Consiglio di Stato, Sez. II, Sent., 02 aprile 2025, n. 2816


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2612 del 2022, proposto dalla signora P.V., rappresentata e difesa dall’avvocato …, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in …;

contro

il Comune di Livorno, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato …, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione Terza, 18 ottobre 2021, n. 1342, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Livorno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 4 marzo 2025, alla quale nessuno è presente per le parti, il Cons. Antonella Manzione;

Svolgimento del processo

  1. Oggetto della controversia è l’ingiunzione a demolire opere abusive adottata dal Comune di Livorno nei confronti della signora P.V., riferita a due fabbricati, uno adibito ad abitazione e l’altro a ripostiglio, successivamente ampliati, per i quali sono state a suo tempo rigettate tre distinte istanze di condono (rispettivamente, con atto prot. n. (…) del 1986, prot. n. (…) e prot. n. (…)). L’atto è motivato anche ai sensi dell’art. 167 del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, giusta l’insistenza degli immobili in zona di interesse paesaggistico ex art. 142 del medesimo decreto.
  1. Con ricorso al T.a.r. per la Toscana (n.r.g. 1774/2013) la signora P.V. ha impugnato tale atto lamentandone l’illegittimità per difetto di motivazione, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 26 del Regolamento di esecuzione e di attuazione del Codice della Strada, D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, carenza di istruttoria e violazione del principio del contraddittorio procedimentale, disparità di trattamento rispetto alla situazione all’attualità, che consentirebbe di costruire nella zona ove all’interessata si vorrebbe imporre la demolizione.
  1. Il T.a.r. per la Toscana con la sentenza segnata in epigrafe ha respinto il gravame dopo aver ricordato che il ricorso (n.r.g. 1344/2004) proposto avverso i dinieghi di sanatoria è stato dichiarato perento, così rendendo necessitato e a contenuto vincolato l’atto sanzionatorio adottato dal Comune. D’altro canto, la parte non ha contestato la mancanza del necessario titolo abilitativo (permesso di costruire), anche paesaggistico (autorizzazione ai sensi dell’art. 146 del D.Lgs. n. 42 del 2004), sicché per ripristinare lo stato dei luoghi non occorreva in alcun modo una motivazione rinforzata, come invece pretenderebbe in ragione del tempo trascorso dall’edificazione delle opere. L’Amministrazione infine avrebbe dato conto delle osservazioni presentate, evidenziandone l’inidoneità ad inquadrare diversamente la fattispecie.
  1. Avverso tale sentenza ha proposto appello la signora P.V. articolando tre distinte censure, così rubricate:

i- error in iudicando nella parte in cui non è stata ritenuta fondata la violazione dell’art. 3 della L. n. 241 del 1990 e il difetto di motivazione in relazione all’affidamento ingenerato dal Comune. Il lungo tempo trascorso dalla data di realizzazione degli abusi e finanche dal rigetto delle richieste di sanatoria avrebbe imposto una ponderazione tra gli interessi in gioco, esplicitandola;

ii- error in iudicando nella parte in cui è stato ritenuto infondato l’eccesso di potere per difetto istruttorio, travisamento ed erronea valutazione dei fatti, la violazione dell’art. 26 Reg. att. D.P.R. n. 495 del 1992 e dell’art. 167 D.Lgs. n. 42 del 2004. L’attività edificatoria è stata eseguita in un periodo temporale compreso tra il 1982 ed il 1990, dunque ben prima dell’approvazione del Regolamento di attuazione del Codice della Strada, che deroga al T.u. n. 1404 del 1968, con conseguente qualificazione del vincolo, stante la sua anteriorità, ai sensi dell’art. 32 della L. n. 47 del 1985, come relativo e non, ai sensi dell’art. 33 della medesima legge, coma assoluto. Peraltro, l’immobile è situato lungo un rettilineo al di sotto del livello stradale, su una particella inserita nel Piano regolatore generale del 1999 come “Aree a ville con giardino”;

iii- error in iudicando nella parte in cui non è stata ritenuta fondata la violazione dell’art. 3 L. n. 241 del 1990, l’eccesso di potere per difetto d’istruttoria e la violazione del principio del contradditorio procedimentale. Il Comune si sarebbe limitato a sostenere che “gli effetti dei dinieghi dei condoni rilasciati si sono già prodotti e consolidati fin dal 2004”, senza alcun esame di merito e nel merito delle argomentazioni avanzate dalla ricorrente in corso di procedimento, tese ad orientare in senso meno pregiudizievole l’azione amministrativa, anche tramite l’avvio di un procedimento di secondo grado.

