Cassazione civile, Sez. V., 12-10-2021, n. 27876


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   

                         SEZIONE TRIBUTARIA                          

              Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:              

Dott. CHINDEMI    Domenico                         –  Presidente   – 

Dott. STALLA      Giacomo Maria               –  rel. Consigliere  – 

Dott. RUSSO       Rita                             –  Consigliere  – 

Dott. DELL’ORFANO Antonella                        –  Consigliere  – 

Dott. MELE        Maria Elena                      –  Consigliere  – 

ha pronunciato la seguente:                                          

                     ORDINANZA                                       

sul ricorso iscritto al n. 12915/2016 R.G. proposto da: 

S.A.I. SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso in giudizio dall’avv. P. P., ed el. dom.to in Roma, presso lo studio dell’avv. P. P.;                                                                                               – ricorrente – 

contro 

COMUNE DI F., in persona del Vice Sindaco, el.dom.to in Roma, Via Teulada 38A, presso lo studio dell’avv. V. A. che lo 

rappresenta e difende in giudizio;                                                                                                            – controricorrente – 

Ricorso avverso sentenza CTR Campania n. 9320/39/15 del 26/10/2015; 

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 6.10.2021 dal Consigliere Giacomo Maria Stalla. 

RILEVATO che:

  1. 1. La S.A.I.  srl propone tre motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 9320/39/15 del 26/10/15 con la quale la commissione tributaria regionale della Campania, a conferma della prima decisione, ha ritenuto legittimo l’avviso di accertamento per Tarsu/Tia 2012 notificatole dal Comune di F.

La commissione tributaria regionale, per quanto qui ancora rileva, ha in particolare osservato che:

– l’avviso era sufficientemente motivato perché contenente l’indicazione dei presupposti di fatto e di diritto dell’imposizione con riguardo alla tariffa applicata, alla destinazione d’uso dell’immobile, alla superficie del locale, nonché alla delibera tariffaria di riferimento;

– quest’ultima, la stessa relativa all’anno 2010, doveva ritenersi già nota alla società contribuente e, ad ogni modo, non necessitava di essere allegata all’avviso in quanto portata da un atto amministrativo di conoscenza legale;

– dal D.Lgs. 22 del 1997, art. 49, non si evinceva alcuna prescrizione che impedisse la riscossione del tributo direttamente da parte dell’amministrazione comunale, pur a fronte dell’affidamento in gestione a società terza del servizio rifiuti;

– l’affermata illegittimità degli atti tariffari generali del Comune doveva essere dedotta avanti al giudice amministrativo e non a quello tributario.

Resiste con controricorso il Comune di F.

  1. 2.1 Con il primo motivo di ricorso la società lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – violazione e falsa applicazione della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 162, nonché della L. n. 212 del 2000, art. 7, ed della L. n. 241 del 1990, art. 3, in relazione all’art. 24 Cost.; per non avere la commissione tributaria regionale rilevato il difetto di motivazione dell’avviso opposto in quanto facente esclusivo richiamo alla superficie tassata e ad un non comprensibile prospetto sulle tariffe applicate, ciò senza trascrizione, allegazione ovvero pregressa notificazione degli atti generali determinativi delle tariffe ad uso non domestico in concreto applicate.
  2. 2.2 Il motivo non può trovare accoglimento, ricorrendo in proposito quanto già ritenuto da questa Corte di legittimità con ordinanza n. 16740/17, tra le stesse parti, per Tarsu 2011.

Quanto così statuito si poneva del resto all’interno di indirizzi interpretativi di legittimità del tutto consolidati e vieppiù ribaditi anche successivamente all’ordinanza teste’ menzionata.

