Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado del Lazio, sez. VII, 03 settembre 2024 n. 5448


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO DEL LAZIO

SETTIMA SEZIONE

riunita in udienza il 08/04/2024 alle ore 11:30 con la seguente composizione collegiale:

FORTUNATO VINCENZO, – Presidente

LOSTORTO VALENTINA, – Relatore

POLITO MARIA TERESA, – Giudice

in data 08/04/2024 ha pronunciato la seguente

SENTENZA

– sull’appello n. 5159/2022 depositato il 11/10/2022

proposto da

C.F. – (…)  Difeso dall’avv. S. C. – (…) ed elettivamente domiciliato presso ………..@pec.it

contro

Comune di Anguillara Sabazia – Piazza Del Comune 1 00061 Anguillara Sabazia RM  elettivamente domiciliato presso Comune Di Anguillara Sabazia Comune 00061 Anguillara Sabazia RM

Avente ad oggetto l’impugnazione di:

– pronuncia sentenza n. 2560/2022 emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale ROMA sez. 14 e pubblicata il 07/03/2022

Atti impositivi:

– AVVISO DI ACCERTAMENTO n. (…) IMU 2014

a seguito di discussione in pubblica udienza

Richieste delle parti:

Ricorrente/Appellante: CHIEDE a codesta Ill.ma Corte di Giustizia Tributaria Regionale, di volere – NEL MERITO: In via principale accogliere il ricorso in appello e per l’effetto riformare la pronuncia impugnata; annullare o dichiarare nullo o comunque inefficace l’avviso di accertamento impugnato e dichiarare illegittima la pretesa del Comune di Anguillara Sabazia, con conseguente annullamento o dichiarazione di nullità degli accertamenti impugnati, con condanna di controparte al pagamento delle spese del presente giudizio (entrambi i gradi) oltre IVA e CPA come per legge. In via subordinata, accogliere il ricorso riducendo le pretese fiscali avanzate dall’Ente impositore e determinando l’imposta Ici/Imu sulla base del calcolo fondato sul reddito dominicale e/o sulle risultanze del valore oggetto di stima dei terreni per come riportata nella menzionata perizia e nel presente atto, con condanna di controparte al pagamento delle spese del presente giudizio (entrambi i gradi) oltre IVA e CPA come per legge; In via ulteriormente subordinata, riformare la pronuncia impugnata sul punto relativo alla condanna della ricorrente al pagamento delle spese di lite, compensandole (per entrambi i gradi) o, in ulteriore subordine, riducendone l’ammontare, secondo i parametri ministeriali di riferimento. – Con condanna dell’Ente convenuto al pagamento delle spese del presente giudizio oltre IVA e CPA come per legge.

Resistente/Appellato: non costituito

Svolgimento del processo

F.C. impugnava l’avviso di accertamento emesso dal Comune di Anguillara Sabazia, prot. n.(…) notificato in data 8/01/2020, per I’IMU dell’annualità di imposta 2014. Deduceva che l’avviso era stato notificato solo in data 7.01.2020 e dunque tardivamente rispetto al termine quinquennale di prescrizione/decadenza del 31.12.2019. Eccepiva, inoltre, l’illegittimità dell’avviso di accertamento per carenza di motivazioni e violazione dell’art. 7 della L. 21 febbraio 2000, dell’art.3 L. n. 241 del 1990 e art.3, 23, 24, 53, 97 della Costituzione, nonché motivazione apparente ed astratta. Deduceva altresì la violazione dell’art.14 del regolamento comunale I.C.I. (Delib. c.c. n. 7 del 30 marzo 1999) e art. 12 del regolamento generale per la disciplina delle entrate comunali (Delib. di c.c. n. 6 del 30 marzo 1999), non avendo l’ente locale garantito il diritto al contraddittorio. Evidenziava che lo stesso Comune impositore nell’anno 2014 e nell’anno 2017 (quindi prima dell’invio dell’atto oggi impugnato) avesse adottato con Delib. di Giunta n. 60 del 13 giugno 2014 e Delib. n. 69 del 16 maggio 2017, dei correttivi, rispetto alle determinazioni della precedente Delib. di Giunta n. 51 del 27 marzo 2007. Deduceva ancora la violazione del principio della c.d. capacità contributiva (art. 53 della costituzione). Nel merito, contestava l’edificabilità delle aree sottoposte a tassazione, in quanto la Variante Generale al P.R.G. citata all’epoca dell’accertamento (2014) era decaduta come norme di salvaguardia, per decorrenza dei termini di approvazione in data 23/12/2009, o al più in data 23/12/2011, rivivendo la destinazione originaria di E1 Agricola per i terreni. Successivamente all’adozione della Variante Generale al P.R.G., l’Amministrazione Comunale aveva introdotto, con Delib. di Giunta Comunale 1n. 51 del 27 marzo 2007 e Delib. n. 60 del 13 giugno 2014, griglie di valore per ogni singola zonizzazione, per la determinazione del valore di riferimento al fine di quantificare, ai fini ICI/IMU, quanto presuntivamente dovuto per il terreno in oggetto. La contribuente evidenziava un valore concordato per la stessa identica zonizzazione di Euro/mq 15,00.

