Cass. civ., sez. V, ord., 12 febbraio 2025 n. 3595
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA CIVILE
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 34262/2018 R.G. proposto da:
I. Srl, rappresentata e difesa dagli avvocati C. L. (Omissis), D. R. S. N.L. (Omissis), M.M. (Omissis) -ricorrente-
contro
SOCIETA’ AIPA AGENZIA ITALIANA PER PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI Spa IN LIQUIDAZIONE -intimata-
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia n. 1260/2018 depositata il 18/04/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/01/2025 dal Consigliere ALESSIO LIBERATI.
Svolgimento del processo
- L’AIPA, concessionaria per la riscossione per conto del Comune di Foggia, aveva emesso un avviso di accertamento per omessa denuncia (ICI anno 2007), contestando la qualificazione delle aree come pertinenziali ai fabbricati e sostenendo che si trattasse di aree edificabili soggette a ICI, relativamente ad un complesso immobiliare composto da capannoni industriali e relative aree di servizio.
- A seguito di impugnazione, la Commissione Tributaria Provinciale di Foggia aveva accolto il ricorso della società I. I., annullando l’avviso di accertamento, con sentenza n. 892/2014.
- L’AIPA ha proposto impugnazione innanzi alla Commissione Tributaria Regionale. La società intimata si è costituita con controdeduzioni e ha proposto appello incidentale.
- La CTR ha accolto integralmente l’appello principale, sulla base delle seguenti argomentazioni: l’avviso è adeguatamente motivato nonostante l’omessa allegazione della delibera della giunta regionale, in quanto atto conoscibile; la documentazione presentata dall’AIPA, tra cui il certificato di destinazione urbanistica, dimostrava che i terreni erano classificati come aree fabbricabili; la società I. I. non ha dichiarato la pertinenzialità dei terreni nella sua dichiarazione ICI; la destinazione a zona di completamento preclude la possibilità di qualificare un terreno come pertinenza; non era stata fornita alcuna prova concreta della pertinenzialità dei terreni ai fabbricati. Riconoscendo la natura edificabile dei terreni, il giudice d’appello ha poi disposto, in motivazione, una rideterminazione del valore degli stessi ai fini del calcolo dell’ICI ritenendo congruo applicare un valore medio di Euro 90,00 al mq, tenendo conto delle quotazioni OMI per i capannoni industriali.
- Avverso la suddetta sentenza, la società concessionaria ha proposto ricorso per cassazione affidato a n. 11 motivi.
- L’intimata non ha depositato controricorso.
- Parte ricorrente ha depositato memorie ex art. 380.bis.1 c.p.c.
Motivi della decisione
- Il ricorso è affidato ad undici diversi motivi.
- Con il primo motivo, parte ricorrente contesta la nullità della sentenza per omessa motivazione e/o motivazione apparente in violazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c. e dell’art. 36 n. 4) D.Lgs. n. 546/1992 (art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.), quanto alla censura concernente la motivazione dell’avviso. In particolare il difetto di motivazione riguarderebbe due distinti profili: il primo inerente alla mancata allegazione della delibera di Giunta comunale n. 33/2010, il secondo relativo alla mancanza di una spiegazione comprensibile della riclassificazione del complesso immobiliare da fabbricati ad aree fabbricabili, impedendo alla società di comprendere le ragioni della pretesa fiscale, del tutto priva di riscontro motivazionale.
2.1. La censura non può essere accolta.
2.2. Innanzitutto deve rilevarsi che quanto al primo profilo la CTR ha offerto una motivazione, facendo leva sulla conoscibilità della delibera in quanto atto generale e richiamando sul punto giurisprudenza di questa Corte; quanto al secondo la rilevanza della censura è smentita dallo stralcio dell’avviso riportato in ricorso (si vedano le pagine 13-14 del ricorso).
2.3. Questa Corte ha già affermato il principio secondo cui, in tema di imposta comunale sugli immobili, l’obbligo motivazionale dell’accertamento deve ritenersi adempiuto quando il contribuente sia stato posto in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestare efficacemente l'”an” ed il “quantum” dell’imposta.
2.4. In particolare, il requisito motivazionale esige, oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi e oggettivi della posizione creditoria dedotta, soltanto l’indicazione dei fatti astrattamente giustificativi di essa, che consentano di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ente impositore nell’eventuale successiva fase contenziosa, restando, poi, affidate al giudizio di impugnazione dell’atto le questioni riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva (ex multis, Cass. 30/12/2019, che adde Cass. 08/11/2017 n. 26431). E dallo stralcio dell’avviso riportato alle pagine 13-14 del ricorso appunto emerge che erano indicati il “dettaglio immobili accertati”, il “dettaglio importi”, distinto per imposta, sanzioni, interessi e spese notifica, e la tabella riassuntiva assunta come base di calcolo in ragione delle caratteristiche delle aree, tenuto conto delle determinazioni assunte dalla delibera della giunta comunale.
