Cass. civ., sez. V, ord., 05 marzo 2025 n. 5830


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA CIVILE

riunita in camera di consiglio nella seguente composizione:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente

Dott. SOCCI Angelo Matteo – Consigliere

Dott. DI PISA Fabio – Consigliere

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere-relatore

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

1) sul ricorso iscritto al n. 19326/2021 R.G., proposto

DA

“P. G. Spa”, con sede in Napoli, in persona dell’amministratore delegato pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Tullio Elefante, con studio in Roma, ove è elettivamente domiciliata (Omissis), giusta procura in margine al ricorso introduttivo del presente procedimento;

RICORRENTE

CONTRO

AGENZIA DELLE ENTRATE, con sede in Roma, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con sede in Roma, ove è ex lege domiciliata (Omissis);

CONTRORICORRENTE

avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale della Campania il 5 gennaio 2021, n. 100/20/2021;

2) sul ricorso iscritto al n. 19335/2021 R.G., proposto

DA

“U. A. Srl”, con sede in Napoli, in persona dell’amministratore unico pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Tullio Elefante, con studio in Roma, ove è elettivamente domiciliata (Omissis), giusta procura in margine al ricorso introduttivo del presente procedimento;

RICORRENTE

CONTRO

Agenzia delle Entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore Generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con sede in Roma, ove è per legge domiciliata (Omissis);

CONTRORICORRENTE

avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale della Campania il 5 gennaio 2021, n. 93/20/2021;

udite le relazioni delle cause svolte nella pubblica udienza del 25 febbraio 2025 dal Dott. Giuseppe Lo Sardo;

udito il P.M., nella persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. Carmelo Celentano, che ha concluso per la dichiarazione di estinzione dei procedimenti;

udito, per la controricorrente, l’Avv. Alberto Giovannini, che ha concluso per la sospensione dei procedimenti;

preso atto che nessuno è comparso per le ricorrenti;

Svolgimento del processo

RILEVATO CHE:

  1. La “P.G. Spa” (nel procedimento iscritto al n. 19326/2021 R.G.) e la “U.A. Srl” (nel procedimento iscritto al n. 19335/2021 R.G.) hanno proposto separati ricorsi – entrambi sulla base di quattro motivi – per la cassazione, il primo, della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania il 5 gennaio 2021, n. 100/20/2021 e, il secondo, della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania il 5 gennaio 2021, n. 93/20/2021, che – in controversie aventi a comune oggetto l’impugnazione dell’avviso di liquidazione n. (Omissis) della maggiore imposta di registro, per un totale di Euro 93.185,25, in relazione ad una permuta con conguaglio (a mezzo di rogito notarile del 28 dicembre 2017) tra la “P.G. Spa” e la “U.A. Srl” – hanno rigettato, rispettivamente, la prima, l’appello proposto dalla “P.G. Spa” nei confronti dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Napoli il 15 luglio 2019, n. 8603/22/2019, con condanna alla rifusione delle spese giudiziali e, la seconda, l’appello proposto dalla “U.A. Srl” nei confronti dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Napoli il 22 marzo 2019, n. 3619/35/2019, con condanna alla rifusione delle spese giudiziali.
  2. Con le predette sentenze, la Commissione tributaria regionale ha confermato le decisioni di prime cure – che avevano respinto i ricorsi originari delle contribuenti – sul comune rilievo che l’operazione realizzata non integrasse una semplice permuta (con conguaglio) di rami aziendali tra la “P.G. Spa” e la “U.A. Srl” con pattuizione di uno dei reciproci trasferimenti a favore della “Taurus Srl”, bensì la sequenza di una permuta di rami aziendali tra la “P.G. Spa” e la “U.A. Srl” e di una compravendita di ramo aziendale tra la “P.G. Spa” e la “Taurus Srl”.
  3. L’Agenzia delle Entrate ha resistito con separati controricorsi.
  4. A seguito dell’e(Omissis) in dipendenza dell’avviso di liquidazione in contestazione, con istanze depositate il 12 gennaio 2024, la “P.G. Spa” e la “U.A. Srl” hanno chiesto di rinviare le cause a nuovo ruolo, avendo la “U.A. Srl” aderito alla definizione agevolata dei “carichi affidati agli agenti della riscossione nel periodo compreso dal 1 gennaio 2000 al 30 giugno 2022” (c.d. “rottamazione quater”), ai sensi dell’art. 1, commi 231 – 252, della legge 23 dicembre 2022, n. 197, ed avendo la stessa ottenuto dall’Agenzia delle Entrate – Riscossione la rateizzazione massima del debito tributario (per un totale di diciotto rate, di cui due già corrisposte), per cui, in forza di ordinanze interlocutorie, la trattazione delle cause è stata differita all’adunanza camerale del 17 settembre 2024.
  5. Con istanze depositate il 4 settembre 2024, le ricorrenti hanno chiesto un ulteriore rinvio delle cause a nuovo ruolo in attesa del perfezionamento della definizione agevolata a favore della coobbligata solidale aderente (stante il pagamento di cinque rate), venendo a scadenza l’ultima rata del piano di dilazione il 30 novembre 2027.
  6. Indi, con ulteriori ordinanze interlocutorie, il collegio ha rinviato le cause a nuovo ruolo per la trattazione in pubblica udienza, anche al fine di addivenire ad una composizione dei diversi orientamenti sorti all’interno della Sezione Tributaria in ordine alla possibilità di una chiusura anticipata dei suddetti procedimenti.
  7. Con conclusioni scritte ribadite in udienza, il Procuratore Generale si è espresso per la dichiarazione di estinzione dei suddetti procedimenti.
  8. Nelle more, le ricorrenti hanno depositato la quietanza di pagamento della sesta rata del piano di rateizzazione.

Motivi della decisione

CONSIDERATO CHE:

  1. Preliminarmente, si deve disporre la riunione tra i procedimenti iscritti ai nn. 19326/2021 R.G. e 19335/2021 R.G. (segnatamente, del secondo al primo, in base alla precedenza di iscrizione a ruolo), avendo entrambi per oggetto l’impugnazione del medesimo avviso di liquidazione della maggiore imposta di registro sul contratto stipulato tra le ricorrenti (art. 273, primo comma, cod. proc. civ., in relazione all’art. 29, comma 1, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546).

