Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Puglia, sez. III, sent., 03 gennaio 2025 n. 15
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO DELLA PUGLIA
TERZA SEZIONE/COLLEGIO
Svolgimento del processo
Con sentenza n. 164/2020 del 9 ottobre 2019, la Commissione Tributaria Provinciale di Bari rigettava il ricorso proposto da X avverso l’avviso di accertamento n. (…), dell’importo di Euro 152,00, emesso dalla X s.r.l., nella qualità di concessionaria del Comune di X, per mancato pagamento della tassa di occupazione suolo pubblico per l’anno 2013, riferita all’immobile sito alla via X.
Avverso la suddetta sentenza X proponeva appello e ne chiedeva la riforma, con conseguente annullamento dell’atto impugnato, e vittoria di spese ed onorari del doppio grado di giudizio, in favore del procuratore asseritamente anticipatario.
Il contribuente sosteneva l’insussistenza dell’obbligazione ipotizzata dal Comune poiché dagli atti versati in giudizio si sarebbe dovuto dedurre come l’accesso all’immobile, di sua proprietà, fosse ubicato in un’area privata ed il marciapiedi interrotto dalla rampa di accesso (e costituente oggetto della servitù di passaggio carrabile), anch’esso di proprietà privata;
cosicché il diritto di credito esercitato dal Comune doveva considerarsi del tutto inesistente.
Motivi della decisione
L’appello è fondato e, pertanto, deve essere accolto, con conseguente riforma della sentenza di primo grado e annullamento dell’atto impugnato, per le ragioni che fra breve si illustreranno.
Non può ritenersi che la superficie su cui insiste il manufatto che forma l’oggetto della servitù di passaggio di cui è titolare il X sia di proprietà del Comune di X e che tale acquisizione sia avvenuta a seguito di dicatio ad patriam.
Sul punto, la Suprema Corte di Cassazione ha affermato che ‘la dicatio ad patriam, quale modo di costituzione di una servitù di uso pubblico, postula che il proprietario, con un comportamento anche non intenzionalmente diretto a dare vita al predetto diritto, metta volontariamente il proprio bene a disposizione della collettività, con carattere di continuità e non di mera precarietà e tolleranza, assoggettandolo al relativo uso, al fine di soddisfare un’esigenza comune dei membri della collettività considerati uti cives e ciò indipendentemente non solo dai motivi per cui tale comportamento venga tenuto, dalla sua spontaneità e dallo spirito che lo anima, ma anche dal decorso di un congruo periodo di tempo o dall’esistenza di un atto negoziale o un provvedimento ablativo’ e che ‘può ravvisarsi la dicatio ad patriam nel comportamento del proprietario di un fondo, il quale, nel lottizzarlo, metta – volontariamente e con carattere di continuità – una strada di sua proprietà a disposizione della collettività, consentendovi la realizzazione di infrastrutture primarie e secondarie, tra le quali l’interramento di reti telefoniche, necessarie alla popolazione. Peraltro, la valutazione del giudice di merito in ordine alla sussistenza o meno di una dicatio ad patriam, ove adeguatamente motivata, non può essere sindacata dal giudice di legittimità’ (cfr. Cass. Civ. Sez. I sent. n. 25638/2024).
Dalla documentazione versata agli atti del processo di primo grado si evince che la superficie in cui si trova l’oggetto del tributo (ossia l’occupazione del suolo di proprietà pubblica consistente nella realizzazione di un accesso alla proprietà del X mediante la creazione di un intervallo nel marciapiede) è di proprietà privata; essa infatti appartiene al Condominio di Via X.
Tanto si evince dalla mappatura catastale versata in atti, la quale supporta l’affermazione dell’appellante secondo cui la proprietà di via X in X, a partire dal civico n. 22, è di proprietà privata (come detto, dell’omonimo Condominio).
Ne consegue che anche la proprietà del marciapiede su cui è stata praticata l’intersezione che consente l’asservimento alla proprietà dell’appellato è privata.
Difetta quindi il presupposto di imposta contemplato dall’art. 38 comma 1 D.Lgs. n. 507 del 1993, ossia la realizzazione dell’occupazione su beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei Comuni o delle Province.
Né può ritenersi che il suolo su cui si affaccia l’immobile ubicato al civico X di via X è inciso comunque dal tributo controverso, in quanto sarebbe stato oggetto di dicatio ad patriam.