2.5. La censura va quindi respinta.
- Con il secondo motivo di ricorso si contesta la violazione e falsa applicazione dell’art. 7 L. n. 212/2000 nonché dell’art. 3 L. n. 241/1990 (art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.), in tema di motivazione del provvedimento.
3.1. Premesso che la motivazione dell’avviso deve consentire al contribuente di: comprendere la pretesa fiscale, individuando i fatti su cui si basa l’accertamento; circoscrivere il thema decidendum in un eventuale contenzioso; approntare un’efficace difesa, contestando l’an e il quantum debeatur, nella fattispecie, il ricorrente ritiene che l’avviso di accertamento sarebbe stato carente degli elementi necessari a garantire il pieno esercizio del diritto di difesa, in quanto conteneva pretese impositive e sanzioni relative a presunte aree fabbricabili in modo apodittico e assiomatico, senza illustrare il ragionamento che aveva portato l’AIPA a tali conclusioni, considerato anche che solo in sede di costituzione in giudizio l’AIPA aveva esplicitato i presupposti fattuali e argomentativi a fondamento delle proprie contestazioni, dimostrando così la necessità di integrare la motivazione originariamente fornita nell’avviso di accertamento.
3.2. Il motivo è da considerarsi assorbito, alla luce di quanto osservato con riferimento al motivo che precede.
- I motivi nn. 3, 4 e 5 possono essere trattati congiuntamente, in quanto strettamente connessi e tutti relativi al tema della pertinenzialità.
4.1. Col terzo motivo di ricorso di lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 e dell’art. 116 c.p.c. in relazione all’art. 2697 c.c., con riferimento all’art. 2 D.Lgs. n. 504/1992 (art. 360 n. 4 c.p.c.): la CTR non avrebbe tenuto in considerazione la copiosa documentazione prodotta a supporto della pertinenzialità, limitandosi ad una valutazione superficiale e incompleta delle prove.
4.2. Con il quarto motivo viene eccepita la violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 2, e art. 36, comma 2, n. 4 del D.Lgs. n. 546/1992 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. Parte ricorrente sostiene, sub forma di violazione di legge, che vi sarebbe una carenza motivazionale. Deduce in particolare che la sentenza della CTR sia affetta da carenza di motivazione, o quantomeno da motivazione apparente, in relazione alla questione della pertinenzialità delle aree oggetto del contendere, non avendo fornito una spiegazione adeguata delle ragioni per cui ha ritenuto non applicabili gli elementi probatori presentati a sostegno della pertinenzialità delle aree.
4.3. Con il quinto motivo si contesta, infine, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2 D.Lgs. n. 504/1992 (art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.).
4.4. Gli stessi sono infondati, alla luce della giurisprudenza di questa Corte secondo cui è pacifico che, in tema di ICI, al contribuente che non abbia evidenziato nella dichiarazione l’esistenza di una pertinenza non è consentito contestare l’atto con cui l’area asseritamente pertinenziale viene assoggettata a tassazione, deducendo solo nel giudizio la sussistenza del vincolo di pertinenzialità (Cass. 08/05/2023, n. 12226, che cita, tra le tante: Cass., Sez. 6-5, 24 luglio 2012, n. 13017; Cass., Sez. 5, 30 marzo 2016, n. 6139; Cass., Sez. 5, 3 febbraio 2017, n. 2901; Cass., Sez. 5, 17 aprile 2017, n. 9790; Cass., Sez. 5, 9 marzo 2021, n. 6406; Cass., Sez. 5, 31 agosto 2022, n. 25561; Cass., Sez. 5, 2 marzo 2023, nn. 6267 e 6281).
4.5. Deve in proposito ricordarsi che “in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l’esclusione dell’autonoma tassabilità delle aree pertinenziali, prevista dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, si fonda sull’accertamento rigoroso dei presupposti di cui all’art. 817 c.c., desumibili da concreti segni esteriori dimostrativi della volontà del titolare, consistenti nel fatto oggettivo che il bene sia effettivamente posto, da parte del proprietario del fabbricato principale, a servizio (o ad ornamento) del fabbricato medesimo e che non sia possibile una diversa destinazione senza radicale trasformazione, poiché, altrimenti, sarebbe agevole per il proprietario al mero fine di godere dell’esenzione creare una destinazione pertinenziale che possa facilmente cessare senza determinare una radicale trasformazione dell’immobile stesso (Cass. 24/07/2012, n. 13017)”, ma va sottolineato anche che tale elemento non è di per sé sufficiente, in quanto l’amministrazione deve comunque essere messa a conoscenza di tale destinazione.
