Cass. civ., Sez. V, Ord., 02 febbraio 2024, n. 3111
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA CIVILE
Composta da
Dott. DE MASI Oronzo – Presidente
Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere rel.
Dott. BALSAMO Milena – Consigliere
Dott. PENTA Andrea – Consigliere
Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13943/2018 R.G. proposto da
…, società cooperativa per azioni, in persona del suo legale rappresentante p.t., con domicilio eletto in …, presso lo studio (…) dell’avvocato … e dell’avvocato … che la rappresentano e difendono; – ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del suo Direttore p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici, in Roma, via dei Portoghesi n. 12, ope legis domicilia; – controricorrente –
avverso la sentenza n. 4331/2017, depositata il 27 ottobre 2017, della Commissione tributaria regionale della Lombardia; udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 21 novembre 2023, dal Consigliere dott. Liberato Paolitto.
Svolgimento del processo
- – con sentenza n. 4331/2017, depositata il 27 ottobre 2017, la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha rigettato l’appello proposto da …, s.c.p.a., così confermando la decisione di prime cure che, a sua volta, aveva disatteso l’impugnazione di una cartella di pagamento emessa dietro iscrizione a ruolo dell’imposta di registro dovuta dalla contribuente in relazione ad un presupposto avviso di liquidazione;
1.1 – a fondamento del decisum, il giudice del gravame ha rilevato che:
– il difetto di sottoscrizione «da parte del funzionario competente» non poteva determinare la nullità della cartella di pagamento, non rimanendo dubbia la sua riferibilità all’autorità che l’aveva emessa, né l’autografia della sottoscrizione costituendo, secondo dieta della giurisprudenza di legittimità, «elemento essenziale dell’atto amministrativo»;
– la sentenza che, passata in giudicato, aveva «previsto il litisconsorzio necessario» aveva ad oggetto l’avviso di liquidazione, e non anche la cartella di pagamento, così che andava condivisa la conclusione cui era pervenuta la pronuncia impugnata quanto all’insussistenza di un litisconsorzio necessario tra i condebitori solidali d’imposta;
– non poteva tenersi conto dei giudicati eccepiti in corso di causa in quanto l’appellante aveva prodotto una copia, sprovvista di certificazione di passaggio in giudicato, «della sentenza della CTP di Milano n. 35/47/12 e mera fotocopia della sentenza n. 262/05/15»;
– la riscossione coattiva dell’imposta trovava giustificazione, e fondamento, nella «esistenza di un giudicato»;
– la sanzione per omesso o ritardato pagamento del tributo poteva essere irrogata mediante iscrizione a ruolo, senza previa contestazione (D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 17, comma 3), e la motivazione sul punto della cartella risultava soddisfatta «con l’indicazione del fatto che vi ha dato luogo, cioè dell’omesso o ritardato pagamento dei tributi»;
– venendo in considerazione l’omesso pagamento del tributo, la colpa poteva ritenersi «in re ipsa» né la parte aveva dato conto della ricorrenza di circostanze esimenti;
- – Banca Popolare Sant’Angelo, società cooperativa per azioni, ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di quattro motivi, ed ha depositato memoria;
– l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
Motivi della decisione
- – il ricorso è articolato sui seguenti motivi:
1.1 – col primo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge con riferimento al d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42, deducendo, in sintesi, che nella fattispecie controparte non aveva dato prova della legittimità della sottoscrizione della cartella di pagamento dietro produzione della delega alla sua sottoscrizione, ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 17, comma 1-bis;
1.2 – il secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge in relazione all’art. 324 cod. proc. civ., all’art. 2909 cod. civ., ed al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 7, comma 1, assumendo, in sintesi, la ricorrente che erroneamente il giudice del gravame aveva omesso di rilevare il dedotto conflitto di giudicati che, diversamente da quanto ritenuto, avrebbe dovuto risolversi dando prevalenza (secondo il criterio temporale) al secondo giudicato;
