Cass. civ., sez. V, ord., 17.01.2020 n. 946


Svolgimento del processo

P.L. impugnava un estratto di ruolo in relazione alla cartella esattoriale n. (OMISSIS), relativa ad Irpef, Irap ed Iva, oltre accessori, per complessivi Euro 57.114,65, in ordine a maggiori tributi per omessi versamenti attinenti l’anno 2005, oltre sanzioni. Il contribuente contestava di non aver mai ricevuto la notifica della cartella di pagamento ed affermava che, in conseguenza, l’Amministrazione finanziaria era decaduta dal potere di azionare la pretesa tributaria.

La Commissione Tributaria Provinciale di Napoli accoglieva il ricorso, rilevando che l’Incaricato per la riscossione, Equitalia Sud Spa, aveva prodotto tardivamente la documentazione relativa all’intervenuta notifica della cartella esattoriale.

L’Incaricato per la riscossione proponeva impugnazione innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Campania ed allegava nuovamente la documentazione relativa alla contestata notifica della cartella esattoriale. Il contribuente replicava affermando che non è consentito produrre nuove prove in appello nel giudizio tributario, e comunque la notifica doveva ritenersi invalida, in quanto effettuata nelle mani del padre, persona incapace perché affetta dal morbo di Alzheimer. La CTR osservava che è consentita la produzione di nuovi documenti in appello quando gli stessi risultino indispensabili ai fini della decisione da assumere. Affermava, inoltre, la validità della notifica effettuata nelle mani del padre del ricorrente, “che sarebbe incapace perché affetto dal morbo di Alzheimer” (sent. CTR, p. ult.) perché “ogni contestazione in ordine alla sua correttezza avrebbe richiesto una previa querela di falso” (ibidem). In conseguenza accoglieva il ricorso e rigettava l’originaria impugnazione proposta dal contribuente, affermando la legittimità della cartella esattoriale.

Avverso la decisione assunta dalla CTR della Campania ha proposto ricorso per cassazione P.L., affidandosi a quattro motivi di impugnazione e proponendo anche contestuale istanza cautelare di sospensione degli effetti dell’atto, nonché domanda di trattazione del giudizio in pubblica udienza. Resistono mediante controricorso L’Incaricato per la riscossione, Equitalia Sud Spa, e l’Ente impositore, l’Agenzia delle Entrate.

Motivi della decisione

Preliminarmente occorre osservare che la disciplina propria del giudizio tributario, dettata al D.P.R. n. 546 del 1992, art. 47, non prevede che la Cassazione possa essere investita della domanda cautelare di sospensione dell’atto impositivo impugnato. La Corte di legittimità del resto non è mai competente a decidere, salvo discipline speciali, in materia di istanza cautelare di sospensione degli effetti degli atti impugnati, neppure secondo quanto previsto dalla disciplina generale del codice di rito, cfr. art. 373 c.p.c. In conseguenza l’istanza di sospensione degli effetti dell’impositivo atto impugnato, proposta dal ricorrente innanzi alla Suprema Corte, deve essere ritenuta inammissibile.

Inoltre non ricorrono, nel caso di specie, le condizioni previste dalla legge all’art. 375 c.p.c., u.c., (“particolare rilevanza della questione di diritto”), perché il giudizio sia trattato in pubblica udienza.

1.1. – Con il primo motivo di impugnazione, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il contribuente lamenta la violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, perché la relata di notifica della cartella esattoriale era stata prodotta da controparte soltanto in copia, e comunque alla stessa non era stata allegata la cartella esattoriale.

1.2. – Mediante il secondo mezzo di ricorso, introdotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il contribuente contesta la violazione o falsa applicazione del D.L. n. 223 del 2006, art. 37, comma 27, lett. a), per avere la CTR ritenuto valida la notificazione della cartella di pagamento sebbene effettuata in favore di persona diversa dal destinatario, senza invio della raccomandata informativa al destinatario.

1.3. – Con il terzo motivo di impugnazione il ricorrente afferma la nullità e/o inesistenza della notificazione della cartella di pagamento perché i giudici del merito non hanno “affrontato il problema della avvenuta notifica all’indirizzo diverso del destinatario” (ric., p. 5).

