E’ stato chiesto se, in presenza di un’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario, sia possibile intraprendere azioni esecutive o cautelari su beni dell’erede beneficiato per obbligazioni tributarie già facenti capo al de cuius.

La risposta a tale quesito deve senza dubbio essere di carattere negativo.

L’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario impedisce la confusione del patrimonio del de cuius con quello dell’erede e fa sì che la responsabilità di quest’ultimo per i debiti e i pesi ereditari sia limitata entro il valore dei beni che gli sono pervenuti in successione (art. 490 n. 1 e n. 2 c.c.).

Il fondamento di tale istituto è quello di incentivare il più possibile il chiamato ad accettare l’eredità, evitando così allo Stato (quale ultimo successibile ed erede necessario) il gravoso compito della liquidazione del patrimonio ereditario. L’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario costituisce quindi una facoltà per ogni chiamato, esercitabile anche a dispetto di eventuali divieti del testatore, che restano privi di valore (art. 470 c.c.).

Essa richiede una forma solenne, dovendo effettuarsi mediante dichiarazione  ricevuta da un notaio o dal cancelliere del tribunale del circondario in cui si è aperta la successione, e inserita nel registro delle successioni conservato nello stesso tribunale. In mancanza di forma solenne, l’accettazione si considera pura e semplice, tranne nei confronti dei soggetti per i quali l’ordinamento impone l’accettazione beneficiata come un vero e proprio obbligo (es.: minori, interdetti, minori emancipati, inabilitati, persone giuridiche, associazioni, fondazioni ed enti non riconosciuti, con la sola eccezione delle società).

Per effetto dell’accettazione con beneficio di inventario, non si realizza la confusione tra il patrimonio del defunto e quello dell’erede beneficiato, che pertanto si mantengono del tutto separati, autonomi e distinti.

Di conseguenza, sopravvivono gli eventuali obblighi che l’erede beneficiato aveva verso il de cuius, tranne quelli che si sono estinti per effetto della morte. 

L’effetto principale dell’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario è costituito dalla limitazione della responsabilità patrimoniale dell’erede beneficiato, per le obbligazioni che facevano capo al de cuius, soltanto intra vires hereditatis (ossia nei limiti del valore dell’eredità) e cum viribus hereditatis (ossia soltanto con i beni che gli sono pervenuti in successione). 

L’erede beneficiato non può quindi essere costretto al pagamento dei debiti e dei pesi ereditari con i propri beni personali, se non quando è stato costituito in mora  a presentare il conto e non ha ancora soddisfatto a quest’obbligo. Dopo la liquidazione del conto, non può essere costretto al pagamento con i propri beni se non fino alla concorrenza delle somme di cui è debitore verso il de cuius (art. 497 c.c.).

Da quanto sopra illustrato deriva che il divieto di azioni esecutive e cautelari sui beni personali dell’erede beneficiato (i.e.: su beni che non gli siano pervenuti dall’eredità beneficiata) non ha limitazioni temporali, proprio perché il predetto erede beneficiato non è tenuto a soddisfare le obbligazioni del de cuius se non nei limiti di valore dell’eredità ricevuta e solo mediante i beni che gli sono pervenuti in successione.

Quindi, ad esempio, il preavviso di fermo su un veicolo intestato all’erede beneficiato potrà essere legittimo, solo se lo stesso risulti incluso nell’inventario della successione beneficiata. Diversamente, se si tratti di un bene proprio dell’erede beneficiato, escluso dal predetto inventario, lo stesso non è legittimo, indipendentemente dal tempo trascorso dall’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario.

A tutela dei creditori del de cuius, è invece previsto l’istituto della prelazione dei creditori e dei legatari sul patrimonio del defunto. A seguito dell’accettazione beneficiata, i creditori del de cuius e i legatari acquistano infatti il diritto di essere soddisfatti sui beni ereditari con preferenza rispetto ai creditori personali dell’erede beneficiato (art. 490 n. 3 c.c.). Questi ultimi possono soddisfarsi sul patrimonio ereditario solo nei limiti di ciò che residua dopo l’estinzione delle passività ereditarie.

Pertanto, qualora l’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario sia stata effettuata con le formalità sopra descritte, il Concessionario della riscossione deve necessariamente dirigere le proprie azioni cautelari e/o esecutive esclusivamente sui beni inclusi nell’inventario di detta successione, mentre non può in alcun modo “intaccare” i beni personali dell’erede beneficiato.

