Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado della Toscana, sez. II, 09 luglio 2024 n. 889
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO DELLA TOSCANA
SECONDA SEZIONE/COLLEGIO
Sentenza
Svolgimento del processo
La società Cooperativa S.M.G. proponeva ricorso avverso l’avviso di accertamento T. con contestuale irrogazione di sanzioni amministrative, notificatole il 15 ottobre 2021, relativa al cantiere edile presente in prossimità dell’intersezione stradale tra via S. M. e via M. a C. B. per il periodo dal 23.11.2018 al 09.07.2020.
La contribuente eccepiva l’assenza della soggettività passiva della ricorrente al tributo richiesto, ha contestato l’entità della superficie effettivamente sottratta all’uso pubblico e, infine, ha dedotto l’illegittimità delle sanzioni e interessi applicati.
Il Comune di Campi Bisenzio si costituiva asserendo che pur non essendo controparte titolare di alcun atto di concessione, doveva in ogni caso evidenziarsi la correttezza della richiesta di ICA nei suoi confronti in quanto proprietaria dell’immobile ove sono stati eseguiti i lavori di ristrutturazione e presentatrice della SCIA per l’intervento edilizio realizzato attraverso i ponteggi oggetto di accertamento.
La corte di giustizia tributaria di I grado accoglieva il ricorso rilevando la carenza di legittimazione passiva ai fini della T. della contribuente, compensando le spese di giustizia “per la singolarità della vicenda”.
Propone appello l’ufficio, chiedendo la riforma totale dell’impugnata sentenza perché errata in fatto e diritto.
Si costituisce la contribuente contestando tutto quanto ex adverso affermato, allegato e dedotto, e propone altresì appello incidentale in tema di spese, chiedendo che le stesse siano pronunciate a carico dell’ufficio anche per il primo grado di giudizio.
Motivi della decisione
L’appello è infondato.
Va premesso, in punto di fatto, circostanze assolutamente incontestate, che la Cooperativa S.M.G. affidava alla società E. C. S.r.l. l’appalto per il risanamento conservativo e la realizzazione di dodici unità abitative all’interno del complesso immobiliare di sua proprietà sito a C. B., tra via S. M. e via M.
La società appaltatrice chiedeva ed otteneva dal Comune di Campi Bisenzio il rilascio dell’autorizzazione all’occupazione di suolo pubblico per l’installazione del cantiere edile, in particolare per l’installazione del ponteggio. Dopo un anno, il 26 luglio 2019, la Cooperativa S.M.G. ha comunicato alla società E. C. la risoluzione del contratto di appalto per grave inadempimento nel pagamento degli oneri previdenziali, assicurativi ed assistenziali INPS ed INAIL, intimando l’immediata liberazione del cantiere, con riserva di agire per il risarcimento di ogni danno.
La società E. C. non ha, tuttavia, mai spontaneamente provveduto alla riconsegna del cantiere, che è stato lasciato in totale stato di abbandono, tanto da indurre la Cooperativa S.M.G. a chiedere al Tribunale di Firenze un provvedimento di urgenza, ex art. 700 del c.p.c., per poter rientrare in possesso del cantiere e poter nuovamente disporre del proprio bene in modo pieno e completo, nonché per ottenere un accertamento giudiziale della risoluzione del contatto di appalto. Intanto sopraggiungeva il fallimento della società E. C., dichiarato con sentenza del Tribunale di Firenze del 27 maggio 2020, e solo il 22 luglio 2020 la Cooperativa S. M. G. V., previo accordo con il curatore del fallimento, riusciva a rientrare nella materiale disponibilità del cantiere e ha quindi chiesto l’autorizzazione T..
E’ di tutta evidenza quindi che fino al 22 luglio 2020 la contribuente non era titolare dell’autorizzazione di occupazione del luogo pubblico, intestata invero alla società E. C., e conseguentemente solo quest’ultima era soggetto passivo della T. per il 2018 e comunque per tutto il periodo precedente all’assunzione in proprio del cantiere.
