Cass. civ., sez. V, ord., 17 maggio 2024 n. 13866


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA CIVILE

Composta da:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente

Dott. SOCCI Angelo Matteo – Consigliere-Rel.

Dott. DI PISA Fabio – Consigliere

Dott. BILLI Stefania – Consigliere

Dott. PICARDI Francesca – Consigliere

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 17403/2020 R.G. proposto da:

A.A., elettivamente domiciliato in ROMA VIA …………… presso lo studio dell’avvocato G. L. (Omissis) che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati C. M. (Omissis), D.N. M. (Omissis)                                                                                                                                                                -ricorrente-

contro

COMUNE DI BOLZANO, domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati A. G. (Omissis), G.B.M. (Omissis), M. A.(Omissis)                                                                                                 -controricorrente-

avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. BOLZANO n. 78/2019 depositata il 21 ottobre 2019, udienza del 27 settembre 2019. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/02/2024 dal Consigliere ANGELO MATTEO SOCCI.

Svolgimento del processo

  1. La Commissione tributaria di secondo grado di Bolzano con la sentenza in epigrafe indicata ha rigettato l’appello proposto dalla contribuente avverso la decisione della Commissione tributaria di primo grado di Bolzano che aveva respinto il ricorso avverso gli avvisi di accertamento per ICI e/o IMU per gli anni 2011-2012-2013-20142015 per un terreno di 1500 mq circa adiacente all’autostrada;
  2. ricorre in cassazione A.A. con sette motivi di ricorso, illustrati anche da successiva memoria, con richiesta di cassazione della sentenza impugnata;
  3. resiste con controricorso, illustrato anche da successiva memoria, il Comune di Bolzano con richiesta di rigetto del ricorso.

Motivi della decisione

  1. Il ricorso è infondato e deve rigettarsi con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del grado.
  2. Con il primo motivo di ricorso si prospetta l’omessa valutazione di un fatto decisivo (ritenuta l’esistenza di un capannone sul terreno che dagli atti non emergeva) in relazione all’art. 360, primo comma n. 5, cod. proc. civ.

La decisione impugnata non contiene nessun riferimento al capannone e non richiama neanche la sentenza di primo grado. Conseguentemente la questione dell’esistenza (o inesistenza) della costruzione non ha formato oggetto di valutazione, al fine della decisione di rigetto dell’appello;

  1. Con il secondo motivo di ricorso la contribuente ritiene una violazione di legge (art. 12D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504art. 13 d. l. 6 dicembre 2011, n. 201 e art. 3 e 4 legge della Provincia di Bolzano 23 aprile 2014, n. 3, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ.). Per la ricorrente il terreno in oggetto dovrebbe essere esente da imposte comunali, in considerazione del vincolo previsto dal piano urbanistico del Comune di Bolzano: “Zona per attrezzature collettive – Amministrazione e servizi pubblici”. Il vincolo renderebbe il terreno inedificabile di fatto.

Il motivo è infondato, in quanto solo la sussistenza di un vincolo di inedificabilità assoluta renderebbe esente da imposte il terreno; invece, un vincolo, come quello indicato, essendo solo di destinazione incide sul valore dell’area ma non sulla edificabilità ex art. 2, del D.Lgs. n. 504 del 30/12/1992: “In tema d’imposta comunale sugli immobili (ICI), l’inclusione di un’area in una zona destinata dal piano regolatore generale a servizi pubblici o di interesse pubblico incide senz’altro nella determinazione del valore venale dell’immobile, da valutare in base alla maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie, ma non ne esclude l’oggettivo carattere edificabile ex art. 2 del D.Lgs.n. 504 del 1992, atteso che i vincoli d’inedificabilità assoluta, stabiliti in via generale e preventiva nel piano regolatore generale, vanno tenuti distinti dai vincoli di destinazione che non fanno venire meno l’originaria natura edificabile” (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 17764 del 06/07/2018, Rv. 649382 – 01; vedi anche Sez. 5 – , Ordinanza n. 21351 del 26/07/2021, Rv. 662006 – 01, per un vincolo a verde attrezzato e spazio per lo sport).

  1. Con il terzo motivo la ricorrente prospetta una violazione di legge (art. 13 D.Lgs.6 dicembre 2011, n. 201, in relazione all’art. 1, comma 380, lettera h, l. 24 dicembre 2012, n. 288, art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.). Per la ricorrente per l’anno 2012 il Comune non era legittimata a richiedere l’IMU anche per la quota statale dell’imposta.

Per la sussistenza della legittimazione del Comune rileva l’anno di imposta oggetto di accertamento e non l’anno di notifica dell’avviso di accertamento. Infatti, l’abrogazione dell’art. 13, comma 11, del D.L. n. 201 del 2011 ad opera della l. 24 dicembre 2012, n. 228 (comma 380) non produce effetti per il 2012 essendo entrata in vigore solo il 1° gennaio 2013.

