Convegno Lerici, 24 maggio 2024

“L’incidenza per gli Enti Locali delle modifiche e novità normative relative a: Statuto dei diritti del contribuente, processo tributario e digitalizzazione della P.A.”


Relazione della Dott.ssa Cecilia Domenichini: “La sospensione cautelare alla luce della recente riforma” (Parte Seconda)

SOMMARIO: §.1 Premessa. §.2 La tutela cautelare nel giudizio di primo grado. §.3 La definizione del giudizio in esito alla domanda di sospensione. §.4 La tutela cautelare nell’ambito dei giudizi di appello e di revocazione. §.5 La tutela cautelare in pendenza di giudizio di legittimità. §. 6 Considerazioni conclusive.

……………

    • .4 La tutela cautelare nell’ambito dei giudizi di appello e di revocazione.

    La riforma del processo tributario, attuata con l’art. 9, comma 1, D.lgs. 24 settembre 2015 n. 156, aveva ampliato le analogie tra il primo ed il secondo grado del giudizio tributario anche per ciò che concerne la tutela cautelare.

    Anteriormente alla predetta riforma, si escludeva infatti pacificamente l’applicazione al giudizio di secondo grado delle norme di cui all’art. 47 D.lgs. 546/92 in materia di sospensiva (Circolare ministeriale 23 aprile 1996, n. 98/E/II).

    Solo per via giurisprudenziale, era stata riconosciuta alle (allora così denominate) Commissioni tributarie regionali una limitata facoltà di sospensiva delle sanzioni amministrative irrogate con l’atto impugnato.

    Mediante il predetto D.lgs. 24 settembre 2015 n. 156 veniva invece introdotto per gli organi di giustizia tributaria di secondo grado un potere di sospensiva per molti aspetti analogo a quello spettante ai giudici primo grado, mediante i commi da 2 a 6 dell’art. 52 D.lgs. 546/1992.

    Le predette norme sono state poi ulteriormente modificate dalla Legge 31 agosto 2022 n. 130 e, da ultimo, dall’art. 1, comma 1, lettera aa) D.lgs. 30 dicembre 2023 n. 220, che ha altresì aggiunto un comma 6-bis.

    Le modifiche apportate dall’art. 1, comma 1, lettera aa), D.lgs. 220/2023 sono applicabili ai giudizi instaurati, in primo e in secondo grado, nonché in Cassazione, a decorrere dal 5 gennaio 2024.

    L’art. 52, comma 2, D.lgs. 546/1992 prevede che l’appellante possa richiedere alla corte di giustizia tributaria di secondo grado di sospendere in tutto o in parte l’esecutività della sentenza impugnata, se sussistono gravi e fondati motivi”.

    E’ stata invece soppressa dal D.lgs. 220/2023 la facoltà per il contribuente di chiedere  la sospensione dell’esecuzione dell’atto, se da questa potesse derivargli “un danno grave e irreparabile”.

    Anteriormente alla riforma (ed ancora oggi, per i giudizi instaurati anteriormente al 5 gennaio 2024) tali due facoltà si ponevano tra loro in un rapporto di genere a specie.

    La prima costituiva infatti la norma generale, applicabile a qualsiasi “appellante”, fosse esso il contribuente o la parte resistente in primo grado, facoltizzato a chiedere la sospensione (totale o parziale) dell’esecutività della sentenza impugnata, sulla base di un presupposto di fumus boni juris, a prescindere dalla sussistenza di qualsiasi periculum in mora.

    Quest’ultimo requisito (“danno grave e irreparabile”) diventava invece rilevante per consentire al solo appellante- contribuente di richiedere la sospensione dell’esecuzione dell’atto, pur in assenza di un fumus boni juris che gli permettesse di ottenere la sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata.