4.6. Il trattamento agevolatorio riservato alle pertinenze trova difatti possibilità di applicazione solo laddove il Comune sia effettivamente consapevole di tale vincolo pertinenziale, non potendo altrimenti applicare il correlato regime di favore. E tale consapevolezza – laddove non emerga da elementi di fatto conosciuti per altra via dall’amministrazione (ipotesi che non è in discussione nella fattispecie) – non può che provenire dall’adempimento del contribuente alla prescritta procedura di comunicazione, non essendo viceversa consentito contestare l’atto con cui l’area asseritamente pertinenziale viene assoggettata a tassazione adducendo, solo nella fase di giudizio, la sussistenza del vincolo di pertinenzialità (Cass. 30/10/2018, n. 27573 (Rv. 650959 – 02), relativa proprio a fattispecie ICI comprensiva dell’anno 2007).
4.7. Sulla scorta di tale considerazione, del resto, questa Corte è pervenuta alle medesime conclusioni anche con riferimento all’i.m.u. (cfr. Cass. 02/03/2023, n. 6267, che cita anche Cass. 24/1/2023, n. 2143, in cui si legge che “pur essendo venuto meno l’obbligo di dichiarazione i.c.i. dal 18 dicembre 2007…., ai sensi dell’art. 37, comma 53, del D.L. n. 223 del 2006, conv. in L. n. 248 del 2006, tale disposizione espressamente prevede che restano fermi gli adempimenti attualmente previsti in materia di riduzione dell’imposta, sicché, ai fini dell’esclusione dell’autonoma imponibilità dell’area in esame, in quanto pertinenziale, è necessaria la specifica dichiarazione, da parte del contribuente, di tale qualifica”).
4.8. In mancanza di tale dichiarazione, quindi, il contribuente non può accedere al trattamento (più) favorevole ai fini impositivi.
4.9. Ciò è quanto si è verificato nella fattispecie, e deve concludersi che, in assenza di comunicazione, il contribuente non può invocare la dedotta pertinenzialità solo in sede di giudizio. Il che comporta comunque l’assorbimento delle ulteriori considerazioni sviluppate in memoria, concernenti la rilevanza di pronunce favorevoli relative ad altri anni d’imposta.
4.10. I motivi sono conseguentemente respinti.
- Con il sesto motivo si deduce l’omessa considerazione di un fatto decisivo e controverso (art. 360, comma primo, n. 5 c.p.c.).
5.1. La società contribuente lamenta che la CTR non abbia tenuto conto del fatto che, nell’ammontare complessivo dell’area assoggettata a tassazione ICI dall’AIPA, fossero comprese anche le aree di sedime dei fabbricati. La società sostiene che su tali aree non potesse essere applicata un’ulteriore tassazione ICI, in quanto le stesse avevano già scontato il prelievo fiscale in relazione ai fabbricati su di esse insistenti. La società contribuente aveva correttamente dichiarato e pagato l’ICI per i fabbricati, includendo anche le aree di sedime e conseguentemente la pretesa dell’AIPA di tassare nuovamente tali aree configurerebbe una illegittima doppia imposizione. La società ricorrente sottolinea che la CTR, se avesse correttamente considerato tale circostanza, la amministrazione avrebbe dovuto ridurre la superficie imponibile, determinando un’imposta ICI inferiore rispetto a quella indicata nell’avviso di accertamento.
5.2. In sostanza, si denuncia un errore di valutazione da parte della CTR, che avrebbe omesso di considerare un fatto decisivo per la determinazione dell’imposta ICI, con conseguente violazione del principio del ne bis in idem e possibile danno economico per la società ricorrente.
5.3. Il motivo è fondato.
5.4. La CTR non ha affrontato la questione (i cui riferimenti, ai fini del principio di autosufficienza, sono contenuti nella descrizione in fatto). Deve quindi ritenersi che, in mancanza di ogni considerazione sul punto, la censura debba essere accolta.
- Con il settimo motivo di ricorso si invoca la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 156 c.p.c. per irriducibile contrasto tra dispositivo e motivazione (art. 360 co. 1. n.4 c.p.c.).
