Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Toscana, sez. III, 04 giugno 2025 n. 688


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

I Sigg. V. e P.Q., come sopra identificati, in qualità di eredi di R.T., rappresentati e difesi come in atti, impugnavano dinnanzi alla Corte di Giustizia Tributaria di I grado di Livorno, il silenzio-rifiuto del comune di Campiglia Marittima (LI) formatosi sull’istanza di rimborso dell’imposta municipale propria (IMU) versata dalla propria dante causa per le annualità dal 2011 al 2016 in relazione ad un terreno dapprima edificabile e, successivamente, divenuto inedificabile.

Il Comune di Campiglia Marittima controdeduceva rilevando:

  • l’intervenuta prescrizione quinquennale delle somme versate a titolo di ICI nel 2011;
  • che l’art. 13 del Regolamento Comunale dell’Imposta Municipale Propria del Comune di Campiglia Marittima, approvato con delibera di Consiglio Comunale n. 30 del 27/03/2012, era da considerarsi illegittimo in quanto la previsione eccedeva i limiti delle competenze attribuite dalla legge;
  • In ogni caso l’art. 13 del Regolamento comunale per l’applicazione dell’Imposta Municipale Propria, pur illegittimo, non contemplava tra le condizioni per il diritto al rimborso la decadenza dell’edificabilità per inerzia della parte.

In data 20/09/2022 la Commissione Tributaria di Livorno depositava la sentenza n. 221/2022 con la quale accoglieva in toto il ricorso dei ricorrenti avverso al diniego non espresso dal Comune di Campiglia Marittima (LI) alla domanda di rimborso IMU proposta in data 24/10/2017 relativa alle annualità 2011 – 2016.

In estrema sintesi i primi giudici hanno ritenuto che con il venir meno dell’edificabilità viene meno il principio impositivo non già ex nunc ma ex tunc, perché il valore di edificabilità risulta in concreto non esserci mai stato, tanto che il titolare non ne ha tratto alcun vantaggio. Inedificabilità che sarebbe risultata definitiva a seguito dell’impossibilità di realizzazione del piano così come previsto dal comune e non per cause imputabili al contribuente.

Contro la sentenza propone appello il comune di Campiglia Marittima che torna a sottolineare l’illegittimità dell’art. 13 del regolamento comunale. Nel merito si ribadisce che, ai fini fiscali, il terreno deve considerarsi edificabile dall’adozione fino alla caducazione dello strumento urbanistico come sostenuto dalla suprema Corte di Cassazione; chiede, pertanto, la riforma della sentenza impugnata.

Costituitisi in giudizio i contribuenti insistono nel sottolineare come lo strumento urbanistico non sia mai stato approvato e non ci sia stato nessun utilizzo edificatorio dell’area per causa non imputabile ai proprietari.

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’appello merita parziale accoglimento.

Preliminarmente questa Corte rileva che, limitatamente all’intervenuta prescrizione quinquennale delle somme versate a titolo di ICI per l’anno 2011, l’ente, risultato soccombente nel giudizio di prime cure, non ha riproposto la questione in sede di appello; essendosi, pertanto, formato sul punto un giudicato interno la questione deve intendersi definitivamente risolta a favore del contribuente.

Avuto riguardo alla questione di merito, questo collegio ritiene di aderire al principio di diritto affermato dalla sentenza della Corte di cassazione n. 14806/2024 relativa all’applicazione dell’ICI (ma le conclusioni valgono anche per l’Imu) su di un’area divenuta inedificabile.

La Corte di Cassazione, nella sentenza che si richiama, muove dalla previsione normativa dell’articolo 2, comma 1, lettera b, del D.Lgs. n. 504 del 1992 (oggi articolo 1, comma 741, lettera d, della L. n. 160 del 2019), in base alla quale l’area è fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base ad uno strumento urbanistico generale, indipendentemente dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo e dall’approvazione da parte della regione (vedasi anche articolo 36, comma 2, D.L. n. 223 del 2006).

Ed infatti, per le norme fiscali, una volta che è stato avviato l’iter che rende edificabile il suolo ai fini urbanistici (in altri termini dinnanzi a una vocazione edificatoria del suolo) non è più possibile apprezzarne il valore sulla base del parametro dato dal reddito dominicale, come accade per i terreni agricoli, ma sulla base di quello venale.

