Cass. civ., sez. VI-1, ord., 13 maggio 2021 n. 12670


Svolgimento del processo

  1. Il Condominio (OMISSIS) impugna l’epigrafata sentenza con la quale il Tribunale di Roma accogliendo il gravame di Roma Capitale, ha riformato l’impugnata sentenza di primo grado dell’avviso che il Condominio non fosse tenuto alla corresponsione del Cosap relativo alle griglie e alle intercapedini poste lungo il perimetro del fabbricato e ne chiede la cassazione sulla base di cinque motivi di ricorso, illustrati pur con memoria, cui replica l’intimata con controricorso.

Motivi della decisione

  1. Il primo motivo di ricorso – alla cui disamina non si frappone la pregiudiziale opposta dalla resistente poiché l’estensione impressa dal ricorrente ai motivi di ricorso non ne pregiudica la comprensibilità – inteso a confutare il capo dell’impugnata decisione nella parte in cui essa non ha riconosciuto il valore vincolante dei giudicati intervenuti in materia, è inammissibile poiché non esaurisce la totalità delle rationes enunciate al riguardo dal decidente.

Il Tribunale ha invero ricusato il rilievo sulla considerazione che “il giudicato esterno può essere invocato soltanto qualora due giudizi tra le stesse parti facciano riferimento al medesimo rapporto giuridico”, che “affinché il giudicato esterno possa fare stato nel processo è necessaria la certezza della sua formazione”, che “non è dimostrato l’asserito giudicato rispetto alla sentenza del Tribunale di Roma n. 743/2017”, che “quanto alla invocata sentenza della Corte d’Appello n. 3475 del 2014 la parte appellata ha prodotto solo l’attestazione e non la sentenza”, che “de sentenze nn. 4929/2017 e 1522/2014 sono state pronunciate tra diverse parti”, che, in ultimo, “le pronunce richiamate dal Condominio… si basano sull’insussistenza del titolo concessorio che è invece irrilevante”.

Di questo arco di affermazioni il ricorrente censura solo quella afferente alla prova del passaggio in giudicato della sentenza del Tribunale di Roma n. 743/2017, senza prendere posizioni riguardo alle altre, che non trovano peraltro sconfessione nel lungo elenco di citazioni che corredano l’illustrazione del motivo.

Ne consegue che, suffragandosi il responso sul punto sulla base delle affermazioni non censurate, il motivo, per le note ragioni di Cass., Sez. I, 18/09/2006, n. 20118, risulta inammissibile.