  1. Si è costituito il Comune di Livorno, che con successiva memoria ha in primo luogo evidenziato in fatto come l’ingiunzione a demolire impugnata sia conseguita all’accertamento da parte della Polizia municipale con sopralluogo del 24 aprile 2012 che la situazione era rimasta immutata rispetto a quella già descritta dal Corpo forestale dello Stato (sopralluogo dell’8 settembre 1998), malgrado i tre dinieghi di sanatoria sopravvenuti. Ha quindi eccepito l’inammissibilità dell’appello in quanto il gravame azionato sui dinieghi di condono, presupposti condizionanti l’adozione dell’atto impugnato, è stato dichiarato perento, per cui mancherebbe l’interesse alla coltivazione di quello attuale. Nel merito, ne ha confutato le argomentazioni difendendo la correttezza dell’operato dei propri uffici.
  1. In data 5 febbraio 2025 l’appellante ha presentato istanza di rinvio o di cancellazione della causa dal ruolo invocando le interlocuzioni in corso con il Comune, che starebbero andando a buon fine come documentato dalla nota dell’Ufficio tecnico del 26 settembre 2023 (inoltrata per errore ad altro procuratore e perciò conosciuta tardivamente) recante l’avvio del procedimento di riesame in autotutela sia dell’atto impugnato che dei dinieghi di sanatoria.

6.1. Con successiva memoria versata in atti il 7 febbraio 2025, ha insistito nella richiesta di rinvio, pur ribadendo nel merito le proprie argomentazioni.

6.2. Dal canto suo il Comune di Livorno, con nota del 12 febbraio 2025, ha aderito all’istanza di rinvio nelle more del perfezionamento del procedimento di riesame degli atti.

  1. All’udienza pubblica del 4 marzo 2025 la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

  1. In via preliminare il Collegio ritiene di respingere l’istanza di rinvio, non ravvisando nelle ragioni addotte quella situazione di “eccezionalità” che l’art. 73, comma 1-bis (inserito dal D.L. 9 giugno 2021, n. 80, convertito dalla L. 6 agosto 2021, n. 113), del c.p.a., richiede affinché possa essere accordato un differimento della trattazione della causa.

8.1. Va infatti ricordato che le regole che sovrintendono al corretto governo del territorio non sono disponibili tra le parti, salvo l’Amministrazione ravvisi nel proprio precedente operato un errore interpretativo che intende emendare in via di autotutela. Ammesso e non concesso ne sussistano i presupposti, visto il tempo trascorso dall’adozione dell’atto impugnato, non vi è ragione di attendere ancora la definizione di un procedimento che il Comune ha avuto anni – recte, decenni – per perfezionare, e che comunque niente vieta, nel rispetto della presente decisione e del giudicato eventualmente a formarsi sulla stessa, di portare a compimento prima di dare esecuzione all’atto impugnato.

Ciò d’altro canto trova conferma nell’analoga decisione adottata dal T.a.r. per la Toscana, che egualmente attinto da istanza di rinvio (colà motivata in relazione all’avvenuta presentazione di una “terza istanza di riesame volta a mettere in evidenza elementi nuovi”), non ha ravvisato i presupposti per accedervi, tanto più che oggi, ovvero dopo oltre tre anni dalla sentenza di primo grado, ridetta istanza non sembra avere avuto ancora alcuno sbocco.

8.2. Solo per completezza, infine, va ricordato che la cancellazione dal ruolo – la cui richiesta peraltro la ricorrente non ha reiterato nella memoria di replica da ultimo prodotta, sembrando con ciò assorbirla in quella di rinvio – giusta l’ulteriore modifica apportata al già ricordato comma 1-bis dell’art. 73 c.p.a. dal D.L. 30 aprile 2022, n. 36, convertito dalla L. 29 giugno 2022, n. 79, non può essere disposta su istanza di parte, ma esclusivamente d’ufficio (al riguardo, v. Cons. Stato, sez. V, D.P. del 1 giugno 2023, n. 697).