    Per illustrare il rapporto tra le due previsioni, la giurisprudenza era spesso ricorsa alla “suggestiva” metafora dei cd. “vasi comunicanti”, per significare che i due requisiti del fumus boni juris e del periculum in mora dovessero essere valutati non già in maniera autonoma ed isolata, bensì in base ad un reciproco bilanciamento, potendo assumere rilievo preponderante ora l’uno ed ora l’altro.

    L’art. 1, comma 1, lettera aa) D.lgs. 220/2023 sopprime, per i giudizi instaurati a decorrere dal 5 gennaio 2024, il secondo periodo dell’art. 52, comma 2, D.lgs. 546/1992, facendo così venire meno la facoltà per l’appellante-contribuente di chiedere la sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato in caso di pericolo di un “danno grave e irreparabile” ed unificando quindi il procedimento cautelare di appello a prescindere dalla qualità soggettiva dell’appellante e, in particolare, a prescindere dal fatto che quest’ultimo si identifichi nella parte ricorrente o resistente del processo di primo grado.

    I commi da 3 a 5 dell’art. 52 D.lgs. 546/92 disciplinano il procedimento cautelare in sede di appello.

    In base al testo anteriore alla riforma del D.lgs. 220/2023 (applicabile ai giudizi instaurati anteriormente al 05 gennaio 2024), il Presidente della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado fissa con decreto la trattazione dell’istanza per la prima camera di consiglio utile, disponendo che ne sia data comunicazione alle parti almeno dieci giorni liberi prima.

    In base al nuovo testo (applicabile ai giudizi instaurati a decorrere dal 05 gennaio 2024) viene aggiunta la previsione secondo cui la fissazione di udienza debba avvenire non solo per la prima camera di consiglio utile, ma anche “non oltre il trentesimo giorno dalla presentazione della medesima istanza”; viene inoltre abbreviato da dieci a cinque giorni liberi anteriori all’udienza il termine per la comunicazione dell’avviso di trattazione.

    Si tratta di modifiche principalmente finalizzate ad uniformare, anche sotto l’aspetto procedurale, la trattazione dell’istanza cautelare in appello rispetto a quella di primo grado (art. 47 D.lgs. 546/1992).

    In caso di eccezionale urgenza, il Presidente, previa delibazione sommaria del merito, può disporre con decreto motivato la sospensione dell’esecutività della sentenza di primo grado. Tale sospensione assume tuttavia carattere provvisorio, mantenendo la propria efficacia soltanto fino alla pronuncia del collegio.

    Quest’ultimo, sentite le parti in camera di consiglio e delibato il merito, provvede con ordinanza motivata non impugnabile.

    La caratteristica di non impugnabilità dell’ordinanza cautelare di secondo grado rappresenta ad oggi la più importante differenza tra la tutela cautelare di primo grado e quella dell’appello, nonché degli altri mezzi di impugnazione.

    Anche nell’ambito del giudizio di secondo grado, la sospensione può essere subordinata alla prestazione della garanzia di cui all’art. 69, comma 2, D.lgs. 546/92, la cui debenza non è esclusa per i contribuenti con “bollino di affidabilità fiscale”.

    Anche al procedimento cautelare in grado di appello è applicabile l’art. 47, comma 8-bis, D.lgs. 546/92, introdotto dall’art. 9, comma 1, lettera r), n. 4), D.lgs. 24 settembre 2015 n. 156, secondo cui “Durante il periodo di sospensione cautelare si applicano gli interessi al tasso previsto per la sospensione amministrativa”.

    L’art. 1, comma 1, lettera aa), n. 4) D.lgs. 220/2023 ha infine aggiunto all’art. 52 D.lgs. 546/1992 un comma 6-bis, che vieta anche nel giudizio di secondo grado di far coincidere l’udienza di trattazione dell’istanza di sospensione con quella di trattazione del merito della controversia.

    Anche tale disposizione (applicabile ai giudizi instaurati a decorrere dal 5 gennaio 2024) appare chiaramente finalizzata ad uniformare la tutela cautelare in appello a quella di primo grado.

