Cass. civ., sez. V, ord., 3 maggio 2024, n. 11882
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA CIVILE
Composta da:
Dott. BALSAMO Milena – Presidente
Dott. BILLI Stefania – Consigliere
Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere
Dott. PENTA Andrea – Consigliere Rel.
Dott. PICARDI Francesca – Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
A.A., nato a B il (omissis) e residente in C (omissis), C (C.F.: omissis), rappresentato e difeso, come da procura speciale in calce al ricorso, dagli Avv.ti … (C.F.: omissis); pec: …; fax: …) e … (C.F.: omissis; pec: …; fax: …) ed elettivamente domiciliato nello studio di quest’ultima, in …; – ricorrente –
contro
Comune di C, con sede in C, alla Piazza (omissis) n. (omissis (C.F. e P.IVA: omissis), in persona del vice-sindaco p.t., B.B., autorizzato a stare in giudizio dalla delibera della Giunta Comunale n. 79 del 21.12.2020, rappresentato e difeso dall’Avv. … (C.F.: omissis) ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in … – controricorrente –
avverso la sentenza n. 597/2020 emessa dalla CTR Piemonte in data 12/10/2020 e notificata il 19.10.2020;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. Andrea Penta.
Svolgimento del processo
- A.A. impugnava dinanzi alla CTP di Vercelli avvisi di accertamento IMU relativi agli anni d’imposta 2013, 2014 e 2015, asserendo di aver diritto a beneficiare delle agevolazioni spettanti ai coltivatori diretti.
- L’adita CTP rigettava il ricorso, ritenendo che il contribuente, quale percettore di pensione, aveva, per quanto coltivatore diretto, dichiarato un reddito da pensione superiore a quello derivante dalla coltivazione dei terreni.
- Sull’impugnazione del A.A., la CTR del Piemonte rigettava il gravame, evidenziando che il maturare del trattamento pensionistico escludeva che il contribuente potesse essere considerato coltivatore diretto, indipendentemente dalla circostanza che la pensione si riferisse o meno all’attività lavorativa in agricoltura ed essendo irrilevante che egli fosse ancora iscritto negli elenchi e continuasse a versare i contributi volontari in costanza di trattamento pensionistico, e che, in assenza di specifici elementi ostativi, le sanzioni dovevano essere confermate.
- Avverso la detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione A.A. sulla base di cinque motivi. Il Comune di C ha resistito con controricorso.
In prossimità dell’adunanza camerale entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
Motivi della decisione
- Con il primo motivo il ricorrente deduce la nullità della sentenza “per errore materiale che si converte in vizio della sentenza e motivo di gravame”, con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ.per non essere possibile, a suo dire, comprendere, dalla lettura della sentenza impugnata, quale sia stata la sentenza di primo grado oggetto di riesame da parte del secondo giudice.
1.1. Il motivo è infondato.
Rappresenta un principio consolidato quello secondo cui l’omessa o inesatta indicazione, nell’intestazione della sentenza, o nel corpo della stessa, di alcuni dati in tanto produce nullità della sentenza stessa in quanto riveli che il contraddittorio non si è regolarmente costituito a norma dell’art. 101 cod. proc. civ., o generi incertezza circa i soggetti o i provvedimenti ai quali la decisione si riferisce; mentre l’irregolarità formale o l’incompletezza della intestazione o, addirittura, l’omessa menzione, in essa, dei predetti dati non è motivo di nullità se dal contesto della sentenza risulti con sufficiente chiarezza l’identificazione degli stessi. In tal caso, infatti, la sentenza è idonea a raggiungere, nei confronti di tutte le parti, i fini a cui essa tende, e l’omissione va considerata come un mero errore materiale, che può essere corretto con la procedura prevista dagli artt. 287 e 288 cod. proc. civ. (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 7242 del 28/05/2001; conf. Cass., Sez. 2, Sentenza n. 1219 del 28/01/2003 e Sez. 3, Sentenza n. 2657 del 09/02/2005).
Orbene, non risulta che il contribuente abbia avuto difficoltà ad identificare la sentenza da impugnare né che il diritto di difesa spettantegli sia stato leso a causa degli errori materiali denunciati.
- Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 13, comma 8 bis, d.l. n. 201/2011, 6 L. n. 203/1982, 31 L. n. 590/1965, 1647 cod. civ. e 9 D.Lgs. n. 228/2001, con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per aver la CTR escluso la qualifica di coltivatore diretto per il semplice fatto di percepire la pensione di anzianità.
- Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 13, comma 8-bis, d.l. n. 201/2011, 1 e 2, comma 1, L. n. 1047/1957, 2 e 3 D.Lgs. n. 9/1963 e 9 D.Lgs. n. 228/2001, con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per aver la CTR erroneamente, a suo dire, ritenuto mancante il requisito dell’iscrizione obbligatoria all’INPS per il semplice fatto che egli fosse in pensione.
- Con il quinto motivo il ricorrente deduce la violazione degli artt. 13, comma 8-bis, d.l. n. 201/2011, 9 D.Lgs. n. 228/2001 e 78-bis d.l. n. 104/2020, con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per non aver la CTR considerato che l’art. 78-bis citato, essendo norma di interpretazione autentica, era applicabile retroattivamente.
- I tre motivi, da trattarsi congiuntamente, siccome strettamente connessi, sono fondati.
Questo Collegio condivide le argomentazioni logiche anche di recente ribadite (cfr. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 13131 del 12/05/2023) sul tema. In tema di ICI, l’art. 2, comma 1, lett. b) del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, che fornisce le nozioni di fabbricato, di area fabbricabile e di terreno agricolo, consente di considerare agricolo un terreno, pur suscettibile di utilizzazione edificatoria, solo a condizione che lo stesso sia posseduto e condotto dai soggetti indicati nel comma 1 dell’art. 9 (coltivatori diretti od imprenditori agricoli) e che persista l’utilizzazione agro-silvo-pastorale mediante l’esercizio di attività dirette alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, alla funghicoltura ed all’allevamento di animali, e quindi una situazione avente carattere oggettivo incompatibile con la possibilità dello sfruttamento edilizio dell’area.
La giurisprudenza di questa Corte, con orientamento consolidato, ha chiarito che in forza di una interpretazione letterale e sistematica del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1 lett. b), … un terreno, pur suscettibile di utilizzazione edificatoria, deve considerarsi agricolo, ai fini della applicazione dell’imposta, laddove ricorrano tre condizioni: a) il possesso dello stesso da parte di coltivatori diretti o di imprenditori agricoli a titolo principale; b) la diretta conduzione del medesimo da parte dei predetti soggetti; c) la persistenza dell’utilizzazione agro-silvo-pastorale, mediante l’esercizio di attività dirette alla coltivazione ” (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 15566 del 30/06/2010; Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 13261 del 25/05/2017; Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 17337 del 03/07/2018; nonché Cass. n. 23591/2019, che richiama Cass. n. 14696/2018 n. 25596/2017; Cass. 22486/2017; Cass. n. 14824/2011; Cass. 16636/2011).
Si è anche precisato che in tema di ICI, perché un fondo possa beneficiare, ai fini della determinazione della base imponibile, dei criteri di calcolo previsti per i terreni edificabili destinati a fini agricoli, è necessaria – ai sensi del secondo periodo dell’art. 2, lett. b), del D.Lgs. n. 504 del 1992 -, oltre alla sua effettiva destinazione agricola, anche la conduzione diretta di esso da parte del contribuente (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 4394 del 20/02/2020; Cass., Sez. 5, Sentenza n. 10144 del 28/04/2010).
Ricorrendo tali presupposti, il terreno soggiace all’imposta in relazione al suo valore catastale, dovendosi prescindere dalla sua obiettiva potenzialità edilizia, in quanto la persistenza della destinazione del fondo a scopo agricolo integra una situazione incompatibile con la possibilità del suo sfruttamento edilizio.
