Cass. civ., sez. III, ord., 16 maggio 2024 n. 13634
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati
Dott. DE STEFANO Franco – Presidente
Dott. CONDELLO Pasqualina A. P. – Consigliere Rel.
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere
Dott. ROSSI Raffaele – Consigliere
Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17161/2022 R.G. proposto da:
COMUNE DI PALERMO, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso, dall’avv. ……….. – ricorrente –
contro
I. E. C. I. Srl IN LIQUIDAZIONE, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, dagli avv.ti ………, elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. , in Roma, – controricorrente –
e nei confronti di
AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE – intimata –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Palermo n. 2046/2021, pubblicata in data 23 dicembre 2021;
lette le conclusioni scritte del Procuratore Generale, dott.ssa Anna Maria Soldi, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20 marzo 2024 dal Consigliere dott.ssa Pasqualina A. P. Condello.
Svolgimento del processo
- I. Srl – I. E. C. I. Srl in liquidazione – proponeva opposizione avverso la cartella esattoriale con cui il Comune di Palermo aveva intimato, a seguito di iscrizione a ruolo, il pagamento, a fronte di diverse partite, dell’importo di Euro 1.400.873,74, in forza di sentenza n. 13864/2016 pronunciata dalla Corte d’appello di Palermo, passata in giudicato, che recava la condanna, in sede civile, della società opponente alla restituzione, in favore dell’Ente locale, di somme da questo versate in esecuzione della sentenza di primo grado n. 11794/2004 resa dal Tribunale di Palermo; contestava, in particolare, la sussistenza del diritto dell’ente locale a promuovere la riscossione mediante ruolo.
Il Tribunale di Palermo, dichiarato il difetto di giurisdizione in favore della Commissione provinciale tributaria di Palermo in relazione a quota di credito di natura tributaria, rigettava l’opposizione quanto al credito residuo, osservando che, ai sensi dell’art. 17 D.Lgs. n. 46 del 1999, la riscossione in base al ruolo era divenuta la forma di riscossione coattiva, a carattere generale, per tutte le entrate – tributarie e non – dello Stato e degli Enti locali.
- La sentenza è stata riformata dalla Corte d’appello di Palermo che, richiamando i principi espressi dalla sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 5680 del 2011, ha affermato che il D.Lgs. n. 46 del 1999nel riferirsi espressamente alla riscossione coattiva delle entrate mediante ruolo non comprendeva le ipotesi, come quella sottoposta al suo esame, in cui si discuteva non di riscossione di una “entrata”, ma della restituzione di quanto indebitamente versato in esecuzione di sentenza di primo grado riformata in grado di appello.
- Il Comune di Palermo propone ricorso per la cassazione della suddetta sentenza, con un unico motivo.
- Srl resiste con controricorso.
Agenzia delle entrate – Riscossione non ha svolto attività difensiva in questa sede.
- Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-biscod. proc. civ.
In prossimità dell’adunanza camerale, il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte e la controricorrente ha depositato memoria illustrativa.
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni dalla decisione.
Motivi della decisione
- Con l’unico motivo il Comune ricorrente deduce “errata e falsa applicazione – in relazione all’art. 360n. 3 c.p.c. – dell’art. 17D.Lgs. 46/1999, errata e falsa applicazione dell’art. 12 preleggi – violazione e mancata applicazione – in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. – degli artt. 149, 162 e 165 del D.Lgs. n. 267/2000 (Testo Unico Enti Locali) e degli artt. 4 e 15 dell’allegato 13/2 del D.Lgs. n. 118/2011“.
Sostiene che, per effetto del combinato disposto dell’art. 17 D.Lgs. n. 46/99 e dell’art. 21-ter della legge n. 241/1990 (introdotto dall’art. 14, comma 1, della legge 15/2005), la riscossione esattoriale a mezzo ruolo è divenuta l’ordinaria modalità di riscossione dei crediti della Pubblica Amministrazione e che, nel caso di enti locali, le entrate comunali rappresentano la somma di tutti gli introiti che, a diversi titoli, sono di spettanza del Comune, cosicché, il termine “entrata” include anche l’obbligazione di pagamento di una somma di denaro in restituzione.