– né sussisteva il (pur) rilevato difetto di prova del giudicato – la cui incertezza, peraltro, il giudice del gravame avrebbe potuto risolvere facendo ricorso ai suoi poteri officiosi – siccome la sentenza n. 262/05/15, depositata il 16 gennaio 2015, era stata prodotta «con apposita attestazione di passaggio in giudicato» mentre la «definitività della pronuncia n. 35/47/2012» risultava accertata tanto nella sentenza di primo grado che in quella stessa (ora) impugnata;
1.3 – col terzo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione di legge con riferimento all’art. 324 cod. proc. civ., all’art. 2909 cod. civ., ed al d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, artt. 12 e 25, nonché, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, assumendo, in sintesi, che il giudice del gravame aveva ritenuto legittima la riscossione del tributo nonostante il passaggio in giudicato della sentenza di annullamento dell’avviso di liquidazione che ne costituiva il presupposto, così pretermettendo il rilievo della illegittimità derivata dell’atto impugnato;
1.4 – il quarto motivo, formulato anch’esso ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge in relazione al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 56, ed al D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, artt. 5, comma 1, e 16, assumendo la ricorrente che;
– venendo in considerazione l’imposta suppletiva di registro, la sua riscossione avrebbe potuto considerarsi legittima (solo) in esito a sentenza definitiva (art. 56, comma 1, lett. b), cit.), così che il giudice del gravame avrebbe dovuto rilevare l’insussistenza di un siffatto presupposto alla data di iscrizione a ruolo (11 aprile 2014), ed atteso che l’ultima sentenza non impugnata (la n. 262/05/15) era stata depositata il 16 gennaio 2015;
– la cartella di pagamento difettava di motivazione quanto all’irrogazione delle sanzioni, ed in ordine alla stessa sussistenza dell’elemento soggettivo della colpevolezza.
- – il primo motivo di ricorso è destituito di fondamento;
2.1 – con riferimento alle disposizioni di cui al d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42, ed al d.P.R. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 56, la Corte ha, innanzitutto, in più occasioni rilevato che vengono, così, in considerazione norme di stretta interpretazione (Cass., 3 novembre 2022, n. 32386; Cass., 12 marzo 2020, n. 7077; Cass., 14 giugno 2013, n. 14942) e che, dunque – nei casi in cui la legge non prevede alcuna sanzione per l’ipotesi dell’omessa sottoscrizione dell’atto – opera la presunzione generale di riferibilità dell’atto amministrativo all’organo da cui promana, con onere della prova contraria a carico del contribuente (Cass., 14 settembre 2021, n. 24652; Cass., 9 gennaio 2014, n. 220);
– con specifico riferimento, poi, alla cartella di pagamento, la Corte ha statuito che la mancanza della sottoscrizione da parte del funzionario competente – anche nella notifica eseguita a mezzo PEC (v. Cass., 27 novembre 2019, n. 30948) – non comporta l’invalidità dell’atto, quando non è in dubbio la riferibilità di questo all’Autorità da cui promana, giacché l’autografia della sottoscrizione è elemento essenziale dell’atto amministrativo nei soli casi in cui sia prevista dalla legge, mentre, ai sensi del d.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, la cartella va predisposta secondo il modello approvato con decreto del Ministero competente, che non prevede la sottoscrizione dell’esattore ma solo la sua intestazione (Cass., 27 febbraio 2009, n. 4757 cui adde, ex piurimis, Cass., 4 luglio 2023, n. 18949; Cass., 7 settembre 2018, n. 21844; Cass., 29 agosto 2018, n. 21290);
- – del pari destituiti di fondamento sono il secondo ed il terzo motivo di ricorso che vanno congiuntamente esaminati perché connessi;
3.1 – le vicende processuali che hanno portato all’emersione dei giudicati che, nella fattispecie, vengono in considerazione, vanno riassunte nei seguenti termini:
a) – con sentenza n. 35/47/12, del 23 febbraio 2012, la Commissione tributaria provinciale di Milano rigettava il ricorso proposto dalla parte, odierna ricorrente, avverso un avviso di liquidazione dell’imposta suppletiva di registro dovuta in relazione alla registrazione di un contratto di cessione di ramo di azienda intercorso tra la stessa ricorrente e la cedente … Spa;
– e detta sentenza, per come assume, e documenta, la stessa ricorrente, risulta passata in giudicato;