Sul punto, infatti, la Suprema Corte di Cassazione (Cass. SS-UU., Sentenza n. 8628 del 07/05/2020, Rv. 657619 – 01) è assolutamente chiaro: in tema di tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (T.), la legittimazione passiva del rapporto tributario, in presenza di un atto di concessione o di autorizzazione rilasciato dall’ente locale, spetta, ex art. 39 del D.Lgs. n. 507 del 1993, esclusivamente al soggetto titolare di tale atto, e solo in mancanza di questo, all’occupante di fatto, rimanendo irrilevante, ai fini passivi di imposta, l’utilizzazione del suolo pubblico consentita a soggetti terzi in virtù di atto di natura privatistica.
Insegnano infatti i giudici di legittimità che l’art. 39 cit. “non può essere letto altrimenti, se non nel senso che il soggetto passivo di imposta è, in primo luogo, il soggetto titolare dell’atto di concessione o di autorizzazione o, qualora questo manchi, l’occupante di fatto, ovvero, in altri termini, che il criterio di tassazione che legittima la richiesta del tributo a carico dell’occupante di fatto rappresenta, nel testo e secondo la ratio della legge, chiaramente un’ipotesi residuale, che ricorre, nel solo caso, in cui vi sia “mancanza” di un provvedimento concessorio o autorizzazione. Per altro verso, non si rinvengono riferimenti normativi che consentano, …, di disancorare la legittimazione passiva di imposta, dal chiaro disposto dell’art.39 e dall’ordine di graduazione ivi previsto, rinvenendola esclusivamente nella mera relazione materiale della cosa unita al beneficio economico da questa conseguente” (Cass., SS.UU., Sentenza n. 8628 del 07/05/202w0, Rv. 657619 – 01).
Alla soluzione adottata consegue la negazione di una ipotesi di sussistenza di una responsabilità solidale tra il titolare dell’atto di concessione o di autorizzazione e l’occupante-utilizzatore materiale del suolo o sottosuolo pubblico, e nondimeno, all’art. 39 cit. non può essere attribuito altro significato che quello letterale, ovvero, in altri termini, lo stesso va inteso in senso ontologico (in assenza del titolare dell’atto di concessione) e non meramente satisfattivo, ossia in mancanza di pagamento della tassa da parte del concessionario onde soddisfare, in ogni caso, le esigenze di reperimento delle risorse in capo a Comuni e province nelle ipotesi di insolvenza del soggetto titolare, ovvero – come nel caso in esame – di suo assoggettamento ad una procedura concorsuale.
Spiega la giurisprudenza che a fronte del chiaro tenore dell’art. 39 del D.Lgs. n. 507 del 1993, in mancanza di una norma speciale che preveda un beneficium excussionis e rimanendo inapplicabile, in via generale, l’art. 1294 c.c., che prevede una fattispecie co-debitoria originaria, una tale interpretazione si porrebbe in contrasto con il principio di tassatività e determinatezza della norma impositiva, di cui all’art. 23 Cost., lasciando alla discrezionalità dell’ente impositore l’individuazione del soggetto passivo di imposta.
Nel caso in esame, quindi, la contribuente giammai, per il periodo d’imposta scrutinato, può ritenersi soggetto passivo della T. essendo la società E. C. il soggetto titolare dell’atto concessorio, e la circostanza che detta società sia fallita non consente all’Ufficio di spostare la propria pretesa percussiva su un soggetto diverso sol perché in ipotesi beneficiario della struttura posta sul suolo pubblico su concessione ad altri attribuita.
L’appello è pertanto infondato e la statuizione sulle relative spese di giudizio va fondata sulla regola della soccombenza.
Fondato è invece l’appello incidentale proposto dalla contribuente in punto di spese di lite relative al primo grado di giudizio.
Ed invero “Le spese di giudizio possono essere compensate in tutto o in parte dalla commissione tributaria soltanto in caso di soccombenza reciproca o qualora sussistano gravi ed eccezionali ragioni che devono essere espressamente motivate” (art. 15 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546). La giurisprudenza sul punto non transige: la mancata specifica motivazione in ordine alle gravi ed eccezionali ragioni che consentono la compensazione comporta un vizio di violazione di legge al quale consegue la cassazione della decisione impugnata (Cass. Ord. N. 17674 del 31 maggio 2022).