Evidenzia, pure, che l’attività finanziaria degli enti locali è disciplinata dal Testo Unico degli Enti locali di cui al D.Lgs. n. 267 del 2000, che, a sua volta, per la classificazione delle entrate, rinvia al D.Lgs. n. 118 del 2011 e che dall’esame dei due testi normativi, con relativi allegati, risulta che i rimborsi (e quindi le restituzioni) sono una tipologia di entrata espressamente prevista nel bilancio dell’Ente locale; al fine di avvalorare la tesi che la riscossione esattoriale incoata sia del tutto legittima, invoca, in particolare, l’allegato 13/2 al D.Lgs. n. 118 del 2011, che, nel prevedere una classificazione delle entrate di bilancio per titoli, tipologie e categorie con riferimento agli enti locali, indica espressamente tra le entrate dei Comuni la voce “Rimborsi ed altre correnti”.
- Lo scrutinio della censura impone un preliminare riferimento al quadro normativo in materia di recupero dei crediti dello Stato e degli enti locali.
2.1. Nell’ottica di un riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo e nella prospettiva di una generalizzazione di tale sistema e della funzionalizzazione dello stesso al recupero di qualsivoglia genere di entrata delle Pubbliche Amministrazioni (in particolare, dello Stato e degli altri enti pubblici, eccetto quelli economici, nonché degli enti pubblici territoriali quali le regioni e le province), l’art. 17 del D.Lgs. n. 46 del 1999 (intitolato “Entrate riscosse mediante ruolo”) dispone: “1. Salvo quanto previsto dal comma 2, si effettua mediante ruolo la riscossione coattiva delle entrate dello Stato, anche diverse dalle imposte sui redditi, e di quelle di altri enti pubblici, anche previdenziali, esclusi quelli economici. 2. Può essere effettuata mediante ruolo affidato ai concessionari la riscossione coattiva delle entrate delle regioni, delle province, anche autonome, dei comuni e degli altri enti locali…”.
2.2. L’utilizzo del ruolo esattoriale soggiace, tuttavia, a modalità procedimentali differenziate in relazione alla natura delle somme oggetto di recupero; infatti, la previsione generale dell’art. 17 sopra citato incontra un limite per l’ipotesi di entrate che si fondino su rapporti di natura privatistica ove il ruolo esattoriale non assume natura di titolo esecutivo.
In tal senso depone l’art. 21 del medesimo decreto legislativo n. 46/99, che prevede che “salvo che sia diversamente disposto da particolari disposizioni di legge e salvo, altresì, quanto stabilito dall’art. 24 per le entrate degli enti previdenziali, le entrate previste dall’articolo 17 aventi causa in rapporti di diritto privato sono iscritte a ruolo quando risultano da titolo avente efficacia esecutiva”.
Dal raffronto delle due disposizioni citate emerge che l’art. 17 si riferisce alla riscossione mediante ruolo di entrate anche diverse dalle imposte sui redditi facenti capo allo Stato, agli enti pubblici e territoriali di natura pubblicistica, in ordine alle quali il titolo esecutivo è costituito proprio dal ruolo, ex art. 49 D.P.R. n. 602/1973 (Cass., sez. 3, 08/02/2018, n. 3021; Cass., sez. 5, 16/03/2018, n. 6526), mentre l’art. 21, nell’estendere la riscossione mediante ruolo alle entrate dei medesimi enti anche se derivanti da rapporti di diritto privato, esige, quale presupposto imprescindibile, la preesistenza di un autonomo titolo esecutivo.
Il combinato disposto degli artt. 17 e 21 del D.Lgs. n. 46/1999 delinea, dunque, un doppio binario di riscossione mediante ruolo, quello delle entrate di natura pubblicistica, che prescinde dalla formazione di un distinto titolo esecutivo, da quello delle entrate che hanno causa in rapporti di diritto privato, che invece necessitano della preventiva formazione di un titolo avente efficacia esecutiva.