  1. Il secondo motivo di ricorso, inteso a confutare il capo dell’impugnata decisione in cui essa ha ritenuto dovuto il canone pur in difetto di una formale concessione, è infondato essendo contrario principio affermato da questa Corte che “il canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, istituito dal D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 63, come modificato dalla L. 23 dicembre 1998, n. 448, art. 31, risulta configurato come corrispettivo di una concessione, reale o presunta (nel caso di occupazione abusiva), dell’uso esclusivo o speciale di beni pubblici. Esso, pertanto, è dovuto non in base alla limitazione o sottrazione all’uso normale o collettivo di parte del suolo, ma in relazione all’utilizzazione particolare o eccezionale che ne trae il singolo” (Cass., Sez. I, 19/01/2018, n. 1435).
  2. Il terzo ed il quarto motivo di ricorso, intesi a confutare il capo dell’impugnata decisione in cui essa ha ritenuto dovuto il canone pur in mancanza di prova che le aree in questione fosse gravata da servitù di passaggio e che ciò comportasse un’effettiva sottrazione di superficie stradale all’uso pubblico, sono infondati poiché le circostanze in parola sono fatte oggetto di apprezzamento inferenziale da parte del decidente (“nel caso in esame la natura di area asservita all’uso pubblico…; l’uso particolare del bene sussiste allorché sull’area asservita all’uso pubblico… ” a pag. 3 della motivazione) non oggetto di specifica censura da parte del motivo.
  3. Il quinto motivo di ricorso, inteso a confutare il capo dell’impugnata decisione in cui essa ha ritenuto dovuto il canone giudicando irrilevante il fatto che griglie ed intercapedini fossero coevi alla costruzione del fabbricato, è fondato – imponendosi così la regolazione della vicenda alla stregua di altro precedente riguardante le medesime parti (Cass., Sez. V, 30/01/2020, n. 2183) – poiché, come si è già osservato altrove, “se le grate o intercapedini esistevano già quando il Condominio ha messo volontariamente (seppur non intenzionalmente), con carattere di continuità, il proprio bene (area perimetrale del condominio) a disposizione della collettività, assoggettandola al relativo uso pubblico di passaggio, il Comune aveva “ricevuto” il bene, assoggettato all’uso pubblico, così come era, essendo la tolleranza del Condominio del pubblico passaggio ancorata a tali limiti, senza alcuna rinuncia all’originaria facoltà del proprietario di godere di aerazione ed illuminazione per i propri locali sottostanti, nulla togliendo, oltretutto, le grate e le intercapedini all’uso pubblico, essendosi la servitù costituita, per l’appunto, con le grate, già presenti. Il presupposto impositivo della Cosap, in tale ipotesi, non sussisterebbe, stante la limitata estensione e portata della costituita servitù di pubblico passaggio per dicatio ad patriam, non ricorrendo una occupazione, con griglie ed intercapedini, di un suolo privato già soggetto al pubblico passaggio al tempo della loro realizzazione” (Cass., Sez. I, 9/08/2019, n. 21236).
  4. Accolto, perciò, il quinto motivo di ricorso, dichiarato inammissibile il primo ed infondati il secondo, il terzo ed il quarto motivo, la sentenza va debitamente cassata e la causa rinviata al giudice a quo per un nuovo giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il quinto motivo di ricorso, dichiara inammissibile il primo ed infondati il secondo, il terzo ed il quarto motivo di ricorso; cassa l’impugnata decisione nei limiti del motivo accolto e rinvia la causa avanti al Tribunale di Roma che, in altra composizione, provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della VI-I sezione civile, il 9 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2021


COMMENTO REDAZIONALE– L’ordinanza in commento accoglie il motivo di ricorso del Condominio contribuente, che censurava la sentenza di secondo grado nella parte in cui, per escludere la debenza della COSAP, aveva ritenuto irrilevante il fatto che griglie ed intercapedini fossero coeve alla costruzione del fabbricato.

Come già statuito da altro precedente giurisprudenziale emesso tra le medesime parti (Cass. civ., sez. V, 30.01.2020 n. 2183), se le grate o intercapedini fossero già esistite,  quando il Condominio aveva messo volontariamente, seppur non intenzionalmente, e con carattere di continuità il proprio bene (ossia l’area perimetrale del condominio) a disposizione della collettività, assoggettandola al relativo uso pubblico di passaggio, il Condominio stesso non avrebbe rinunciato alla propria originaria facoltà di godere di aerazione ed illuminazione per i propri locali sottostanti, manifestando tolleranza al pubblico passaggio solo entro tali limiti.

In tale ipotesi, non sussisterebbe il presupposto impositivo della COSAP, stante la limitata estensione e portata della costituita servitù di pubblico passaggio per dicatio ad patriam, non ricorrendo un’occupazione con griglie ed intercapedini di un suolo privato già soggetto al pubblico passaggio al tempo della loro realizzazione (in senso analogo si vedano Cass. civ., sez. I, 09  agosto 2019 n. 21236, con riferimento alla COSAP, e Cass. civ., sez. V, ord., 13 aprile 2021 n. 9639, con riferimento alla TOSAP, entrambe già commentate su questa Rivista).

Per tali motivi, la sentenza di secondo grado impugnata dal Condominio viene annullata, con rinvio al giudice di merito per un nuovo accertamento di fatto sulla circostanza se le griglie ed intercapedini fossero oppure no coeve alla costruzione del fabbricato e, quindi, esistessero già oppure no al momento della costituzione della servitù di pubblico passaggio.