b) – con sentenza n. 112/50/13, del 6 giugno 2013, la Commissione tributaria regionale della Lombardia – pronunciando sugli appelli proposti da … Spa (incorporata in … Spa) e da … – dichiarava la nullità della sentenza impugnata, così rimettendo la causa davanti al giudice del primo grado, rilevando che il contraddittorio doveva essere integrato «con una parte del contratto di cessione di azienda» (D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 14, commi 1 e 2) e che, pertanto, la nullità conseguiva, nella fattispecie, dal difetto del litisconsorzio necessario nel primo grado di giudizio (D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 59, comma 1, lett. b));
– in detto giudizio – che aveva ad oggetto l’impugnazione di un avviso di liquidazione dell’imposta suppletiva di registro dovuta dai contribuenti in relazione ad «atti notarili del 27.11.2008, registrati il 15.12.2008» con i quali … Spa aveva ceduto alla … i rami di azienda costituiti «da 26 sportelli ubicati in diversi comuni del territorio nazionale già di sua proprietà … (e) … da due sportelli bancari, ubicati in due diversi comuni del territorio nazionale, già di proprietà della …» – la parte, odierna ricorrente, aveva spiegato intervento adesivo in appello «al fine di integrare il contradditorio» e, per l’appunto, aveva concluso «chiedendo di dare atto che nel giudizio di primo grado il contradditorio non è stato regolarmente costituito ovvero integrato .. nel merito, . chiedendo in riforma della sentenza l’annullamento degli avvisi di liquidazione.» (così la sentenza, cit.);
c) – con sentenza n. 262/05/15, del 16 gennaio 2015, la Commissione tributaria provinciale di Milano – pronunciando sul giudizio riassunto a seguito della sua rimessione al giudice del primo grado- accoglieva il ricorso, così annullando gli avvisi di liquidazione emessi nei confronti di … Spa (cedente) e di … (cessionaria dei rami di azienda);
3.2 – tanto premesso, va rilevato che la Corte ha ripetutamente statuito che non è dubbia l’applicabilità all’obbligazione solidale tributaria dell’art. 1306, comma 2, cod. civ. (v., altresì, Corte Cost., 21 luglio 1988, n. 870; Corte Cost., 17 dicembre 1987, n. 544), posto che la regolamentazione delle obbligazioni solidali tributarie va tratta, in linea di principio, dalla disciplina delle obbligazioni solidali di diritto comune (v. già Cass., Sez. U., 22 giugno 1991, n. 7053);
– l’applicazione di detta disposizione codicistica – della quale si è rilevato che «non ha valore di norma sulla struttura dell’obbligazione solidale (ossia un valore sostanziale), ma detta una regola speciale direttamente riguardante il funzionamento processuale del meccanismo della solidarietà, operando un distacco delle vicende processuali da quelle sostanziali» (Cass., Sez. U., 22 giugno 1991, n. 7053, cit.) – trova, però, un limite nel giudicato (sfavorevole) che eventualmente si sia formato nei confronti del debitore solidale che ne invochi l’applicazione, l’effetto estensivo del giudicato (favorevole) rimanendo, così, impedito (proprio) dall’avvenuta definizione (con forza di giudicato) dell’obbligazione gravante su uno dei coobbligati solidali (cfr., ex piurimis, Cass., 14 aprile 2020, n. 7792; Cass. 27 dicembre 2018, n. 33436; Cass., 9 febbraio 2018, n. 3204; Cass., 5 luglio 2017, n. 16560; e, in tema di Invim, Cass., 9 dicembre 2008, n. 28881; Cass., Sez. U., 22 giugno 1991, n. 7053);
– la regola di giudizio della quale, nella fattispecie, va fatta applicazione non può, allora, identificarsi col (diverso) principio di diritto che, evocato dalla ricorrente, presuppone il conflitto di giudicati formatisi (sulla medesima questione e) tra le stesse parti (ove, dunque, detto conflitto va risolto, secondo il criterio temporale, nel senso che il secondo giudicato prevale in ogni caso sul primo; cfr., ex piurimis, Cass., 14 aprile 2020, n. 7792; Cass., 19 ottobre 2018, n. 26437; Cass., 31 maggio 2018, n. 13804; Cass., 19 novembre 2010, n. 23515; Cass., 8 maggio 2009, n. 10623; Cass., 26 febbraio 1998, n. 2082; Cass., 27 gennaio 1993, n. 997; Cass., 2 giugno 1990, n. 5166);
