Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia – Romagna, sez. VIII, 21 aprile 2021 n. 546
Svolgimento del processo
La controversia trae origine dall’emanazione di tre avvisi di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate nei confronti di P.C. Immobiliare s.r.l. in liquidazione, con riferimento agli anni 2010, 2011 e 2013.
La contribuente ha impugnato i tre atti davanti alla CTP di Modena, la quale, previa riunione per connessione oggettiva e soggettiva, ha però in larga parte rigettato i ricorsi, accogliendo un solo rilievo relativamente all’Irap del 2010.
Avverso la sentenza ha interposto appello U. C., dando atto dell’intervenuto fallimento della società e di agire, quale ex legale rappresentante della società fallita, in ragione dell’inerzia della Curatela.
Costituendosi in giudizio, ha resistito l’Agenzia delle Entrate, in via principale di rito contestando la legittimazione ad impugnare la sentenza da parte dell’ex legale rappresentante della società, atteso che il Curatore non era rimasto inerte, ma aveva manifestato una ponderata volontà di non impugnare; nel merito, argomentando in ordine all’infondatezza dei gravame; in via riconvenzionale, svolgendo infine appello incidentale in relazione all’annullamento dell’accertamento per il recupero Irap del 2010.
La causa è decisa sulla base degli atti ex art. 27 comma 2 D.L. n. 137 del 2020, secondo quanto prescritto dal D.P. 21 dicembre 2020.
Motivi della decisione
- a) L’appello, proposto dall’ex legale rappresentante della società nel frattempo dichiarata fallita, è inammissibile, stante la carenza di legittimazione attiva ex articolo 43 comma 1 L.F.
Infatti, è certamente vero quanto dedotto dall’appellante in ordine al fatto che, secondo il consolidato insegnamento giurisprudenziale, l’ex legale rappresentante della società fallita è eccezionalmente abilitato ad impugnare l’accertamento tributario per crediti fiscali i cui presupposti si sono verificati prima della dichiarazione di fallimento, nel caso di inerzia degli organi fallimentari.
Tuttavia, la stessa giurisprudenza ha avuto modo di chiarire che tale eccezionale legittimazione ad agire non sussiste allorquando il curatore abbia omesso di promuovere l’azione giurisdizionale non già per inerzia, ma in seguito ad una “esplicita presa di posizione negativa circa la utilità per la massa dei creditori di promuovere la lite fiscale” (in questo esatti termini, cfr. da ultimo Cass. n. 8132/2018, resa tra l’altro nelle forme di ordinanza da parte della sezione Tributaria-Sesta in ragione della pacificità del principio).
E’ proprio questo il caso di specie, atteso che nella fattispecie per cui è processo il curatore, lungi dal rimanere inerte, ha consapevolmente e motivatamente deciso di non impugnare la sentenza resa dalla CTP (cfr. all. 4 fascicolo di parte della stessa appellante).
Né può opinarsi che l’impugnazione da parte del C. possa avere per il fallimento effetti solo positivi: deve infatti osservarsi che, laddove fosse ritenuto ammissibile l’appello dell’ex legale rappresentante, occorrerebbe scrutinare anche l’appello incidentale dell’Ufficio, con possibilità quindi di aggravare la posizione debitoria della società fallita e quindi i debiti della Curatela.
Il fatto quindi che l’appello proposto dal C. possa comportare effetti negativi per la massa dei creditori fallimentari, comprova ulteriormente che non vi possa essere una legittimazione attiva dell’ex legale rappresentante della società, in presenza di una argomentata presa di posizione contraria all’impugnazione da parte del curatore.
In ragione di quanto sopra, l’appello principale va dichiarato inammissibile.
Rimangono quindi assorbiti sia le difese di merito dell’Ufficio, sia l’appello incidentale.
- b) Non vi sono motivi per derogare ai principi generali codificati dagli artt. 15 D.Lgs. n. 546 del 1992 e 91 c.p.c. in tema di spese di lite, che, liquidate come da dispositivo con riferimento al D.M. n. 55 del 2014, sono quindi poste a carico del soccombente contribuente appellante ed a favore del vittorioso Ufficio appellato, tenendo a mente un valore ricompreso tra i minimi ed i medi nell’ambito dello scaglione entro il quale è racchiuso il decisum di causa pari a poco meno di un milione di Euro, e con la riduzione del 20% prevista dall’articolo 15 comma 2 sexies D.Lgs. n. 546 del 1992, essendo il vittorioso Ufficio difeso da un funzionario.
Così come chiarito dalla maggioritaria giurisprudenza della Suprema Corte, non è possibile procedere alla condanna ex art. 13 comma 1 quater D.P.R. n. 115 del 2002 (Cass. n. 23980/2018, Cass. n. 20018/2018, Cass. n. 15111/2018; contra Cass. n. 17215/2018).
P.Q.M.
la Commissione Tributaria Regionale di Bologna sez. VIII
– dichiara inammissibile l’appello principale ed assorbito l’appello incidentale;
– condanna C. U. a rifondere a Agenzia delle Entrate le spese di lite del grado di giudizio, che liquida in Euro 8.000 per compensi oltre rimborso spese forfettarie.
Bologna, il 9 aprile 2021.
COMMENTO REDAZIONALE – La sentenza in commento dichiara inammissibile, per carenza di legittimazione attiva ex art. 43, comma 1, R.D. 16 marzo 1942 n. 267, l’appello proposto dall’ex legale rappresentante di una società, che nelle more era stata dichiarata fallita.
L’ex legale rappresentante della società fallita è eccezionalmente abilitato ad impugnare l’accertamento tributario per crediti fiscali, i cui presupposti si siano verificati prima della dichiarazione di fallimento, solo nel caso di inerzia degli organi fallimentari.
Tale eccezionale legittimazione ad agire non sussiste invece quando il curatore abbia omesso di promuovere l’azione giurisdizionale non già per mera inerzia, bensì in seguito ad una “esplicita presa di posizione negativa circa la utilità per la massa dei creditori di promuovere la lite fiscale” (si veda, in tal senso, Cass. civ., sez. VI-5, ord., 03 aprile 2018 n. 8132).
Proprio quest’ultima fattispecie viene ritenuta ravvisabile nel caso di specie, in cui il curatore aveva omesso l’impugnazione della sentenza di primo grado, resa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Modena, non già per mera inerzia, bensì per scelta motivata e consapevole.
Tale conclusione risulta rafforzata dalla constatazione per cui, in caso di ritenuta ammissibilità dell’appello proposto dall’ex legale rappresentante della società fallita, sarebbe risultato necessario scrutinare anche l’appello incidentale dell’Ufficio, con conseguente possibilità di “aggravare” la posizione debitoria della società fallita e, quindi, i debiti della Curatela.
La circostanza che l’appello proposto dall’ex legale rappresentante della società fallita possa comportare effetti negativi per la massa dei creditori fallimentari viene ritenuta un’ulteriore prova del fatto che non vi possa essere una legittimazione attiva del predetto soggetto, in presenza di una argomentata presa di posizione contraria all’impugnazione da parte del curatore.
In conclusione, dunque, la sentenza impugnata dichiara inammissibile per difetto di legittimazione attiva l’appello principale proposto dall’ex legale rappresentante della società fallita, con conseguente assorbimento dell’appello incidentale e delle difese di merito proposti dall’Ufficio.