Cass. pen., sez. IV, ord., 3 aprile 2023, n. 13819


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIAMPI Francesco Maria – Presidente –

Dott. BELLINI Ugo – Consigliere –

Dott. PEZZELLA Vincenzo – Consigliere –

Dott. MARI Attilio – rel. Consigliere –

Dott. DAWAN Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

A.A., nato a (Omissis);

B.B., nato a (Omissis);

avverso l’ordinanza del 13/06/2022 della CORTE APPELLO di NAPOLI;

udita la relazione svolta dal Consigliere ATTILIO MARI;

lette le conclusioni del PG che ha richiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza depositata il 28.6.2022, all’esito di annullamento con rinvio disposto da questa Corte con sentenza del 26.9.2019, la Corte d’appello di Napoli – quale giudice dell’esecuzione – ha rigettato la richiesta presentata da A.A. nonchè da B.B. (quale soggetto divenuto proprietario dell’immobile in questione) di revocare l’ordine di demolizione di un’opera abusiva, disposto con sentenza di condanna del 27.6.1995, divenuta irrevocabile il 16.4.1998, emessa nei confronti dello stesso A.A. per il reato previsto dall’art. 20 della L. 28 febbraio 1985, n. 47.

La Corte d’appello, nel fare applicazione del principio dettato da questa Corte nella pronuncia di annullamento con rinvio, ha ritenuto insussistenti i presupposti per disporre la revoca dell’ordine di demolizione, osservando come – pure in presenza della documentata presentazione di una domanda di condono – rientrasse comunque nell’ambito di discrezionalità del giudice dell’esecuzione penale la valutazione in ordine alla prognosi del buon esito del procedimento amministrativo; ha quindi ritenuto, all’esito dell’attività istruttoria espletata mediante richiesta di informazioni presso l’Ufficio condoni del Comune di (Omissis), che il silenzio “ostinato e protratto da parte dell’ente comunale” doveva ritenersi indicativo in ordine al carattere non imminente della definizione della pratica.

Avverso tale ordinanza ha presentato ricorso per cassazione il difensore di A.A. e B.B., articolando un unitario motivo di impugnazione, nel quale ha dedotto la violazione dell’art. 606, comma 1, lett.b), c.p.p.; in relazione all’art. 666, comma 5, c.p.p. e all’art. 39 della L. n. 724 del 1994 nonchè il vizio di mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione all’art. 606, comma 1, lett.d), c.p.p..

Ha osservato che, nell’ambito di una procedura connotata dalla convergenza dei pareri di tutti gli uffici coinvolti nel senso della valutazione della astratta sanabilità dell’opera stante il parere reso in tale senso dal consulente nominato dal giudice dell’esecuzione e la valutazione operata dall’ente territoriale con missiva del 23.11.2021 – il giudice dell’esecuzione aveva rigettato l’istanza sulla base del solo dato rappresentato dalla mancata risposta dell’ufficio interpellato; ha rilevato che non sussisteva prova in ordine all’effettiva ricezione di tale richiesta, peraltro trasmessa all’Ufficio antiabusivismo del Comune e non a quello direttamente preposto al rilascio del condono edilizio; ha rilevato quindi come non fosse stato adempiuto il dictum imposto nel provvedimento di annullamento con rinvio, non essendo stata effettuata un’indagine in concreto in ordine all’effettiva superabilità in tempi brevi della situazione di stasi del procedimento amministrativo.

Il Procuratore Generale ha depositato requisitoria scritta nella quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Il ricorso è fondato.

Costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello in base al quale l’ordine di demolizione, costituendo una sanzione amministrativa caratterizzata dalla natura giurisdizionale dell’organo istituzionale al quale ne è attribuita l’applicazione, non è suscettibile di passare in giudicato ed è riesaminabile in fase esecutiva, atteso che compete al giudice dell’esecuzione valutare la compatibilità dell’ordine di demolizione medesimo con i provvedimenti eventualmente emessi dall’autorità o dalla giurisdizione amministrativa, disponendone la revoca in caso di contrasto insanabile ovvero la sospensione se può ragionevolmente presumersi, sulla base di elementi concreti, che tali provvedimenti stanno per essere emessi in tempi brevi, non essendo peraltro sufficiente la mera possibilità di una loro adozione; conseguendone che giudice dell’esecuzione, pertanto, deve revocare l’ordine di demolizione impartito con la sentenza di condanna o di patteggiamento quando siano già sopravvenuti atti amministrativi del tutto incompatibili con esso e può altresì sospendere tale ordine quando sia concretamente prevedibile e probabile remissione, entro breve tempo, di atti amministrativi incompatibili (Cass., sez.III, 10.1.2008, n. 14329, Iacono, RV. 239708; Cass., sez.III, 24.3.2010, n. 24723, P.G. in proc. Petrone, RV. 247791; Cass., sez.III, 26.6.2012, n. 25212, Maffia, RV. 253050).