Va segnalato, altresì, che la scelta di fissare – con ordinanza interlocutoria – la trattazione in pubblica udienza della questione specificata in appresso è stata seguita anche da altra Sezione di questa Corte (v. Cass., Sez. 3 , 29 novembre 2024, n. 30705).

  1. Ancora, pur in assenza di una previsione normativa ad hoc, si può ritenere, con un’interpretazione analogica (per l’identità di ratio legis: art. 12, secondo comma, disp. prel. cod. civ.) dell’art. 1, comma 202, della legge 23 dicembre 2022, n. 197 (riguardante la definizione agevolata delle controversie tributarie), che in caso di coobbligazione solidale e di presentazione della dichiarazione di adesione alla “rottamazione quater” da parte di uno solo dei coobbligati, i pagamenti effettuati ai fini della rottamazione delle cartelle di pagamento liberano anche gli altri coobbligati non aderenti, i quali vengono a beneficiare dell’estinzione del procedimento.
  2. Ciò posto, la decisione sull’istanza di definizione agevolata impone al collegio di valutare l’esatta portata dell’art. 1, comma 236, della legge 23 dicembre 2022, n. 197, a tenore del quale: “Nella dichiarazione di cui al comma 235 (diretta a “manifesta(re) all’agente della riscossione la sua volontà di procedere alla definizione” agevolata) il debitore indica l’eventuale pendenza di giudizi aventi ad oggetto i carichi in essa ricompresi e assume l’impegno a rinunciare agli stessi giudizi, che, dietro presentazione di copia della dichiarazione e nelle more del pagamento delle somme dovute, sono sospesi dal giudice. L’estinzione del giudizio è subordinata all’effettivo perfezionamento della definizione e alla produzione, nello stesso giudizio, della documentazione attestante i pagamenti effettuati; in caso contrario, il giudice revoca la sospensione su istanza di una delle parti”.

In particolare, l’attenzione deve essere concentrata sull’operatività della fattispecie contrassegnata dalla dichiarazione di adesione del contribuente, in cui è specificata la volontà di rateizzare il debito, è indicato il numero delle rate di cui ci si intende avvalere ed è manifestato l’impegno a rinunciare ai giudizi pendenti riguardanti detti carichi, e dalla correlativa comunicazione dell’agente della riscossione, in cui è cristallizzato l’importo dovuto e sono fissate le scadenze delle singole rate.

A tale riguardo, si deve tener conto della relazione redatta dall’Ufficio del Massimario e del Ruolo di questa Corte il 16 dicembre 2024, n. 87 (su sollecitazione pervenuta con nota trasmessa dal Presidente della Sezione Tributaria il 13 settembre 2024).

  1. La succitata disposizione trova il suo antecedente nell’art. 3, comma 6, del D.L. 23 ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136 (portante la definizione agevolata dei carichi affidati all’agente della riscossione dall’1 gennaio 2000 al 31 dicembre 2017 – c.d. “rottamazione ter”), il quale pedissequamente stabiliva che: “Nella dichiarazione di cui al comma 5 il debitore indica l’eventuale pendenza di giudizi aventi ad oggetto i carichi in essa ricompresi e assume l’impegno a rinunciare agli stessi giudizi, che, dietro presentazione di copia della dichiarazione e nelle more del pagamento delle somme dovute, sono sospesi dal giudice. L’estinzione del giudizio è subordinata all’effettivo perfezionamento della definizione e alla produzione, nello stesso giudizio, della documentazione attestante i pagamenti effettuati; in caso contrario, il giudice revoca la sospensione su istanza di una delle parti”.

Diversamente, l’art. 6 del D.L. 22 ottobre 2016, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 1 dicembre 2016, n. 225 (portante la definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione dal 2000 al 2016 – c.d “prima rottamazione”), e l’art. 1 del D.L. 16 ottobre 2017, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2017, n. 172 (portante la definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione dall’1 gennaio al 30 settembre 2017 – c.d. “rottamazione bis”), non presentano disposizioni riferite espressamente all’estinzione del giudizio, per cui la giurisprudenza di legittimità ha affrontato prevalentemente la questione della natura giuridica della rinuncia del contribuente ai giudizi relativi ai carichi oggetto della procedura di definizione agevolata e della formula con cui definire il relativo giudizio.

In proposito, dopo singoli arresti di diverso e vario tenore (Cass. Sez. 6-5, 10 gennaio 2017, n. 5497; Cass., Sez. 5, 20 gennaio 2017, n. 1507; Cass., Sez. 5, 16 febbraio 2017, n. 4157), si è delineato un orientamento per il quale, a fronte della richiesta di cessazione della materia del contendere formulata dal contribuente che aveva aderito alla definizione agevolata, si è ritenuto che l’istanza dovesse essere “interpretata come rinuncia al ricorso”, con effetto estintivo del processo ex art. 391 cod. proc. civ. (in termini: Cass., Sez. 5, 27 aprile 2017, n. 10474; Cass. Sez. 6 -5, 3 ottobre 2018, n. 24083; Cass., Sez. Lav., 2 maggio 2019, n. 11540; Cass., Sez. 6 -5, 24 novembre 2020, n. 29293.).

Secondo tale indirizzo, il contribuente sarebbe titolare di un diritto potestativo che realizza un vero e proprio potere di conformazione, cioè di sostituire al regolamento della situazione sostanziale debitoria esistente ed eventualmente sub iudice, la nuova regolamentazione anche quantitativa del dovuto, imperniata sulle modalità di adempimento previste e da fissarsi dall’esattore e che una tale sostituzione non necessita dell’accettazione da parte dell’agente della riscossione essendo espressione di scelte di convenienza o comunque discrezionali: l’esattore ha, dunque, solo la possibilità di contestare la ricorrenza dei presupposti per l’applicazione della norma e dunque della ascrivibilità della dichiarazione alla previsione normativa, mentre al di fuori di queste ipotesi ha l’obbligo di dare corso alla richiesta del contribuente (Cass., Sez. 6 -5, 3 ottobre 2018, n. 24083).