Si costituiva il Comune intimato che contestava le pretese avversarie, assumendo in particolare che l’atto impositivo conteneva i criteri idonei ad esplicitare le ragioni della pretesa. Negava, inoltre, l’intervenuta prescrizione e affermava l’edificabilità dell’area, in quanto nell’anno 2014 l’area di proprietà del ricorrente era definita dalla Variante al PRG Comunale adottato di cui alla Delib. Comunale n. 48 del 23 dicembre 2006 comprensiva delle osservazioni accolte, come ricadente in zona edificabile C1, ed era pertanto certamente soggetta ad imposizione come tale.

All’udienza del 4 marzo 2022, la Commissione Tributaria provinciale di Roma decideva la controversia e, con sentenza n.2560/2022 rigettava il ricorso e condannava la ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 1.800.

Avverso detta sentenza ha proposto appello la F., lamentando l’erroneità della stessa e riproponendo i seguenti motivi: tardività della notifica dell’avviso di accertamento; decadenza dal presupposto impositivo e violazione del principio di capacità contributiva; inedificabilità di fatto dei terreni oggetto di imposizione; mancanza/carenza di motivazione dell’avviso di accertamento; esistenza di precedenti specifici relativi agli avvisi di accertamento IMU per i terreni oggetto di imposizione nella presente causa.

In subordine, contestava il capo della sentenza concernente la condanna alle spese.

Il comune resistente non si è costituito.

Verificata la ritualità della notifica dell’appello, all’odierna udienza la causa è stata discussa e quindi decisa come da dispositivo.

Motivi della decisione

Questa Corte ritiene che il giudice di primo grado abbia puntualmente e correttamente motivato in relazione a tutti i punti oggetto della controversia.

Con riferimento alla notifica dell’avviso di accertamento impugnato, la Corte concorda con la CTP nel ritenere rispettato il termine quinquennale con la consegna dell’atto all’ufficio postale in data 31.12.2019, comprovata dal Comune resistente in primo grado con il documento denominato “estratto distinta”, in cui il nominativo della contribuente con l’indicazione dell’atto da notificare è indicato nel corpo del documento (terza pagina) sottoscritto digitalmente nel suo complesso e quindi da valutare nella sua interezza. Inoltre, le sezioni unite della SC (a partire da quella già richiamata nella gravata sentenza, n.40543/2021) hanno definitivamente sancito che “in materia di notificazione degli atti di imposizione tributaria e agli effetti di questa sull’osservanza dei termini, previsti dalle singole leggi di imposta, di decadenza dal potere impositivo, il principio della scissione soggettiva degli effetti della notificazione, sancito per gli atti processuali dalla giurisprudenza costituzionale, e per gli atti tributari dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, trova sempre applicazione, a ciò non ostando né la peculiare natura recettizia di tali atti né la qualità del soggetto deputato alla loro notificazione. Ne consegue che, per il rispetto del termine di decadenza cui è assoggettato il potere impositivo, assume rilevanza la data nella quale l’ente ha posto in essere gli adempimenti necessari ai fini della notifica dell’atto e non quello, eventualmente successivo, di conoscenza dello stesso da parte del contribuente. E ciò anche se l’Amministrazione finanziaria si sia avvalsa, per la notificazione, del messo notificatore speciale D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 60, e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 16, comma 4, anziché dell’ufficiale giudiziario. Anche sulla dedotta decadenza dal presupposto impositivo e sulla violazione del principio di capacità contributiva, la Corte concorda con la pronuncia impugnata.