Conseguendone che – nella fattispecie concreta nel quale l’emissione del provvedimento non sia ancora intervenuta – costituisce compito del giudice dell’esecuzione quello di valutare il rispetto della normativa sostanziale di riferimento (rappresentata, nella specie, dall’art. 39 della L. 23.12.1994, n. 724) con la considerazione delle seguenti condizioni: a) la tempestività e proponibilità della domanda; b) la effettiva ultimazione dei lavori entro il termine previsto per l’accesso al condono; c) il tipo di intervento e le dimensioni volumetriche; d) la insussistenza di cause di non condonabilità assoluta; e) l’avvenuto integrale versamento della somma dovuta ai fini dell’oblazione; f) l’eventuale rilascio di un permesso in sanatoria o la sussistenza di un permesso in sanatoria tacito (Cass., sez.III, 3.2.2004, n. 3992, Russetti, RV. 227558).

Deve quindi ritenersi che il giudice dell’esecuzione non abbia fatto adeguato governo dei predetti principi e, conseguentemente, non abbia rispettato il dictum imposto con la sentenza di annullamento con rinvio – in riferimento al disposto dell’art. 627 c.p.p., comma 3 – e concretamente rappresentato dalla richiesta di espletamento di una più adeguata istruttoria; dovendo ravvisarsi nella motivazione del provvedimento una frattura logica evidente tra le premesse e le conseguenze che ne sono state tratte, in quanto tale idonea a perfezionare il vizio previsto dall’art. 606, comma 1, lett.e), c.p.p.; ravvisandosi altresì anche la dedotta violazione dell’art. 666, comma 5, c.p.p., il quale attribuisce al giudice dell’esecuzione il potere di richiedere alle autorità competenti tutti i documenti e le informazioni necessarie, oltre a quello di assumere prove nel rispetto del principio del contraddittorio, previo adempimento della parte interessata all’onere di indicazione dei fatti sui quali la relativi richiesta si fonda incombendo sull’autorità giudiziaria il compito di procedere ai relativi accertamenti (Cass., sez.III, 20.5.2016, n. 31031, Giordano, RV. 267413, specificamente relativa all’incidente di esecuzione incardinato al fine di ottenere la sospensione dell’ordine di demolizione).

Difatti, il giudice dell’esecuzione – dopo avere preso atto preso atto della sussistenza di tutti i presupposti per il rilascio del provvedimento autorizzativo in sanatoria (sulla base della consulenza redatta su incarico della Procura Generale presso la Corte d’appello) e pure in presenza della valutazione di astratta condonabilità operata dall’Ufficio tecnico del Comune di (Omissis) – ha apoditticamente ritenuto che la definizione stessa non sarebbe stata imminente sulla base del mero dato rappresentato dal silenzio dell’amministrazione comunale di fronte alle richieste presentate all’Ufficio condoni dell’ente territoriale al fine di conoscere i presumibili tempi di definizione della pratica; dovendo quindi ritenersi che il giudizio prognostico imposto dai suddetti principi espressi da questa Corte si stato fondato su presupposti non adeguati e privi della necessaria logicità intrinseca.

Ne consegue che il giudice dell’esecuzione, una volta operata l’istruttoria preliminare demandata dal provvedimento di annullamento con rinvio, avrebbe invece dovuto consequenzialmente verificare gli effettivi tempi di definizione del procedimento amministrativo – attraverso l’esperimento di ulteriori mezzi di prova, ai sensi dell’art. 666, comma 5, c.p.p. – mediante l’assunzione di specifiche informazioni da parte dei soggetti responsabili del procedimento medesimo, eventualmente mediante la loro personale convocazione.

Sulla base delle predette considerazioni, l’ordinanza impugnata deve quindi essere annullata con rinvio alla Corte d’appello di Napoli per il nuovo esame.

P.Q.M.

Annulla il provvedimento impugnato e rinvia per nuovo giudizio alla Corte d’appello di Napoli.

Conclusione

Così deciso in Roma, il 2 marzo 2023.

Depositato in Cancelleria il 3 aprile 2023


MASSIMA – L’ordine di demolizione, costituendo una sanzione amministrativa caratterizzata dalla natura giurisdizionale dell’organo istituzionale al quale ne è attribuita l’applicazione, non è suscettibile di passare in giudicato ed è riesaminabile in fase esecutiva, atteso che compete al giudice dell’esecuzione valutare la compatibilità dell’ordine di demolizione medesimo con i provvedimenti eventualmente emessi dall’autorità o dalla giurisdizione amministrativa, disponendone la revoca in caso di contrasto insanabile ovvero la sospensione se può ragionevolmente presumersi, sulla base di elementi concreti, che tali provvedimenti stanno per essere emessi in tempi brevi, non essendo peraltro sufficiente la mera possibilità di una loro adozione, conseguendone che il giudice dell’esecuzione, pertanto, deve revocare l’ordine di demolizione impartito con la sentenza di condanna o di patteggiamento quando siano già sopravvenuti atti amministrativi del tutto incompatibili con esso e può altresì sospendere tale ordine quando sia concretamente prevedibile e probabile l’emissione, entro breve tempo, di atti amministrativi incompatibili.