Siffatte argomentazioni, elaborate con riguardo alla prima rottamazione, sono state mutuate in alcune decisioni riferite all’applicazione dell’art. 3, comma 6, del D.L. 23 ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136, nonostante tale ultimo impianto normativo presenti, come si è già evidenziato, analogamente a quello di cui alla legge 23 dicembre 2022, n. 197, l’elemento normativo innovativo di cui si è detto, ovvero delle disposizioni dedicate all’estinzione del giudizio.

In particolare, si è ritenuto che il mancato pagamento integrale di quanto dovuto per la definizione agevolata non è ostativo alla dichiarazione di estinzione del giudizio, poiché in presenza della dichiarazione del debitore di avvalersi della definizione agevolata con impegno a rinunciare al giudizio, cui sia seguita la comunicazione dell’esattore ai sensi del comma 3 di tale norma, opera il meccanismo estintivo di cui si è sopra riferito ovvero il giudizio di cassazione viene dichiarato estinto, ex art. 391 cod. proc. civ., rispettivamente per rinuncia del debitore, qualora egli sia ricorrente, ovvero perché ricorre un caso di estinzione ex lege, qualora sia resistente o intimato (Cass., Sez. 5, 6 dicembre 2023, n. 36431).

Anche una successiva decisione, riguardante la presentazione di un’istanza ex art. 5 del D.L. 23 ottobre 2018, n. 119, volta alla c.d. “rottamazione” per risorse proprie dell’Unione Europea, definibile però secondo la disciplina di cui all’art. 3 dello stesso decreto ovvero della c.d. “rottamazione ter”, nella quale si evidenzia che la fattispecie estintiva delineata dall’art. 3, comma 6, ha come elementi costitutivi, da un lato, la domanda di definizione agevolata del contribuente contenente l’impegno a rinunciare al giudizio e, dall’altro, l’accoglimento da parte dell’agente della riscossione della sua istanza, con individuazione delle somme da versare e delle (eventuali) rate in cui viene suddiviso il debito, configurandosi, dunque, una fattispecie di estinzione del giudizio ex lege (Cass., Sez. Trib., 24 luglio 2024, n. 20626).

Con riguardo alla questione dell’eventuale necessità che il pagamento delle somme indicate nella comunicazione dell’agente della riscossione sia integrale ai fini dell’estinzione del giudizio, la Suprema Corte, tenuto conto della lettera della norma e delle varie fasi in cui si articola il procedimento, ha ritenuto che “il perfezionamento della definizione” si identifichi con l’accettazione da parte dell’amministrazione finanziaria dell’istanza del contribuente, corredata dall’impegno di quest’ultimo a rinunciare ai giudizi, attinendo il pagamento delle somme dovute al piano dell’adempimento dell’obbligo assunto con la dichiarazione, sicché l’eventuale mancato integrale pagamento non tocca la definizione agevolata che si è comunque perfezionata, quanto piuttosto i suoi soli effetti, determinando il potenziale avvio di nuove procedure riscossive (Cass., Sez. Trib., 24 luglio 2024, n. 20626).

Quanto, poi, all’elemento della “produzione della documentazione attestante i pagamenti effettuati”, la locuzione normativa farebbe riferimento non già al pagamento integrale del debito, quanto alla loro integralità rispetto al momento in cui viene fatta valere la fattispecie estintiva, “trattandosi di riscontro necessario perché la definizione agevolata sia, in quel momento, produttiva degli effetti processuali suoi propri, che restano distinti dall’effetto sostanziale dell’estinzione del debito, che, invece, richiede, ai sensi del successivo comma 14, l’integralità del pagamento” (Cass., Sez. Trib., 24 luglio 2024, n. 20626).

A tale proposito, il menzionato arresto ha concluso che “occorre considerare che una lettura della norma di cui all’art. 3, comma 6, che richiedesse, ai fini dell’estinzione del giudizio, l’intero arco dei pagamenti concordati fra erario e contribuente finirebbe per immutare l’estinzione espressamente contenuta nel disposto normativo in una fattispecie implicita, e anomala, di “blocco” del giudizio stesso, al di fuori delle ipotesi di sospensione previste dall’ordinamento vigente. Il processo verrebbe collocato in uno stato di peculiare quiescenza, destinato a protrarsi fino allo spirare del termine ultimo scandito da un piano di rateizzazione concordato altrove, piano che, infine, si offrirebbe ad un accertamento banco judicis, non esplicitato dalla norma in esame e finalizzato ad appurare l’esecuzione completa e puntuale di tutti i versamenti pattuiti nel quadro della “rottamazione”.

In secondo luogo, l’interpretazione che postula la verifica dell’integralità del pagamento in sede giudiziale per accedere alla declaratoria di estinzione finisce per sovrapporre la fattispecie estintiva disegnata dall’art. 3, comma 6, cit. alla declaratoria di cessazione della materia del contendere, cui si assiste in caso di compiuto pagamento ed estinzione del debito” (Cass., Sez. Trib., 24 luglio 2024, n. 20626).

  1. Medio tempore, è sopravvenuta la sentenza depositata dalla Corte Costituzionale il 28 novembre 2024, n. 189, la quale, tra l’altro, ha dichiarato l’infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 198, della legge 23 dicembre 2022, n. 197, in riferimento agli artt. 3, 24, 53 e 111 Cost., sul rilevo conclusivo che “la declaratoria di estinzione del processo, che il comma 198 dell’art. 1 della legge n. 197 del 2022 correla al deposito di copia della domanda di definizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata, risulta frutto di una scelta non irragionevole nell’ottica di favorire l’immediata chiusura delle controversie tributarie pendenti e di incentivare i pagamenti non ancora eseguiti, e neppure comporta alcun effetto preclusivo del diritto di azione o di difesa o lesione delle condizioni di parità delle parti nel processo”.

In particolare, tale decisione ha sottolineato che “la disciplina della definizione agevolata contenuta nei commi da 186 a 205 dell’art. 1 della legge n. 197 del 2022 deve essere letta nell’ambito del più ampio contesto degli interventi di carattere strutturale attuativi degli impegni assunti nel P.N.R.R. e nel Piano nazionale degli investimenti complementari al P.N.R.R. e trova origine e giustificazione nella situazione critica dello stato del contenzioso tributario, risultante anche dalla relazione alla legge oggetto del presente giudizio”, mettendo in risalto – in una prospettiva più ampia ed onnicomprensiva, destinata a coinvolgere anche la definizione agevolata dei carichi pendenti – che “(l)’evidente finalità principale di tale disciplina è, quindi, quella di conseguire rapidamente gli obiettivi di riduzione del numero dei giudizi tributari pendenti, in attuazione degli impegni assunti nel P.N.R.R. e nel Piano nazionale degli investimenti complementari al P.N.R.R.”

