Cass. civ., sez. V, sent., 1° settembre 2022 n. 25696


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –

Dott. DORIANO Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21058/2016 proposto da:

SOG.E.T. Società d Gestione Entrate Tributi s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. A. F.  – ricorrente –

CONTRO

I. C. D. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti G. C. e V. B.,                         – controricorrente –

Comune di (OMISSIS), in persona del sindaco pro tempore.

– intimato avverso la sentenza n. della Commissione tributaria regionale Piemonte n. 194/22/16, depositata l’11.02.2016 Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 5/07/2022 dal Consigliere Dott. Milena Balsamo;

Letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale Dott. Paola Filippi che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo

La società SOG.G.E.T., Società di Gestione Entrate e Tributi s.p.a. (di seguito breviter SOGET) impugna, con ricorso affidato a sei motivi, la sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte, n. 94/22/2016 depositata l’11 febbraio 2016, che ha accolto l’appello proposto da F. I. C. D. s.p.a. (in prosieguo anche F.), avverso la sentenza della commissione tributaria provinciale, la quale in prime cure aveva accolto parzialmente il ricorso proposto dalla contribuente, avverso un avviso di accertamento per TIA, relativa ad annualità di imposta dal 2007 al 2011, emesso dal comune di (OMISSIS) e notificato da SOGET Resiste con controricorso F., mentre il comune di (OMISSIS) non ha spiegato difese.

Il Pg. ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Motivi della decisione

Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione del D.Lgs. n.152 del 3 aprile 2006art. 238, nonché vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per avere il giudice d’appello erroneamente ritenuto che la tariffa applicata dall’ente locale fosse la tariffa integrata ambientale (c.d. TIA 2), anziché la allora vigente tariffa di igiene ambientale (c.d. TIA 1).

Con il secondo motivo si assume la violazione del D.Lgs. n.22 del 5 febbraio 1997art. 49 e del D.P.R. n.158 del 27 aprile 1999, avendo la commissione tributaria regionale erroneamente ritenuto l’esistenza di un legame inscindibile, tra l’assoggettamento della contribuente alla parte fissa della tariffa e la produzione di rifiuti.

Con il terzo motivo si denuncia la violazione dell’art. 7 del D.P.R. n.158 del 27 aprile 1999, avendo erroneamente ritenuto la sentenza impugnata che la TIA 1 non fosse dovuta, per la quota fissa, in caso di rifiuti speciali.

Con il quarto motivo si prospetta la violazione dell’art. 174 del Trattato CEE e dell’art. 12 della direttiva 2006/12/CE, poiché la commissione tributaria ha erroneamente ritenuto che l’avviso di accertamento avesse violato il principio comunitario “chi inquina paga”.

Con il quinto motivo si denuncia la violazione del D.Lgs. n.446 del 15 dicembre 1997art. 52, del D.Lgs. n.152 del 3 aprile 2006art. 238, degli D.Lgs. n.267 del 18 agosto 2000artt. 7124 149, poiché la sentenza impugnata ha ritenuto di disapplicare il regolamento del comune di (OMISSIS) concernente l’applicazione della TIA 1, per avere violato la disciplina avente forza di legge.

I cinque motivi, sostanzialmente connessi, possono essere esaminati congiuntamente e sono fondati nei limiti di cui si dirà.