– nella fattispecie, difatti, la parte, odierna ricorrente, era già destinataria di un giudicato (sfavorevole) che si era formato sull’avviso di liquidazione nei suoi confronti emesso – in relazione ad una cessione di ramo di azienda (perfezionatasi con la cedente … Spa) – e il distinto giudizio, nel quale si è formato il secondo giudicato, per un verso aveva un oggetto distinto da quello definito in cosa giudicata (le cessioni di rami di azienda perfezionatesi tra … Spa e …) e (soggettivamente) si correlava alla posizione di distinte parti contrattuali che avevano devoluto alla sede contenziosa l’impugnazione degli avvisi di liquidazione nei loro confronti emessi;
– né l’intervento volontario, in questo secondo giudizio, avrebbe potuto rendere l’interventore destinatario di un secondo giudicato in conflitto con quello precedente (a lui sfavorevole) atteso che, per la natura impugnatoria del giudizio tributario, il giudicato era destinato a formarsi (soggettivamente) nei soli confronti di chi aveva impugnato l’atto impositivo in contestazione e (oggettivamente) solo sulla fattispecie impositiva posta a fondamento (quale causa petendi) di detti atti impugnati;
- – nemmeno il quarto motivo di ricorso – che pur prospetta profili di inammissibilità – può trovare accoglimento;
4.1 – in ragione dei rilievi sin qui svolti, difatti, destituito di fondamento deve ritenersi quel profilo di censura che parte ricorrente articola con riferimento al règime della riscossione dell’imposta suppletiva di registro (d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 56, comma 1, lett. b), cit.), e atteso che detta imposta è stata posta in riscossione (proprio) in esito alla formazione del giudicato sull’avviso di liquidazione che l’aveva assunta ad oggetto;
4.2 – quanto, poi, al (pur) dedotto difetto di motivazione, la censura difetta di specificità, ed autosufficienza, in quanto – a fronte dei rilievi svolti sul punto dal giudice del gravame- si risolve in una (anonima) riproposizione di tesi difensive, riproposizione che, pertanto, non dà alcun conto dell’effettivo contenuto motivazionale della impugnata cartella di pagamento;
– come, difatti, la Corte ha ripetutamente rimarcato, la censura involgente la congruità della motivazione dell’avviso di accertamento necessariamente richiede che il ricorso per cassazione riporti i passi della motivazione dell’atto che, per l’appunto, si assumano erroneamente interpretati o pretermessi (v. Cass., 13 agosto 2004, n. 15867 cui adde, ex plurimis, Cass., 19 novembre 2019, n. 29992; Cass., 28 giugno 2017, n. 16147; Cass., 19 aprile 2013, n. 9536; Cass., 4 aprile 2013, n. 8312; Cass., 29 maggio 2006, n. 12786);
4.3 – in ordine, da ultimo, al profilo probatorio dell’elemento soggettivo dell’illecito, la Corte ha avuto modo di ripetutamente statuire, in tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, che il D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 5, applicando alla materia fiscale il principio generale sancito dalla l. 24 novembre 1981, n. 689, art. 3, ha stabilito che non è sufficiente la mera volontarietà del comportamento sanzionato, essendo richiesta (anche) la consapevolezza del contribuente, al quale deve potersi imputare un comportamento quanto meno negligente, ancorché non necessariamente doloso; ne consegue, pertanto, che deve ritenersi sufficiente una condotta cosciente e volontaria, senza che occorra la concreta dimostrazione del dolo o della colpa (o di un intento fraudolento), atteso che la norma pone una presunzione di colpa per l’atto vietato a carico di colui che lo abbia commesso, gravandolo dell’onere di provare il contrario (v., ex plurimis, Cass., 30 gennaio 2020, n. 2139; Cass., 15 maggio 2019, n. 12901; Cass., 13 settembre 2018, n. 22329; Cass., 17 marzo 2017, n. 6930);
- – le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza di parte ricorrente nei cui confronti sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater).
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore della Agenzia delle Entrate, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 7.000,00 per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito; ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Conclusione
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 21 novembre 2023.
Depositata in Cancelleria il 2 febbraio 2024
MASSIMA: L’applicazione dell’art. 1306, comma 2 c.c. che regola le obbligazioni solidali tributarie, trova un limite nel giudicato sfavorevole formatosi nei confronti del debitore solidale che ne invochi l’applicazione; pertanto, l’effetto estensivo del giudicato favorevole rimane impedito dall’avvenuta definizione con forza di giudicato dell’obbligazione gravante su uno dei coobbligati solidali.