  1. Venendo all’esame del thema decidendum, il collegio è chiamato a stabilire, in caso di adesione del contribuente alla definizione agevolata per i carichi affidati agli agenti della riscossione dall’1 gennaio 2000 al 30 giugno 2022, con piano di dilazione rateale e pagamento parziale del debito rateizzato, se e come il giudizio tributario (tanto in sede di legittimità, quanto in sede di merito) possa essere definito senza attendere l’esito conclusivo della rateizzazione concordata.

Peraltro, l’importanza della risposta da dare al quesito è indirettamente evidenziata da un passo della relazione inaugurale della Prima Presidente della Corte Suprema di Cassazione sull’amministrazione della giustizia per l’anno 2024, nell’Assemblea Generale del 24 gennaio 2025, che ha individuato (paragrafo 6) uno dei fattori ostativi alla decongestione del contenzioso tributario nella rateizzazione, nell’ambito delle procedure di c.d. rottamazione, del debito impositivo fino al 2028 con conseguente stato di quiescenza del processo, in contrasto con il principio di ragionevole durata applicabile anche al giudizio tributario”.

  1. In ordine all’esegesi dell’art. 1, comma 236, della legge 23 dicembre 2022, n. 197, come si è già anticipato con le ordinanze interlocutorie del 7 ottobre 2024 nei procedimenti ora riuniti, si sono delineati orientamenti confliggenti in seno alla Sezione Tributaria di questa Corte.

7.1 Secondo un primo indirizzo (che è condiviso anche da altre Sezioni di questa Corte: Cass., Sez. Lav., 8 agosto 2023, n. 24138; Cass., Sez. Lav., 7 agosto 2024, n. 22312; Cass., Sez. 2 , 16 luglio 2024, n. 19628), in apparente maggiore sintonia con il tenore letterale del dettato normativo (che prevede, da un lato, l’impegno a rinunciare ai giudizi pendenti aventi oggetto i carichi per i quali è intervenuta richiesta di definizione agevolata e, dall’altro, che l’estinzione del giudizio è subordinata all’effettivo perfezionamento della definizione e alla produzione, nello stesso giudizio, della documentazione attestante i pagamenti effettuati), deve affermarsi che non sia possibile addivenire ad una dichiarazione di estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere e che il giudizio va sospeso sino al 30 novembre 2027; per cui, nelle more del perfezionamento dell’adesione, la causa va rinviata a nuovo ruolo in attesa dell’esecuzione dei pagamenti previsti (in termini: Cass., Sez. Trib., 24 gennaio 2023, n. 2105; Cass., Sez. Trib., 21 agosto 2023, n. 24967; Cass., Sez. Trib., 4 ottobre 2023, nn. 27951 e 27954; Cass., Sez. Trib., 11 ottobre 2023, n. 28379; Cass., Sez. Trib., 19 febbraio 2024, nn. 4301, 4325 e 4301; Cass., Sez. Trib., 23 febbraio 2024, nn. 4839 e 4859; Cass., Sez. Trib., 21 marzo 2024, n. 7639; Cass., Sez. Trib., 25 marzo 2024, n. 8028; Cass., Sez. Trib., 7 maggio 2024, nn. 12325 e 12337; Cass., Sez. Trib., 20 maggio 2024, nn. 13980 e 13983; Cass., Sez. Trib., 21 maggio 2024, n. 14088; Cass., Sez. Trib., 12 giugno 2024, n. 16412; Cass., Sez. Trib., 30 giugno 2024, n. 16454; Cass., Sez. Trib., 24 luglio 2024, n. 20649; Cass., Sez. Trib., 30 luglio 2024, n. 21405; Cass., Sez. Trib., 8 agosto 2024, n. 22397; Cass., Sez. Trib., 9 agosto 2024, n. 22658; Cass., Sez. Trib., 10 settembre 2024, n. 24274; Cass., Sez. Trib., 12 settembre 2024, n. 24479; Cass., Sez. Trib., 13 settembre 2024, n. 24585; Cass., Sez. Trib., 17 settembre 2024, n. 24933; Cass., Sez. Trib. 13 novembre 2024, n. 29343; Cass., Sez. Trib., 3 dicembre 2024, n. 30940).

Siffatta conclusione sembrerebbe trovare conferma nella relazione illustrativa del disegno di legge, poi divenuto la legge 23 dicembre 2022, n. 197, che parafrasa le nuove norme e specifica che: “Tali giudizi verranno sospesi dal giudice, fino al pagamento di quanto dovuto, dietro presentazione di copia della stessa dichiarazione. Successivamente, il giudizio si estinguerà a seguito della produzione, a cura di una delle parti, della documentazione attestante i versamenti eseguiti per perfezionare la definizione. Se invece le somme dovute non saranno integralmente pagate (e quindi, ai sensi del comma 14, la definizione non si perfezionerà), la sospensione del giudizio sarà revocata dal giudice su istanza di una delle predette parti”.

Secondo la relazione redatta in subiecta materia dall’Ufficio del Massimario e del Ruolo (paragrafo 5): “Pur non indugiando, all’evidenza, sul senso delle scelte lessicali compiute dal legislatore e soprattutto sulla loro possibile innovatività in rapporto con il testo delle precedenti rottamazioni, la citata relazione sembra affermare che le somme che il contribuente deve versare all’Agente della riscossione siano funzionali all’effettivo perfezionamento della definizione agevolata e che, conseguentemente, il predetto pagamento degli importi dovuti non possa dirsi riferito al solo piano degli effetti della definizione agevolata”.