Nel caso in esame la Corte di prime cure ha compensato tra le parti le spese di lite “per la singolarità della vicenda”. Non c’è chi non veda come tale motivazione non solo è assolutamente generica (probabilmente andava spiegato per quale motivo la vicenda era così singolare da giustificare una compensazione delle spese di giustizia), ma è per di più errata atteso che la problematica dell’individuazione del soggetto passivo in materia di T. è stata da tempo affrontata dalla giurisprudenza e risolto dalle Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione ben due anni prima della sentenza in questa sede impugnata. L’intero giudizio di primo grado è stato svolto a giurisprudenza consolidata. E d’altro canto le gravi ed eccezionali ragioni che consentono al giudice di disporre la compensazione delle spese non sono ravvisabili nel solo fatto che la domanda attorea, prima dell’instaurazione del giudizio, avesse una parvenza di fondatezza, nel caso in cui la stessa ad esito del giudizio non venga accolta, atteso che, diversamente opinando, si finirebbe con attribuire rilevanza non all’esito del giudizio stesso, ma a una mera prognosi di esito del giudizio, in contrasto con la funzione di accertamento proprio di quest’ultimo (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 16130 del 07/06/2023, Rv. 667829 – 01).
Ne consegue pertanto che, in accoglimento dell’appello incidentale, la sentenza impugnata va riformata in punto di statuizione sulle spese di lite, che vanno determinate secondo la regola della soccombenza.
Conclusivamente le spese per entrambi i gradi di giudizio sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte di Giustizia Tributaria di II Grado per la Toscana:
Respinge l’appello e conferma parzialmente la sentenza di primo grado. In accoglimento dell’appello incidentale condanna la parte soccombente alle spese di entrambi i gradi di giudizio che liquida complessivamente in Euro 1.000,00 oltre accessori di legge.
Firenze il 9 luglio 2024.
COMMENTO REDAZIONALE- In presenza di un atto di concessione o di autorizzazione rilasciato dall’Ente locale, la legittimazione passiva a fini TOSAP spetta, ex art. 39 D.lgs. 15 novembre 1993 n. 507, esclusivamente al soggetto titolare di tale atto, e solo in mancanza di questo, all’occupante di fatto, rimanendo irrilevante, ai fini passivi di imposta, l’utilizzazione del suolo pubblico consentita a soggetti terzi in virtù di atto di natura privatistica.
In applicazione di tale principio, la sentenza in commento esclude qualsiasi responsabilità solidale tra la Cooperativa S.M.G. e la società E. C. S.r.l., posto che solo la seconda, in qualità di appaltatrice, aveva ottenuto dal Comune di Campi Bisenzio un’autorizzazione all’occupazione dello spazio pubblico per l’installazione di ponteggi.
Unico soggetto legittimato passivo a fini TOSAP, nell’annualità di riferimento (2018), era quindi E.C. S.r.l., posto che solo successivamente la Cooperativa S.M.G. era riuscita ad ottenere la risoluzione del contratto di appalto per inadempimento dell’appaltatrice e a rientrare nel possesso del cantiere, mediante un provvedimento di urgenza ex art. 700 c.p.c. del Tribunale di Firenze.
Neppure la circostanza che E.C. S.r.l. fosse fallita poteva consentire al Concessionario di “spostare” la propria pretesa creditoria su un soggetto diverso, solo perché beneficiario della struttura posta sul suolo pubblico attribuito ad altro soggetto per concessione.
In conclusione, quindi, in mancanza di una norma speciale che preveda un beneficium excussionis, l’art. 39 D.lgs. 507/1993 esclude la sussistenza di qualsiasi responsabilità solidale tra il titolare dell’atto di concessione o di autorizzazione e l’occupante-utilizzatore materiale del suolo o sottosuolo pubblico.
Viene pertanto respinto l’appello principale del Concessionario, con conseguente conferma dell’annullamento dell’avviso di accertamento emesso nei confronti della Cooperativa S.M.G.
In accoglimento dell’appello incidentale di quest’ultima, il Concessionario viene anzi condannato al pagamento delle spese di lite anche relativamente al primo grado di giudizio.