, alla ricezione dell’atto” (Cass. civ., sez. I, 22 maggio 2013 n. 12545; Cass. civ., sez. VI-3, ord., 03 novembre 2014 n. 23388; Cass. civ., sez. VI-5, ord., 19 aprile 2018 n. 9779; Cass. civ., sez. II, 12 novembre 2018 n. 28907 e Cass. civ., sez. V, ord., 30 novembre 2018 n. 31036).

In caso di rifiuto di ricevere la copia dell’atto da notificare, che venga opposto da un consegnatario, il notificatore non potrà considerare la notifica come validamente perfezionata ai sensi dell’art. 138, comma 2, c.p.c.

Al contrario, in assenza di altri consegnatari abilitati diversi dal soggetto che oppone il rifiuto, egli dovrà procedere agli adempimenti richiesti dall’art. 140 c.p.c., ossia al deposito di copia dell’atto nella Casa comunale del luogo dove deve eseguirsi la notificazione, all’affissione dell’avviso di deposito, in busta chiusa e sigillata, alla porta dell’abitazione, dell’ufficio o dell’azienda del destinatario e alla spedizione a quest’ultimo di una comunicazione di avvenuto deposito mediante raccomandata con avviso di ricevimento.

La procedura di notifica di cui all’art. 140 c.p.c. è infatti espressamente prescritta non solo in caso di irreperibilità o incapacità dei consegnatari abilitati dall’art. 139 c.p.c., ma anche in caso di loro rifiuto di ricevere la copia.

Ciò conferma che, nel caso in cui la consegna dell’atto non sia stata rifiutata dal destinatario, bensì da un familiare convivente, l’ufficiale giudiziario (o il messo comunale) non può ritenere perfezionata la “notifica virtuale” di cui all’art. 138, comma 2, c.p.c., ma al contrario deve procedere alla notificazione secondo le modalità indicate dall’art. 140 c.p.c. 

Nella fattispecie, dalla relata di notifica dell’ingiunzione fiscale del 13 luglio 2010 non si rilevava che la copia dell’atto notificando fosse stata rifiutata dal destinatario, mancando qualsiasi indicazione della persona che aveva rifiutato la consegna dell’atto.

Conseguentemente, tale notificazione non poteva considerarsi perfezionata “in mani proprie”,  ai sensi dell’art. 138, comma 2 c.p.c.,  secondo quanto erroneamente affermato dalla sentenza di primo grado. Il notificatore avrebbe quindi dovuto perfezionare la notificazione ex art. 140 c.p.c.

Stante la nullità (non sanata) della notificazione eseguita in data 13 luglio 2010, la relativa ingiunzione fiscale non aveva comportato alcuna interruzione della prescrizione quinquennale del tributo, che risulta quindi maturata tra la notifica della comunicazione di avvio del procedimento e contestuale avviso di mora, avvenuta il 15 settembre 2008, e quella dell’ingiunzione fiscale impugnata, avvenuta il 2 marzo 2015.

Poiché l’eccezione sollevata con il ricorso introduttivo riguardava la prescrizione intervenuta successivamente alla notificazione dell’atto presupposto in data 15 settembre 2008, la stessa non poteva che essere sollevata mediante l’impugnazione del primo atto impositivo successivo validamente notificato, ossia l’ingiunzione fiscale impugnata, notificata il 2 marzo 2015.

Conseguentemente, l’appello del contribuente trova integrale accoglimento, con annullamento dell’ingiunzione fiscale impugnata e condanna delle parti resistenti alla refusione delle spese del giudizio.

Dott.ssa Cecilia Domenichini

Unicusano-Roma