Analoghe conclusioni si possono trarre dal dossier della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica sulla “Legge di Bilancio 2023” (dossier XIX Legislatura del 26 gennaio 2023). Anche in detto contributo, nella parte dedicata al commento all’art. 1, commi 1-368 (volume I), infatti, pur non essendo presente una spiegazione esplicita delle norme in questione, si evidenzia che: “Le disposizioni in commento chiariscono puntualmente le conseguenze della procedura di definizione agevolata sui giudizi pendenti. In particolare, tali giudizi sono sospesi dal giudice, fino al pagamento di quanto dovuto, dietro presentazione di copia della stessa dichiarazione. Successivamente, il giudizio si estingue a seguito della produzione, a cura di una delle parti, della documentazione attestante i versamenti eseguiti per perfezionare la definizione. Se, invece, le somme dovute non sono integralmente pagate, la sospensione del giudizio viene revocata dal giudice su istanza di una delle predette parti” (pag. 304).

Ed anche la circolare emanata dall’Agenzia delle Entrate il 27 gennaio 2023, n. 2/E (in materia di “Legge 29 dicembre 2022, n. 197, (legge di bilancio 2023) – “Tregua fiscale”), con riguardo alla c.d. “rottamazione quater” (paragrafo 9), si limita sostanzialmente a parafrasare il contenuto del comma 236 e, trattando il tema del mancato, tardivo o insufficiente versamento, superiore a cinque giorni, dell’unica rata ovvero di una di quelle in cui è stato dilazionato il pagamento delle somme dovute, specifica che si determina in questi casi “l’inefficacia della definizione”.

Dunque, dai lavori preparatori ed attuativi della legge 29 dicembre 2022, n. 197, non sembrano emergere utili spunti di carattere esegetico sul perfezionamento della definizione agevolata, che, invece, si ritrovano nella circolare emanata dall’Agenzia delle Entrate l’8 marzo 2017, n. 2/E (in materia di “Definizione agevolata dei carichi affidati agli Agenti della riscossione dal 2000 al 2016 – Art. 6 del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193 – Chiarimenti”). In verità, pur riguardando la c.d. “prima rottamazione”, la quale, come si è detto, non conteneva disposizioni esplicite sull’estinzione dei giudizi tributari, tale documento ha precisato (paragrafo 4) che “la definizione agevolata si articola (…) in un procedimento che ha inizio con la presentazione all’Agente della riscossione della dichiarazione del debitore con cui questi manifesta all’Agente stesso la propria volontà di avvalersi della definizione agevolata e termina con il pagamento integrale e tempestivo di quanto dovuto”. Di qui la conclusione che “la definizione si perfeziona non con la presentazione della dichiarazione o con il versamento della prima rata (in caso di opzione per il pagamento rateale), ma con il pagamento integrale e tempestivo delle somme dovute”.

Su tali premesse, l’Ufficio del Massimario e del Ruolo (paragrafo 5) ha manifestato la convinzione “che il legislatore (…) abbia sempre considerato il pagamento integrale delle somme dovute funzionale al perfezionamento della definizione agevolata e che, pertanto, in assenza di esso, non possa che essere vanificato l’effetto innescato con la presentazione da parte del contribuente della dichiarazione di avvalimento della definizione agevolata, riscontrata dalla comunicazione dell’Agente della riscossione e con l’avvio dei pagamenti concordati (sospensione del giudizio, sospensione dei termini di prescrizione e decadenza per il recupero dei carichi oggetto di dichiarazione, divieto di iscrizione di nuovi fermi amministrativi e ipoteche e di avvio di nuove procedure esecutive o prosecuzione di quelle avviate) e destinato naturaliter a condurre all’estinzione del giudizio riguardante i carichi oggetto della definizione, con contestuale estinzione del debito erariale”.

Né va sottovalutato che parte consistente della dottrina ritiene di optare per tale soluzione, sul presupposto che soltanto il puntuale e tempestivo versamento integrale dell’importo dovuto è condicio sine qua non per il perfezionamento della definizione agevolata, dovendosi intendere come comportamento concludente con il quale il contribuente manifesta la propria intenzione di rinunciare alla lite.

7.2. Un secondo indirizzo, richiamandosi al principio costituzionale di ragionevole durata del processo (art. 111, secondo comma, Cost.), sulle premesse che il pagamento integrale non è presentato dalla norma quale requisito indispensabile per l’estinzione del giudizio, alla cui declaratoria sono sufficienti anche soltanto la domanda di adesione alla definizione agevolata e la documentazione di alcuni fra i pagamenti (quelli fino a quel momento effettuati), essendo gli altri importi, se del caso, procrastinati e diluiti nel tempo, e che neppure si può ritenere che il cronoprogramma pattuito dal contribuente con l’erario – che ha ad oggetto l’esecuzione di un piano destinato a procrastinare i pagamenti nel tempo, rimodulando negozialmente tempi e modi di adempimento dell’obbligazione tributaria – possa riverberarsi nel processo vincolandone la dinamica in senso impeditivo all’estinzione, ha affermato il principio che, in tema di definizione agevolata dei carichi affidati all’agente della riscossione ex art. 1, commi 231 – 252, della legge 23 dicembre 2022, n. 197 (c.d. “rottamazione-quater”), il comma 236 della norma delinea una fattispecie di estinzione del processo che non postula il pagamento dell’intero ammontare dovuto in ragione del piano rateale concordato, presupponendo ex lege esclusivamente che si sia perfezionata la procedura amministrativa di rottamazione – in virtù della dichiarazione del contribuente di volersi avvalere della procedura, rinunciando ai giudizi in corso, seguita dalla comunicazione dell’agente della riscossione su numero, ammontare delle rate e relative scadenze – e che siano documentati in giudizio i soli pagamenti già effettuati con riferimento alla procedura di definizione prescelta (in termini: Cass., Sez. Trib., 30 agosto 2024, n. 23381; Cass., Sez. Trib., 11 settembre 2024, nn. 24428 e 24431; Cass., Sez. Trib., 26 settembre 2024, n. 27572; Cass., Sez. Trib., 13 dicembre 2024, n. 32376).