Ed invero, la definizione normativa di area fabbricabile rilevante ai fini IMU si ricava dall’art. 1 comma 741 lett. d) della L. n. 160 del 2019: “d) per area fabbricabile si intende l’area utilizzabile a scopo edificatorio in base agli strumenti urbanistici generali o attuativi, … Si applica l’articolo 36, comma 2, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2006, n. 248”. Ai sensi del richiamato art. 36, un’area “è da considerare fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione della Regione e dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo”.

La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 26897/2021, ha ribadito il consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo il quale, in tema di ICI (ma i principi possono essere estesi anche all’IMU), il momento da cui l’adozione del Piano Regolatore Generale (PRG) del Comune produce effetti ai fini della qualifica di edificabilità è da identificarsi con l’adozione stessa del PRG da parte del Comune.

Come correttamente sostenuto dalla CTP, dunque, non hanno rilevanza le fasi successive all’adozione quali possono essere la facoltà di presentare osservazioni da parte dei soggetti interessati e le successive controdeduzioni del Comune, a cui seguente l’esame del progetto definitivo e quindi l’approvazione da parte della Regione. Non rileva nemmeno il regime di c.d. salvaguardia, vigente tra il momento di adozione del PRG e la sua approvazione definitiva.

Nella specie, la Variante Generale al P.R.G. posta in essere dal Comune impositore nell’anno 2006 non può, pertanto, ritenersi decaduta, essendo ancora in itinere il procedimento di definitiva approvazione regionale (intervenuta successivamente nel 2017).

In conclusione, in linea con il consolidato orientamento giurisprudenziale sul punto (cfr. per tutti Cass. n. 17818/2017) non ha rilevanza il fatto che lo strumento urbanistico adottato dal Comune (PRG) sia stato successivamente oggetto di richieste di revisione o non abbia ancora avuto attuazione, anche dopo diverso tempo dalla sua adozione ed oltre i termini massimi del regime di salvaguardia.

Anche quanto alla dedotta inedificabilità di fatto dei terreni oggetto di imposizione, la Corte ritiene corretta la motivazione della CTP, secondo cui l’esistenza del vincolo (terreno in una zona a protezione speciale, soggetto a nulla osta dell’ente territoriale competente) è nella specie irrilevante, non pregiudicando l’edificabilità del suolo.

E’, inoltre, destituita di fondamento l’affermazione dell’appellante secondo cui i terreni in questione non sarebbero edificabili a fronte dell’asserita inesistenza delle opere di urbanizzazione primaria ai sensi di legge. Come anche affermato dalla S.C. (n. 23682 del 28/7/2022) l’edificabilità di un’area, ai fini dell’applicabilità del criterio di determinazione della base imponibile fondato sul valore venale, dev’essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi, potendosi eventualmente tener conto, nella determinazione della base imponibile, della maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie, nonché della possibile incidenza degli ulteriori oneri di urbanizzazione sul valore dello stesso in comune commercio (Cass Sez. U., 29 ottobre 2020, n. 23902; Cass., 10 marzo 2020, n. 6702 n. 6702 del 10/03/2020; Cass. n. 9202 del 03/04/2019 Cass. n. 5161 del 05/03/2014).

Né, ancora, l’appellante risulta contestare quanto affermato nella gravata sentenza, laddove si afferma che in ogni caso il richiesto abbattimento nella misura del 40%, risulta già applicato dal Comune e che ciò risulta dalla c.d. perizia P. per le aree localizzate in quell’ambito. La Giunta Comunale con Delib. n. 69 del 16 maggio 2017 denominata “Valutazione della congruità di terreni soggetti all’Imposta Comunale sugli Immobili -ICI- e Imposta Municipale Unica -IMU-” ha preso atto della stima redatta dal perito Arch. S. P., cosiddetta “Perizia P.”. Nel caso specifico quindi, le aree oggetto di accertamento sono state valutate secondo quanto disposto dalla Delib. di C.C. n. 69 del 16 maggio 2017 mediante la quale sono state superate integralmente le precedenti delibere comunali in materia e più precisamente le Delibere di Giunta Comunale numeri 51/2007 e 60/2014, alla luce delle nuove e più precise e puntuali valutazioni. Dunque, come già rilevato dalla CTP, l’operato dell’Ente risulta tenere conto di un regime di valutazione differente dei terreni edificabili, qualificati tali, da uno strumento urbanistico, pur non operativo, al momento dei fatti (2014).

