Cass. civ., Sez. I, Ord., 25 ottobre 2024, n. 27690


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Presidente

Dott. MACCARRONE Tiziana – Consigliere

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere

Dott. VAROTTI Luciano – Relatore

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 17218 del ruolo generale dell’anno 2022,

proposto da

Ministero dell’interno (C.F. 97149560589) e Ministero dell’economia e delle finanze (C.F. 80207790587), in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato (C.F. 80224030587, per il ricevimento degli atti numero di fax 0696514000 e PEC ags.rm @ mailcert.avvocaturastato.it), presso la cui sede in Roma, via dei Portoghesi, 12, sono domiciliati.

– Ricorrenti –

contro

Comune di Santa Lucia di Piave (TV) (C.F. 82002770269 e P.IVA 00670660265) in persona del Sindaco pt, elettivamente domiciliato per la Carica presso la Casa Comunale in Santa Lucia Di Piave, alla Piazza 28 ottobre 1918, 1, rappresentato e difeso dall’avvocato …, (C.F. Omissis) del Foro di Napoli, con studio in …, in virtù di procura speciale alle liti in allegato in calce al controricorso, come da Verbale di Deliberazione di Giunta Comunale N. 53 del 06/07/2022, la quale dichiara di voler ricevere tutte le comunicazioni all’indirizzo pec (Omissis), ovvero al recapito Telefax (Omissis).

– Controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Venezia n. 3181 depositata il 31 dicembre 2021.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22 ottobre 2024 dal consigliere Luciano Varotti.

Svolgimento del processo

Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’Appello di Venezia ha confermato la decisione del Tribunale della stessa città con la quale i due Ministeri, odierni ricorrenti, erano stati condannati in solido a pagare al Comune di Santa Lucia di Piave, ex art. 64 legge n. 388/2000, Euro 108.730,52 a titolo di minor introito Ici per gli anni 2001-2009 sugli immobili di categoria catastale D.

Ricorrono per cassazione i due Ministeri affidando il gravame ad un unico complesso motivo.

Resiste il comune, che conclude per la reiezione dell’impugnazione.

Il ricorso è stato assegnato per la trattazione in Adunanza Camerale ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.

Nessuna parte ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ.

Motivi della decisione

1- Col primo ed unico motivo di ricorso i Ministeri deducono, ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 64 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 e degli articoli 2 e 3 del decreto del Ministero dell’interno 1 luglio 2002, n. 197.

Il Comune avrebbe chiesto la condanna dei convenuti al trasferimento del maggior importo indicato al precedente paragrafo n. 1 senza considerare che per gli anni anteriori al 2001 le disposizioni normative (art. 31, terzo comma, della legge n. 488/1998 e art. 53 della legge n. 388/2000) prevedevano a carico dello Stato ed a favore degli Enti territoriali il pagamento di un contributo pari alla perdita dell’Ici sugli immobili di categoria D privi di rendita catastale definitiva, che era stato “consolidato”, ossia divenuto definitivo e, dunque, automaticamente attribuito ai Comuni.

Per gli anni dal 2001 in poi, la legge prevederebbe (non più un contributo, ma) un “aumento dei trasferimenti statali” (legge n. 388/2000, art. 64, primo comma) che dovrebbe essere riconosciuto ove sia superata la franchigia di legge (perdita del gettito Ici superiore a Lire tre milioni ed allo 0,5% della spesa corrente) e liquidato, previo consolidamento dei contributi relativi agli anni pregressi, solo sulle ulteriori perdite di gettito maturate successivamente: dunque, solo sugli immobili di categoria D la cui perdita Ici non fosse già stata pareggiata negli anni pregressi in virtù del consolidamento.

2.- Il ricorso è fondato nei sensi di cui appresso, alla luce della giurisprudenza ormai consolidata di cui alle precedenti decisioni assunte da questa stessa Corte in altri giudizi di contenuto del tutto analogo (per tutte: Cass., sez. 1, 28 maggio 2024, n. 14824, con menzione di altri precedenti).

Giova ricordare brevemente il quadro normativo di riferimento e la sua evoluzione.

Com’è noto, con il D.Lgs. n. 504/1992 è stata istituita l’imposta comunale sugli immobili (Ici), prevedendosi (per quello che qui interessa) che la base imponibile per i fabbricati accatastati sub lettera D, privi di rendita definitiva, fosse determinata, sino al momento della liquidazione definitiva di essa da parte dell’ufficio fiscale (per la quale l’art. 1 del D.M. n. 701/1994 fissava un termine di dodici o ventiquattro mesi), in base alle scritture contabili dell’imprenditore.

A seguito della generale (ed imprevista) diminuzione della base imponibile dell’imposta, calcolata col metodo delle scritture contabili, il legislatore ha introdotto un ausilio per i Comuni, istituendo un contributo per compensare la perdita del gettito Ici per gli anni 1998 e 1999 (art. 31, terzo comma, legge n. 448/1998).