Tale interpretazione si muove nel solco dell’orientamento formatosi nella giurisprudenza di questa Corte in relazione all’applicazione dell’art. 3, comma 6, del D.L. 23 ottobre 2018, n. 119 (c.d. “rottamazione ter”) (menzionato al precedente punto 4), secondo cui è necessario distinguere la fase del perfezionamento della definizione agevolata dalla fase della sua efficacia: per effetto della dichiarazione di adesione, seguita dalla comunicazione formale dell’agente della riscossione, la procedura di “rottamazione” si perfeziona, rimanendo i pagamenti una mera appendice esecutiva di un procedimento concluso e definito. La locuzione normativa farebbe, dunque, riferimento non già al pagamento integrale del debito, ma alla integralità dei pagamenti rispetto al momento in cui viene fatta valere la fattispecie estintiva, trattandosi di riscontro necessario perché la definizione agevolata sia, in quel momento, produttiva degli effetti processuali suoi propri, che restano distinti dall’effetto sostanziale dell’estinzione del debito, che, invece, richiede, ai sensi del comma 244 dell’art. 1 (e del comma 14 dell’art. 3) l’integralità del pagamento.

Secondo la relazione redatta in subiecta materia dall’Ufficio del Massimario e del Ruolo (paragrafo 5): “Detto orientamento valorizza, (…) innanzitutto il dato rappresentato dal fatto che la rottamazione quater prevede, alla pari delle precedenti, il necessario preliminare incontro delle volontà delle due parti interessate e che tale elemento potrebbe indurre a sostenere che la rottamazione, essendo riconducibile alla generale categoria dell’accordo tra le parti, si perfezioni, alla pari di qualsivoglia altro accordo, con lo scambio delle manifestazioni di volontà dei soggetti interessati e dunque, nel caso di specie, quando l’Agente della Riscossione, verificata la ricorrenza dei presupposti per l’accesso alla definizione agevolata, ne dà comunicazione al contribuente”.

Peraltro, a favore di tale soluzione, si potrebbe sostenere che, quando il legislatore ha inteso identificare il momento perfezionativo della definizione agevolata e/o ancorarla al pagamento integrale degli importi dovuti, nel corpo della stessa legge 23 dicembre 2022, n. 197, lo ha fatto espressamente.

Così, con riguardo alla definizione agevolata delle controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle Entrate ovvero l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello innanzi alla Corte di cassazione, il comma 194 dell’art. 1 della legge 23 dicembre 2022, n. 197, specifica che: “La definizione agevolata si perfeziona con la presentazione della domanda di cui al comma 195 e con il pagamento degli importi dovuti ai sensi dei commi da 186 a 191 entro il 30 settembre 2023”.

Ed ancora, in alternativa alla definizione agevolata di cui ai commi da 186 a 204, il comma 213 prevede per le controversie tributarie pendenti, alla data di entrata in vigore della legge 23 dicembre 2022, n. 197, innanzi alla Corte di cassazione, in cui è parte l’Agenzia delle Entrate ed aventi ad oggetto atti impositivi, che il ricorrente “può rinunciare al ricorso principale o incidentale a seguito dell’intervenuta definizione transattiva con la controparte, perfezionatasi ai sensi del comma 215”, comma che chiarisce che “(l)a definizione transattiva si perfeziona con la sottoscrizione e con il pagamento integrale delle somme dovute entro venti giorni dalla sottoscrizione dell’accordo intervenuto tra le parti”.

In proposito, l’Ufficio del Massimario e del Ruolo ha significativamente segnalato (paragrafo 5) che: “Se è vero che nei casi da ultimo richiamati, si discute di definizione agevolata delle controversie pendenti dinanzi ai giudici tributari o alla Corte di cassazione o di definizione transattiva di tali controversie, e dunque di strumenti diversi rispetto alla definizione agevolata dei carichi affidati all’Agente della riscossione, appare in ogni caso d’interesse il dato della scelta del legislatore di esplicitare in tali ipotesi la modalità con cui si perfeziona la definizione e la necessità del pagamento integrale degli importi dovuti a tali fini, scelta non compiuta nel caso della definizione agevolata che ci occupa, laddove il legislatore, come più volte evidenziato, ha utilizzato le equivoche espressioni “effettivo perfezionamento della definizione agevolata” e “documentazione attestante i pagamenti effettuati” e non già “integrali””. Inoltre, “nessun danno verrebbe arrecato all’Erario, poiché il comma 244 dell’art. 1 della L. n. 197 prevede che in caso di insufficiente, ritardato o omesso pagamento degli importi pattuiti, la definizione non produce effetti, riprendono a decorrere i termini di prescrizione e di decadenza per il recupero dei carichi oggetto della dichiarazione, gli eventuali versamenti effettuati sono acquisiti a titolo di acconto dell’importo complessivamente dovuto e l’agente della riscossione prosegue l’attività di recupero del debito residuo, previsioni che valgono, pertanto, a porre al riparo l’Amministrazione finanziaria da dichiarazioni dei contribuenti non sostenute da una seria volontà di adempiere agli impegni assunti”.

Da ultimo, la tesi dell’estinzione anticipata del giudizio tributario rispetto all’esaurimento della rateizzazione concordata sarebbe più coerente con l’obiettivo indicato dal P.N.R.R. (paragrafo 2/A) di un celere smaltimento del contenzioso tributario attraverso “interventi (…) rivolti a ridurre il numero di ricorsi alla Cassazione, a farli decidere più speditamente, oltre che in modo adeguato”.

In tal senso, il citato documento dell’Ufficio del Massimario e del Ruolo (paragrafo 6) ha rimarcato che: “Una tale opzione ermeneutica potrebbe valorizzare la duplice ratio della misura in parola che è, infatti, sì volta a favorire la riscossione dei tributi ma ha anche la natura di strumento deflattivo. Ed invero, soprattutto la rottamazione quater, in modo più spiccato rispetto alle precedenti, in considerazione degli obiettivi del P.N.R.R. riguardanti il settore “giustizia”, ha lo scopo di ridurre il carico del contenzioso tributario, obiettivo che sarebbe inevitabilmente frustrato dalla necessità di mantenere quiescente un numero rilevante di giudizi, tramite la loro sospensione, in astratto, fino al 2028, in attesa dell’integrale pagamento delle somme dovute da parte dei contribuenti”.