Mentre l’art. 2, comma 1, lett. b), cit. ha riguardo alla qualificazione dell’area ai fini del criterio del calcolo della base imponibile ed ha carattere oggettivo, l’art. 9 dello stesso decreto introduce agevolazioni ulteriori, di carattere soggettivo, ai fini del calcolo dell’imposta in concreto applicabile, prevedendo al comma 1 che: “I terreni agricoli posseduti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli che esplicano la loro attività a titolo principale, purché dai medesimi condotti, sono soggetti all’imposta limitatamente alla parte di valore eccedente lire 50 milioni e con le seguenti riduzioni: a) del 70 per cento dell’imposta gravante sulla parte di valore eccedente i predetti 50 milioni di lire e fino a 120 milioni di lire; b) del 50 per cento di quella gravante sulla parte di valore eccedente 120 milioni di lire e fino a 200 milioni di lire; c) del 25 per cento di quella gravante sulla parte di valore eccedente 200 milioni di lire e fino a 250 milioni di lire”.
Il D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 ha, poi, disposto all’art. 58, comma 2), che, agli effetti dell’applicazione del presente articolo 9, si considerano coltivatori diretti od imprenditori agricoli a titolo principale le persone fisiche iscritte negli appositi elenchi comunali previsti dall’articolo 11 della legge 9 gennaio 1963, n. 9, e soggette al corrispondente obbligo dell’assicurazione per invalidità, vecchiaia e malattia; la cancellazione dai predetti elenchi ha effetto a decorrere dal primo gennaio dell’anno successivo.
Le due norme disciplinano profili diversi, individuabili, rispettivamente, nella qualificazione dell’area (come non fabbricabile) ai fini del criterio del calcolo della base imponibile e nelle agevolazioni, di carattere soggettivo, ai fini del calcolo dell’imposta in concreto applicabile, con la conseguenza che “l’area “considerata” dall’art. 2, comma 1, lett. b, del citato decreto come non fabbricabile (perché impiegata a fini agricoli dall’imprenditore agricolo professionale) non è, per ciò stesso, ritenuta esente dal pagamento dell’imposta in esame, risultando piuttosto sottoposta ad un regime agevolato, nel duplice senso di assoggettare il terreno alla tassazione in relazione al suo valore catastale, al netto quindi della sua potenzialità edilizia, e di calibrare la misura dell’imposta secondo i criteri di calcolo stabiliti dall’art. 9, comma 1, del menzionato decreto, che pure prevedono, nella parte di valore eccedente 25.822,84 Euro, l’applicazione dell’imposta con le riduzioni ivi previste” (vedi in motivazione Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 1121 del 16/01/2023).
La giurisprudenza di questa Corte ha, pertanto, più volte affermato che, in tema di ICI, l’agevolazione fiscale prevista dall’art. 9 del D.Lgs. n. 504 del 1992 per i terreni agricoli posseduti dai soggetti di cui all’art. 58 del D.Lgs. n. 446 del 1997 è subordinata alla ricorrenza dei requisiti della qualifica, da parte del possessore, di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo a titolo principale, nonché della conduzione effettiva dei terreni e che, ai sensi del citato art. 58, si considerano imprenditori agricoli a titolo principale e coltivatori diretti le persone iscritte negli appositi elenchi comunali previsti dalla L. n. 9 del 1963, art. 11, e soggette al corrispondenti obbligo di assicurazione per invalidità, vecchiaia e malattia.
Di conseguenza i requisiti necessari per avere accesso al regime agevolato sono stati così individuati: a) iscrizione agli appositi elenchi; b) assoggettamento agli obblighi assicurativi per invalidità, malattia e vecchiaia; c) possesso e conduzione diretta di terreni agricoli e/o aree edificabili; d) carattere principale di tali attività rispetto ad altre fonti di reddito. Secondo le regole generali, la prova della sussistenza di tali presupposti è a carico del contribuente che chiede di avvalersi della agevolazione (cfr. ex plurimis Cass. 16.4.2010 n. 9143), ed in particolare, mentre l’iscrizione di cui al D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 58, è idonea a provare, al contempo, la sussistenza dei primi due requisiti, atteso che chi viene iscritto in quell’elenco svolge normalmente a titolo principale quell’attività (di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo) legata all’agricoltura, il terzo requisito, relativo alla conduzione diretta dei terreni, va provato in via autonoma, potendo ben accadere che un soggetto iscritto nel detto elenco poi non conduca direttamente il fondo per il quale chiede l’agevolazione, la quale, pertanto, non compete (su cui Cass. n. 19130 del 28/09/2016; Cass. n. 12336 del 2011; Cass. n. 214 del 2005; Cass. n. 9510 del 2008).
