Cass. civ., sez.V, ord. 19 ottobre 2023, n.29141
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –
Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –
Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –
Dott. PICARDI Francesca – Consigliere –
Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 2924-2023 proposto da:
A.A.; B.B.; C.C.; elettivamente domiciliati in Roma, presso lo studio dell’Avvocato …, che li rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al ricorso. – ricorrenti –
contro
COMUNE DI NAPOLI, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in …, presso lo studio dell’Avvocato …, rappresentato e difeso dagli Avvocati …, giusta procura speciale allegata al controricorso; – controricorrente –
avverso la sentenza n. 4815/2022 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 17/06/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 3/10/2023 dal Consigliere Relatore Dott.ssa ANTONELLA DELL’ORFANO.
Svolgimento del processo
CHE:
A.A., B.B. e C.C., in qualità di eredi di D.D., propongono ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Campania aveva accolto parzialmente l’appello di D.D. avverso la sentenza n. 200/2021 della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, in parziale rigetto del ricorso proposto avverso avviso in rettifica IMU (Omissis), emesso dal Comune di Napoli, relativo alle unità immobiliari di proprietà della contribuente;
il Comune resiste con controricorso.
Motivi della decisione
CHE:
1.1. con il primo motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ” violazione e/o falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, e L. n. 241 del 1990, art. 3″ e lamentano che la Commissione tributaria regionale abbia erroneamente ritenuto adeguatamente motivato l’impugnato avviso in rettifica, sebbene fosse “… a)… privo dell’indicazione del classamento, della rendita catastale, e dei moltiplicatori (coefficienti) utilizzati dal Comune di Napoli per determinare l’Imu…;… b) indic(asse)… in maniera errata la classe della gran parte degli immobili oggetto di accertamento”;
1.2. con il secondo motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ” violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, e art. 111 Cost.” per avere la Commissione tributaria regionale erroneamente ritenuto che la sentenza di primo grado fosse adeguatamente motivata, “nonostante la stessa, a fronte dell’opposizione… relativa al fatto che l’atto impugnato non riportasse ab origine le rendite catastali utilizzate dal Comune per determinare il valore degli immobili indicati in categoria C/6 classe 5, abbia… omesso di chiarire su quali prove i Giudici abbiano fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni siano pervenuti alla propria determinazione”;
2.1. il primo motivo va disatteso;
2.2. la doglianza per l’asserito difetto di motivazione dell’avviso è, infatti, inammissibile per difetto di specificità ex art. 366 c.p.c., non avendo i ricorrenti riprodotto e allegato al ricorso l’avviso e ciò, tanto più, a fronte dell’esplicito accertamento operato dai giudici di merito, che hanno affermato quanto segue:” In merito al primo motivo di appello concernente la carenza di motivazione dell’avviso di accertamento, si osserva che il Comune di Napoli ha emesso l’avviso di liquidazione de quo specificando chiaramente i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche alla base del provvedimento adottato e permettendo all’odierno appellante di individuare i passaggi logici che conducono dalle acquisizioni istruttorie alle decisioni finali dell’amministrazione. Infatti, l’avviso tributario è stato emesso riportando puntualmente tutti gli elementi identificativi atti a garantire quanto previsto dalla L. n. 293 del 2006 con la conseguenza che risulta rispettato il principio di chiarezza e motivazione alla base del procedimento amministrativo….L’avviso impugnato reca, pertanto, compiuta ed esaustiva indicazione dei presupposti legittimanti la pretesa nonchè gli elementi identificativi della stessa: immobili oggetto di tassazione (specificati con dati identificativi toponomastici e catastali), anno di imposta, parametri adoperati per la determinazione dell’imposta (ovvero la base imponibile, la percentuale ed i mesi di possesso, l’aliquota applicata, eventuale esenzione, ecc.), quantum della somma -per differenza- pretesa, senza che dunque possa configurarsi lesione alcuna al diritto, di difesa del ricorrente. Nell’atto di liquidazione in questione sono stati forniti al contribuente tutti gli elementi conoscitivi previsti dalla normativa vigente, garantendo allo stesso quel grado di determinatezza ed intelligibilità che hanno permesso alla contribuente l’esercizio del diritto alla difesa, come emerge dal puntuale e tempestivo ricorso proposto”;