7.3 Secondo un terzo indirizzo (anche di recente condiviso da altre Sezioni di questa Corte: Cass., Sez. Lav., 28 settembre 2023, n. 27539; Cass., Sez. Lav., 8 gennaio 2024, n. 621; Cass., Sez. 2 , 6 novembre 2024, n. 28550; Cass., Sez. Lav., 4 dicembre 2024, n. 31001), nella fattispecie in disamina, si devono escludere tanto l’estinzione del giudizio ai sensi dell’art. 1, comma 236, della legge 23 dicembre 2022, n. 197, che prevedendo la sospensione del giudizio “nelle more del pagamento delle somme dovute”, presuppone l’integrale pagamento delle rate dovute, quanto l’estinzione del giudizio ai sensi dell’art. 390 cod. proc. civ., non essendo stata esplicitata alcuna rinunzia e non risultando neppure che il difensore sia munito di mandato speciale; l’istanza, però, rivela che è sostanzialmente venuto meno l’interesse ex art. 100 cod. proc. civ. in capo alla parte ricorrente, che, aderendo alla definizione agevolata, ha assunto comunque l’impegno a rinunziare ai giudizi pendenti, e ciò giustifica la pronuncia di inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse ad agire (in termini: Cass., Sez. Trib., 2 gennaio 2024, n. 46; Cass., Sez. Trib., 1 febbraio 2024, n. 3010; Cass., Sez. Trib., 26 febbraio 2024, n. 5011; Cass., Sez. Trib., 3 aprile 2024, n. 8784; Cass., Sez. Trib., 4 giugno 2024, n. 15587; Cass., Sez. Trib., 19 giugno 2024, n. 16951; Cass., Sez. Trib., 20 giugno 2024, n. 17125; Cass., Sez. Trib., 8 luglio 2024, nn. 18629 e 18658; Cass., Sez. Trib., 13 agosto 2014, n. 22821; Cass., Sez. Trib., 10 settembre 2024, n. 24333; Cass., Sez. Trib., 11 settembre 2024, n. 24423; Cass., Sez. Trib., 12 gennaio 2025, n. 780).

Pur muovendo dall’implicita premessa che la formula decisoria dell'”estinzione del giudizio” tributario sia inscindibilmente collegata al completamento dei pagamenti rateizzati (in sintonia col testo letterale della norma richiamata), tale interpretazione perviene alla definizione anticipata della causa attraverso una soluzione alternativa di carattere strettamente processuale, che valorizza l’incidenza della mera adesione alla definizione agevolata sull’ulteriore sopravvivenza del giudizio tributario per la cessata conseguibilità di un’utilità residua dall’emanazione del provvedimento richiesto.

  1. Nessun contributo interpretativo pare, infine, derivare dal recente provvedimento legislativo di riammissione alla rateazione dei contribuenti già ammessi alla “rottamazione quater” e poi da questa decaduti per inadempimento al 31 dicembre 2024 (art. 3-bis del D.L. 27 dicembre 2024, n. 202 (“Disposizioni urgenti in materia di termini normativi”) convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2025, n. 15, in G.U., Serie Generale, 24 febbraio 2025, n. 45). Si tratta, infatti, non di una nuova procedura di rottamazione, ma di un provvedimento di mera rimessione in termini (secondo le previgenti scadenze rateali) in continuità con la stessa procedura di “rottamazione quater”, di cui mutua i medesimi caratteri fondamentali ed effetti estintivi sui processi pendenti, negli stessi dubitativi termini di cui si è dato conto.
  2. Al fine di dare soluzione ad una questione di ordine processuale ed intersezionale di cui non può non evidenziarsi la particolare importanza, in relazione sia ai riflessi patrimoniali per i contribuenti, gli enti impositori e gli agenti della riscossione, sia alle ricadute deflattive sull’arretrato accumulato dalla giurisdizione in materia tributaria (sia di merito sia di legittimità), il collegio ritiene di dover rimettere la causa alla Prima Presidente della Corte Suprema di Cassazione affinché valuti la sua eventuale assegnazione alle Sezioni Unite Civili, ai sensi dell’art. 374, secondo comma, ultima parte, cod. proc. civ., in relazione al quesito: “Se, ove il contribuente abbia dichiarato di aderire alla definizione agevolata per i carichi affidati agli agenti della riscossione dall’1 gennaio 2000 al 30 giugno 2022 (c.d. “rottamazione quater”), con la proposta di un piano di dilazione rateale del debito e l’assunzione dell’obbligo di rinunciare ai giudizi tributari pendenti, procedendo all’adempimento parziale del debito rateizzato dopo la comunicazione favorevole dell’agente della riscossione, l’art. 1, comma 236, della legge 23 dicembre 2022, n. 197, imponga la sospensione dei giudizi tributari fino all’integrale soddisfacimento del debito rateizzato ovvero consenta, altrimenti, la definizione immediata dei giudizi tributari mediante la dichiarazione di estinzione oppure mediante la dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi per carenza sopravvenuta di interesse”.

P.Q.M.

La Corte dispone la riunione dei ricorsi nn. 19326/21 rg e 19335/21 rg e rimette le cause così riunite alla Prima Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite Civili in ordine alla questione di massima di particolare importanza di cui in motivazione.

Così deciso a Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 25 febbraio 2025.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2025


COMMENTO – L’ordinanza interlocutoria in commento rimette alla Presidente della Suprema Corte, per l’assegnazione alle Sezioni Unite, la questione “Se, ove il contribuente abbia dichiarato di aderire alla definizione agevolata per i carichi affidati agli agenti della riscossione dall’1 gennaio 2000 al 30 giugno 2022 (c.d. “rottamazione quater”), con la proposta di un piano di dilazione rateale del debito e l’assunzione dell’obbligo di rinunciare ai giudizi tributari pendenti, procedendo all’adempimento parziale del debito rateizzato dopo la comunicazione favorevole dell’agente della riscossione, l’art. 1, comma 236, della legge 23 (i.e.: 29) dicembre 2022, n. 197, imponga la sospensione dei giudizi tributari fino all’integrale soddisfacimento del debito rateizzato ovvero consenta, altrimenti, la definizione immediata dei giudizi tributari mediante la dichiarazione di estinzione oppure mediante la dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi per carenza sopravvenuta di interesse“.