A norma dell’art. 495 c.c., trascorso un mese dalla trascrizione dell’eredità beneficiata o dall’annotazione dell’inventario che sia stato redatto successivamente alla dichiarazione di accettazione, l’erede, quando creditori e legatari non si oppongono ed egli non intende promuovere la liquidazione ex art. 503 c.c., può infatti pagare i creditori ed i legatari a misura che si presentano, salvi i loro diritti di poziorità. 

Esaurito l’asse ereditario, i creditori insoddisfatti hanno soltanto diritto di regresso contro gli eventuali legatari, nei limiti del valore del legato. Tale azione di regresso deve essere esercitata nel termine di prescrizione di tre anni dal giorno dell’ultimo pagamento, salvo che il credito sia anteriormente prescritto.

Se, invece, entro il termine di un mese dalla trascrizione dell’eredità beneficiata o dall’annotazione dell’inventario successivo, gli sia stata notificata opposizione da parte di creditori o legatari, l’erede non può eseguire pagamenti, ma deve provvedere alla liquidazione dell’eredità  nell’interesse di tutti i creditori e legatari (art. 498 c.c.). 

Analogamente può fare anche in mancanza di opposizione, per propria scelta, ed anche quando abbia già provveduto al pagamento di creditori privilegiati o ipotecari (art. 503 c.c.). 

In tali casi, l’erede beneficiato deve invitare i creditori ad effettuare la dichiarazione di credito. Tale invito è comunicato mediante raccomandata ai creditori e ai legatari, dei quali sono noti la residenza o il domicilio, ed è pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale (stante l’avvenuta abolizione del Foglio Annunci Legali della Provincia, cui il Codice civile fa riferimento).

Dal momento di tale pubblicazione, sono vietate le nuove azioni esecutive individuali ad istanza dei singoli creditori, mentre quelle già pendenti possono essere proseguite, ma la parte di prezzo, che residua dopo il pagamento dei creditori privilegiati ed ipotecari, deve essere distribuita in base allo stato di graduazione formato nella procedura di liquidazione (art. 506 c.c.).

L’erede beneficiato deve provvedere alla liquidazione delle attività ereditarie, con l’assistenza del Notaio e previa autorizzazione del Giudice per le alienazioni necessarie. 

Deve quindi formare lo stato di graduazione dei creditori (collocati secondo i loro diritti di prelazione) e dei legatari (in ogni caso postergati rispetto ai creditori). Tra i creditori privi di diritto di prelazione l’attivo ereditario è ripartito in proporzione dei rispettivi crediti (art. 499 c.c.).

Una volta compiuto lo stato di graduazione, quest’ultimo viene comunicato ai creditori e ai legatari di cui sono noti il domicilio o la residenza e pubblicato in Gazzetta Ufficiale (anche in questo caso, stante l’avvenuta abolizione del Foglio Annunci Legali della Provincia, cui il Codice civile fa riferimento); in mancanza di reclamo entro trenta giorni dalla pubblicazione o una volta passata in giudicato la sentenza che decide sui reclami, lo stato di graduazione diviene definitivo (art. 501 c.c.). Esso costituisce titolo esecutivo contro l’erede, che deve provvedere a soddisfare i creditori ed i legatari in conformità allo stesso (art. 502, comma 1, c.c.).

I creditori ed i legatari che non si sono presentati hanno azione contro l’erede solo nei limiti della somma che residua dopo il pagamento dei creditori e dei legatari collocati nello stato di graduazione. Tale azione si prescrive nel termine di tre anni dal giorno in cui lo stato di graduazione è divenuto definitivo o è passata in giudicato la sentenza che ha pronunciato sui reclami, salvo che il credito sia anteriormente prescritto (art. 502, comma 3, c.c.).

In alternativa alla procedura di liquidazione sopra descritta, l’erede beneficiato può, non oltre un mese dalla scadenza del termine prescritto per presentare le dichiarazioni di credito, rilasciare tutti i beni ereditari a favore dei creditori e dei legatari, consegnandoli ad un curatore nominato dal Tribunale. In tal caso, egli resta liberato da ogni responsabilità per i debiti ereditari (art. 507 c.c.).