Numerose sono le modifiche al Libro I del Codice civile, destinate a trovare applicazione ai giudizi instaurati a decorrere dal 30 giugno 2023.

La prima concerne l’innalzamento della competenza per valore del Giudice di pace (art. 7 c.p.c.), elevata sia per la generalità delle controversie relative a beni mobili (da cinquemila euro a diecimila euro), sia per quelle relative al risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli e natanti (da ventimila a venticinquemila euro).

Mediante un’integrale “riscrittura” dell’art. 37 c.p.c. viene inoltre circoscritta la rilevabilità del difetto di giurisdizione. Il rilievo resta possibile, anche d’ufficio, in qualunque stato e grado del processo, solo se il difetto di giurisdizione concerne i rapporti tra il giudice ordinario e la pubblica amministrazione. Diversamente, il difetto di giurisdizione del giudice ordinario nei confronti del giudice amministrativo o dei giudici speciali è rilevabile anche d’ufficio unicamente nel giudizio di primo grado, mentre nei giudizi di impugnazione può essere rilevato solo se oggetto di uno specifico motivo di impugnazione, e dunque solo su istanza di parte. Viene altresì codificato il divieto per l’attore di impugnare la sentenza per denunciare il difetto di giurisdizione del giudice da lui stesso adito, secondo il generale principio per cui la parte non può in alcun caso venire contra factum proprium, ossia lamentare un vizio al quale essa stessa, con la propria condotta processuale, abbia dato causa.

Alcune modifiche vengono apportate anche al procedimento per regolamento di competenza. L’art. 47, comma 3, c.p.c. viene integralmente riscritto con la previsione del solo onere, per la parte che propone l’istanza, di depositare il ricorso con i documenti necessari nel termine perentorio di venti giorni dall’ultima notificazione alle altre parti. Viene invece meno, per i giudizi instaurati a decorrere dal 30 giugno 2023, l’onere di chiedere ai cancellieri degli uffici davanti ai quali pendono i processi, entro cinque giorni dall’ultima notificazione del ricorso alle altre parti, la trasmissione dei fascicoli alla cancelleria della Corte di cassazione.

Parimenti, viene meno l’onere, per il giudice che richiede il regolamento di competenza d’ufficio mediante ordinanza, di disporre la rimessione del fascicolo d’ufficio alla cancelleria della Corte di cassazione (art. 47, comma 4, c.p.c.).

Meramente “stilistica” appare invece la modifica all’art. 47, comma 5, c.p.c., mediante la sostituzione delle parole “nella cancelleria della Corte” con le parole “alla Corte”.

La sospensione dei processi relativamente ai quali è richiesto il regolamento di competenza viene fatta decorrere dal giorno in cui è “depositata innanzi al giudice davanti al quale pende la causa, a cura della parte, copia del ricorso notificato – anziché dal giorno in cui è presentata al cancelliere l’istanza di trasmissione del fascicolo d’ufficio alla Corte di cassazione –o è pronunciata l’ordinanza che richiede il regolamento” d’ufficio. Resta ferma la facoltà del giudice a quo di autorizzare il compimento degli atti che ritiene urgenti (art. 48 c.p.c.).

Viene abrogato il primo comma dell’art. 49 c.p.c., che prevedeva la decisione del regolamento di competenza con ordinanza in camera di consiglio nel termine (peraltro assolutamente ordinatorio) di venti giorni  dalla scadenza del termine per il deposito alla Corte di cassazione di scritture difensive e documenti. Resta invece ferma la previsione secondo cui l’ordinanza, con cui la Corte di cassazione decide il regolamento di competenza, dà i provvedimenti necessari per la prosecuzione del processo dinanzi al giudice dichiarato competente, rimettendo quando occorre le parti in termini affinché provvedano alla propria difesa.

Ulteriore modifica di rilievo concerne l’“inasprimento” delle conseguenze sanzionatorie della responsabilità processuale aggravata (art. 96 c.p.c.), mediante la previsione di un’ulteriore condanna della parte al pagamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma di denaro non inferiore a cinquecento euro e non superiore a cinquemila euro, che il giudice deve pronunciare in tutte le fattispecie di responsabilità processuale aggravata previste dai primi tre commi della norma.

L’art. 101, comma 2, c.p.c. viene integralmente sostituito mediante la previsione secondo cui “Il giudice assicura il rispetto del contraddittorio e, quando accerta che dalla sua violazione è derivata una lesione del diritto di difesa, adotta i provvedimenti opportuni. Se ritiene di porre a fondamento della decisione una questione rilevata d’ufficio, il giudice riserva la decisione, assegnando alle parti, a pena di nullità, un termine, non inferiore a venti giorni e non superiore a quaranta giorni dalla comunicazione, per il deposito in cancelleria di memorie contenenti osservazioni sulla medesima questione”.

E’ inasprita la sanzione contro la parte che rifiuti senza giusto motivo l’ordine di ispezione del giudice: oltre a poter trarre da tale comportamento un argomento di prova sfavorevole per la parte che oppone tale rifiuto, il giudice dovrà anche condannarla al pagamento di una pena pecuniaria compresa tra cinquecento e tremila euro (art. 118 c.p.c.).

Viene ancora modificato l’art. 121 c.p.c., con la codificazione, fin dalla rubrica della norma, dei principi di “chiarezza e sinteticità degli atti”, che vengono affiancati a quello già esistente di “libertà di forme”. Alla predetta disposizione viene quindi aggiunto un periodo finale, a norma del quale “Tutti gli atti del processo sono redatti in modo chiaro e sintetico”.

Infine, nell’ambito del Libro I del codice di procedura civile vengono modificate numerose disposizioni in materia di comunicazioni e notificazioni, per il cui compiuto esame si rinvia ad un successivo articolo.

Dott.ssa Cecilia Domenichini

Unicusano-Roma