Infatti, primo luogo, uno degli elementi costitutivi del suddetto istituto pubblicistico è un comportamento del privato che metta il proprio bene a disposizione della collettività con carattere di continuità e non semplicemente per spirito di tolleranza.
La documentazione fotografica prodotta dall’appellante nel corso del giudizio di primo grado dimostra che tale requisito mancava nel caso di specie; il Condominio di via X non ha messo a disposizione della collettività cittadina il tratto di strada di cui è proprietario; anzi, i fotogrammi provano al di là di ogni dubbio che il contegno dell’ente proprietario del tratto di strada fosse rivolto ad interdirne l’utilizzo ed il transito ai soggetti non autorizzati.
In secondo luogo, la dicatio ad patriam di un bene immobile di proprietà privata dà luogo al suo assoggettamento ad una servitù di uso pubblico ma non ne comporta l’inclusione nel demanio o nel patrimonio indisponibile dei Comuni o delle Province.
Il bene oggetto della dicatio resta di proprietà privata ma viene assoggettato ad un diritto reale di godimento in favore della collettività.
Pertanto, l’eventuale perfezionamento di tale forma di limitazione della proprietà privata non integra tale aspetto del presupposto del tributo.
In definitiva, l’avviso di accertamento n. (…) emesso dalla X s.r.l. nell’interesse e su mandato del Comune di X è infondato e va annullato; infondata deve perciò considerarsi anche la pretesa creditoria ad esso sottostante (con riguardo tanto alla maggiore imposta quanto alla sanzione pecuniaria).
Le spese di giudizio seguono il principio della soccombenza ex art. 15 comma 1 D.Lgs. n. 546 del 1992; vanno pertanto liquidate, in riferimento al doppio grado di giudizio, ai sensi del D.M. n. 55 del 2014 (come modificato dal D.M. n. 147 del 2022), vigente al momento della sua definizione (cfr. Cass. SS.UU. civili sent. n. 17406/12); pertanto vengono poste a carico della X s.r.l. e del Comune di X, in solido tra loro, e liquidate nella misura di Euro 700,00 (Euro 300,00 per il primo grado ed Euro 400,00 per il secondo grado), oltre al rimborso delle spese generali, dell’i.v.a. e del c.a.p. come per legge, se dovuti, in favore del procuratore e difensore dell’appellante asseritamente anticipatario.
P.Q.M.
la Corte di giustizia tributaria di 2 gr. della Puglia – III Sezione così decide:
accoglie l’appello e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato;
condanna la X s.r.l. ed il Comune di X, in solido tra loro, al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, che si liquidano nella misura di u20AC 700,00 (u20AC 300,00 per il primo grado ed u20AC 400,00 per il secondo grado), oltre al rimborso delle spese generali, dell’i.v.a. e del c.a.p. come per legge, se dovuti, in favore del procuratore e difensore dell’appellante asseritamente anticipatario.
il 16 dicembre 2024.
COMMENTO REDAZIONALE- Viene ribadito il principio, già affermato dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., sez. I, 25 settembre 2024, ord. n. 25638) secondo cui la dicatio ad patriam è un modo di costituzione di una servitù ad uso pubblico che si realizza quando il privato metta il proprio bene a disposizione della collettività con carattere di continuità, e non semplicemente per spirito di tolleranza, al fine di soddisfare un’esigenza comune dei membri della collettività, considerati uti cives.
Nel caso di specie, la ricorrenza del predetto istituto viene esclusa, in quanto il Condominio proprietario del bene aveva anzi manifestato l’opposta volontà di escludere i terzi estranei dall’utilizzo dello stesso.
In ogni caso, anche qualora vi fosse stata una dicatio ad patriam, essa non sarebbe comunque risultata idonea ad includere il bene nel demanio o nel patrimonio indisponibile del Comune o della Provincia.
Il bene oggetto della dicatio ad patriam resta infatti di proprietà privata, anche se viene assoggettato ad un diritto reale di godimento in favore della collettività.
Pertanto, in ogni caso sarebbe mancato il presupposto impositivo della tassa di occupazione del suolo pubblico (cd. TOSAP) che, a norma dell’art. 38, comma 1, D.lgs. 15 novembre 1993 n. 507 (ad oggi abrogato, ma applicabile ratione temporis all’annualità di imposta 2013 oggetto di causa), consiste nella realizzazione di occupazioni di qualsiasi natura effettuate su beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei Comuni e delle Province.
Pertanto, in accoglimento dell’appello del Condominio ed in riforma della statuizione di primo grado, l’avviso di accertamento TOSAP impugnato viene annullato.