Con riferimento alla dedotta mancanza/carenza di motivazione dell’avviso di accertamento, la Corte ritiene che l’atto impugnato contenga tutti gli elementi ritenuti essenziali per la difesa della contribuente e per la contestazione sia nell’an che nel quantum della pretesa, in linea con il consolidato orientamento della S.C. (cfr., per tutte, S.C. n.6796/2020). In particolare, risultano presenti nell’atto tutti gli estremi oggettivi e soggettivi della posizione creditoria dedotta (citazione delle delibere comunali poste a fondamento della pretesa tributaria, individuazione dell’immobile accertato, aliquota applicata e valore al mq applicato). Altra cosa è, ovviamente, l’effettivo verificarsi dei fatti riportati nell’atto e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva, trattandosi di circostanze rimesse all’ambito dell’accertamento giurisdizionale, in coerenza con il carattere “provocatio ad opponendum” riconosciuto all’avviso di accertamento.

Infine, l’appellante contesta la condanna alle spese.

Tale motivo, limitatamente all’importo oggetto della condanna, è parzialmente fondato.

Ed invero la somma indicata dalla CTP (Euro 1.800) non risulta coerente con il valore della lite, pari a Euro 871.

Entro tali limiti l’appello della F. deve essere accolto, modificando l’importo delle spese di lite del primo grado in complessivi Euro 500 (cinquecento), oltre accessori come per legge.

In una valutazione complessiva dell’esito della lite, ritiene la Corte che sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di lite del presente grado, che si liquidano come da dispositivo, nella misura di 2 terzi, ponendo il residuo terzo a carico del Comune appellato.

P.Q.M.

La Corte di Giustizia Tributaria di II grado del Lazio, in parziale accoglimento dell’appello, liquida le spese di giudizio del primo grado nella misura di Euro 500 (cinquecento), oltre accessori come per legge.

Compensa nella misura di due terzi le spese del presente grado, che liquida in complessivi Euro 600 (seicento), ponendo a carico del Comune resistente il residuo terzo, pari a Euro 200 (duecento), oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma il 8 aprile 2024


COMMENTO – Preliminarmente, viene confermata la tempestività, rispetto al termine di decadenza quinquennale di cui all’art. 1, comma 161, Legge 27 dicembre 2006 n. 296, dell’avviso di accertamento IMU relativo all’annualità 2014, spedito per posta in data 31 dicembre 2019.

Il principio della scissione soggettiva del momento perfezionativo della notificazione postale tra notificante e destinatario assume infatti valenza generale, e risulta quindi applicabile anche quando l’Amministrazione abbia eseguito la notificazione mediante messo notificatore speciale, anziché mediante ufficiale giudiziario.

Sul punto la pronuncia in commento si uniforma esattamente all’insegnamento delle Sezioni Unite della Suprema Corte secondo cui “In materia di notificazione degli atti di imposizione tributaria e degli effetti di questa sull’osservanza dei termini, previsti dalle singole leggi d’imposta, di decadenza dal potere impositivo, il principio della scissione soggettiva degli effetti della notificazione, sancito per gli atti processuali dalla giurisprudenza costituzionale, e per gli atti tributari dall’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973, trova sempre applicazione, a ciò non ostando né la peculiare natura recettizia di tali atti, né la qualità del soggetto deputato alla loro notificazione. Ne consegue che, per il rispetto del termine di decadenza cui è assoggettato il potere impositivo, assume rilevanza la data nella quale l’ente ha posto in essere gli elementi necessari ai fini della notifica dell’atto e non quella, eventualmente successiva, di conoscenza dello stesso da parte del contribuente” (Cass. civ., Sezioni Unite, 17 dicembre 2021 n. 40543).