1.4. – Mediante il quarto mezzo di ricorso il contribuente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli artt. 221, 222 e 335 c.p.c., per avere la CTR ritenuto legittima la notifica della cartella esattoriale effettuata nella mani del padre, persona incapace perché affetta dal morbo di Alzheimer, ritenendo che ogni contestazione in materia dovesse farsi valere mediante querela di falso, essendo comunque stato richiesto nell’atto di appello (p. 13) che se la CTR “avesse ritenuto rilevante la relata di falso che sarà prodotta”, fosse domandato a controparte se intendesse valersene in giudizio e, per il caso di risposta positiva, che il giudizio fosse sospeso e le parti rimesse davanti al Tribunale ordinario per il relativo procedimento.

2.1. – 2.2. – 2.3. – Con i suoi primi tre motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente stante la loro stretta connessione, il ricorrente contesta vizi di regolarità della notifica della cartella esattoriale per cui è causa.

In particolare ne afferma la invalidità, in primo luogo, perché l’Incaricato per la riscossione non ha prodotto in giudizio la copia della cartella esattoriale che assume di avere notificato. Inoltre, afferma la invalidità della notifica in conseguenza della consegna a persona diversa dal destinatario, senza che quest’ultimo sia stato poi avvertito mediante raccomandata informativa. Ancora, l’invalidità della notifica dipende dall’essere stata effettuata nelle mani del padre, persona diversa dal destinatario, ed alla (OMISSIS), mentre il domicilio dell’odierno ricorrente è alla (OMISSIS)/C. I motivi di ricorso appaiono in larga parte inammissibili, e devono valutarsi per il resto infondati. Il contribuente non illustra, invero, in quali ulteriori atti dei giudizi di merito abbia proposto le sue censure e con quali formule, avendo pure cura di annotare mediante quali atti li abbia diligentemente coltivati, in modo da consentire a questa Corte di legittimità la valutazione che le compete circa la tempestività e congruità delle critiche proposte, prima ancora di procedere a verificarne la decisività.

Completezza suggerisce peraltro di aggiungere che la notificazione dell’atto conseguente ad una pretesa tributaria può essere effettuata dall’Incaricato per la riscossione mediante il servizio postale, servendosi della raccomandata con ricevuta di ritorno, come espressamente sancito anche dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26. La Cassazione, del resto, ha anche avuto occasione di precisare come sia sufficiente, per il relativo perfezionamento “che la consegna del plico sia avvenuta presso il domicilio del destinatario, senz’altro adempimento ad opera dell’ufficiale postale, se non quello di curare che la persona da lui individuata come legittimata alla ricezione apponga la sua firma sul registro di consegna della corrispondenza, oltre che sull’avviso di ricevimento da restituire al mittente… l’atto è valido… anche se manchino nell’avviso di ricevimento le generalità della persona cui l’atto è stato consegnato, adempimento non previsto da alcuna norma” (Cass. sez. V, sent. 27.5.2011, n. 11708; conforme sul punto: Cass. sez. V, sent. 6.6.2012, n. 9111). Inoltre, “non sussiste alcun onere probatorio dell’Agente per la riscossione avente ad oggetto l’esibizione in giudizio della copia delle cartelle nel loro contenuto integrale, nemmeno ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 4, che peraltro ne prevede la conservazione in alternativa alla “matrice” (la quale è l’unico documento che resta nella disponibilità dell’Agente nel caso in cui opti per la notificazione della cartella di pagamento nelle forme ordinarie o comunque con messo notificatore anziché con raccomandata con avviso di ricevimento)” Cass. sez. III, sent. n. 10326 del 2014 (in senso conforme Cass. sez. III, sent. 7.5.2015, n. 9246, Cass. sez. VI-V, ord. 11.10.2018, n. 25292). Nel caso di specie deve pure rilevarsi che il contribuente non ha neppure allegato in che cosa l’estratto di ruolo (“matrice”) avrebbe avuto a differenziarsi dall’originale.

