Cass. civ., sez. VI-5, ord., 13 maggio 2021 n. 12931


Svolgimento del processo- Motivi della decisione

La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1-bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva quanto segue.

In controversia avente ad oggetto l’impugnazione da parte della I. B. s.p.a., svolgente anche attività di locazione finanziaria di autoveicoli, di numerose cartelle di pagamento emesse dalla regione Lazio per il recupero della tassa automobilistica dovuta per l’anno d’imposta 2011 dalla predetta società in relazione ai veicoli dalla medesima acquistati e poi concessi in locazione finanziaria ai propri clienti, la CTR del Lazio, con la sentenza in epigrafe indicata rigettava l’appello della società contribuente, che propone ricorso per cassazione affidato ad un motivo cui replica l’intimata con controricorso.

Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio, all’esito del quale, con atto del 12/02/2019, la Regione Lazio, sulla premessa di aver adottato in autotutela, a seguito del recente orientamento adottato in materia di interpretazione della L. n. 99 del 2009, art. 7, comma 2, da questa Corte e dalla Corte costituzionale con l’ordinanza n. 33 del 2020, provvedimenti di sgravio di tutte le cartelle oggetto di controversia, allegati all’istanza in esame, ha dichiarato “di voler rinunciare al controricorso” e chiesto di dichiararsi “cessata la materia del contendere con conseguenziale venir meno dell’efficacia della sentenza impugnata” e con compensazione delle spese processuali.

Ritiene il Collegio che la richiesta avanzata dalla controricorrente sia fondata e vada accolta.

Pare opportuno, preliminarmente, ricordare che “L’art. 372 c.p.c., in tema di deposito di documenti nuovi in sede di legittimità, nonostante il testuale riferimento alla sola inammissibilità del ricorso, consente la produzione di ogni documento incidente sulla proponibilità, procedibilità e proseguibilità del ricorso medesimo, inclusi quelli diretti ad evidenziare l’acquiescenza del ricorrente alla sentenza impugnata per comportamenti anteriori all’impugnazione, ovvero la cessazione della materia del contendere per fatti sopravvenuti che elidano l’interesse alla pronuncia sul ricorso purché riconosciuti ed ammessi da tutti i contendenti” (Cass. n. 3934 del 2016).

Nel caso di specie è provato l’intervenuto totale annullamento in autotutela, con provvedimenti prodotti dalla controricorrente a corredo dell’istanza del 12/02/2021, delle cartelle di pagamento emesse nei confronti della società contribuente e da questa impugnate.

Ciò posto, va osservato che “In tema di processo tributario, la causa di estinzione del giudizio prevista dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 46, per cessazione della materia del contendere, in conseguenza dell’annullamento in via di autotutela dell’atto recante la pretesa fiscale, prevale sulle cause di inammissibilità del ricorso per cassazione e va dichiarata con sentenza che operi alla stregua di cassazione senza rinvio, in quanto l’avvenuta composizione della controversia, per il venir meno di ragioni di contrasto fra le parti, impone la rimozione delle sentenze emesse non più attuali, perché inidonee a regolare il rapporto fra le parti” (Cass. n. 9753 del 2017; in termini Cass. n. 19533 del 2011; v. anche Cass. n. 5351 del 2020).

In applicazione di tale principio, stante l’intervenuta cessazione della materia del contendere, la sentenza impugnata va cassata senza rinvio, ai sensi dell’art. 382 c.p.c., comma 3, in quanto la causa non può essere proseguita.

La statuizione di cessazione della materia del contendere comporta l’obbligo per il giudice di provvedere sulle spese processuali dell’intero giudizio, salva, peraltro, la facoltà di disporne motivatamente la compensazione, totale o parziale, le cui ragioni possono essere esplicitate, in via integrativa, anche in sede di gravame (Cass. n. 3148 del 2016, che richiama Cass. n. 11494 del 2004 secondo cui “La cessazione della materia del contendere che sopravvenga nel corso del processo di impugnazione non esime il giudice dal provvedere sulle spese dell’intero giudizio, anche in difetto di istanza di parte, valutando, al riguardo, se sussistano giusti motivi di totale o parziale compensazione, ovvero addossando dette spese all’una o all’altra parte secondo il criterio della soccombenza virtuale”). Si è quindi ribadito che “Nel caso in cui la cessazione della materia del contendere sia dichiarata in sede di legittimità, la Corte decide sulle spese secondo il principio della soccombenza virtuale e, stante la natura e gli effetti di quella declaratoria (estinzione del processo e caducazione delle sentenze rese nei gradi di merito), provvede direttamente al regolamento delle spese dell’intero processo, in forza del combinato disposto degli artt. 384 e 385 c.p.c. ” (Cass. n. 14267 del 2017, in termini, Cass. n. 17334 del 2005).