  1. Con il quarto motivo la ricorrente prospetta un omesso esame di un fatto decisivo, ovvero il rigetto della richiesta di una consulenza tecnica d’ufficio, per l’accertamento del reale valore del terreno (violazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.). La sentenza impugnata motiva sulla mancata ammissione della consulenza tecnica d’ufficio, rilevando come la documentazione prodotta dal Comune (stima) era sufficiente per determinare il valore, in quanto “tiene conto sia della destinazione pubblicistica dell’area, sia della sua adiacenza all’autostrada”. Conseguentemente, non si ravvisa il vizio denunciato: “La decisione di ricorrere o meno ad una consulenza tecnica d’ufficio costituisce un potere discrezionale del giudice, che, tuttavia, è tenuto a motivare adeguatamente il rigetto dell’istanza di ammissione proveniente da una delle parti, dimostrando di poter risolvere, sulla base di corretti criteri, i problemi tecnici connessi alla valutazione degli elementi rilevanti ai fini della decisione, senza potersi limitare a disattendere l’istanza sul presupposto della mancata prova dei fatti che la consulenza avrebbe potuto accertare. Pertanto, nelle controversie che, per il loro contenuto, richiedono si proceda ad un accertamento tecnico, il mancato espletamento, specie a fronte di una domanda di parte, costituisce una grave carenza nell’accertamento dei fatti da parte del giudice di merito, che si traduce in un vizio della motivazione della sentenza” (Sez. L – , Ordinanza n. 37027 del 16/12/2022, Rv. 666208 – 01).
  2. Con il quinto motivo la ricorrente prospetta la violazione di legge (art. 857D.Lgs. 546 del 31 dicembre 1992art. 10L. 27 luglio 2000, n. 212, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ.) per aver omesso la pronuncia sulla richiesta di disapplicare le sanzioni avanzata solo in appello. Il motivo è infondato in quanto in appello non sono ammessi motivi nuovi: “In tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme fiscali, il potere del giudice tributario di dichiarare l’inapplicabilità delle sanzioni, per errore sulla norma tributaria, in caso di obiettiva incertezza sulla portata e sull’ambito applicativo della stessa, presuppone una domanda del contribuente formulata nei modi e nei termini processuali appropriati, che non può essere proposta per la prima volta nel giudizio di appello” (Sez. 5 – , Ordinanza n. 15406 del 03/06/2021, Rv. 661600 – 01; vedi, anche, Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 14402 del 14/07/2016, Rv. 640536 – 01).
  3. Con il sesto motivo la ricorrente denuncia violazione di legge per omessa applicazione del cumulo giuridico delle sanzioni (art. 12D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.). Il cumulo giuridico delle sanzioni, nel caso in giudizio, non risulta applicabile poiché si discute di omessi pagamenti di imposte, per più anni, ex art. 13D.Lgs. n. 471 del 1997, e non di determinazione dell’imponibile: “Le violazioni tributarie che si esauriscono nel tardivo od omesso versamento dell’imposta risultante dalla dichiarazione fiscale non sono soggette all’istituto della continuazione disciplinato dall’art. 12, comma 2, del D.Lgs. n. 472 del 1997, perché questo concerne le violazioni potenzialmente incidenti sulla determinazione dell’imponibile o sulla liquidazione del tributo, mentre il ritardo o l’omissione del pagamento è una violazione che attiene all’imposta già liquidata, per la quale l’art. 13 del D.Lgs. n. 471 del 1997 dispone un trattamento sanzionatorio proporzionale ed autonomo per ciascun mancato pagamento” (Sez. 5 – , Ordinanza n. 8148 del 22/03/2019, Rv. 653340 – 01; vedi, anche, Sez. 5 – , Sentenza n. 1540 del 20/01/2017, Rv. 642457 – 01).
  4. Con l’ultimo motivo la ricorrente denuncia irregolarità nella procedura di mediazione (violazione dell’art. 17-bis, d. lgs. N.546 del 1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.). Per la ricorrente il procedimento di mediazione sarebbe illegittimo in quanto lo stesso è stato trattato dalla stessa struttura del Comune predisposta per l’accertamento, e non da una struttura autonoma, diversa. Nessuna norma prevede la nullità della mediazione per violazione della disposizione del comma 4, dell’art. 17 bis. E, comunque, la mediazione è prevista solo quale condizione di procedibilità del ricorso e non si riflette (una sua eventuale invalidità) sull’esito del giudizio davanti ai giudici tributari.

Infine, lo stesso art. 17-bis, quarto comma, prevede, per gli altri enti impositori, l’applicazione della norma solo con la sua compatibilità con la struttura organizzativa.

P.Q.M.

rigetta il ricorso;

Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.100,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 1,7 della L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 15 Febbraio 2024.

Depositato in Cancelleria il 17 maggio 2024.


COMMENTO – L’ordinanza in commento respinge i plurimi motivi di ricorso per Cassazione proposti dal contribuente e, confermando il decisum di entrambe le pronunce di merito di primo e secondo grado, statuisce la legittimità degli avvisi di accertamento ICI e/o IMU emessi dal Comune di Bolzano per varie annualità di imposta.

In primo luogo, viene respinto l’assunto del contribuente secondo cui il vincolo sul terreno, previsto dal piano urbanistico del Comune di Bolzano (“Zona per attrezzature collettive – Amministrazione e servizi pubblici“), comportando un’inedficabilità di fatto, avrebbe reso quest’ultimo esente da imposizione. 

