Cass. civ., sez. V, ord., 09 maggio 2024 n. 12657


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CATALDI Michele – Presidente

Dott. DE ROSA Maria Luisa – Consigliere

Dott. MACAGNO Gian Paolo – Consigliere

Dott. CRIVELLI Alberto – Consigliere

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere – Rel.

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 2977/2017 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, (Omissis) che la rappresenta e difende                                                                                                   -ricorrente-

contro

B. C. Srl, elettivamente domiciliato in ROMA VIA MERULANA 234, presso lo studio dell’avvocato  (Omissis) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (Omissis)                                                                                                                           -controricorrente-

avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. MILANO n. 5985/2016 depositata il 17/11/2016.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/04/2024 dal Co: MARCELLO MARIA FRACANZANI.

Svolgimento del processo

La società contribuente A. B. C. Srl chiedeva alla direzione regionale della Lombardia dell’Agenzia delle entrate per il tramite della direzione provinciale di Sondrio, la disapplicazione delle disposizioni contenute nell’articolo 30 della legge numero 724 del 1994, evidenziando l’impossibilità oggettiva di conseguire ricavi ma incrementi di rimanenze e proventi nella misura minima prevista dal primo comma del citato articolo per l’anno d’imposta 2014.

L’Ufficio fiscalità delle imprese e finanziaria della direzione regionale rigettava l’istanza motivando sulla carenza dei requisiti di dipendenti minimi, donde la società contribuente impugnava il diniego avanti la commissione tributaria provinciale di Sondrio che apprezzava la preliminare eccezione di incompetenza territoriale sollevata dall’Ufficio.

Proponeva appello la società contribuente, trovando favorevole accoglimento delle proprie ragioni, con riforma della sentenza di primo grado e riconoscimento della competenza territoriale di Sondrio, in quanto in quel luogo doveva ritenersi aver sede l’articolazione territoriale dell’Ufficio finanziario che aveva adottato l’atto impugnato (rigetto dell’interpello disapplicativo), capace di generare maggior pretesa a carico del contribuente.

Ricorre per Cassazione l’Agenzia delle entrate per il tramite dell’Avvocatura generale dello Stato affidandosi ad unico mezzo di impugnazione cui replica la parte contribuente spiegando tempestivo controricorso.

Motivi della decisione

Viene proposto unico mezzo di ricorso.

Con l’unico motivo si profila censura ai sensi dell’articolo 360 numero 2 del codice di procedura civile per violazione falsa applicazione degli articoli quattro, 5,10, 18,50 e 53 del decreto legislativo numero 546 del 1992articolo 30 comma quattro bis, della legge numero 724 del 1994articolo 31 comma secondo, 37 bis, comma ottavo e 58 del decreto del Presidente della Repubblica numero 600 del 1973, dell’articolo 2, commi 36 decies e 36 undecies del decreto legge numero 138 del 2011, convertito dalla legge numero 148 del 2011 e articolo 1 del decreto ministeriale 19 giugno 1998 numero 259.

Nella sostanza si lamenta che sia stata violata la competenza inderogabile delle commissioni tributarie, laddove il giudizio deve essere incardinato avanti il collegio ove ha sede l’Ufficio che ha adottato l’atto impugnato. Nella specie, il rigetto del cosiddetto interpello disapplicativo è stato adottato dalla competente direzione regionale, per cui il giudizio richiedeva la competenza inderogabile della commissione tributaria provinciale di Milano e non di quella di Sondrio.

Il motivo di ricorso risulta fondato.

Infatti, la competenza territoriale delle commissioni tributarie provinciali è regolata dal luogo dove si trova l’Ufficio che ha adottato il provvedimento che viene impugnato. In questo caso il rigetto dell’istanza di interpello disapplicativo è stato adottato dalla competente direzione regionale dell’Agenzia delle entrate, e non dalla sua articolazione provinciale. Pertanto, il giudizio andava inderogabilmente incardinato avanti la commissione tributaria provinciale di Milano e non avanti quella di Sondrio.