La perdita del gettito fiscale si è rivelata, tuttavia, strutturale ed il legislatore ha rimodulato tale contributo, già previsto – come detto – per le perdite degli anni 1998 e 1999, estendendolo anche alle perdite di gettito fiscale del 2000 (legge n. 388/2000, art. 53, quattordicesimo comma).

Per il futuro, ossia per le annualità dal 2001 in poi, la stessa legge (la n. 388) ha previsto (art. 64, primo comma) non più un contributo, ma un “aumento dei trasferimenti statali” destinati a compensare il minor gettito Ici, a condizione, però, che la perdita fosse superiore a Lire tre milioni ed allo “0,5% della spesa corrente prevista per ciascun anno”.

Tali misure erano state determinate non solo dalla già menzionata imprevista diminuzione della base imponibile, ma anche dall’inerzia o, comunque, dal ritardo degli uffici fiscali nella attribuzione delle rendite immobiliari definitive.

A tale disfunzione se ne era, inoltre, aggiunta un’altra, consistente nell’inerzia o, comunque, nel ritardo dei Comuni nel richiedere il contributo a ristoro della perdita Ici, i quali presentavano domande cumulative, ossia per più anni.

Per porre rimedio a tale ultima prassi, il legislatore ha dapprima fissato il termine previsto dall’art. 1, comma 712, della legge 296/2006, prevedendo che la dichiarazione di minor gettito (disciplinata dal D.M. n. 197/2002) dovesse essere “inviata al Ministero dell’interno entro il termine perentorio, a pena di decadenza, del 30 giugno dell’anno successivo a quello in cui si è verificata la minore entrata”.

Successivamente, a fronte delle differenti dichiarazioni di assegnazione del contributo presentate dai Comuni (contenenti criteri non omogenei di calcolo), il legislatore ha disposto che gli Enti territoriali le ripresentassero.

Infatti, col D.L. n. 154/2008, art. 2-quater, settimo comma, si è previsto che “(l)e dichiarazioni di cui all’articolo 2, comma 4, del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’interno 1 luglio 2002, n. 197, attestanti il minor gettito dell’imposta comunale sugli immobili derivante da fabbricati del gruppo catastale D per ciascuno degli anni 2005 e precedenti, anche se già presentate, devono essere trasmesse al Ministero dell’interno, a pena di decadenza, entro il 31 gennaio 2009 ed essere corredate da un’attestazione a firma del responsabile del servizio finanziario dell’ente locale, nonché asseverate dall’organo di revisione, che evidenzi le minori entrate registrate per ciascuno degli anni 2005 e precedenti e i relativi contributi statali a tale titolo comunicati”.

Tale termine è, stato, da ultimo prorogato con D.L. n. 78/2010 (art. 14, comma 33-quater), col quale si è stabilito che “(i)l termine del 31 gennaio 2009, previsto dall’articolo 2-quater, comma 7, del decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2008, n. 189, per la trasmissione al Ministero dell’interno delle dichiarazioni, già presentate, attestanti il minor gettito dell’imposta comunale sugli immobili derivante da fabbricati del gruppo catastale D per ciascuno degli anni 2005 e precedenti, è differito al 30 ottobre 2010”.

3.- Passando ora ai fatti di causa, si è visto nella precedente parte narrativa della presente ordinanza, che oggetto del presente contenzioso sono i contributi degli anni 2001-2009.

Occorre pertanto chiarire le modalità di calcolo del credito comunale previste dalla legge.

L’art. 64 della legge n. 388/2000 prevede che la perdita dei Comuni sugli introiti Ici relativi agli immobili di categoria catastale D privi di rendita definitiva (perdita, come si è detto, sofferta in ragione della determinazione della base imponibile col metodo del costo contabilizzato (art. 5, terzo comma, del D.Lgs. n. 504/1992) e, successivamente, col metodo dell’autodichiarazione (art. 1, secondo comma, del D.M. n. 701/1994)) sia compensata, a partire dal 2001, con un maggior trasferimento di fondi statali.

La stessa norma (art. 64, secondo comma) prevede anche un meccanismo di riduzione dei trasferimenti statali, ove intervenga l’attribuzione della rendita catastale definitiva.

In tal caso, qualora il Comune interessato percepisca un introito superiore almeno al 30% rispetto a quello percepito nella vigenza della rendita catastale provvisoria, “i trasferimenti erariali di parte corrente spettanti agli stessi enti sono ridotti in misura pari a tale eccedenza”, con la precisazione che “la riduzione si applica e si intende consolidata a decorrere dall’anno successivo” a quello in cui la rendita è divenuta definitiva.

Ebbene, l’espressa previsione del meccanismo del “consolidamento” della riduzione del contributo (a fronte di un incremento del gettito Ici) implica necessariamente che anche la perdita di gettito riceva lo stesso trattamento e, dunque, che anch’essa sia “consolidata”, ossia compensata automaticamente e – per usare un’efficace espressione di Cass. 14824/2024, già citata – sia “trascinata” (volta che sia insorta in un determinato anno) negli anni successivi.

Questo sistema di attribuzione del contributo (aumento di trasferimenti statali) deve essere coordinato con la verifica del superamento della franchigia, prevista dall’art. 64 citato.