In applicazione di tale principio, risulta irrilevante la circostanza che, nel caso di specie, il destinatario avesse ricevuto la materiale consegna dell’atto notificato unicamente in data 07 gennaio 2020, poiché la decadenza di cui all’art. 1, comma 161, Legge 296/2006 era già stata impedita dall’avvenuta consegna dell’atto da notificare all’Ufficio postale in data 31 dicembre 2019, dimostrata dal cd. “estratto distinta” prodotto in primo grado dal Comune impositore. Il nominativo della contribuente, con l’indicazione dell’atto da notificare, era indicato nel corpo di tale documento, sottoscritto digitalmente nel suo complesso e, quindi, valutabile nella propria interezza.

Anche nel merito la sentenza in commento non si discosta dal consolidato indirizzo di legittimità secondo cui il momento, a partire dal quale l’adozione del Piano Regolatore Generale (PRG) del Comune produce effetti ai fini della qualifica di un’area come edificabile, deve identificarsi con l’adozione stessa del predetto Piano Regolatore Generale da parte del Comune.

Rimane invece del tutto ininfluente la circostanza che lo strumento urbanistico adottato dal Comune non abbia ancora avuto attuazione o sia stato successivamente oggetto di richieste di revisione.

In conclusione, quindi, l’edificabilità di un’area, ai fini dell’applicabilità del criterio di determinazione della base imponibile fondato sul valore venale, deve essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel Piano Regolatore Generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi, salvo tenere comunque in considerazione, nella determinazione della base imponibile, la maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie e la presenza di vincoli o destinazioni urbanistiche, che, pur condizionando in concreto l’edificabilità del suolo, non sottraggono l’area su cui insistono al regime fiscale proprio dei suoli edificabili e incidono sulla valutazione del relativo valore venale (si vedano in senso conforme, ex multis, Cass. civ., sez. V, ord., 19 luglio 2017 n. 17818; Cass. civ., sez. V, 28 luglio 2022 n. 23682; Cass. civ., sez. V, ord., 13 marzo 2024 n. 6690 e Cass. civ., sez. V, ord., 14 maggio 2024 n. 13305).

Recentemente, addirittura, la giurisprudenza di legittimità ha escluso che l’annullamento della delibera di adozione ed approvazione del Piano Regolatore Generale da parte del Giudice Amministrativo possa avere incidenza diretta sulla qualificazione edificatoria delle aree “ex agricole”, “poiché ai fini fiscali rileva non solo l’edificabilità di diritto, derivante dal piano urbanistico, ma anche l’edificabilità di fatto, da individuarsi sulla base di indici quali la vicinanza al centro abitato, lo sviluppo edilizio delle zone adiacenti, l’esistenza di servizi pubblici essenziali e l’esistenza di qualsiasi elemento obiettivo di incidenza sulla destinazione urbanistica” (Cass. civ., sez. V, sent., 27 maggio 2024 n. 14697). Perfino in tal caso, quindi, non si giustifica il rimborso dell’ICI o dell’IMU versata in eccedenza rispetto alla determinazione del valore imponibile delle aree, che sono state ricondotte ope iudicis all’originaria destinazione agricola.

In applicazione di tali principi, non viene ritenuto rilevante neppure il presunto superamento dei termini massimi del cd. “il regime di salvaguardia”, vigente tra il momento di adozione del Piano Regolatore Generale da parte del Comune e la sua approvazione definitiva da parte della Regione. Ciò anche in considerazione del fatto che la Variante Generale al Piano Regolatore Generale, posta in essere dal Comune impositore nell’anno 2006, non poteva ritenersi decaduta, essendo ancora in itinere il procedimento di definitiva approvazione regionale.

Per tali motivi, l’appello della contribuente trova parziale accoglimento unicamente per ciò che concerne la regolamentazione delle spese legali relative al primo grado del giudizio, liquidate dalla sentenza impugnata in misura non congrua rispetto al valore della lite; viene invece respinto relativamente a tutti gli ulteriori motivi di censura sollevati.

Dott.ssa Cecilia Domenichini

Unicusano-Roma