2.3. occorre, invero, ribadire che in tema di ICI, secondo principi applicabile anche all’IMU, l’obbligo motivazionale dell’accertamento deve ritenersi adempiuto tutte le volte in cui il contribuente sia stato posto in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestare efficacemente l’an ed il quantum dell’imposta, ed in particolare, il requisito motivazionale esige, oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi ed oggettivi della posizione creditoria dedotta, soltanto l’indicazione dei fatti astrattamente giustificativi di essa, che consentano di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ente impositore nell’eventuale successiva fase contenziosa, restando, poi, affidate al giudizio di impugnazione dell’atto le questioni riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva (cfr. Cass. n. 1694 del 24/01/2018; Cass. n. 26431 del 08/11/2017);
3.1. il secondo motivo va parimenti disatteso;
3.2. costituisce principio cardine in tema di impugnazione che la sentenza d’appello, anche se confermativa, si sostituisce totalmente a quella di primo grado, ed a tale principio si associa quello che le nullità delle sentenze soggette ad appello si convertono in motivi di impugnazione, con la conseguenza che il giudice di secondo grado investito delle relative censure non può limitarsi a dichiarare la nullità ma deve decidere nel merito;
3.3. pertanto non può essere denunciato in cassazione un vizio della sentenza di primo grado ritenuto insussistente dal giudice d’appello (cfr. Cass. nn. 1323/2018, 11537/1996) e, sempre in virtù dell’effetto sostitutivo della pronuncia della sentenza d’appello e del principio secondo cui le nullità della sentenza soggetta ad appello si convertono in motivi di impugnazione, ne deriva ancora che non può essere denunciato in cassazione il vizio della sentenza di primo grado – per la quale si deduce la mancanza di motivazione – non rilevato dal giudice di appello (cfr. Cass. n. 1323 del 19/01/2018, Cass. n. 17072 del 03/08/2007, Cass. n. 11537 del 28/12/1996);
4.1. a seguire, la difesa dei ricorrenti, in qualità di eredi dell’originaria contribuente, ha chiesto, con riguardo agli importi dell’atto impugnato relativi a sanzioni amministrative, che ne sia disposta la relativa decurtazione;
4.2. trattandosi di sanzione amministrativa non trasmissibile agli eredi, va conseguentemente dichiarata la cessazione della materia del contendere in parte qua, facendosi applicazione del principio di diritto, già affermato da questa Corte (cfr. Cass. nn. 29577/2021, 6737/2016, 22199/2010), secondo cui, in tema di sanzioni amministrative, la morte dell’autore della violazione comporta l’estinzione dell’obbligazione di pagare la sanzione pecuniaria irrogata dall’Amministrazione, la quale, ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 7 non si trasmette agli eredi, con conseguente cessazione della materia del contendere che può intervenire anche in sede di legittimità, ove il decesso sia documentato ex art. 372 c.p.c.;
5. il ricorso va in conclusione respinto, assorbita ogni altra questione dedotta dal Comune controricorrente, salva la declaratoria di cessazione della materia del contendere di cui si è detto;
6.le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara cessata la materia del contendere quanto alle sanzioni applicate con l’impugnato avviso di rettifica IMU; rigetta per il resto il ricorso; condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese di questo giudizio in favore del Comune controricorrente che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed agli accessori di legge, se dovuti.
Conclusione
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità da remoto della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, il 3 ottobre 2023.
Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2023
MASSIMA: In tema di Imu si ritiene adempiuto l’obbligo motivazionale gravante in capo alla PA ogniqualvolta il contribuente sia stato posto in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali tanto da permettergli di poter contestare efficacemente l’an ed il quantum dell’imposta. Il requisito motivazionale quindi esige, oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi ed oggettivi della posizione creditoria dedotta, soltanto l’indicazione dei fatti idonei a giustificarla consentendole di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ente impositore nell’eventuale successiva fase contenziosa.