2.3. Tale ricostruzione ha trovato pieno riscontro nella giurisprudenza di legittimità in materia tributaria (Cass., sez. 5, n. 5, 12/01/2017, n. 582; Cass., sez. 5, 29/11/2019, n. 31331), laddove si è precisato, con specifico riguardo ai crediti del Comune spettanti a titolo di canoni per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (cd. Cosap), che, vertendosi in ipotesi di entrate patrimoniali riconducibili ad una prestazione di tipo privatistico, l’iscrizione a ruolo è subordinata – ex art. 21 D.Lgs. cit. – all’ottenimento da parte dell’ente pubblico locale, secondo le ordinarie procedure di realizzazione del credito tra privati, di un titolo esecutivo; ed è stata confermata, anche di recente, da Cass. n. 7188 del 2022, che ha affermato il principio secondo cui, ai fini del recupero dell’indennità da abusiva occupazione di suolo pubblico con riscossione coattiva mediante ruolo, la pubblica amministrazione è tenuta a munirsi preventivamente di un titolo esecutivo, in quanto la pretesa creditoria attiene ad un’entrata patrimoniale di natura privatistica, al pari di quella relativa al canone concessorio cd. “Cosap”.
Ad analoghe considerazioni questa Corte è pervenuta, sempre in ambito tributario (Cass., sez. 5, 03/03/2017, n. 5439; in senso conforme, Cass., sez. 5, 11/03/2021, n. 6833), in controversie insorte tra la società assicuratrice che, ai sensi dell’art. 38-bis del D.P.R. n. 633/1972, rilascia al contribuente una polizza fideiussoria, a garanzia della restituzione di un rimborso d’imposta, e l’amministrazione finanziaria che intenda escutere la garanzia allegando la non spettanza di quel rimborso, avendo qualificato come rapporto privatistico quello intercorrente tra l’assicuratore e l’erario e ritenuto che esso sia assoggettato al disposto di cui all’art. 21 D.Lgs. n. 46/99.
2.4. Dal sistema sopra descritto si evince, pertanto, che, per le entrate privatistiche, la riscossione mediante ruolo è consentita e costituisce uno strumento alternativo all’esecuzione forzata ordinaria.
Tanto trova, peraltro, ulteriore avallo nella riforma della riscossione locale introdotta dalla legge di bilancio 2020 (art. 1, comma 792, della legge n. 160 del 2019), che prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 2020, il recupero di tutte le entrate, pubbliche e private, è affidato allo strumento dell’accertamento esecutivo, istituto che concentra tre diverse funzioni: quella di atto impositivo, quella di titolo esecutivo e quella di precetto; in sostanza, l’Ente locale, dopo avere notificato l’avviso di accertamento, che acquista efficacia esecutiva alla scadenza del termine per l’impugnativa (60 giorni dalla notificazione per le entrate non tributarie), può procedere all’affidamento in carico ai soggetti incaricati della riscossione forzata. L’atto cd. “impoesattivo” svolge, invero, contemporaneamente le funzioni di avviso di accertamento e di atto di riscossione coattiva (iscrizione a ruolo o inserimento del credito in ingiunzione di pagamento), così consentendo una accelerazione del processo di riscossione delle entrate locali.
- Alla stregua delle considerazioni che precedono, non sono, dunque, ravvisabili ragioni che possano escludere che il Comune di Palermo potesse avvalersi della riscossione mediante ruolo per recuperare i crediti di cui si discute.
3.1. Infatti, è incontestato che il Comune di Palermo, al fine di evitare l’esecuzione forzata, ha provveduto al pagamento, in favore di I. Srl, delle somme dovute in forza di contratto di appalto intercorso tra le parti, per le quali era stata pronunciata condanna a suo carico con sentenza n. 11794/2004 del Tribunale di Palermo; la decisione è stata integralmente riformata dalla sentenza d’appello n. 564/2010, che ha espressamente condannato la società I Sr.l alla restituzione, in favore del Comune, delle somme indebitamente versate ed il titolo esecutivo è passato dal giudicato, essendo stato respinto il ricorso per cassazione proposto da I. Srl
La pretesa fatta valere dal Comune, che ha proceduto alla iscrizione a ruolo delle somme portate dalla sentenza d’appello ed alla notifica della cartella esattoriale oggetto di opposizione, traeva origine dunque da un rapporto di natura privatistica, come espressamente riconosciuto in controricorso dalla società I. Srl, ed era fondata su un titolo esecutivo, sicché, nella fattispecie che ci occupa, erano presenti tutti i presupposti che legittimavano l’utilizzo del procedimento di riscossione mediante ruolo.