    Analoga disposizione è prevista anche nell’ambito del giudizio di revocazione. 

    L’art. 65, comma 3-bis, D.lgs. 546/1992 (nel testo aggiunto dall’art. 9, comma 1, lettera dd), D.lgs. 24 settembre 2015 n. 156 ed ancora applicabile ai giudizi instaurati anteriormente al 05 gennaio 2024) prevedeva che Le parti possono proporre istanze cautelari ai sensi delle disposizioni di cui all’articolo 52, in quanto compatibili”. 

    Il nuovo testo della norma (modificato dall’art. 1, comma 1, lettera dd), D.lgs. 220/2023 e applicabile ai giudizi instaurati a decorrere dal 5 gennaio 2024) statuisce che Le parti possono proporre istanze cautelari ai sensi delle disposizioni di cui agli articoli 47 e 52, in quanto compatibili”, operando quindi un richiamo ancor più diretto alla tutela cautelare in primo grado.

    • .5 La tutela cautelare in pendenza di giudizio di legittimità.

    Analoghe le modifiche apportate all’art. 62-bis D.lgs. 546/1992, aggiunto dall’art. 9, comma 1, lettera aa), D.lgs. 24 settembre 2015 n. 156 per regolare la sospensione dell’esecuzione provvisoria della sentenza di secondo grado impugnata.

    Anteriormente alla riforma di cui all’art. 1, comma 1, lettera cc) D.lgs. 220/2023 (ed ancora oggi, per i giudizi instaurati prima del 05 gennaio 2024), anche tale norma prevedeva una fattispecie generale (che facoltizza “la parte che ha proposto ricorso per cassazione, chiunque essa sia, a chiedere la sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata) ed una speciale (che facoltizzava unicamente “il contribuente” a chiedere la sospensione dell’esecuzione dell’atto).

    Analogamente a quanto avvenuto per l’art. 52 D.lgs. 546/1992, tale ultima previsione è stata soppressa dal D.lgs. 220/2023, con conseguente uniformazione della tutela cautelare in pendenza di giudizio di legittimità, a prescindere dalla qualità soggettiva del ricorrente per Cassazione (contribuente oppure Ufficio finanziario).

    Analogamente a quanto avviene nell’ambito del processo civile (art. 373 c.p.c.), la richiesta di sospensione deve in ogni caso essere proposta dinanzi al Giudice a quo, identificato nella corte di giustizia tributaria di secondo grado che ha emesso la sentenza, che è stata oggetto del ricorso per Cassazione.

    Tale differenza rispetto alla richiesta di sospensione della sentenza di primo grado impugnata- la quale, ai sensi dell’art. 52 D.lgs. 546/92, si propone al giudice ad quem, ossia alla corte di giustizia tributaria di secondo grado investita dell’appello- si giustifica con la natura di “giudice di legittimità”, che è propria della Corte di Cassazione, la quale non può in alcun caso essere investita della cognizione di questioni di merito, quali quelle relative alla sospensione. 

    Sotto tale aspetto, il rito tributario appare peraltro del tutto affine a quello civile.

    Altra differenza rispetto all’art. 52 D.lgs. 546/92 concerne il presupposto che giustifica la sospensione (totale o parziale) dell’esecutività della sentenza.

    La norma dell’art. 52 D.lgs. 546/92 subordina infatti la sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata alla ricorrenza di “gravi e fondati motivi” (cd. fumus boni juris).

    L’art. 62-bis, comma 1, D.lgs. 546/92 richiede invece un requisito di periculum in mora, identificato nel “danno grave e irreparabile”.

    Sostanzialmente analogo rispetto al disposto dell’art. 52 D.lgs. 546/92 si presenta il procedimento volto ad ottenere la sospensione.