Del resto, la Suprema Corte ha pure opportunamente chiarito che “l’estratto di ruolo” o matrice, “è la fedele riproduzione della parte del ruolo relativa alla o alle pretese creditorie azionate verso il debitore con la cartella esattoriale”. Pertanto, quando l’estratto correttamente riporta “tutti gli elementi essenziali per identificare la persona del debitore, la causa e l’ammontare della pretesa creditoria… esso costituisce prova idonea dell’entità e della natura del credito portato dalla cartella esattoriale”, Cass. sez. III, sent. 8.6.2016, n. 11794. Infine, appare ancora opportuno ricordare la condivisibile giurisprudenza di questa Corte di legittimità secondo cui “in tema di riscossione delle imposte, qualora la notifica della cartella di pagamento sia eseguita, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1, mediante invio diretto della raccomandata con avviso di ricevimento da parte del concessionario, non è necessario l’invio di una successiva raccomandata informativa in quanto trovano applicazione le norme concernenti il servizio postale ordinario, peraltro con esclusione della L. n. 145 del 2018, art. 1, comma 883, in quanto privo di efficacia retroattiva, e non quelle della L. n. 890 del 1982”, Cass. sez. VI-V, ord. 10.4.2019, n. 10037.

In merito all’affermata divergenza dell’indirizzo del ricorrente rispetto a quello del padre, poi, occorre innanzitutto osservare che non ci troviamo in presenza di indirizzi totalmente diversi ma, al più, di un indirizzo di notifica parzialmente incompleto, perché indicato in (OMISSIS), anziché (OMISSIS). Invero il contribuente non illustra come abbia inteso dimostrare che ci troviamo in presenza di due diverse abitazioni e non, ad esempio, della mancata indicazione della scala in relazione al medesimo immobile. In realtà la CTR non incorre nel vizio di omesso esame lamentato dal ricorrente, perché afferma testualmente che “la notifica” è stata effettuata “presso il domicilio dell’appellato nelle mani di suo padre” (sent. CTR, p. ult.). Il ricorrente non si confronta con l’affermazione del giudice impugnato, mentre sarebbe stato suo specifico onere processuale indicare come avesse dimostrato che l’indirizzo proprio e quello del padre differivano, in quanto relativi ad abitazioni diverse, servendosi ad esempio delle certificazioni anagrafiche, mentre nel ricorso per cassazione si è limitato ad affermare che “in uno dei certificati medici relativo al P.P. (padre del destinatario) ed esattamente quello riferito all’anno 2010 viene riportato come indirizzo quello di (OMISSIS)” (ric., p. 5 s.). L’allegazione risulta peraltro inammissibile per difetto di specificità, perché il ricorrente neppure prospetta di avere allegato il certificato e, soprattutto, non indica in quale parte dei fascicoli dei giudizi di merito esso sia rinvenibile.

I primi tre motivi di ricorso devono essere pertanto respinti.

2.4. – Con il quarto motivo di impugnazione il ricorrente contesta che la CTR ha ritenuto legittima la notificazione della cartella esattoriale effettuata nelle mani del padre, persona però incapace, perché affetta dal morbo di Alzheimer, e per non aver consentito la proposizione della querela di falso, sebbene abbia poi affermato che fosse questa l’unica modalità per contestare la validità della notifica.

In proposito occorre subito rilevare come dal ricorrente non sia neppure allegato che il padre, il quale ha ricevuto la notificazione, si trovasse, all’epoca in cui la stessa è stata recapitata, in condizione di incapacità dichiarata.

Il rigetto della contestazione proposta dal ricorrente da parte del giudice dell’appello, invero, appare fondato, anche se risulta opportuno correggere la motivazione. Infatti, questa Corte di legittimità, come segnalato anche dall’Incaricato per la riscossione nel suo controricorso, ha già avuto occasione di chiarire che “sulla validità della notificazione di un atto (nella specie ingiunzione fiscale), mediante consegna di copia a mani di familiare capace… non incide la circostanza che il destinatario dell’atto medesimo si trovi in situazione di incapacità naturale”, Cass. sez. I, sent. 18.1.1979, n. 352, e non ha poi mancato di precisare che “in materia di notificazioni, il limite di validità… va individuato nella palese incapacità dell'”accipiens” (legalmente equiparata all’immaturità di un minore di 14 anni), dovendosi escludere che l’ufficiale giudiziario sia tenuto a compiere indagini particolarmente approfondite sulla capacità di quest’ultimo, potendosi limitare ad un esame superficiale. Né assume rilievo, quale causa di nullità della predetta notificazione, la prova della mera incapacità naturale, temporanea, del consegnatario. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva ritenuto invalida la notificazione di un avviso di accertamento avvenuta a mani della moglie convivente del contribuente, la quale, affetta da una “grave forma di ipertensione”, non immediatamente percepita dall’ufficiale giudiziario, aveva poi dimenticato di consegnare l’atto al destinatario)”, Cass. sez. V, sent. 12.3.2014, n. 5669.