Solo la sussistenza di un vincolo di inedificabilità assoluta rende un terreno esente da imposte; al contrario, il vincolo derivante dall’inclusione di un’area in una zona destinata dal piano regolatore generale a servizi pubblici o di interesse pubblico, essendo solo di destinazione, incide unicamente sul valore dell’area, ma non sulla sua edificabilità ex art. 2 D.lgs. 30 dicembre 1992 n. 504.

Viene inoltre confermato come, per l’annualità 2012, il Comune di Bolzano fosse legittimato a richiedere l’IMU anche per la quota statale dell’imposta.

L’abrogazione dell’art. 13, comma 11, D.L. 06 dicembre 2011 n. 201, convertito con modificazioni in Legge 22 dicembre 2011 n. 214, operata dall’art. 1, comma 380, lettera h), Legge 24 dicembre 2012 n. 228, è infatti entrata in vigore solo in data 1° gennaio 2013, e non dispiega alcun effetto sull’annualità di imposta 2012. Ininfluente risulta la circostanza che la notifica dell’avviso di accertamento sia avvenuta successivamente, poiché ad assumere rilevanza non è l’anno di notifica dell’avviso di accertamento, bensì l’anno di imposta oggetto di accertamento.

Anche il motivo diretto a censurare la sentenza di secondo grado, per non avere disposto la consulenza tecnica d’ufficio richiesta da parte ricorrente per determinare il valore venale del terreno, non trova accoglimento, in quanto la decisione di disporre tale mezzo di ricerca della prova costituisce espressione di un potere discrezionale del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità, purché congruamente motivato.

Vengono ancora respinti i due motivi di ricorso relativi all’applicazione delle sanzioni amministrative. La richiesta di disapplicazione delle sanzioni amministrative per errore sulla norma tributaria determinato dall’obiettiva incertezza sulla portata e sull’ambito applicativo della stessa, ai sensi dell’art. 10 Legge 27 luglio 2000 n. 212 e dell’art. 8 D.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546, viene infatti ritenuta inammissibile ex art. 57 D.lgs. 546/1992, in quanto proposta per la prima volta soltanto nel corso del giudizio di appello. La richiesta di applicazione del cumulo giuridico, in luogo del cumulo materiale, viene invece respinta, trattandosi di omessi pagamenti, riferiti peraltro a diverse annualità di imposta, e non di determinazione dell’imponibile. 

Trova quindi ulteriore conferma il consolidato principio secondo cui le violazioni tributarie, che si esauriscono nel tardivo od omesso versamento dell’imposta risultante dalla dichiarazione fiscale, non sono soggette all’istituto della continuazione di cui all’art. 12, comma 2, D.lgs. 18 dicembre 1997 n. 472. Quest’ultimo concerne infatti le violazioni potenzialmente incidenti sulla determinazione dell’imponibile o sulla liquidazione del tributo, mentre il ritardo o l’omissione del pagamento è una violazione che attiene all’imposta già liquidata, per la quale l’art. 13 D.lgs. 471/1997  dispone un trattamento sanzionatorio proporzionale ed autonomo per ciascun mancato pagamento (si vedano, in tal senso, ex multis, Cass. civ., sez. V, sent., 20 gennaio 2017 n. 1540;  Cass. civ., sez. V, ord., 22 marzo 2019 n. 8148; Cass. civ., sez. V, 06 febbraio 2020 n. 2809; Cass. civ., sez. VI-5, ord., 18 febbraio 2020 n. 4155; Cass. civ., sez. V, ord., 05 giugno 2020 n. 10720; Cass. civ., sez. VI-5, ord., 03 marzo 2021 n. 5744; Cass. civ., sez. VI-5, ord.,15 settembre 2021 n. 24785; Cass. civ., sez. V, ord., 12 febbraio 2024 n. 3816 e Cass. civ., sez. V, ord., 19 aprile 2024 n. 10631).

Viene infine respinto anche l’ultimo motivo di ricorso per Cassazione proposto dal contribuente, relativo all’asserita mancata regolarità del procedimento di mediazione, in quanto trattato dalla medesima struttura che aveva emesso gli avvisi di accertamento, anziché da una struttura autonoma.

L’art. 17-bis, comma 4, D.lgs. 546/1992 (oggi abrogato, ma applicabile ratione temporis) prevede infatti solo per le Agenzie fiscali (i.e.: Agenzia delle Entrate e Agenzia delle Dogane e dei Monopoli) l’obbligo di provvedere all’esame del reclamo e della proposta mediazione mediante apposite strutture diverse ed autonome da quelle che curano l’istruttoria degli atti reclamabili; per gli altri Enti impositori, quali gli Enti locali, tale disposizione si applica nei limiti di compatibilità con la loro struttura organizzativa. In ogni caso, stante la natura di mera condizione di procedibilità della mediazione, l’eventuale violazione delle norme che ne regolano il procedimento non determina alcuna nullità destinata a ripercuotersi sul successivo giudizio tributario.

 

Dott.ssa Cecilia Domenichini

Unicusano-Roma