Altrimenti detto, non interessa, ai fini fiscali, che il suolo sia immediatamente e incondizionatamente edificabile perché possa farsi riscorso legittimamente al criterio di valutazione del valore venale in comune commercio. Le finalità della norma urbanistica sono diverse da quelle della norma fiscale, in quanto non bisogna confondere lo ius aedificandi con lo ius valutandi, fattispecie che poggiano su presupposti diversi.

Ulteriormente, la norma dell’articolo 2, comma 1, lettera b, del D.Lgs. n. 504 del 1992, al fine di identificare i suoli edificabili ai fini fiscali, fa anche riferimento “alle possibilità effettive di edificazione determinate secondo i criteri previsti agli effetti dell’espropriazione per pubblica utilità”. In sostanza, secondo la giurisprudenza della Corte, in mancanza di strumenti urbanistici idonei a ricondurre l’area tra quelle edificabili, si applica il criterio suppletivo della cosiddetta “edificabilità di fatto”.

Per tali motivi, la caducazione dello strumento urbanistico non determina di per sé il venir meno del presupposto impositivo, sia in quanto è stato avviato il procedimento di pianificazione urbanistica, di per sé sufficiente a mutare la natura fiscale dei suoli, sia per il criterio dell’edificabilità di fatto, desunta da alcuni indici obiettivi, in base ai quali sono edificabili ai fini fiscali anche suoli che non lo sono in base agli strumenti urbanistici, laddove sussistano i predetti indici.

Ne consegue, in linea di principio, la non rimborsabilità dell’imposta pagata per le aree divenute successivamente non edificabili, desunto dalla disposizione dell’articolo 59 del D.Lgs. n. 446 del 1997 (e oggi dalla norma dell’articolo 1, comma 777, lettera c, della L. n. 160 del 2019).

Se questo è vero, la Corte, tuttavia, osserva anche che la non rimborsabilità non deve intendersi in termini assoluti dal momento che essa viene meno qualora i Comuni dispongano diversamente con apposita disposizione regolamentare.

Ora, stando così le cose, questo collegio ritiene che, nel caso che ci occupa, per le annualità in cui era in vigore l’ICI il regolamento comunale prevedesse effettivamente la possibilità del rimborso dell’imposta versata per i terreni divenuti inedificabili e che pertanto l’appello del comune non possa essere accolto per le annualità 2011 e 2012 mentre esso debba essere accolto per le annualità dal 2013 al 2016 mancando per queste annualità un apposito regolamento. Per queste annualità, infatti, l’ente non ha previsto alcuna rimborsabilità per le ipotesi di inedificabilità sopravvenuta e dunque le somme versate devono ritenersi definitivamente acquisite.

In ragione della parziale reciproca soccombenza le spese sono compensate.

P.Q.M.

Accoglie parzialmente l’appello nei termini di cui in motivazione. Compensa le spese.

Così deciso in nella Camera di Consiglio del 5 maggio 2025.


COMMENTO REDAZIONALE– A fini ICI ed IMU, un’area può essere considerata fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base ad uno strumento urbanistico generale, indipendentemente dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo e dall’approvazione da parte della Regione.

Per le norme fiscali, infatti, una volta che sia stato avviato l’iter che rende edificabile il suolo ai fini urbanistici, il relativo valore deve essere apprezzato non già sulla base del parametro dato dal reddito dominicale, come accade per i terreni agricoli, bensì sulla base del valore venale in comune commercio.

Ai fini fiscali, non interessa quindi che il suolo sia immediatamente e incondizionatamente edificabile, affinché possa farsi legittimamente ricorso al criterio di valutazione del valore venale in comune commercio. 

Per tali motivi, all’inverso, la caducazione dello strumento urbanistico non determina automaticamente il venir meno del presupposto impositivo.

Ne consegue, in linea di principio, la non rimborsabilità dell’imposta pagata per le aree divenute successivamente non edificabili, ferma restando la facoltà per i Comuni di disporre diversamente con apposita disposizione regolamentare.