In materia di cd. “rottamazione quater”, l’art. 1, comma 236, Legge 197/2022 stabilisce che: “Nella dichiarazione di cui al comma 235 – diretta a “manifesta(re) all’agente della riscossione la sua volontà di procedere alla definizione” agevolata- il debitore indica l’eventuale pendenza di giudizi aventi ad oggetto i carichi in essa ricompresi e assume l’impegno a rinunciare agli stessi giudizi, che, dietro presentazione di copia della dichiarazione e nelle more del pagamento delle somme dovute, sono sospesi dal giudice. L’estinzione del giudizio è subordinata all’effettivo perfezionamento della definizione e alla produzione, nello stesso giudizio, della documentazione attestante i pagamenti effettuati; in caso contrario, il giudice revoca la sospensione su istanza di una delle parti“.

Oggetto della questione, che deve essere sottoposta all’attenzione delle Sezioni Unite Civili della Suprema Corte, è se ed in quale modo il giudizio tributario (tanto in sede di legittimità, quanto in sede di merito) possa essere definito senza dover attendere l’esito conclusivo della rateizzazione concordata.

Sull’interpretazione dell’art. 1, comma 236, Legge 197/2022, all’interno della Sezione Tributaria della Suprema Corte si sono delineati tre indirizzi contrapposti.

Secondo un primo orientamento, più aderente alla “lettera” della norma, non è possibile addivenire ad una dichiarazione di estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere e, pertanto, il processo tributario deve essere sospeso sino al 30 novembre 2027, con conseguente rinvio a nuovo ruolo della causa in attesa dell’esecuzione dei pagamenti previsti. Tale conclusione appare suffragata dalla Relazione illustrativa del disegno di legge, poi divenuto la Legge 197/2022, la quale specifica che: “Tali giudizi verranno sospesi dal giudice, fino al pagamento di quanto dovuto, dietro presentazione di copia della stessa dichiarazione. Successivamente, il giudizio si estinguerà a seguito della produzione, a cura di una delle parti, della documentazione attestante i versamenti eseguiti per perfezionare la definizione. Se invece le somme dovute non saranno integralmente pagate (e quindi, ai sensi del comma 14, la definizione non si perfezionerà), la sospensione del giudizio sarà revocata dal giudice su istanza di una delle predette parti”. 

Un secondo indirizzo, invece, richiamandosi al principio costituzionale di ragionevole durata del processo (art. 111, secondo comma, Cost.), ritiene che il pagamento integrale del debito non costituisca un requisito indispensabile per l’estinzione del giudizio, per la cui declaratoria sono sufficienti anche soltanto la domanda di adesione alla definizione agevolata e la documentazione di alcuni pagamenti (i.e.: quelli fino a quel momento effettuati). Tale interpretazione richiama la giurisprudenza formatasi in materia di cd. “rottamazione ter” (art. 3, comma 6, D.L. 23 ottobre 2018 n. 119, convertito con modificazioni in Legge 17 dicembre 2018 n. 136), la quale distingue la fase del perfezionamento della definizione agevolata (che si realizza con la dichiarazione di adesione, seguita dalla comunicazione formale dell’Agente della riscossione) dalla fase della sua efficacia (che include i successivi pagamenti, mera appendice esecutiva di un procedimento già concluso e definito). A favore di tale soluzione, si evidenzia che, quando il Legislatore ha voluto identificare il momento perfezionativo della definizione agevolata e/o ancorarla al pagamento integrale degli importi dovuti, nel corpo della stessa Legge 197/2022, lo ha fatto espressamente. Tale soluzione non arreca alcun pregiudizio all’Erario, poiché l’art. 1, comma 244, Legge 197/2022 prevede che, in caso di insufficiente, ritardato o omesso pagamento degli importi pattuiti, la definizione non produce effetti, riprendono a decorrere i termini di prescrizione e di decadenza per il recupero dei carichi oggetto della dichiarazione, gli eventuali versamenti effettuati sono acquisiti a titolo di acconto dell’importo complessivamente dovuto e l’Agente della riscossione prosegue l’attività di recupero del debito residuo: tali previsioni appaiono idonee a mettere l’Amministrazione finanziaria al riparo da dichiarazioni dei contribuenti non sostenute da una seria volontà di adempiere agli impegni assunti. Infine, la tesi dell’estinzione anticipata del giudizio tributario rispetto all’esaurimento della rateizzazione concordata appare maggiormente coerente con l’obiettivo indicato dal P.N.R.R. di un celere smaltimento del contenzioso tributario attraverso “interventi (…) rivolti a ridurre il numero di ricorsi alla Cassazione, a farli decidere più speditamente, oltre che in modo adeguato” (paragrafo 2/A).

Da ultimo, secondo un terzo orientamento, l’adesione alla definizione agevolata rivela che è sostanzialmente venuto meno l’interesse ex art. 100 c.p.c. in capo alla parte ricorrente che, con la propria istanza, assume comunque l’impegno a rinunziare ai giudizi pendenti. Ad avviso di tale terzo indirizzo giurisprudenziale, la conseguenza processuale dell’adesione alla definizione agevolata deve quindi essere la pronuncia di inammissibilità del ricorso per carenza sopravvenuta di interesse ad agire.

Al fine di determinare la prevalenza di uno di tali orientamenti, nessun contributo può derivare dal recente provvedimento legislativo di riammissione alla rateazione dei contribuenti già ammessi alla “rottamazione quater” e poi da questa decaduti per inadempimento alla data del 31 dicembre 2024 (art. 3-bis D.L. 27 dicembre 2024 n. 202, convertito con modificazioni dalla Legge 21 febbraio 2025 n. 15). Si tratta, infatti, di un provvedimento di mera rimessione in termini, in continuità con la stessa procedura di “rottamazione quater“, di cui mutua i medesimi caratteri fondamentali, lasciando inalterati i pregressi dubbi sugli effetti processuali dell’adesione alla definizione agevolata.

Pertanto, al fine di dare soluzione a tale questione processuale -senza dubbio di particolare importanza, in relazione sia ai riflessi patrimoniali per i contribuenti e per l’Erario, sia alle conseguenze deflattive del contenzioso tributario (tanto di legittimità quanto di merito)-, l’ordinanza interlocutoria in commento ritiene di dover rimettere la causa alla Prima Presidente della Suprema Corte di Cassazione affinché ne valuti l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite Civili, in relazione al quesito sopra riportato.

Avv. Cecilia Domenichini