Si è anche ritenuto che la ratio della disposizione agevolativa è quella di incentivare la coltivazione della terra e di alleggerire del carico tributario quei soggetti che ritraggono dal lavoro della terra la loro esclusiva fonte di reddito, così come richiamato dalla ordinanza della Corte costituzionale n. 87/2005 (in termini anche ordinanza Corte cost. n. 336/2003) che, ai fini dell’applicazione dell’Ici, pronunciandosi sulla legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 58, comma 2, nella parte in cui esclude i coltivatori diretti, titolari di pensione maturata a seguito dell’obbligatoria iscrizione alla relativa gestione previdenziale, dalle agevolazioni previste nel D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 9, ha statuito che “la giustificazione dell’agevolazione fiscale di cui si tratta risiede evidentemente in un intento di incentivazione dell’attività agricola, connesso alla finalità di razionale sfruttamento del suolo cui fa riferimento l’art. 44 Cost., e in relazione alla suddetta ratio incentivante non appare manifestamente irragionevole che da tale beneficio siano esclusi coloro che – nel fatto di godere di trattamenti pensionistici – all’evidenza non traggono dal lavoro agricolo la loro esclusiva fonte di reddito”.
Questa Corte aveva così ribadito che il trattamento agevolato previsto dall’art. 9 del D.Lgs. n. 504 del 1992 per i terreni agricoli posseduti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli a titolo principale, spetta solo a quanti traggono dal lavoro agricolo la loro esclusiva fonte di reddito e non va, quindi, riconosciuto, a chi sia titolare di pensione(Cass. n. 13745 del 2017; Cass. n. 2142 del 2020).
In particolare era stato evidenziato che il maturare del trattamento pensionistico esclude che il soggetto che ha fruito dell’agevolazione fino a quel momento possa essere ancora considerato coltivatore diretto, ostando lo status di pensionato al riconoscimento dell’agevolazione, indipendentemente dalla circostanza che la pensione si riferisca o meno all’attività lavorativa in agricoltura ed essendo irrilevante che il soggetto sia ancora iscritto negli elenchi e continui a versare i contributi volontari in costanza di trattamento pensionistico (vedi Cass. n. 26455 del 2017; n. 14135 del 2017; n. 12565 del 2010; Cass. n. 9601 del 2012).
Per completezza va anche precisato che, a seguito del venir meno della figura dell’imprenditore agricolo a titolo principale e la sua sostituzione con quella dell’imprenditore agricolo professionale, sono state ridefinite le condizioni per il riconoscimento dell’agevolazione di cui si discute, rendendo, in particolare ed a tal fine, esigibile non più l’iscrizione nell’elenco comunale di cui all’art. 58 del citato decreto (che concerneva, a mente dell’art. 11, co. 1, della legge n. 9/1963 e poi dell’art. 63, della legge 30 aprile 1969, n. 153, gli elenchi nominativi dei coltivatori diretti e dei coloni e mezzadri), ma quella negli elenchi o albi regionali, essendo stato demandato alle regioni il compito di verificare in capo all’imprenditore agricolo richiedente il possesso dei requisiti soggettivi per l’attribuzione qualifica di professionalità, da cui derivano, tra l’altro, le agevolazioni in oggetto (Cass., Sez. 5, Ordinanze n. 1121 del 16/01/2023 e n. 12852 del 13/05/2021).
Il regime normativo dell’IMU ricalca in parte quello dell’ICI, in quanto l’art. 13 del d.l. n. 201 del 2011, conv. con modif. dalla L. n. 214 del 2011, prevede al comma 2 che “L’imposta municipale propria ha per presupposto il possesso di immobili; restano ferme le definizioni di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504.
I soggetti richiamati dall’articolo 2, comma 1, lettera b), secondo periodo, del decreto legislativo n. 504 del 1992, sono individuati nei coltivatori diretti e negli imprenditori agricoli professionali di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, e successive modificazioni, iscritti nella previdenza agricola”.
