Cass. civ., sez. V, ord., 02 ottobre 2025 n. 26561


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA CIVILE

Composta da:

Dott. LUCIOTTI Lucio – Presidente

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere Relatore

Dott. GRASSO Gianluca – Consigliere

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 14014/2017 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (PEC: ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it)                                                                                                                                     ricorrente

contro

A.A.                                                                                                                                                                                          intimata

e nei confronti di

EQUITALIA SERVIZI DI RISCOSSIONE Spa (ora AGENZIA ENTRATE RISCOSSIONE)                                                             intimata

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Toscana n. 2067/08/2016 depositata in data 25/11/2016, non notificata;

Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del

26/06/2025 dal Consigliere Roberto Succio;

Lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale Stefano Pepe che ha chiesto l’accoglimento del ricorso, con conferma della legittimità della cartella impugnata;

Svolgimento del processo

B.B. e A.A. ricorrevano con autonomi atti avverso le cartelle di pagamento notificate alle stesse a seguito della estinzione del processo nel quale era parte la società I. Srl, della quale erano socie; tale giudizio era relativo ad iva per gli anni 1995 e 1996 e veniva dichiarato estinto in forza della mancata riassunzione del processo a seguito di sentenza di questa Corte;

il giudice di primo grado dichiarava inammissibili alcune eccezioni in quanto sollevate solo con la memoria e rigettava nel merito le altre doglianze delle contribuenti, respingendo i ricorsi riuniti;

appellavano le contribuenti con separati atti, dai quali si originavano separati giudizi di appello;

con la pronuncia gravata di fronte a questa Corte – per quanto di interesse in questa sede – il giudice di appello ha dichiarato illegittima la cartella di pagamento emessa nei confronti di A.A.,

la CTR ha ritenuto che il semplice riferimento alla dichiarazione di estinzione del procedimento non fosse sufficiente nel caso in cui l’intimazione operi nei confronti di altri soggetti terzi rispetto al partecipante al giudizio in questione ancorché possano costoro essere ritenuti a conoscenza della vertenza in forza della presunzione legata alla ristretta base societaria; difettando quindi l’esposizione dei motivi del coinvolgimento del terzo che si basa sull’applicazione di presunzioni la motivazione è stata ritenuta viziata;

essa ha ritenuto poi tempestive le eccezioni sollevate dalla contribuente come memoria essendo emerso solo durante il giudizio il percorso logico seguito dall’ufficio nell’avanzare la pretesa di pagamento; ha poi escluso che la contribuente in possesso solo del 2% della partecipazione societaria nella società estinta potesse presumersi a conoscenza in dettaglio degli atti riguardanti le vicende societarie, con ciò limitandone la legittimazione passiva e la responsabilità nei limiti del capitale residuo ripartito in sede di liquidazione;

ricorre a questa Corte l’Agenzia delle Entrate con atto affidato a tre motivi di impugnazione;

A.A. e il Riscossore sono rimasti intimati;

all’esito dell’adunanza camerale del 4 dicembre 2024 il Collegio disponeva l’integrazione del contraddittorio nei confronti di AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE, alla quale il ricorso per cassazione non risultava notificato;

che parte ricorrente ha provveduto alla notifica dell’impugnazione; il riscossore è comunque rimasto intimato;

Motivi della decisione

stante l’integrità del contraddittorio può procedersi ora all’esame dei motivi di ricorso;

il primo motivo di impugnazione si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 53 del D.Lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 112 c.p.c. ai sensi dell’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. per avere erroneamente la Commissione Tributaria regionale toscana statuito su doglianze formulate tardivamente dalle contribuenti con memorie e dichiarate a loro tempo inammissibili dalla CTP di Firenze poiché considerate nuovi motivi di impugnazione proposti solo con le memorie;

il motivo è fondato;

si evince infatti dalla trascrizione in ricorso per Cassazione, a pagina 5 e in nota a piè di pagina 11, della motivazione della sentenza di primo grado nella parte qui rilevante, la evidente inammissibilità delle eccezioni proposte in sede di memoria da parte della contribuente, tra cui quella con cui veniva contestata “dalle ricorrenti il proprio titolo di responsabilità al pagamento dei tributi”, correttamente dichiarata dal giudice di primo grado con statuizione che non è stato oggetto di censura di fronte al giudice di appello, come si evince dalla lettura della pronuncia impugnata;

nel giudizio tributario è infatti inammissibile la deduzione, nella memoria ex art. 32 del D.Lgs. n. 546 del 1992, di un nuovo motivo di illegittimità dell’avviso di accertamento – nella specie, relativo all’erroneo utilizzo nell’atto impositivo del metodo induttivo in luogo di quello analitico – in quanto il contenzioso tributario ha un oggetto rigidamente delimitato dai motivi di impugnazione avverso l’atto impositivo dedotti col ricorso introduttivo, i quali costituiscono la “causa petendi” entro i cui confini si chiede l’annullamento dell’atto e la cui formulazione soggiace alla preclusione stabilita dall’art. 24, comma 2, del D.Lgs. n. 546 del 1992 (in termini si veda Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 19616 del 24/07/2018);

pertanto, il contenuto di tali eccezioni, dichiarate correttamente inammissibili, non poteva formare oggetto di esame in sede di appello di fronte al giudice dell’impugnazione in mancanza, come nella specie, di espressa impugnazione, ed è parimenti precluso in questa sede di Legittimità;