Pertanto, tenuto conto che, con riferimento all’oggetto della controversia, l’orientamento giurisprudenziale di legittimità si è consolidato in epoca successiva alla statuizione d’appello e che ad esso si è tempestivamente uniformata l’amministrazione finanziaria, provvedendo in autotutela all’annullamento delle cartelle di pagamento, va disposta la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

Deve infine darsi atto che nella specie non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater (Cass. n. 3542 del 2017).

P.Q.M.

pronunciando sul ricorso, dichiara cessata la materia del contendere, cassa la sentenza impugnata senza rinvio e compensa le spese processuali.

Così deciso in Roma, il 24 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2021


COMMENTO – La vicenda in esame trae origine dall’impugnazione di alcune cartelle di pagamento emesse per il recupero della tassa automobilistica iscritta a ruolo dalla Regione Lazio, per l’anno di imposta 2011, nei confronti di una società di leasing, con riferimento ad alcuni veicoli da quest’ultima concessi in locazione finanziaria ai propri clienti.

A fondamento della propria pretesa impositiva, la Regione Lazio poneva la disposizione dell’art. 10, commi 6 e 7, D.L. 24 giugno 2016 n. 113, convertito con modificazioni in Legge 07 agosto 2016 n. 160, che aveva abrogato la norma di cui all’art. 9-bis D.L. 19 giugno 2015 n. 78, convertito con modificazioni in Legge 06 agosto 2015 n. 125. 

Quest’ultima, fornendo un’interpretazione autentica dell’art. 7 Legge 23 luglio 2009 n. 99, aveva individuato quale unico soggetto passivo della tassa automobilistica l’utilizzatore del veicolo a titolo di locazione finanziaria, salva la particolare ipotesi di responsabilità solidale della società di leasing che avesse provveduto al pagamento cumulativo, in luogo degli utilizzatori, delle tasse dovute per i periodi compresi nella durata del contratto di locazione finanziaria. 

Con la norma abrogatrice di cui all’art. 10, comma 6, D.L. 113/2016, convertito con modificazioni in Legge 160/2016, il Legislatore cancellava la norma di interpretazione autentica della Legge 99/2009, in forza della quale, per il passato, soggetto passivo della tassa automobilistica era di regola il solo utilizzatore del veicolo; d’altra parte, con il successivo comma 7, introduceva per il futuro una regola del tutto identica a quella cancellata, a decorrere dal 1° gennaio 2016.

Si poneva quindi il problema della regolamentazione dei rapporti sorti tra la data di entrata in vigore della Legge 99/2009 (15 agosto 2009) e quella di entrata in vigore del D.L. 113/2016, tra i quali rientrava anche quello oggetto di causa, relativo all’annualità di imposta 2011.

La Regione Lazio sosteneva che, per tale periodo, sussistesse una responsabilità solidale tra l’utilizzatore del veicolo e la società di leasing, ed a tale titolo procedeva alle iscrizioni a ruolo nei confronti di quest’ultima.

Tale tesi veniva confermata dalla sentenza di secondo grado, avverso la quale la società di leasing proponeva ricorso per Cassazione.

Nelle more, la giurisprudenza di legittimità affermava il principio opposto a quello propugnato dalla Regione Lazio, ossia il principio secondo cui la responsabilità esclusiva per il pagamento della tassa automobilistica grava di regola sul solo utilizzatore del veicolo –salva la fattispecie eccezionale prevista dalla norma- fin dalla data di entrata in vigore dell’art. 7 Legge 99/2009, ossia fin dal 15 agosto 2009 (si vedano, in tal senso, Cass. civ., sez. V, 16 maggio 2019 nn. 13131, 13132, 13133 e 13135).

L’affermazione di tale principio veniva motivata sull’assunto che l’interpretazione opposta, disponendo un’inversione della disciplina per un periodo limitato nel tempo e reintroducendo la precedente  regolamentazione per il periodo successivo, in assenza di individuabili circostanze giustificative di tale stravolgimento e rinnovazione, avrebbe reso l’intervento normativo incomprensibile, venendo a creare incomprensibili fratture di disciplina. 