Il comma 8-bis dello stesso articolo, vigente sino all’annualità 2015, in quanto abrogato dall’art. 1, comma 10, lett. b), della L. 28 dicembre 2015 n. 208, ha previsto che: “I terreni agricoli posseduti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli professionali di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, e successive modificazioni, iscritti nella previdenza agricola, purché dai medesimi condotti, sono soggetti all’imposta limitatamente alla parte di valore eccedente euro 6.000 e con le seguenti riduzioni: a) del 70 per cento dell’imposta gravante sulla parte di valore eccedente i predetti euro 6.000 e fino a euro 15.500; b) del 50 per cento dell’imposta gravante sulla parte di valore eccedente euro 15.500 e fino a euro 25.500; c) del 25 per cento dell’imposta gravante sulla parte di valore eccedente euro 25.500 e fino a euro 32.000.”.
5.1. Il quadro normativo che qui rileva vede quindi l’inserimento dell’art. 78-bis, commi 1, 2 e 3, del d.l. 14 agosto 2020 n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 agosto 2020 n. 104 che, sotto la rubrica “Interpretazione autentica in materia di IMU” ha stabilito:
” 1. Al fine di sostenere l’esercizio delle attività imprenditoriali agricole garantendo la corretta applicazione delle agevolazioni in materia di imposta municipale propria (IMU), l’articolo 1, comma 705, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, si interpreta, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, nel senso che le disposizioni ivi recate si applicano anche ai periodi di imposta precedenti all’entrata in vigore della citata legge n. 145 del 2018.
- L’articolo 9, comma 1, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, si interpreta, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, nel senso che nelle agevolazioni tributarie sono comprese anche quelle relative ai tributi locali.
- Le disposizioni in materia di imposta municipale propria si interpretano, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, nel senso che si considerano coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali anche i pensionati che, continuando a svolgere attività in agricoltura, mantengono l’iscrizione nella relativa gestione previdenziale e assistenziale agricola “.
5.2. A questo punto occorre definire l’ambito applicativo di tali disposizioni, ed in particolare quali siano i requisiti richiesti per beneficiare delle agevolazioni in tema di IMU, e se e come tali requisiti siano stati incisi dall’ultima novella normativa.
In tema di terreni agricoli, come innanzi riportato, la disciplina IMU richiama testualmente le definizioni di cui all’art. 2 del D.Lgs. n. 504 del 1992, ma non anche l’art. 9, né tanto meno l’art. 58 del D.Lgs. n. 446 del 1997, in quanto precisa che i soggetti richiamati dall’art. 2, comma 1, lett. b), secondo periodo, del D.Lgs. n. 504 del 1992, sono individuati, non più in riferimento all’art. 9, comma 1, bensì “nei coltivatori diretti e negli imprenditori agricoli professionali di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, e successive modificazioni, iscritti nella previdenza agricola”.
Ne consegue che, ai fini della qualificazione dei terreni come non edificabili, restano immutati rispetto all’ICI i requisiti oggettivi, quali la persistenza dell’utilizzazione agro-silvo-pastorale mediante l’esercizio di attività dirette alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, alla funghicoltura ed all’allevamento di animali, e quindi la presenza di situazioni avente carattere oggettivo incompatibile con la possibilità dello sfruttamento edilizio dell’area, mentre si modificano i requisiti soggettivi, risultando richiesta la qualifica di coltivatore diretto o IAP desumibile dall’iscrizione nella previdenza agricola, nel senso che hanno diritto alle agevolazioni i soli coltivatori diretti o IAP che ne hanno le caratteristiche ai fini previdenziali, mentre è venuto meno il requisito della conduzione diretta del fondo che, in tema di ICI, conseguiva al richiamo all’art. 9 del D.Lgs. n. 504 del 1992.