3.2. Tale conclusione non può essere inficiata dalle argomentazioni di parte controricorrente, recepite dalla sentenza qui impugnata, secondo cui la disciplina degli artt. 17 del D.Lgs. n. 46/99 non consentirebbe di sussumere nel concetto di “entrata” tutte le pretese creditorie vantate per qualsiasi titolo dai soggetti pubblici, e, in particolare, quelle da restituzione di quanto indebitamente versato.
La Corte d’appello di Palermo, al fine di escludere che il credito di cui si discute potesse essere recuperato attraverso la procedura di riscossione a mezzo ruolo, a fondamento della decisione adottata ha richiamato la sentenza a Sezioni Unite di questa Corte n. 5680 del 2011, secondo cui, “in tema di riscossione dei contributi mediante ruolo dei crediti degli enti previdenziali, la disciplina prevista dagli artt. 17, comma 1, e 24 D.Lgs. n. 46/99, si riferisce espressamente alla sola riscossione delle entrate che sono individuate “nei contributi o premi dovuti” e non versati, “unitamente alle sanzioni ed alle somme aggiuntive”, non potendosi ritenere venuta meno, per l’ente previdenziale, la possibilità di ricorrere al procedimento di ingiunzione di cui all’art. 633 e ss. cod. proc. civ. per il recupero di somme indebitamente corrisposte a titolo di prestazioni previdenziali”; ed ha inoltre sottolineato che nello stesso solco si pone Cass., sez. L, n. 10835/2015, che ha escluso che i crediti relativi a compensi indebitamente percepiti da un giudice di pace possano essere recuperati mediante la procedura di riscossione coattiva esattoriale, precisando che l’interpretazione letterale dell’art. 17, comma 1, D.Lgs. n. 46/99 e, in particolare, l’uso del termine “entrate”, inducono ad escludere che la norma si riferisca “a tutti i crediti vantati per qualsiasi titolo dai soggetti pubblici dalla stessa indicati…”.
La Corte territoriale, nel fare riferimento a precedenti giurisprudenziali che riguardano, rispettivamente, gli enti previdenziali e lo Stato, ha, tuttavia, trascurato di considerare che, con specifico riferimento agli enti locali, non si può prescindere dalle disposizioni del D.Lgs. n. 267 del 2000 (Testo Unico degli enti pubblici locali), che, all’art. 149, intitolato “principi generali in materia di finanzia propria dei Comuni e della province”, chiarisce che essa è costituita anche da “altre entrate”, diverse da quelle tributarie e di natura patrimoniale, dizione che include redditi, proventi e crediti di qualsiasi natura che l’ente ha il diritto di riscuotere, tra i quali non possono che ricomprendersi anche quelli da restituzione di somme indebitamente versate, emergenti da un titolo giudiziale.
In altri termini, in difetto di una diversa e specifica disposizione di legge da cui possa evincersi che talune delle entrate patrimoniali di natura privatistica dell’ente locale possano ritenersi sottratte alla regola sancita dall’art. 21 D.Lgs. n. 46/99, non può che ritenersi che al concetto di “entrata” debbano essere ricondotte anche le somme indebitamente versate e di cui il soggetto pubblico pretende la restituzione in forza di pronuncia giudiziale ormai definitiva.
3.3. Neppure può essere condiviso l’assunto secondo cui la partita restitutoria de qua non fosse suscettibile di esecuzione a mezzo ruolo per il fatto che essa non aveva trovato allocazione nel bilancio dell’Ente locale.
Difatti, anche se si potesse prescindere dal rilievo, di per sé assorbente, che tale questione, sollevata in controricorso, si appalesa nuova perché non è stata esaminata dalla sentenza, né è stato chiarito quando e in quali termini essa sia stata portata all’esame del giudice di merito nelle precedenti fasi del giudizio, in ogni caso la stessa è da ritenersi del tutto ininfluente, in quanto l’inserimento della partita creditoria nel bilancio del Comune non condiziona né l’esistenza, né l’esigibilità del credito.
- Il ricorso, per le ragioni esposte, va accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Corte d’appello di Palermo, in diversa composizione, per nuovo esame, nonché per la liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Palermo, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile, il 20 marzo 2024.
Depositato in Cancelleria il 16 maggio 2024.