    Anche ai sensi dell’art. 62-bis, il Presidente della corte di giustizia tributaria di secondo grado fissa con decreto la trattazione dell’istanza di sospensione per la prima camera di consiglio utile (e, per i giudizi instaurati a decorrere dal 05 gennaio 2024, non oltre il trentesimo giorno dalla presentazione dell’istanza), disponendo che ne sia data comunicazione alle parti almeno dieci giorni liberi prima. A differenza di quanto avvenuto nell’ambito dell’appello (art. 52 D.lgs. 546/1992), il predetto termine non è infatti stato abbreviato a cinque giorni liberi anteriori all’udienza, e risulta quindi ad oggi difforme rispetto a quanto previsto per la tutela cautelare di primo grado (art. 47 D.lgs. 546/1992) e per gli altri due mezzi di impugnazione del rito tributario, ossia appunto l’appello (art. 52 D.lgs. 546/1992) e la revocazione (art. 65 D.lgs. 546/1992).

    In caso di eccezionale urgenza, il Presidente può disporre con decreto motivato la sospensione dell’esecutività della sentenza fino alla pronuncia del collegio.

    Quest’ultimo, sentite le parti in camera di consiglio e delibato il merito, provvede con ordinanza motivata non impugnabile.

    Anche in questo caso, la sospensione può essere subordinata alla prestazione della garanzia di cui all’art. 69, comma 2, D.lgs. 546/92 – la cui debenza non è esclusa per i contribuenti con “bollino di affidabilità fiscale”- e risulta applicabile il disposto dell’art. 47, comma 8-bis, D.lgs. 546/92, che prevede l’applicazione degli interessi al medesimo tasso previsto per la sospensione amministrativa.

    In ogni caso, l’ultimo comma dell’art. 62-bis D.lgs. 546/92 subordina la trattazione delle istanze di sospensione alla prova, da parte del richiedente, di avere effettivamente depositato il ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado.

    La norma riproduce in tutto e per tutto la disposizione dell’art. 131-bis disp. att. c.p.c.: analogamente a quanto avviene in sede civile per la sospensione della sentenza di secondo grado prevista ex art. 373 c.p.c., anche nel rito tributario la parte istante dovrà quindi dimostrare di avere non solo notificato il ricorso per Cassazione alla/e controparte/i, ma anche di avere provveduto al suo deposito e alla contestuale iscrizione a ruolo presso la cancelleria della Suprema Corte (adempimento che, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., deve essere effettuato, a pena di improcedibilità, nel termine perentorio di venti giorni dall’ultima notificazione del ricorso alle parti contro le quali è promosso).

    • . 6 Considerazioni conclusive.

    Concludendo, è senza dubbio possibile affermare che gli interventi riformatori di cui al D.lgs. 24 settembre 2015 n. 156, alla Legge 31 agosto 2022 n. 130 e al D.lgs. 30 dicembre 2023 n. 220 siano stati tutti volti al rafforzamento della tutela cautelare nel processo tributario, oltre che all’uniformazione  di tale tipologia di tutela tra il primo grado di giudizio ed i gradi successivi al primo.

    Permangono indiscutibilmente delle lacune, quali la mancata impugnabilità dell’ordinanza cautelare di secondo grado, e delle scelte non del tutto coerenti, quali la possibilità di definire il giudizio con sentenza in forma semplificata in sede di decisione della domanda cautelare, in deroga al generale divieto di far coincidere la trattazione dell’istanza cautelare con quella di trattazione del merito.

    Tuttavia, è indubbio che la tutela cautelare, del tutto sconosciuta al rito tributario anteriormente all’entrata in vigore del D.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 e fino a pochi anni fa limitata di fatto al solo primo grado di giudizio, abbia avuto negli ultimi anni un’estensione ed un rafforzamento senza precedenti, contribuendo ad assimilare il processo tributario a quello civile e ad assicurare anche in tale rito le garanzie costituzionali del giusto processo (artt. 24 e 111 Costituzione).

    Dott.ssa Cecilia Domenichini

    Unicusano- Roma