La conduzione diretta del fondo continua invece a rilevare ai fini delle riduzioni di cui al comma 8-bis dell’art. 13 cit., ratione temporis applicabile. In effetti la modifica risulta in parte un mero adeguamento formale all’evoluzione normativa che ha visto la sostituzione della figura dell’imprenditore agricolo a titolo principale con quella dell’imprenditore agricolo professionale (IAP), da cui consegue che non è più esigibile l’iscrizione nei suddetti elenchi comunali, bensì quella negli elenchi o albi delle Regioni, alle quali, in base alla sopravvenuta disciplina del D.Lgs. n. 99 del 2004, è stato demandato il compito di verificare il possesso, in capo all’imprenditore agricolo richiedente, dei requisiti soggettivi per l’attribuzione della qualifica di professionalità, da cui dipendono le agevolazioni fiscali (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 1121 del 16/01/2023).
Posto che nell’ordinamento manca una nozione generale di coltivatore diretto applicabile ad ogni fine di legge, il testuale riferimento di cui al comma 2 dell’art. 13 del d.l. n. 201 del 2011, conv. con modif. dalla L. n. 214 del 2011, all’iscrizione alla previdenza agricola impone di ritenere ormai sufficiente, anche ai fini fiscali, la presenza della sola iscrizione ai fini previdenziali, senza necessità di procedere ad un accertamento ulteriore in ordine all’attività in concreto svolta ed alla prevalenza dei redditi.
Infatti, l’art. 78-bis, comma 3, del d.l. n. 104 del 2020, nell’interpretare autenticamente e con effetti retroattivi la disciplina IMU, nel senso di considerare coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali anche i pensionati, richiede soltanto che gli stessi continuino a svolgere attività in agricoltura con modalità idonee a mantenere l’iscrizione nella relativa gestione previdenziale e assistenziale agricola.
Del resto, ai fini dell’applicazione dell’assicurazione per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, la qualità di coltivatore diretto deve essere desunta dal combinato disposto degli artt. 2 della L. n. 1047 del 1957 e 2 e 3 della L. n. 9 del 1963, sicché è necessario che sia svolta una diretta, abituale e manuale coltivazione dei fondi, o un diretto ed abituale governo del bestiame, sussistenti allorché l’interessato si dedichi a tali incombenti in modo esclusivo, o anche solo prevalente, nel senso che l’attività deve impegnare il coltivatore per il maggior periodo di tempo nell’anno e costituire per esso la maggior fonte di reddito (Cass., Sez. L. n. 30261 del 14/10/2022; n. 15869 del 26/06/2017; n. 9208 del 09/06/2003).
A seguito di tali interventi normativi, chiaramente ispirati dalla volontà del legislatore di sostenere l’esercizio delle attività imprenditoriali agricole, per accedere alle agevolazioni IMU prevista per i terreni agricoli è divenuto sufficiente che il soggetto, anche se già pensionato, mantenga l’iscrizione nella relativa gestione previdenziale e assistenziale agricola, iscrizione che di per sé certifica che lo stesso continua a svolgere attività in agricoltura versando i relativi contributi.
5.3. Non appaiono, infine, fondati i dubbi sulla legittimità costituzionale della normativa sopravvenuta o sulla sua applicabilità retroattiva in conseguenza del carattere innovativo.
Sul piano sostanziale, quanto alla violazione degli artt. 2, 3 e 53 Cost., è sufficiente osservare che la discrezionalità del legislatore risulta ragionevolmente esercitata in quanto la ratio dell’agevolazione, volta al sostegno ed all’implementazione dell’attività agricola, è sufficientemente assicurata dalla presenza del requisito dell’iscrizione alla gestione assicurativa e previdenziale che costituisce, oltre ad un dato formale, anche la garanzia della persistenza dei requisiti sostanziali che tale iscrizione presuppone.
Quanto alla retroattività, la presenza di un rilevante contenzioso giudiziale, di contrasti giurisprudenziali nei giudizi di merito e di numerose circolari interpretative (circolare MED n. 3/DF del 18 maggio 2012; nota prot. 20535/2016 del 23 maggio 2016 del Dipartimento delle Finanze), costituiscono indici sufficienti della autenticità dell’intervento interpretativo del legislatore limitato ad assegnare alle disposizioni interpretate un significato in esse già contenuto.