  1. Nel merito, l’appello è infondato.
  1. Quanto alla necessità di apposita motivazione sull’interesse pubblico, concreto e attuale, alla demolizione, essa è esclusa dalla ormai consolidata giurisprudenza in materia secondo cui il provvedimento con cui viene ingiunta la demolizione di un immobile giammai assistito da alcun titolo, come nel caso di specie, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede nient’altro che le sottese ragioni di ripristino della legittimità violata. Tale principio non ammette deroghe neppure nell’ipotesi in cui l’ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso (Cons. Stato, Ad. pl., 17 ottobre 2017, n. 9; sez. II, 3 aprile 2024, n. 3052; id., 2 ottobre 2023, n. 8617 e 16 agosto 2023, n. 7785). E’ stato più volte ribadito infatti che “l’ordine di demolizione è atto vincolato e non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di questo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione; né vi è un affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva che il mero decorso del tempo non sana, e l’interessato non può dolersi del fatto che l’amministrazione non abbia emanato in data antecedente i dovuti atti repressivi” (v. ancora Cons. Stato, sez. II, 7 marzo 2024, n. 2220; id., 11 gennaio 2023, n. 360 (sui ricorsi numero di registro generale nn. 5009, 5010 e 5011 del 2022)1e 20 luglio 2022, n. 6373).

10.1. Pertanto non occorreva alcuna motivazione rafforzata in ordine alla valutazione di peculiari ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di questo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, essendo l’ordine di demolizione di un abuso edilizio un atto vincolato e non essendovi alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il mero decorso del tempo, anche per un lasso considerevole, non sana (v. ex aliis, Cons. Stato, sez. VI, 24 marzo 2023, n. 3001; id., 24 gennaio 2023, n. 755 e 3 novembre 2022, n. 9656).

10.2. Nella specie, peraltro, le “peculiari ragioni” invocate dall’appellante risiederebbero esclusivamente nell’avvenuto avvio dei procedimenti di condono, che avevano ottenuto asseritamente tutti i pareri favorevoli, nonché i nulla osta paesaggistici, ma sono comunque sfociati in rigetti da parte dell’Amministrazione che né l’interessata ha confutato fino in fondo, portando avanti il contenzioso intrapreso sul punto, né il Comune, che ne ha le competenze e le facoltà, ove ne ravvisi i presupposti di legge, ha inteso autonomamente rimuovere.

  1. Non è peraltro apprezzabile la tesi dell’appellante secondo cui l’abuso avrebbe dovuto essere valutato in concreto, trattandosi di ampliamenti funzionali a rendere preesistenti fabbricati di ben diverse dimensioni (uno pure a diversa destinazione) idonei a soddisfare le esigenze abitative della famiglia (via via ampliatasi) della ricorrente. Le contestazioni della legittimità di quanto oggetto dei dinieghi di condono nonché della eventuale erroneità dell’istruttoria effettuata in dette sedi dal Comune di Livorno non sono ormai ammissibili, poiché riguardano atti non più oppugnabili e contestabili nemmeno incidenter tantum (in quanto il relativo ricorso giurisdizionale è stato dichiarato perento). In definitiva, si è in presenza di interventi edilizi effettuati sine titulo ad oggi non sanati, che per tale ragione non potevano non essere oggetto del provvedimento sanzionatorio ora in contestazione.
  1. Quanto infine alla pretesa mancata valutazione delle osservazioni della ricorrente in corso di procedimento, ammesso e non concesso che il richiamo alle stesse, menzionato pure dal primo giudice ( 2.2 della sentenza impugnata) non documenti l’opposto, la natura vincolata e doverosa, in presenza dei presupposti di legge, della tipologia di atti de quibus, rende superflua finanche la comunicazione di avvio del procedimento, stante che nessun apporto partecipativo del privato può modificarne il contenuto (Cons. Stato, sez. II, 3 aprile 2024, n. 3052).
  1. Per tutto quanto sopra detto, l’appello va respinto.
  1. La condotta processuale del Comune, oltre agli innegabili ritardi nell’attivazione/definizione dei procedimenti comunque “annunciati” di riedizione del proprio potere, giustificano la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese del doppio grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Conclusione

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 marzo 2025 con l’intervento dei magistrati:

Oberdan Forlenza, Presidente

Giovanni Sabbato, Consigliere

Antonella Manzione, Consigliere, Estensore

Francesco Guarracino, Consigliere

Maria Stella Boscarino, Consigliere


MASSIMA: Il provvedimento con cui viene ingiunta la demolizione di un immobile non assistito da alcun titolo abilitativo edilizio, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede nient’altro che le sottese ragioni di ripristino della legittimità violata. Non è necessaria una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di questo con gli interessi privati coinvolti e sacrificato. Tale principio non ammette deroghe neppure nell’ipotesi in cui l’ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso. La natura vincolata e doverosa, in presenza dei presupposti di legge, dell’ordinanza di demolizione di un’opera abusiva, rende superflua finanche la comunicazione di avvio del procedimento, stante che nessun apporto partecipativo del privato può modificarne il contenuto.