6.1. La società ricorrente, pur contestando nel merito la sentenza, evidenzia che, anche nell’ipotesi in cui si ritenesse l’accoglimento integrale dell’appello proposto da AIPA, la sentenza presenterebbe comunque un vizio insanabile perché, nonostante il dispositivo affermi l’accoglimento dell’appello, la motivazione sembrerebbe esprimere una decisione parzialmente favorevole alla contribuente, in virtù del contrasto tra il dispositivo e la motivazione.
6.2. Evidenzia in particolare che la CTR, pur dichiarando di accogliere l’appello di AIPA, nella motivazione afferma che “L’appello di AIPA va accolto “per quanto di ragione”, e, che, in merito al calcolo dell’imposta ICI, è “congruo determinare il valore medio di Euro 90,00 a
mq delle aree oggetto dell’accertamento, valore peraltro condiviso dalla stessa AIPA nei propri atti difensivi.”
6.3. Secondo parte ricorrente, queste affermazioni della motivazione contraddicono il dispositivo, che invece sembrerebbe esprimere un integrale accoglimento dell’appello e quindi una completa soccombenza della società. La CTR, infatti, avrebbe dovuto rigettare l’appello di AIPA limitatamente alla determinazione del valore delle aree, in quanto ritenuto “congruo” il valore di Euro 90,00 a mq proposto dalla contribuente e accettato da AIPA.
6.4. Il motivo non può essere accolto.
6.5. La giurisprudenza di questa Corte ha precisato che l’interpretazione del dispositivo deve essere operata alla luce della motivazione (Cass. 21/08/2023, n. 24867).
La lettura della motivazione consente di giungere ad una conclusione di non contraddittorietà, laddove si legga il dispositivo in rapporto alle argomentazioni motivatorie ampiamente offerte dalla CTR, le quali rappresentano il criterio interpretativo del dispositivo stesso.
6.6. Ne consegue che il dedotto contrasto non può essere ritenuto esistente.
6.7. Il settimo motivo di ricorso va quindi respinto.
- I motivi nn. 8, 9, 10 e 11, tutti relativi al tema delle sanzioni, sono fondati, atteso che manca ogni statuizione sulle questioni concernenti le sanzioni, che la società riferisce di aver proposto in primo grado e riproposto in appello, sia sotto il profilo della configurabilità dell’omessa dichiarazione (oggetto dell’ottavo e del nono motivo, proposti rispettivamente per violazione dell’art. 112 c.p.c. e per violazione dell’art. 14 del D.Lgs. n. 504/92), sia sotto quello della sussistenza dei presupposti dell’obiettiva incertezza relativa alla tassabilità delle aree pertinenziali (oggetto del decimo e dell’undicesimo motivo, rispettivamente proposti per violazione dell’art. 112 c.p.c. e per violazione o falsa applicazione dell’art. 6, comma 2, del D.Lgs. n. 472/97).
- In conclusione, vanno accolti i motivi nn. 6, 8, 9, 10, 11 e va ritenuto assorbito il secondo. Devono invece essere respinti i motivi nn. 1, 3, 4, 5 e 7.
- In accoglimento del ricorso, nei sensi sopra indicati, va cassata la sentenza impugnata, con rinvio della causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei limiti indicati in motivazione, cassa la sentenza impugnata in relazione ai profili accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese di legittimità.
Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2025.
Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2025.
COMMENTO REDAZIONALE– A fini IMU (così come a fini ICI), l’esenzione dall’imposta degli immobili di natura pertinenziale si fonda sull’accertamento rigoroso dei presupposti di cui all’art. 817 c.c. Il bene deve effettivamente essere posto, da parte del proprietario del fabbricato principale, a servizio o ad ornamento di quest’ultimo e non deve risultare possibile una diversa destinazione, senza una radicale trasformazione dell’immobile medesimo. In caso contrario, sarebbe infatti agevole per il proprietario creare una destinazione pertinenziale al solo fine di godere dell’esenzione, potendola poi rimuovere senza determinare una radicale trasformazione dell’immobile.
Oltre a tali presupposti oggettivi, al fine di godere dell’esenzione è inoltre necessario che il proprietario abbia effettuato la prescritta dichiarazione al Comune impositore il quale, per poter applicare l’agevolazione, deve essere effettivamente consapevole del vincolo pertinenziale.
Laddove non emerga da elementi di fatto conosciuti per altra via dall’Amministrazione, tale consapevolezza deve necessariamente provenire dall’adempimento del contribuente alla prescritta procedura di comunicazione.
In mancanza di tale dichiarazione, il contribuente non può accedere al trattamento agevolativo previsto per le pertinenze, non potendo dedurre tale carattere per la prima volta nell’ambito del giudizio di impugnazione dell’avviso di accertamento IMU.