Giova ricordare che il carattere interpretativo delle disposizioni comporta che le stesse si saldano con le precedenti e, intervenendo sul loro significato normativo, ne lasciano intatto il dato testuale, imponendo una delle possibili opzioni ermeneutiche già ricomprese nell’ambito semantico della legge interpretata così da non evidenziare alcun profilo di illegittimità costituzionale (v. tra le molte, Corte cost. n. 425 del 2000; n. 397 del 1994); in sostanza, la norma sopravvenuta non ha fatto venire meno le norme interpretate, in quanto le disposizioni si sono congiunte, dando luogo ad un precetto unitario (v. Corte cost. n. 311 del 1995; n. 94 del 1995; n. 397 del 1994); siffatta configurazione conduce ad escludere che le norme su indicate abbiano un contenuto sostanzialmente innovativo ed assume importanza sotto il profilo del controllo di ragionevolezza, in relazione al quale rileva la funzione di interpretazione autentica che una disposizione sia in ipotesi chiamata a svolgere, in deroga al principio per cui la legge non dispone che per l’avvenire (v. Corte cost. n. 234 del 2007; n. 374 del 2002).
Del resto, il legislatore può adottare norme di interpretazione autentica, non soltanto in presenza di incertezze sull’applicazione di una disposizione o di contrasti giurisprudenziali, ma anche “quando la scelta imposta dalla legge rientri tra le possibili varianti di senso del testo originario, con ciò vincolando un significato ascrivibile alla norma anteriore” (v., ex plurimis, Corte cost. n. 274 del 2015; n. 227 del 2014, n. 209 del 2010, n. 24 del 2009, n. 170 del 2008 e n. 234 del 20079).
5.4. Va pertanto affermato il seguente principio di diritto: “In tema di IMU, per effetto delle norme di interpretazione autentica di cui all’art. 78-bis, commi 2 e 3, del d.l. n. 104 del 2020, conv. con modif., dalla L. n. 104 del 2020, applicabili retroattivamente, la condizione di pensionato non può costituire di per sé un elemento ostativo ai fini del trattamento agevolativo per i terreni agricoli dallo stesso posseduti, in quanto la permanenza del requisito dell’iscrizione alla previdenza agricola, che già presuppone una valutazione del reddito agrario rispetto ad altri redditi, secondo i criteri fissati ai fini previdenziali, costituisce l’unica condizione richiesta per la fruizione dei benefici fiscali”.
- Con il quarto motivo la ricorrente si duole della inesistente motivazione con riferimento al capo della sentenza di condanna al pagamento delle sanzioni amministrative ex D.Lgs. n. 472/1997, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ.
6.1. Il motivo resta assorbito nell’accoglimento del precedente.
- Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso merita di essere accolto con riferimento al secondo, al terzo ed al quinto motivo, con conseguente cassazione della sentenza impugnata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decida nel merito nel senso di accogliere il ricorso originario del contribuente. L’essere stato il d.l. n. 104/2020, contenente la norma di interpretazione autentica, emanato poco prima della notifica del presente ricorso per cassazione giustifica la compensazione integrale delle spese relative all’intero giudizio.
P.Q.M.
accoglie il secondo, il terzo ed il quinto motivo del ricorso, rigetta il primo e dichiara assorbito il quarto; cassa la sentenza impugnata con riferimento ai motivi accolti e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario del contribuente; compensa integralmente tra le parti le spese dell’intero giudizio.
Conclusione
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 9 aprile 2024.
Depositata in Cancelleria il 3 maggio 2024.
MASSIMA: In tema di IMU, per effetto delle norme di interpretazione autentica di cui all’art. 78-bis, commi 2 e 3, del D.L. n. 104 del 2020, conv. con modif., dalla L. n. 126 del 2020, applicabili retroattivamente, la condizione di pensionato non può costituire di per sé un elemento ostativo ai fini del trattamento agevolativo per i terreni agricoli dallo stesso posseduti, in quanto la permanenza del requisito dell’iscrizione alla previdenza agricola, che già presuppone una valutazione del reddito agrario rispetto ad altri redditi, secondo i criteri fissati ai fini previdenziali, costituisce l’unica condizione richiesta per la fruizione dei benefici fiscali