Provvedimento:  Cass. civ. Sez. II, Sent., 17/11/2015, n. 23502


In tema di richiesta di risarcimento del danno avanzata dal contribuente ai sensi dell’art. 96 c.p.c. a causa di illegittima procedura di fermo amministrativo azionata dall’Agente della Riscossione,  ove dagli atti del processo non risultino elementi obiettivi dai quali desumere la concreta esistenza del danno, nulla può essere liquidato a tale titolo, neppure ricorrendo a criteri equitativi. La domanda risarcitoria, infatti, presuppone l’accertamento sia dell’elemento soggettivo dell’illecito – malafede o colpa grave – sia dell’elemento oggettivo – danno sofferto.

Il contribuente proponeva opposizione dinnanzi al Giudice di Pace, avverso provvedimento di fermo amministrativo notificatogli dall’Agente della Riscossione per il mancato adempimento di cartelle di pagamento aventi ad oggetto sanzioni amministrative.

Il ricorrente deduceva l’illegittimità della procedura, eccependo la mancata notifica delle cartelle sottese e la conseguente prescrizione della pretesa.

Si costituiva in giudizio l’Agente della Riscossione, contestando tutto quanto ex adverso dedotto ed eccepito.

Il Giudice di Pace adito riteneva illegittimo il fermo amministrativo opposto, in quanto non risultava compiutamente provata la notifica delle cartelle di pagamento sottese, e per l’effetto ne ordinava la cancellazione.

Avverso la pronuncia proponeva ricorso per Cassazione l’Agente della Riscossione, per ottenerne la riforma.

Il contribuente depositava controricorso, chiedendo che il ricorso principale fosse dichiarato inammissibile, ed istando per la condanna dell’Agente della Riscossione al risarcimento del danno ex art. 96 c.p.c..

La Corte di Cassazione, investita del gravame, ha preliminarmente ritenuto inammissibile il ricorso principale.

Ciò in quanto il fermo amministrativo di beni mobili registrati ha natura non già di atto di espropriazione forzata, ma di procedura a questa alternativa, trattandosi di misura puramente afflittiva volta ad indurre il debitore all’adempimento, sicchè la sua impugnativa, sostanziandosi in un’azione di accertamento negativo della pretesa creditoria, segue le regole generali del rito ordinario di cognizione in tema di riparto della competenza per materia e per valore (cfr.Cass. sez, un. (ord.) 22.7.2015, n. 15354).

Di tal che, il mezzo di impugnazione corretto da esperire avverso la pronuncia di primo grado sarebbe stato l’appello e non il ricorso in Cassazione.

Ciò premesso in rito, gli Ermellini hanno affrontato la statuizione in punto di richiesta di condanna al risarcimento dei danni ex art. 96 c.p.c. avanzata dal contribuente controricorrente nei confronti dell’Agente della Riscossione.

Sul tema, hanno ritenuto che il controricorrente non abbia fornito dimostrazione alcuna in ordine all’an del pregiudizio dedotto e di cui ha invocato il ristoro.

Per tale motivo hanno respinto la domanda, per carenza del suo presupposto fondamento, ritenendo  che essa presupponga l’accertamento sia dell’elemento soggettivo dell’illecito – malafede o colpa grave – sia dell’elemento oggettivo – danno sofferto.

I Giudici di legittimità hanno fatto diretta applicazione del principio giuridico secondo cui, in tema di richiesta di risarcimento del danno avanzata dal contribuente ai sensi dell’art. 96 c.p.c. a causa di illegittima procedura di fermo amministrativo azionata dall’Agente della Riscossione,  ove dagli atti del processo non risultino elementi obiettivi dai quali desumere la concreta esistenza del danno, sia in punto di elemento soggettivo che oggettivo, nulla può essere liquidato a tale titolo, neppure ricorrendo a criteri equitativi. (cfr. in proposito Cass. 1.12.1995, n. 12422).