T.A.R. Sicilia Palermo, Sez. II, 28 novembre 2023, n. 3548


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 253 del 2019, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati …, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

l’Assessorato regionale dei beni culturali e dell’identità siciliana – Dipartimento dei beni culturali e dell’identità siciliana – Soprintendenza dei beni culturali e dell’identità siciliana di Agrigento, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l’annullamento

1) del D.D.S. n. -OMISSIS- del 22/5/2018, emesso ai sensi dell’art. 167 del D.Lgs. n. 42 del 2004, con cui veniva ingiunto il pagamento della somma di € 19.377,34, quale indennità risarcitoria per il danno causato al paesaggio con la realizzazione di due celle frigo ad una sola elevazione con annessi uffici, con copertura spiovente a due falde, in Agrigento, -OMISSIS-, senza il preventivo nulla osta della Soprintendenza di Agrigento e notificato al ricorrente in data 2/11/2018;

2) della nota prot. n.-OMISSIS- del 16/10/2018, con la quale è stato trasmesso il sopra indicato D.D.S. n.-OMISSIS- del 22/5/2018;

3) della nota prot. n. -OMISSIS- del 5/3/2018 della Soprintendenza ai BB.CC.AA. di Agrigento, nella parte in cui viene quantificata la sanzione pecuniaria.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’amministrazione regionale intimata;

Visti tutti gli atti della causa;

Vista l’istanza con cui il difensore di parte ricorrente ha chiesto la Tribunale di porre la causa in decisione, senza discussione;

Visto l’art. 87, comma 4-bis, cod. proc. amm.;

Relatore il dott. Calogero Commandatore all’udienza straordinaria di smaltimento dell’arretrato del giorno 15 novembre 2023;

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Agendo in giudizio, il ricorrente ha impugnato il provvedimento indicato in oggetto articolando le seguenti censure come di seguito rubricate:

1) difetto di legittimazione passiva del soggetto terzo estraneo all’abuso – personalità della sanzione – violazione dell’art. 7 della L. n. 689 del 1981.

Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente eccepisce l’illegittimità del provvedimento sanzionatorio per erronea individuazione del soggetto nei cui confronti avrebbe dovuto essere irrogata la sanzione, vale a dire l’autore dell’abuso edilizio e non il proprietario del manufatto al momento dell’emanazione del provvedimento (illecito compiuto dalla sig. S.R.) “dante causa” del ricorrente); l’ingiunzione ex art. 167 del D.Lgs. n. 42 del 2004 costituirebbe una vera e propria sanzione amministrativa con funzione punitiva, in quanto tale intrasmissibile ai soggetti estranei all’illecito;

2) violazione di legge – estinzione della sanzione ai sensi dell’art. 14 della L. n. 689 del 1981, stante l’avvenuta estinzione della sanzione amministrativa, in quanto la valutazione e l’accertamento dell’ammontare della sanzione sarebbero stati effettuati con il D.D.S. impugnato n. -OMISSIS- del 22/5/2018, ben oltre i termini previsti per la validità della stessa sanzione.

Si è costituita in giudizio l’amministrazione statale intimate che ha chiesto il rigetto del ricorso.

All’udienza ex art. 87, comma 4-bis c.p.a. del 15 novembre 2023, come da verbale, la causa è stata posta in decisione.

Il ricorso è infondato e va rigettato.

Il primo motivo è infondato.

Invero, sulla questione di carattere generale della trasmissibilità della sanzione de qua si riscontrano due diversi orientamenti nella giurisprudenza amministrativa.

Secondo un primo orientamento, trattandosi di una vera e propria sanzione amministrativa, con finalità deterrenti, alla medesima va applicato il disposto di cui all’art. 7 della L. n. 689 del 1981, ai sensi del quale l’obbligazione di pagare la somma dovuta per la violazione non si trasmette agli eredi (e agli aventi causa), che sono estranei alla commissione dell’abuso (in termini C.G.A., 27 novembre 2017, n. 520).

In base ad un secondo orientamento l’indennità in questione va, invece, considerata quale sanzione ripristinatoria dei valori giuridici offesi dalla condotta illecita, con la conseguenza che sono tenuti al pagamento della sanzione anche i proprietari aventi causa (cfr. Consiglio di Stato, VI, 4 febbraio 2019, n. 855 con richiamo a precedente conforme n. 2094 del 4 aprile 2018). E invero, la sanzione in esame “non si atteggia a mera sanzione pecuniaria, ma si caratterizza per la sua natura di sanzione riparatoria alternativa al ripristino dello status quo ante; proprio in funzione della sua natura di carattere ripristinatoria alternativa alla demolizione viene ragguagliata “al pagamento di una somma equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione” e, in base all’art. 167 del D.Lgs. n. 42 del 2004, le somme “sono utilizzate per finalità di salvaguardia, interventi di recupero dei valori ambientali e di riqualificazione delle aree degradate”. Pertanto, come in generale per le sanzioni pecuniarie in materia edilizia, tali sanzioni pecuniarie non hanno carattere punitivo, con la conseguenza che sono sottratte al principio della responsabilità personale dell’autore della violazione, di cui alla L. 24 novembre 1981, n. 689, mentre la natura ripristinatoria le rende trasmissibili agli eredi come già affermato per le sanzioni pecuniarie in materia edilizia sostitutive di interventi di carattere ripristinatorio (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 9 aprile 2018, n. 2155; id., sez. V, 15 aprile 2013, n. 2060).” (Cons. Stato, sez. II, 30 ottobre 2020, n. 6678/2020).