Anche il quarto motivo di ricorso deve, pertanto, essere rigettato.

In definitiva, il ricorso deve essere respinto.

Le spese di lite seguono la soccombenza, e sono liquidate come in dispositivo, in considerazione del valore della causa, delle ragioni della decisione e della peculiarità della controversia.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso proposto da P.L., che condanna al pagamento delle spese di lite in favore delle costituite controricorrenti, e le liquida in complessivi Euro 6.000,00, oltre spese prenotate a debito, in favore dell’Agenzia delle Entrate, ed Euro 6.000,00, oltre spese generali nella misura del 15% ed esborsi per Euro 200,000, in favore di Equitalia Sud Spa.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 21 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2020

 


COMMENTO:

La Suprema Corte respinge il ricorso del contribuente, volto a far valere la nullità della notificazione della cartella, perché avvenuta a mani del padre, soggetto legalmente capace di agire, ma affetto da morbo di Alzheimer e, pertanto, asseritamente incapace di intendere e di volere. 

Viene quindi confermato il rigetto di tale doglianza, già statuito dalla Commissione Tributaria Regionale, seppure con una correzione della motivazione della sentenza di secondo grado.

Quest’ultima, infatti, aveva affermato la legittimità della notificazione della cartella sul presupposto per cui “ogni contestazione in ordine alla sua correttezza avrebbe richiesto una previa querela di falso“.

La Suprema Corte corregge tale motivazione e fonda l’affermazione della legittimità della notifica della cartella di pagamento sul presupposto secondo cui sulla validità della notificazione di un atto, mediante consegna di copia a mani di un familiare legalmente capace, non incide la circostanza che il medesimo si trovi in una situazione di incapacità naturale di intendere e volere.

Quest’ultima condizione consiste in una menomazione temporanea delle capacità intellettive e volitive, che non dà luogo ad una pronuncia di interdizione (e, quindi, non fa venire meno la capacità legale di agire), ma che l’ordinamento prende in considerazione al fine di consentire, al ricorrere di determinate ulteriori condizioni, l’annullamento di determinati atti e contratti.

In particolare, la donazione fatta da persona che, sebbene non interdetta, si provi essere stata per qualsiasi causa, anche transitoria, incapace di intendere o di volere al momento in cui la donazione è stata fatta, può essere annullata su istanza del donante, dei suoi eredi o aventi causa, nel termine di prescrizione di cinque anni dal giorno in cui la donazione è stata compiuta (art. 775 c.c.).

Analogamente, colui che, sebbene non interdetto, si provi essere stato, per qualsiasi causa, anche transitoria, incapace di intendere e volere, è incapace di fare testamento (art. 591, comma 2, n. 3, c.c.). Il testamento eventualmente fatto in violazione di tale divieto può essere impugnato da chiunque vi abbia interesse nel termine di prescrizione di cinque anni dal giorno in cui è stata data esecuzione alle disposizioni testamentarie (art. 591, comma 3, c.c.).

La donazione ed il testamento fatti da persona affetta da incapacità naturale di intendere e volere possono quindi essere annullati senza necessità di ulteriori condizioni: trattandosi di atti a titolo gratuito, non vi sono infatti situazioni soggettive di terzi controinteressati, che l’ordinamento ritenga meritevoli di tutela. Pertanto, per l’annullamento di tali atti, è necessaria e sufficiente la sola prova dell’incapacità naturale di intendere e volere del loro autore, al momento del loro compimento.

Diversamente, per l’annullamento degli altri atti giuridici unilaterali, è richiesta la prova non solo dell’incapacità naturale, ma anche del grave pregiudizio che l’atto rechi al suo autore (art. 428, comma 1, c.c.). Si tratta di una tutela cd. “intermedia”, che contempera l’interesse all’annullamento dell’atto del soggetto incapace, dei suoi eredi o aventi causa con l’opposto interesse alla conservazione dell’atto da parte del terzo, che abbia fatto legittimo affidamento sulla validità dell’atto medesimo.