il secondo motivo lamenta la violazione falsa applicazione dell’art. 25 del D.P.R. n. 602 del 1973 in relazione all’art. 7 L. 212 del 2000 ai sensi dell’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. per avere il giudice del gravame erroneamente ritenuto difettosa la motivazione espressa dalla cartella impugnata;

il motivo e all’evidenza fondato;

come e noto, secondo la costante giurisprudenza di questa corte (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 25343 del 11/10/2018; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 1111 del 18/01/2018) in tema di riscossione, ai sensi dell’art. 25 del D.P.R. n. 602 del 1973, per la validità del ruolo e della cartella esattoriale, non e indispensabile l’indicazione degli estremi identificativi o della data di notifica dell’accertamento precedentemente emesso, al quale detti atti facciano riferimento, essendo sufficiente l’indicazione di circostanze univoche che consentano l’individuazione di quell’atto, al fine di tutelare il diritto di difesa del contribuente rispetto alla verifica della procedura di riscossione promossa nei suoi confronti;

nella fattispecie che ci occupa, come si rileva dalla lettura della cartella de qua diligentemente trascritta in ricorso alle pagine 13 e 14 dell’atto nel rispetto del principio di specificità e localizzazione dei motivi di ricorso per cassazione, la stessa ricava chiaramente sia l’indicazione della società I. Srl, sia il rimando ai periodi di imposte 1995 e 1996 nonché ai successori della ridetta società, divenuti tali in forza della cancellazione del registro imprese; idem dicasi per il riferimento agli ex soci indicati come coobbligati; ancora, si dà ivi atto della iscrizione a titolo definitivo in ragione del decreto di estinzione del giudizio svoltosi di fronte alla commissione tributaria regionale di Firenze avente per oggetto l’accertamento iva (Omissis)emesso nei confronti della cancellata società;

la motivazione dell’atto impugnato quindi risulta ampiamente esaustiva, in grado di far percepire ad ogni destinatario della stessa le regioni poste dal riscossore alla base della pretesa veicolata con la medesima;

pertanto, nel ritenere priva di motivazione la cartella impugnata la CTR ha erroneamente pronunciato;

il terzo motivo di ricorso (erroneamente rubricato sub numero 2, con inizio a pag. 16 dell’atto) denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2727 c.c. nonché dell’art 2495 c.c. ai sensi dell’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. per avere, erroneamente, la sentenza di merito ritenuto illegittima la cartella di pagamento emessa nei confronti della contribuente per difetto di legittimazione passiva di quest’ultima;

il motivo si incentra, in concreto, sulla erronea esclusione della legittimazione in capo alla contribuente A.A. la quale, poiché socia della società estinta nella misura del 2% del capitale sociale (oltre che sfornita di ogni ruolo gestionale della stessa) è stata ritenuta dalla pronuncia di merito non aggredibile dall’Ufficio con lo strumento della presunzione di distribuzione del maggior reddito accertato nel caso di società a ristretta base partecipativa;

alla luce delle considerazioni che precedono, specialmente quanto riferito in ordine alla fondatezza del primo motivo, la censura in argomento risulta assorbita nelle statuizioni precedenti;

invero, la inammissibilità nel presente giudizio delle questioni (oramai precluse in quanto sollevate per la prima volta nella memoria depositata in primo grado, come la CTP ha ritenuto, con pronuncia sotto tale aspetto, come detto, divenuta definitiva) relative al titolo di responsabilità delle ricorrenti al pagamento delle imposte e all’applicazione in capo alla contribuente delle presunzioni in tema di distribuzione di maggiori utili in capo ai soci nel caso di società di capitali a ristretta base societaria, rende superfluo l’esame del profilo dedotto;

in altri termini, la legittimità della cartella impugnata non può esser contestata con riguardo all’applicabilità in capo a A.A. della presunzione di cui sopra, che riguarda un profilo connesso con l’attività di accertamento (il cui esito è ormai definitivo nel senso della debenza dei maggiori tributi e quant’altro) e non con l’attività di riscossione, della quale la cartella e atto ed elemento procedimentale attuativo in conclusione, allora, in accoglimento del primo e del secondo motivo di ricorso, assorbito nel senso sopra detto il terzo motivo, la sentenza va cassata con rinvio al giudice del merito per nuovo esame del fatto nel rispetto dei ridetti principi.

P.Q.M.

accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso; dichiara assorbito il terzo motivo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, in diversa composizione, alla quale demanda di provvedere anche in ordine alle spese processuali del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 26 giugno 2025.

Depositato in cancelleria il 2 ottobre 2025.


MASSIMA– Nel giudizio tributario è inammissibile la deduzione di un nuovo motivo di illegittimità dell’avviso di accertamento (quale, nel caso di specie, l’asseritamente erroneo utilizzo del metodo induttivo, in luogo di quello analitico) all’interno della memoria integrativa ex art. 32 del D.lgs. 546/1992, in quanto il contenzioso tributario ha un oggetto rigidamente delimitato dai motivi di impugnazione avverso l’atto impositivo dedotti con il ricorso introduttivo, i quali ne costituiscono la “causa petendi” e sono suscettibili di ampliamento unicamente con lo strumento dei motivi aggiunti, entro i limiti e con le preclusioni di cui all’art. 24 D.lgs. 546/1992 (in senso analogo si vedano anche Cass. civ., sez. V, sent., 24 giugno 2011 n. 13934; Cass. civ. sez. V, sent., 24 ottobre 2014 n. 22662 e Cass. civ., sez. V, ord., 24 luglio 2018 n. 19616).