T.A.R. Campania Napoli, sez. VI, sent.27 marzo 2023, n.1917
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2033 del 2019, proposto da R.T., rappresentato e difeso dall’avvocato …, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Bacoli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato …, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l’annullamento
– della ordinanza n. 125 del 3.12.2018, notificata il 4.12.2018, con la quale si ingiunge al ricorrente e al Sindaco pro-tempore del Comune di Monte di Procida, in qualità di proprietario, ai sensi degli artt. 27 e 31, del D.P.R. n. 380 del 2001, la demolizione a propria cura e spese e nel rispetto delle leggi vigenti, delle opere abusive realizzate in via C. n, 52, e di quant’altro eventualmente realizzato in prosieguo ed il conseguente ripristino dello stato dei luoghi, nel termine di 90 giorni dalla notifica della presente ingiunzione e con l’avvertenza che nel caso in cui la demolizione non dovesse essere eseguita nel termine suddetto sarà irrogata la sanzione del pagamento della somma di Euro 20.000,00 (euro ventimila) e le opere sono di diritto acquisite gratuitamente al patrimonio comunale, nonché di ogni altro atto connesso, preordinato, conseguente e in ogni modo collegato.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Bacoli;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza smaltimento del giorno 16 marzo 2023, svoltasi con modalità di cui all’art. art. 87 comma 4-bis del c.p.a., il dott. Gianluca Di Vita e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
E’ impugnata l’ordinanza di demolizione emessa dal Comune di Bacoli con cui è stata contestata l’abusiva realizzazione, in assenza del titolo edilizio e in zona sottoposta a vincolo paesaggistico ex D.M. del 15 dicembre 1959, delle opere di seguito indicate: a) locale in muratura di mt. 4,00 x mt. 4,00 con altezza di mt. 3,00 dotato di pavimentazione in calcestruzzo, intonaco grezzo alle pareti interne ed esterne con solaio in travi in ferro e tavelloni e porta di ingresso in ferro di mt. 1,00 x mt. 2,20 posta sul lato sud; b) ampliamento al suddetto locale, sul lato ovest, del tipo in muratura con solaio in calcestruzzo e sovrastante impermeabilizzazione di mt. 4,00 x mt. 3,00 x mt. 3,00 comprendente un locale wc di mt. 3,00 x mt. 1,50 ed un locale deposito di mt. 3,00 x mt. 2,5 dotato di pavimentazione, rivestimenti, pezzi igienici e impianti, porta d’ingresso in legno e vetro di mt. 1,20 x mt. 2,20 e n. 2 finestrini di mt. 0,50 x mt. 1,20; c) realizzazione, in zona sud antistante i suddetti locali, di un massetto in calcestruzzo di mt. 4,00 x mt. 7,00; d) realizzazione, poco distante dai predetti locali, di ulteriore locale in blocchi di lapil cemento ricoperti di intonaco di mt. 6,00 x mt. 4,00 ed alto in media mt. 2,60 con copertura in lamiere coibentate leggermente inclinate e pavimentazione in mattonelle, diviso internamente in un deposito di mt. 3,00 x mt. 4,00 e restante cantinola di mt. 3,00 x mt. 4,00 realizzato previa demolizione di preesistenti pollai e conigliere.
A sostegno dell’esperito gravame il ricorrente deduce violazione di legge ed eccesso di potere sotto distinti profili evidenziando, in sintesi, che:
– sussisterebbe incompetenza del Comune di Bacoli che ha irrogato la gravata sanzione demolitoria in quanto l’area di sedime sulla quale sono state realizzate le opere si troverebbe nel Comune di Monte di Procida;
– i manufatti de quibus risalirebbero ad un periodo precedente al 1967, trattandosi di opere poste al servizio del fondo agricolo coltivato dalla famiglia del ricorrente; si tratterebbe di mere pertinenze utilizzate per custodire attrezzi agricoli per le quali non occorre il previo rilascio del permesso di costruire, trattandosi di opere ad edilizia libera ex art. 6, comma 1 lett. c) del D.P.R. n. 380 del 2001 inoltre non recherebbero alcun vulnus alla tutela ambientale;
– l’atto impugnato sarebbe illegittimo per omessa comunicazione di avvio del procedimento;
– sussisterebbe difetto di motivazione e carenza di istruttoria.
Conclude con le richieste di accoglimento del ricorso e di conseguente annullamento dell’atto impugnato.
Resiste in giudizio il Comune che replica alle censure e chiede il rigetto del gravame.
All’udienza del 16.3.2023 la causa è stata trattenuta in decisione.
Il ricorso è infondato.
Non persuade la dedotta incompetenza territoriale dell’ente locale resistente; ed invero, dall’esame degli atti di causa (cfr. verbale di sequestro del 20.10.2016) si evince che le opere abusive sono state realizzate nel Comune di Bacoli (seppure su un suolo di proprietà del Comune di Monte di Procida ed attualmente nella disponibilità del ricorrente, in qualità di conduttore) che, pertanto, ha legittimamente adottato il provvedimento impugnato.
Non ha pregio il profilo di illegittimità con cui si assume la risalenza delle opere ad un periodo antecedente al 1967.