Va dunque qui riaffermata – esattamente nei medesimi termini l’inammissibilità del motivo in esame (cfr. Cass. sez. unite 21 marzo 2017, n. 7155), avendo la sentenza della CTR pronunciato in conformità all’indirizzo espresso dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui “l’onere di allegazione posto a carico dell’amministrazione finanziaria dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, comma 1, secondo periodo, dell'”altro atto” richiamato nella motivazione dell’avviso di accertamento, ha riferimento agli atti che rappresentano, appunto, la motivazione della pretesa tributaria che deve essere applicata nell’avviso, e non agli atti di carattere normativo o regolamentare che legittimano il potere impositivo e che sono oggetto di conoscenza “legale” da parte del contribuente”. Tale principio, nel contesto di quanto previsto dalla L. n. 296 del 2006, art. 1 comma 162, è pacificamente riferibile anche agli avvisi di accertamento emanati dalle amministrazioni comunali (cfr., ad esempio, in tema di ICI, Cass. sez. 5, 24 novembre 2004, n. 22197; Cass. sez. 5, 17 ottobre 2008, n. 25371; Cass. sez. 5, ord. 25 luglio 2012, n. 13106; Cass. sez. 6-5, ord. 3 novembre 2016, n. 22254 e, specificamente, in tema di TARSU, Cass. sez. 6-5, ord. 20 gennaio 2017, n. 1568). D’altronde, che l’allegazione delle delibere a contenuto normativo non valga in alcun modo ad integrare il requisito motivazionale dell’atto impositivo in tema di TARSU si collega all’ulteriore principio secondo cui “in tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, non è configurabile alcun obbligo di motivazione della delibera comunale di determinazione della tariffa di cui al D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 65, poiché la stessa, al pari di qualsiasi atto amministrativo a contenuto generale o collettivo, si rivolge ad una pluralità indistinta, anche se determinabile ex post, di destinatari occupanti o detentori, attuali o futuri, di locali ed aree tassabili” (cfr. Cass. sez. 5, 23 ottobre 2006, n. 22804; Cass. sez. 5, 26 marzo 2014, n. 7044). Nel caso di specie parte ricorrente non ha offerto, nell’illustrazione del motivo, elementi idonei a sollecitare un mutamento del su citato indirizzo. Inoltre deve rilevarsi come, costituendo la pubblicazione delle delibere comunali obbligo di legge (D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 124), la circostanza della loro pubblicazione deve presumersi, e non costituire oggetto di specifica prova da parte dell’ente.

  1. 3.1 Con il secondo motivo di ricorso la società lamenta violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 5. Per avere la commissione tributaria regionale, a fronte della dedotta illegittimità della delibera tariffaria 2012 in questione (perché adottata in carenza di potere con Delib. non consiliare ma della giunta municipale 29 aprile 2010, n. 96, ed applicativa di una tariffa di ben 5 volte superiore a quella propria delle civili abitazioni), affermato la giurisdizione del tribunale amministrativo regionale nonostante che spettasse al giudice tributario il potere – dovere di incidentalmente valutare tale dedotta illegittimità al fine della disapplicazione dell’atto amministrativo.
  2. 3.2 Il motivo è infondato.

Per quanto l’affermazione della CTR sulla necessaria devoluzione della questione al giudice amministrativo sia effettivamente errata in diritto, avendo il giudice tributario il potere-dovere di valutare incidentalmente la legittimità dell’atto amministrativo generale in vista della sua eventuale disapplicazione nel caso di specie (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7), il decisum reiettivo reso dalla CTR sul punto merita tuttavia qui conferma.

E’ infatti la stessa società ricorrente (ricorso, pagina 16) a riconoscere che la tariffa per l’anno 2012 era sì stata stabilita con Delib. della Giunta Municipale 29 aprile 2010, n. 96, e tuttavia essa era poi stata “ratificata con delibera del consiglio comunale”.

Il che priva di pratica rilevanza la rivendicazione al consiglio comunale, così come operata nel motivo di ricorso senza trarre le dovute conseguenze da questa circostanza, della competenza in materia.

Del resto, ricorre anche in proposito quanto sul punto affermato dalla cit. ordinanza n. 16740/17 tra le parti, secondo cui “la pronuncia impugnata non merita censura laddove ha rilevato che per l’anno in contestazione, il 2011, vi è stata espressa ratifica da parte del Consiglio comunale della delibera di Giunta che aveva, invece, determinato le tariffe per l’anno precedente. In ragione del generale principio di conservazione di efficacia degli atti giuridici, la delibera consiliare, che risponde alla ratio legis quanto all’individuazione dell’organo competente in tema di disciplina generale delle tariffe, deve ritenersi esprimere validamente, per l’anno oggetto di causa, la volontà del Consiglio in ordine alla specifica competenza ad esso attribuita”.