COMMENTO – La questione oggetto di causa concerne la facoltà, per la Pubblica Amministrazione (nella specie, il Comune di Palermo), di poter utilizzare gli strumenti del ruolo e della cartella di pagamento per il recupero di una somma indebitamente versata ad un privato.
Nella specie, in esecuzione di una sentenza di condanna di primo grado, il Comune di Palermo aveva versato alla società contribuente le somme ivi liquidate, al solo fine di evitare la possibile esecuzione forzata in proprio danno. Successivamente, tuttavia, la pronuncia di condanna a carico del predetto Comune veniva riformata con sentenza passata in giudicato, con conseguente diritto dell’Amministrazione comunale ad ottenere la restituzione di quanto indebitamente versato.
Il Comune di Palermo provvedeva all’iscrizione a ruolo della somma oggetto di richiesta di restituzione, ma la società contribuente contestava l’utilizzo di tale strumento, sostenendo che l’Amministrazione comunale dovesse invece ricorrere all’espropriazione ordinaria regolata dal Codice di procedura civile.
La tesi della società contribuente veniva respinta dal Tribunale di Palermo, ed invece accolta in secondo grado dalla Corte di Appello della medesima città, sull’assunto che l’art. 17 D.lgs. 46/1999 preveda la riscossione a mezzo ruolo unicamente per le “entrate” extra-tributarie, non potendosi considerare tali le somme richieste in restituzione al privato.
Avverso tale statuizione il Comune di Palermo propone ricorso per Cassazione che, con la pronuncia in esame, trova integrale accoglimento.
Viene quindi affermato il principio di diritto secondo cui, nel concetto di “entrata”, devono essere incluse anche le somme indebitamente versate dalla Pubblica Amministrazione, delle quali quest’ultima pretende la restituzione in forza di una pronuncia giudiziale ormai definitiva.
Permane, tuttavia, una differenziazione.
Mentre infatti per le entrate tributarie e per quelle degli enti previdenziali il ruolo costituisce già di per se stesso titolo esecutivo, per le entrate derivanti da rapporti giuridici di natura privatistica, quali il credito alla restituzione dell’indebito, è necessaria la preventiva formazione di un titolo esecutivo distinto ed autonomo rispetto al ruolo.
In tal senso dispone l’art. 21 D.lgs. 46/1999, secondo cui “salvo che sia diversamente disposto da particolari disposizioni di legge e salvo, altresì, quanto stabilito dall’art. 24 per le entrate degli enti previdenziali, le entrate previste dall’articolo 17 aventi causa in rapporti di diritto privato sono iscritte a ruolo quando risultano da titolo avente efficacia esecutiva“.
Nel caso di specie, la pronuncia giudiziale definitiva, che aveva statuito la mancata debenza delle somme liquidate in primo grado, determinando in tal modo il diritto alla restituzione in capo all’Ente locale, era idonea a soddisfare il disposto di tale ultima norma, costituendo senza dubbio un “titolo avente efficacia esecutiva” distinto ed autonomo dal ruolo, e ad esso preesistente.
In tale situazione, l’Amministrazione comunale di Palermo doveva ritenersi libera di scegliere se ricorrere ad un’azione esecutiva ordinaria, condotta in base alle norme del Libro III del Codice di procedura civile, oppure se procedere all’iscrizione a ruolo della somma da recuperare.
In conclusione, quindi, il concetto di “entrata”, riscuotibile mediante ruolo e cartella di pagamento in base all’art. 21 D.lgs. 46/1999, comprende anche le somme indebitamente versate dal soggetto pubblico, delle quali quest’ultimo pretende la restituzione in forza di una pronuncia giudiziale ormai definitiva.
Né vale in contrario la circostanza che tale credito restitutorio non fosse stato inserito nel bilancio del Comune di Palermo. Tale questione, non sollevata nei precedenti gradi di giudizio e non esaminata dalla sentenza impugnata, non può essere posta per la prima volta nel corso del giudizio di legittimità; in ogni caso, la stessa risulta altresì ininfluente, poiché l’inserimento di una partita creditoria nel bilancio dell’Ente comunale non può condizionarne né l’esistenza, né l’esigibilità.
Dott.ssa Cecilia Domenichini
Unicusano- Roma