Per l’annullamento dei contratti si richiede la prova dell’incapacità naturale, del grave pregiudizio causato dall’atto al suo autore, nonché dello stato soggettivo di malafede dell’altro contraente (art. 428, comma 2, c.c.). In assenza di quest’ultimo, la tutela del legittimo affidamento dell’altro contraente prevale su quella del soggetto incapace di intendere e volere. Analoga disposizione si applica anche agli atti unilaterali tra vivi aventi contenuto patrimoniale (art.  1324 c.c.).

Infine, una disposizione particolare è dettata per il matrimonio del soggetto che, al momento della celebrazione, fosse affetto da incapacità naturale di intendere e volere: esso può essere impugnato dall’incapace senza necessità di alcuna ulteriore condizione, ma, a tutela dell’interesse pubblico alla certezza delle situazioni giuridiche soggettive concernenti gli status personali, l’azione non può più essere proposta se vi è stata coabitazione per un anno dopo che il coniuge incapace ha recuperato la pienezza delle proprie facoltà mentali (art. 120 c.c.). Analoga disposizione si applica anche alle unioni civili tra persone dello stesso sesso (art. 1, comma 5, Legge 20 maggio 2016 n. 76).

Lo stato di incapacità naturale del consegnatario è stato invece ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità del tutto irrilevante per l’esito della notificazione la quale, del resto, produce effetti giuridici non già per il consegnatario medesimo, bensì unicamente per il destinatario di essa.

In tal senso la giurisprudenza di legittimità si era già espressa in epoca piuttosto risalente, affermando che “Sulla validità della notificazione di un atto (nella specie ingiunzione fiscale), mediante consegna di copia a mani di familiare capace, ai sensi dell’art. 139 c.p.c., comma 2, non incide la circostanza che il destinatario dell’atto medesimo si trovi in situazione di incapacità naturale (Cass. civ., sez. I, 18.01.1979 n. 352).

Ancora, è stato successivamente ribadito che “Neppure è causa di nullità della notificazione la mancata indicazione della maggiore età e della condizione di non palese incapacità del consegnatario dell’atto, salva la prova da parte del destinatario della sua minore età o dello stato di palese incapacità, non essendo sufficiente a tal fine la prova della circostanza dello stato di mera incapacità naturale” (Cass. civ., sez. I, 26.10.2006 n. 23028).

Infine, in senso analogo, la Suprema Corte ha statuito che “ai sensi dell’art. 139 c.p.c., comma 2, se il destinatario non viene trovato nella casa di abitazione o dove ha l’ufficio o esercita l’industria o il commercio, l’ufficiale giudiziario consegna copia dell’atto ad una persona di famiglia o addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda, purché non minore di 14 anni e non palesemente incapace. Il limite di validità della predetta notifica è quindi quello della palese incapacità dell’accipiens, legalmente equiparata all’immaturità di un minore di anni 14. Non è richiesto all’ufficiale giudiziario di compiere indagini particolarmente approfondite sulla capacità del consegnatario, essendo sufficiente un esame superficiale” (Cass. civ., sez. V, 12.03.2014 n. 5669. Tale pronuncia, in applicazione del suddetto principio, ha cassato la sentenza impugnata, che aveva ritenuto invalida la notificazione di un avviso di accertamento avvenuta a mani della moglie convivente del contribuente, affetta da una “grave forma di ipertensione“, non immediatamente percepita dall’ufficiale giudiziario, la quale aveva poi dimenticato di consegnare l’atto al destinatario).

Anche nella fattispecie qui esaminata, la circostanza che il familiare consegnatario (padre del contribuente) fosse affetto da morbo di Alzheimer non viene ritenuta sufficiente ad invalidare la notificazione della cartella: quand’anche, infatti, tale patologia avesse causato un’incapacità naturale di intendere e volere del consegnatario, essa non sarebbe comunque stata sufficiente ad inficiare la validità della notificazione.

 

Dott.ssa Cecilia Domenichini

Unicusano- Roma