Ne deriva anche che, per dare un senso alle soglie previste dall’art. 64, primo comma, l’incremento di perdita Ici che dà diritto ad un incremento di contributo deve essere giocoforza calcolato sulle variazioni di gettito dell’anno di riferimento: ragionando diversamente le soglie sarebbero sempre superate, in ragione delle perdite pregresse e del consolidamento di esse.

In altre parole, l’ammissione a ristoro dell’ulteriore perdita di gettito Ici va verificata con le indicazioni fornite dalla più volte citata Cass. 14924/2024, ossia non tenendo conto delle perdite Ici relative agli anni anteriori, ormai consolidate, ma solo sulle nuove perdite dell’anno fiscale in corso (come, dunque, pretendono i Ministeri ricorrenti).

Il diverso sistema di calcolo della franchigia finirebbe, infatti, per “annichilire il sistema delle soglie”, poiché – volta che siano superate in un anno – il superamento permarrebbe anche in tutti gli anni a seguire grazie al principio di consolidamento.

Al contrario, per conservare un senso a tale previsione, ossia ad una soglia composta dai due elementi (numero fisso e percentuale sulle spese correnti), va seguita la tesi che ritiene superata la franchigia solo ove nell’anno di riferimento si siano verificate ulteriori perdite Ici superiori a Lire tre milioni ed allo 0,5% della spesa corrente, ma con la precisazione che, nell’ipotesi in cui tale limite non risulti superato nell’anno in questione – e, dunque, il Comune non riceva per tale esercizio alcun contributo – il travalicamento della franchigia potrebbe intervenire nell’anno successivo, per effetto di ulteriori perdite (derivanti dall’accatastamento di altri immobili, dalla maggiorazione delle aliquote, ecc…) che vanno ad aggiungersi all’esercizio precedente.

Ne deriva, in conclusione, che, in questo caso, il superamento della soglia va verificato, sì, anno per anno, ma considerando anche le eventuali perdite e, dunque, le mancate compensazioni degli anni pregressi non entrate nel consolidamento.

È, infatti, evidente che, se la ratio del sistema è quella di compensare gli enti territoriali del minor gettito fiscale Ici, la perdita inferiore alla soglia (e ritenuta dal legislatore di modestia tale da non essere pareggiata) può incrementarsi negli esercizi seguenti: sicché non c’è ragione – in questo caso, ossia volta che la perdita sia divenuta quantitativamente rilevante – di negare al Comune il contributo per il minor gettito fiscale.

Ne deriva che i Comuni hanno diritto ad ottenere automaticamente, per ogni anno, il ristoro delle perdite Ici emerse negli anni pregressi, ormai consolidate; hanno poi diritto di ottenere il ristoro delle perdite dell’anno in corso ove vi sia il superamento dei limiti fissati dall’art. 64, primo comma, per effetto, ad es., dell’accatastamento di nuovi immobili di categoria D (privi di rendita definitiva) entrati nel predetto anno nel perimetro della tassabilità Ici, oppure, altro es., per effetto dell’incremento delle aliquote.

A questo punto è chiaro che le modalità di comunicazione delle perdite al Ministero interni ha rilevanza nel solo procedimento amministrativo, in quanto è in quella sede che i dati forniti dal singolo Comune devono far comprendere per ogni anno la perdita di gettito Ici e, sempre per ogni anno, l’eventuale incremento di essa.

Non c’è, dunque, alcun contrasto tra normativa primaria e secondaria, poiché il D.M. n. 197/2002 dà attuazione al principio del consolidamento quanto alle perdite Ici pregresse, mentre non detta alcuna disposizione in contrasto con la legge quanto alle modalità di calcolo delle soglie anno per anno.

4.- In conclusione, la sentenza impugnata, che ha adottato un diverso criterio decisionale, deve essere cassata, con rinvio alla medesima Corte, la quale – tenendo presente quanto esposto ai precedenti paragrafi – dovrà verificare per ogni anno (dal 2001 al 2009) quale fosse il contributo consolidato e quale la maggior perdita fiscale, controllando se i dati esposti nella tabella a pagina 6 del controricorso, nella colonna “certificato”, siano stati correttamente ridotti (colonna “rideterminato”) dal Ministero.

Il giudice d’appello provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa e rinvia alla Corte d’Appello di Venezia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Conclusione

Così deciso in Roma il 22 ottobre 2024, nella camera di consiglio della prima sezione.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2024.


MASSIMA: I Comuni hanno diritto ad ottenere automaticamente, per ogni anno, il ristoro delle perdite Ici emerse negli anni pregressi, ormai consolidate; hanno poi diritto di ottenere il ristoro delle perdite dell’anno in corso ove vi sia il superamento dei limiti fissati dall’art. 64, primo comma della L. n. 388 del 2000. L’ammissione a ristoro dell’ulteriore perdita di gettito Ici va verificata non tenendo conto delle perdite Ici relative agli anni anteriori, ormai consolidate, ma solo delle nuove perdite dell’anno fiscale in corso.