Come noto, l’obbligo del rilascio della licenza edilizia per le costruzioni realizzate anche al di fuori del perimetro del centro urbano è stato introdotto dall’art. 10 della L. 6 agosto 1967, n. 765, che ha modificato l’art. 31 della L. 17 agosto 1942, n. 1150 (Consiglio di Stato, Sez. II, 5 febbraio 2021, n. 1109). Tuttavia, la giurisprudenza amministrativa è costante nel ritenere che l’onere di dimostrare che le opere realizzate rientrino fra quelle per cui non era richiesto un titolo abilitativo ratione temporis incombe sul privato a ciò interessato, unico soggetto ad essere nella disponibilità di documenti e di elementi di prova, in grado di dimostrare con ragionevole certezza l’epoca di realizzazione del manufatto (Consiglio di Stato, Sez. VI, 13 dicembre 2019 n. 8475; 5 marzo 2018 n. 1391).
Tale prova può essere data anche per presunzioni che devono essere precise gravi e concordanti ma, nel caso in esame, non è stata assolta dal ricorrente che non ha dimostrato l’epoca di costruzione delle opere.
Nel merito, l’adozione dell’ordinanza di demolizione è stata legittimamente disposta in considerazione della natura abusiva delle opere, siccome realizzate in assenza di titolo abilitativo.
Peraltro, va anche rammentato che, secondo condivisibile giurisprudenza in materia (T.A.R. Campania, Napoli, n. 2188/2021 e n. 1145/2022), nel caso di un intervento edilizio di impatto sul territorio soggetto a vincolo paesaggistico, come nel caso di specie, realizzato in assenza di autorizzazione paesaggistica, si applica la sanzione demolitoria, posto che l’intervento va considerato nella sua unitarietà come alterazione dello stato dei luoghi soggetti a tutela. Al riguardo, si rammenta che l’amministrazione comunale ha un generale potere di vigilanza e controllo su tutta l’attività urbanistica ed edilizia, imponendo l’art. 27 del D.P.R. n. 380 del 2001 l’adozione di provvedimenti di demolizione in presenza di opere realizzate in zone vincolate in assenza dei relativi titoli abilitativi, al fine di ripristinare la legalità violata dall’intervento edilizio non autorizzato, e ciò mediante l’esercizio di un potere dovere del tutto privo di margini di discrezionalità in quanto rivolto solo a reprimere gli abusi accertati (Consiglio di Stato, n. 7353/2021; n. 4725/2020).
L’ordinanza di demolizione impugnata, che fa espresso riferimento anche al fatto che la zona è sottoposta a vincolo paesaggistico e all’art. 27 del D.P.R. n. 380 del 2001, è da considerarsi legittima con riferimento ai manufatti di cui sopra, i quali risultano funzionali al soddisfacimento di esigenze durevoli e non meramente temporanee e, ad una valutazione complessiva e non atomistica, non possono dirsi privi di impatto rilevante sul territorio e sul paesaggio.
Non assume rilievo invalidante la mancata comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 della L. n. 241 del 990 alla luce del consolidato indirizzo pretorio (Consiglio di Stato, Sez. II, n. 10484/2022), secondo cui l’ordine di demolizione conseguente all’accertamento della natura abusiva delle opere edilizie, come tutti i provvedimenti sanzionatori edilizi, è un atto dovuto e, in quanto tale, non deve essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento, trattandosi di una misura sanzionatoria per l’accertamento dell’inosservanza di disposizioni urbanistiche secondo un procedimento di natura vincolata precisamente tipizzato dal legislatore e rigidamente disciplinato dalla legge; pertanto, trattandosi di un atto volto a reprimere un abuso edilizio, esso sorge in virtù di un presupposto di fatto, ossia l’abuso, di cui il ricorrente deve essere ragionevolmente a conoscenza, rientrando nella propria sfera di controllo.
Infine, in riferimento ai vizi di carenza di istruttoria e di motivazione, giova rammentare che, per consolidata giurisprudenza, una volta accertata l’abusività dell’opera, il provvedimento con cui ne viene ingiunta la demolizione, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione su ragioni di pubblico interesse diverse da quelle inerenti al ripristino della legalità violata che impongono la rimozione dell’abuso; tale principio non ammette deroghe neppure nell’ipotesi in cui l’ordine di demolizione intervenga a notevole distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso.
In conclusione, il ricorso va rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese di giudizio nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania – Napoli (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando, rigetta il ricorso in epigrafe.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio in favore della parte resistente che liquida in € 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Conclusione
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 16 marzo 2023 tenuta da remoto con modalità Microsoft Teams con l’intervento dei magistrati:
Paolo Passoni, Presidente
Roberto Maria Bucchi, Consigliere
Gianluca Di Vita, Consigliere, Estensore
MASSIMA- In tema di abusi edilizi, relativamente all’eccezione di mancata comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7, L. n. 241 del 1990, l’ordine di demolizione conseguente all’accertamento della natura abusiva delle opere edilizie, come tutti i provvedimenti sanzionatori edilizi, è un atto dovuto e, in quanto tale, non deve essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento, trattandosi di una misura sanzionatoria per l’accertamento dell’inosservanza di disposizioni urbanistiche che secondo un procedimento di natura vincolata precisamente tipizzato dal legislatore e rigidamente disciplinato dalla legge; pertanto, trattandosi di un atto volto a reprimere un abuso edilizio, esso sorge in virtù di un presupposto di fatto, ossia l’abuso, di cui il ricorrente deve essere ragionevolmente a conoscenza, rientrando nella propria sfera di controllo.