Sul punto è intervenuta più volte questa Sprema Corte di legittimità, con orientamento da cui non si vedono ragioni per discostarsi. Ed infatti, in fattispecie analoga, è stato precisato da tempo che in tema di tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (TOSAP), nel caso in cui il servizio di accertamento e di riscossione della tassa sia stato affidato dal comune in concessione, la competenza territoriale in ordine alla controversia relativa ad avviso di accertamento emesso dal concessionario va individuata non in relazione alla sede del comune concedente, bensì alla sede del concessionario, atteso che questi subentra nei diritti e negli obblighi del comune verso i contribuenti ed è dunque il soggetto legittimato a resistere all’impugnazione del predetto atto impositivo (cfr. Cass. V, n. 15864/2004). Successivamente, il principio è stato affinato enunciando un principio generale, ritenendo che la Commissione tributaria provinciale competente per territorio si individua con riferimento al luogo ove ha sede l’Ufficio finanziario o il concessionario del servizio di riscossione che ha emesso il provvedimento impugnato, attesa la lettera dell’art. 4 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, che radica la competenza territoriale non sulla base di criteri contenutistici, inerenti alla specifica materia di volta in volta controversa, ma in relazione, salvo eccezioni tassativamente previste, all’allocazione spaziale dei soggetti in causa (Cass. V, n. 4682/2012). L’inderogabilità della competenza territoriale consente di sollevare l’eccezione anche alla parte che al giudice (incompetente) ha indirizzato il proprio ricorso, affermando così che nel processo tributario è ammissibile l’eccezione del ricorrente di incompetenza territoriale per violazione dell’art. 4 (del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 poiché è irrilevante che essa provenga dalla stessa parte cui era rimessa l’individuazione dell’autorità giurisdizionale adita, attesa la natura “inderogabile” della competenza territoriale del giudice tributario, in relazione alla quale possono sempre essere sollecitati i poteri officiosi del giudice, rispondendo la relativa disciplina processuale – che prevede il radicamento della competenza in relazione al luogo della sede dell’Ufficio, dell’ente o del concessionario che ha emesso l’atto impugnato – ad esigenze di tutela di interessi pubblici di efficienza e tempestività dell’accertamento sulla pretesa impositiva (cfr. Cass. V, n. 20671/2014n. 25194/2022). L’annullamento della sentenza deve tradursi in rinvio al giudice la cui competenza è stata violata, in modo da assicurarne l’effettiva inderogabilità tramite la riedizione del giudizio avanti il giudice dotato di competenza.

Deve essere pertanto espresso il seguente principio di diritto:

– In tema di processo tributario la competenza territoriale delle Commissioni tributarie (oggi Corti di giustizia tributaria) è sancita come inderogabile dall’art 5 del D.Lgs. n. 546/1992, senza possibilità di applicare la disciplina del regolamento di competenza.

– La violazione della competenza territoriale, rilevabile anche d’Ufficio in pendenza del grado di giudizio cui si riferisce, si trasforma in motivo di impugnazione.

– Per garantire l’inderogabilità della competenza territoriale, il giudice dell’impugnazione deve rimettere le parti avanti la Commissione tributaria (oggi Corte di giustizia tributaria) ritenuta competente, affinché sia rieditato nella sua integrità il grado di giudizio ove la competenza era stata violata.

– Nel giudizio di merito un tanto si ottiene applicando l’art. 5, comma quinto, D.Lgs. n. 546/1992.

– Nel giudizio di legittimità si ottiene applicando l’art. 382, secondo comma, c.p.c., in combinato disposto con l’art. 62, secondo comma, D.Lgs. n. 546/1992.

Il motivo è quindi fondato, onde, ai sensi del 62, co.2, D.Lgs. 546/1992, deve applicarsi l’art. 382, secondo comma, codice di rito civile, con indicazione del giudice competente di primo grado e termine per la riassunzione (v. Cass. V, n. 18132/2021) avanti la Corte di giustizia tributaria di primo grado di Milano, competente ratione loci.

In conclusione, il ricorso è fondato e merita accoglimento, la sentenza cassata con rinvio al giudice di primo grado, dove il giudizio dovrà essere riassunto nel termine fissato in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Milano, con termine per la riassunzione del giudizio entro sessanta giorni dalla comunicazione della presente ordinanza.

Così deciso in Roma, il 16 aprile 2024.

Depositata in Cancelleria il 9 maggio 2024


COMMENTO REDAZIONALE- La competenza territoriale nel rito tributario è regolata dal luogo dove si trova l’Ufficio che ha adottato il provvedimento impugnato e riveste carattere inderogabile. 

Poiché, nel caso di specie, il rigetto dell’istanza di interpello disapplicativo era stato adottato dalla competente Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate, e non dalla sua articolazione provinciale, il giudizio doveva essere inderogabilmente incardinato dinanzi alla Commissione tributaria provinciale (oggi: Corte di giustizia tributaria di primo grado) di Milano, e non dinanzi a quella di Sondrio.

La violazione della competenza territoriale, rilevabile anche d’ufficio in pendenza del grado di giudizio cui si riferisce, si trasforma in motivo di impugnazione.

L’annullamento della sentenza deve tradursi in un rinvio al giudice la cui competenza è stata violata, in modo da assicurarne l’effettiva inderogabilità tramite la riedizione del giudizio dinanzi al giudice dotato di competenza.