  1. 4.1 Con il terzo motivo di ricorso si lamenta violazione del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 49, secondo cui la tariffa doveva essere applicata dai soggetti gestori nel rispetto della convenzione e del relativo disciplinare. La commissione tributaria regionale aveva dunque errato nel non ravvisare l’illegittimità dell’avviso opposto perché notificato direttamente dal Comune nonostante che, fin dall’anno 2010, il servizio di gestione e riscossione fosse stato affidato alla società E. E. srl, con proroga per gli anni successivi.
  2. 4.2 Anche questo motivo è infondato.

Parte ricorrente assume che, avendo il Comune di F. deliberato con decorrenza dal 1 gennaio 2005 il passaggio dalla TARSU alla TIA, nelle more dell’attuazione del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 238, l’emissione direttamente da parte del Comune dell’atto impositivo, impugnato dalla società, violerebbe le disposizioni del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 49, commi 9, 13 e 15, che conserverebbero, per effetto del combinato disposto del citato decreto n. 152 del 2006, art. 238, comma 11, e del D.P.R. 27 aprile 1999, n. 158, art. 10, efficacia ultrattiva; per cui, essendo stato affidato il servizio dal 2010 a soggetto terzo (nella specie, la E. E. S.r.l.), doveva ritenersi precluso al soggetto titolare della potestà impositiva il potere di emanare direttamente l’avviso di accertamento in contestazione.

Sennonché, il D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 49, comma 9, laddove stabilisce che “la tariffa è applicata dai soggetti gestori nel rispetto della convenzione e del relativo disciplinare” deve intendersi in primo luogo riferita al potere-dovere del gestore di emettere le relative bollette per la fatturazione del servizio, ma non certo preclusiva, in assenza di specifico divieto, del potere di accertamento del mancato versamento dell’imposta dovuta, spettante all’ente impositore (cfr. già, sia pur in fattispecie non esattamente sovrapponibile, Cass. sez. 5, 27 febbraio 2013, n. 4893), non rilevando, in relazione all’oggetto del contendere nel presente giudizio, le ulteriori disposizioni di cui allo stesso D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 49, commi 13 e 15, riferiti all’attività di riscossione.

Quanto così stabilito – anch’esso in linea con la più volte citata ordinanza tra le parti – denota la correttezza in diritto di quanto stabilito sul punto nella sentenza qui impugnata, nel senso che la facoltà dell’amministrazione comunale di affidare a soggetti gestori l’applicazione della tariffa (ex art. 49 cit.) non si traduce di per sé nell’obbligo di avvalersi di costoro per l’attività di recupero e riscossione.

Ne segue il rigetto del ricorso, con condanna della società ricorrente alla rifusione delle spese di lite che si liquidano come in dispositivo. 

P.Q.M.

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite, che liquida in Euro 2.300,00 oltre Euro 200,00 per esborsi, rimborso forfettario ed accessori di legge;

– v.to il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012;

– dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della quinta sezione civile, tenutasi con modalità da remoto, il 6 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2021


COMMENTO: La Suprema Corte ribadisce il principio per cui, anche per gli avvisi di accertamento emessi dalle Amministrazioni comunali, l’onere di allegazione di atti richiamati nella motivazione della pretesa tributaria non è riferibile agli atti di carattere normativo o regolamentare che legittimano il potere impositivo e che sono oggetto di conoscenza legale da parte del contribuente (in tal senso S.U. n. 7155 del 21.03.2017).

Nello specifico, in tema di Tarsu, non vi è alcun obbligo di allegazione della delibera comunale di determinazione della tariffa che, in quanto atto avente carattere normativo/regolamentare ed essendo soggetta a pubblicazione, se ne presume la conoscenza legale.

In applicazione di tale principio la Corte respinge il ricorso del privato e conferma l’assenza del difetto di motivazione.