Tale interpretazione, inoltre, si sarebbe posta in violazione dell’art. 4 Legge 27 luglio 2000 n. 212 (cd. “Statuto del contribuente”), che vieta l’introduzione di nuovi tributi o l’applicazione di tributi già esistenti ad altre categorie di soggetti mediante decreto-legge.

A tali pronunce facevano seguito altre del medesimo tenore, le quali evidenziavano come alla norma abrogatrice di cui all’art. 10, commi 6 e 7, D.L. 113/2016, convertito in Legge 160/2016, non potesse essere attribuito altro significato che quello di mera riformulazione della disciplina già ricavabile dall’art. 7 Legge 99/2009 (si vedano, in tal senso, tra le altre, Cass. civ., sez. V, ord., 16 febbraio 2021 nn. 3999, 4000, 4001, 4002, 4003, 4004).

Anche la Corte Costituzionale, dichiarando non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 10, commi 6 e 7, D.L. 113/2016, convertito in Legge 160/2016, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 53 Costituzione, confermava il predetto orientamento, secondo cui la responsabilità esclusiva dell’utilizzatore del veicolo per il pagamento della tassa automobilistica resta ferma fin dalla data di entrata in vigore dell’art. 7 Legge 99/2009, ossia fin dalla data del 15 agosto 2009 (Corte Costituzionale, 26 febbraio 2020 n. 33).

Conseguentemente, alla luce del consolidamento di tale indirizzo giurisprudenziale, la Regione Lazio provvedeva allo sgravio in autotutela di tutte le cartelle emesse nei confronti della società di leasing, chiedendo la declaratoria di cessazione della materia del contendere con compensazione delle spese.

Entrambe le predette richieste vengono accolte dall’ordinanza in commento.

Per quanto riguarda il primo aspetto, viene ribadito il principio secondo cui, nell’ambito del processo tributario, la causa di estinzione del giudizio ex art. 46 D.lgs. 546/1992 per cessazione della materia del contendere, in conseguenza dell’annullamento in via di autotutela dell’atto recante la pretesa fiscale, risulta prevalente sulle cause di inammissibilità del ricorso per Cassazione e deve essere dichiarata con sentenza, che operi alla stregua di cassazione senza rinvio: infatti l’avvenuta composizione della controversia, per il venir meno di ragioni di contrasto fra le parti, impone la rimozione delle sentenze emesse non più attuali, perché inidonee a regolare il rapporto fra le parti (si vedano, in tal senso, Cass. civ., sez. V, 23 settembre 2011 n. 19533; Cass. civ., sez. VI-5, ord., 18 aprile 2017 n. 9753; Cass. civ., sez. VI-5, ord., 07 novembre 2017 n. 26421 e, in senso parzialmente analogo, Cass. civ., sez. V, 27 febbraio 2020 n. 5351).

Pertanto, non potendo la causa essere proseguita, la sentenza di secondo grado impugnata viene annullata senza rinvio, ai sensi dell’art. 382, comma 3, c.p.c.

Per quanto riguarda la regolamentazione delle spese processuali, obbligatoria per il giudice in tutti i casi di declaratoria di cessazione della materia del contendere, la stessa viene condotta anche in sede di legittimità sulla base del principio della soccombenza virtuale, previa valutazione della fondatezza dell’originaria domanda.

Stante la natura e gli effetti della dichiarazione di cessazione della materia del contendere, tale da causare l’estinzione del processo e la caducazione di tutte le sentenze di merito, la Corte di Cassazione pronuncia direttamente in ordine alle spese dell’intero processo, in base al combinato disposto degli artt. 384 e 385 c.p.c. (si vedano, in tal senso, Cass. civ., Sezione lavoro, 25 agosto 2005 n. 17334 e Cass. civ., sez. III, 08 giugno 2017 n. 14267).

Nel caso di specie, la compensazione delle spese dell’intero giudizio viene motivata sulla base del fatto che l’orientamento giurisprudenziale di legittimità favorevole alla società di leasing si sia consolidato solo in epoca successiva alla statuizione d’appello e che ad esso la Regione Lazio si sia tempestivamente uniformata, provvedendo in autotutela all’annullamento delle cartelle di pagamento.

Dott.ssa Cecilia Domenichini

Unicusano- Roma