Tale orientamento è stato sposato anche dal C.G.A.R.S. (da ultimo: Cgars, sez. riun. 16 dicembre 2021, n. 436/2021) affermando “che l’indennità per danno al paesaggio (da corrispondere, su ingiunzione della Soprintendenza BB.CC.AA., ai sensi dell’art. 167 del D.Lgs. n. 42 del 2004) non ha natura afflittivo-sanzionatoria, ma costituisce una misura riparatoria nel senso civilistico del termine; una “sanzione”, dunque, a contenuto sostanzialmente ripristinatorio (risarcitorio o comunque compensativo). Da ciò consegue che l’obbligazione “riparatoria” (risarcitoria o compensativa, a seconda che miri al ristoro integrale o parziale del pregiudizio cagionato) è trasmissibile; e dunque obbliga anche gli eredi e gli aventi causa a qualsiasi titolo, in quanto proprietari del bene.” (C.G.A.R.S, sez. riun., 11 aprile 2022, n. 178, parere).

Orbene, pur giungendo a conclusioni opposte, entrambi gli orientamenti sono, a ben vedere, concordi nell’affermare che sussiste la legittimazione passiva dell’avente causa il quale sia consapevole dell’abuso, in quanto è stato coinvolto nella sua realizzazione o aveva conoscenza dello stesso e, in particolare, della pendenza di una domanda di condono (TAR Sicilia, sede di Palermo, Sez. I, sent. del 28.2.2023 n. 642).

Sul punto questo T.A.R. ha avuto anche modo di precisare che “il mantenimento da parte dell’attuale proprietario delle opere abusive costituisce presupposto per irrogazione della sanzione in quanto responsabile dell’abuso. Infatti, l’attuale proprietario non può definirsi estraneo all’abuso se non dimostra la propria inconsapevolezza dell’abusività dell’opera e quindi il proprio incolpevole affidamento (cfr. T.A.R. Palermo, Sez. I, sent. n. 2952/2019), tenuto conto altresì della pubblicità degli strumenti urbanistici e delle fonti normative in materia. In sostanza, il Collegio aderisce all’orientamento giurisprudenziale secondo il quale l’indennità in questione va considerata quale sanzione ripristinatoria dei valori giuridici offesi dalla condotta illecita, con la conseguenza che sono tenuti al pagamento della sanzione anche i proprietari aventi causa. Con la diretta conseguenza che sussiste la legittimazione passiva dell’avente causa, il quale sia consapevole dell’abuso, in quanto è stato coinvolto nella sua realizzazione o aveva conoscenza dello stesso e, in particolare, della pendenza di una domanda di condono (cfr. Consiglio di Stato, VI, 4 febbraio 2019, n. 855 con richiamo a precedente conforme n. 2094 del 4 aprile 2018)” (T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. I, 24/04/2020, n. 773).

Si deve altresì aggiungere che, secondo il pacifico orientamento assunto da questo T.A.R. e avvallato dal C.G.A.R.S., è solo con il rilascio della concessione in sanatoria che cessa la c.d. “permanenza” dell’illecito urbanistico, con la conseguenza che inizia a decorrere il termine quinquennale per la prescrizione della potestà sanzionatoria (Cargs, sez. riun., 19 luglio 2021 n. 244; Id., 1 luglio 2021 n. 212). E ciò “a prescindere dalla qualificazione giuridica che si voglia dare dell’indennità di cui all’art. 167 D.Lgs. n. 42 del 2004, la stessa è soggetta a prescrizione quinquennale che inizia a decorrere da quando il credito diventa esigibile, e segnatamente da quando viene rilasciato il condono edilizio” (Cgars, sez. giur., 17 marzo 2021, n. 214, Id., n. 95 del 9 febbraio 2021).

Nel caso che ci occupa, l’istanza di condono è stata presentata dall’odierno ricorrente in favore del quale la concessione edilizia in sanatoria è stata rilasciata il 30 aprile 2014 (prot. n. (…)), sicché non può esservi alcun dubbio sulla legittimazione passiva di quest’ultimo.

Anche il secondo motivo di ricorso è infondato poiché non può ritenersi maturato il termine quinquennale di prescrizione della sanzione il cui dies a quo decorre, come già evidenziato, dal venir meno della situazione di illiceità che, nella fattispecie che qui ci occupa, è da individuare nel momento del rilascio della concessione edilizia in sanatoria, ossia dal 30 aprile 2014 mentre il provvedimento gravato è stato notificato al ricorrente in data 2 novembre 2018.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

Sussistono i presupposti per la compensazione delle spese di lite, tenuto conto del quadro giurisprudenziale non ancora consolidatosi al momento di proposizione del ricorso.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità.

Conclusione

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 15 novembre 2023, tenutasi tramite collegamento da remoto, con l’intervento dei magistrati:

Maria Barbara Cavallo, Presidente

Calogero Commandatore, Primo Referendario, Estensore

Gabriele Serra, Referendario


MASSIMA:  La sanzione pecuniaria, comminata ai sensi art. 167 del D.Lgs. n. 42 del 2004, per la realizzazione di abusi edilizi in zone soggette a vincoli paesaggistici va considerata quale sanzione ripristinatoria dei valori giuridici offesi dalla condotta illecita, con la conseguenza che sono tenuti al pagamento della sanzione anche i proprietari aventi causa. Da ciò deriva la sussistenza della legittimazione passiva dell’avente causa, il quale sia consapevole dell’abuso, in quanto è stato coinvolto nella sua realizzazione o aveva conoscenza dello stesso e, in particolare, della pendenza di una domanda di condono.