La questione controversa attiene ai presupposti impositivi della quota fissa della tariffa di igiene ambientale, cd. TIA, disciplinata dall’art. 49 del c.d. “decreto Ronchi” (il D.Lgs. n. 22 del 1997, successivamente modificato dall’art. 1, comma 28, della L. 9 dicembre 1998, n. 426, e dall’art. 33 della L. 23 dicembre 1999, n. 488). In dichiarata attuazione delle direttive 91/156/CEE, 91/689/CEE e 94/62/CE, tale norma ha stabilito l’obbligo dei Comuni di effettuare, in regime di privativa, la gestione dei rifiuti urbani ed assimilati e, in particolare, ha previsto l’istituzione, da parte dei Comuni medesimi, di una “tariffa” per la copertura integrale dei costi per i servizi relativi alla gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti di qualunque natura o provenienza giacenti sulle strade ed aree pubbliche e soggette ad uso pubblico, nelle zone del territorio comunale, “composta da una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per le opere e dai relativi ammortamenti, e da una quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito, e all’entità dei costi di gestione, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio” (comma 4). Con successivo regolamento del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, approvato con il D.P.R. n. 27 aprile 1999, n. 158, è stato elaborato il metodo normalizzato per definire le componenti dei costi e determinare la tariffa di riferimento, di cui al comma 5 della stessa norma. Ai sensi del comma 3 è tenuto al pagamento della tariffa “chiunque occupi oppure conduca locali, o aree scoperte ad uso privato non costituenti accessorio o pertinenza dei medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale”; il comma 14 ne prevede poi una riduzione nei casi in cui il produttore di rifiuti assimilati dimostri (mediante attestazione rilasciata da chi effettui il recupero) di aver avviato detti rifiuti al recupero. A differenza della normativa sulla TARSU, l’art. 49 del “decreto Ronchi” stabilisce, pertanto, che la TIA deve sempre coprire l’intero costo del servizio di gestione dei rifiuti e che detta tariffa è dovuta anche per la gestione dei rifiuti “esterni” (come già statuiva l’abrogato art. 268 del R.D. n. 1175 del 1931, sostituito dall’art. 21 del D.P.R. n. 915 del 1982, in relazione all’art. 9 del D.L. n. 66 del 1989, convertito, cori modificazioni, dalla L. n. 144 del 1989). Secondo i criteri di commisurazione del prelievo, di cui al comma 4 del citato art. 49, la TIA è suddivisa ‘in una parte fissa (concernente le componenti essenziali del costo del servizio – ivi compreso quello dello spazzamento delle strade -, riferite in particolare agli investimenti per le opere ed ai relativi ammortamenti) ed in una parte variabile (rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito, e all’entità dei costi di gestione). I criteri di determinazione di tali due parti della TIA sono contenuti nel citato D.P.R. n. 158 del 1999, che prevede indici costruiti, tra l’altro, sulla quantità totale dei rifiuti prodotti nel Comune, sulla superficie delle utenze, sul numero dei componenti il nucleo familiare delle utenze domestiche, su coefficienti di potenziale produzione di rifiuti secondo le varie attività esercitate nell’ambito delle utenze non domestiche. Ai sensi del D.Lgs. n. 22 del 1997 art. 49, comma 14, l’autonomo avviamento a recupero dei rifiuti, da parte del produttore dii essi, non comporta l’esclusione dal pagamento dell’imposta, ma determina una riduzione proporzionale della sola parte variabile di tale tariffa, con una disposizione analoga al comma 2 dell’art. 67 del D.Lgs. n. 507 del 1993 in tema di TARSU. Come evidenziato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 238 del 2009, la TIA, a differenza della TARSU, ha la funzione di coprire i costo dei servizi di smaltimento concernenti i rifiuti non solo “interni”, cioè prodotti o producibili dal singolo soggetto passivo che può avvalersi del servizio, ma anche “esterni”, quali i “rifiuti di qualunque natura o provenienza giacenti sulle strade ed aree pubbliche e soggette ad uso pubblico”, e quindi di coprire anche le pubbliche spese afferenti ad un servizio indivisibile, reso a favore della collettività e non riconducibile a un rapporto sinallagmatico con il singolo utente. Tale differenza si ripercuote anche sull’entità del prelievo: mentre per la TARSU il gettito deve corrispondere ad un 5 ammontare compreso tra l’intero costo del servizio ed un minimo costituito da una percentuale di tale costo, determinata in funzione della situazione finanziaria del Comune (D.Lgs. n. 507 del 1993 art. 61, comma 1), per la TIA il gettito deve, invece, assicurare sempre l’integrale copertura del costo dei servizi. Tenuto conto della funzione innanzi indicata, va affermato che la quota fissa della TIA è dovuta sempre per intero, sul mero presupposto del possesso o detenzione di superfici nel territorio comunale astrattamente idonee alla produzione di rifiuti, in quanto destinata a finanziare i costi essenziali del servizio nell’interesse dell’intera collettività, mentre ogni valutazione in ordine alla quantità di rifiuti concretamente prodotti dal singolo, ed al servizio effettivamente erogato in suo favore, potrà incidere solo ed esclusivamente sulla parte variabile della tariffa (Cass. n. 5360 dei 27/02/2020; n. 14038/ 2019; n. 22127 del 2017; n. 10787 del 2016).

Si è, poi, ribadito che la TIA 1 ha carattere universale e vi sono assoggettati tutti i locali siti nel territorio dell’ente comunale impositore, in quanto potenzialmente idonei a produrre rifiuti, applicandosi la riduzione di cui all’art. 62, comma 3, del D.Lgs. n. 15 novembre 1993, n. 507, alle parti di superfici del locale interessate dalle attività che generano rifiuti speciali non assimilati a quelli urbani, smaltiti in proprio dal contribuente, con la precisazione che l’esonero riguarda la sola parte variabile della tariffa e giammai quella fissa (Cass. 27/02/2020, n. 5360).

E’ dunque conforme al disposto dell’art. 49, commi 3 e 4, del D.Lgs. n. 22 del 1997, il regolamento comunale che prevede l’assoggettamento alla tariffa di un immobile ad uso non abitativo, non utilizzato, seppure limitatamente alla sola quota fissa (Cass. 22/09/2017, n. 22127).

Ha errato, allora, il giudice d’appello nel ritenere che la contribuente, in quanto produttrice di rifiuti speciali non assimilabili a quelli urbani, fosse interamente esonerata dal versamento anche della sola quota fissa della TIA 1, palesandosi al contrario pienamente legittimo il regolamento del comune di (OMISSIS), che prevedeva l’onere di pagare la detta quota fissa, anche nel caso di produzioni di rifiuti non assimilabili a quelli urbani.

In definitiva, il ricorso deve essere accolto; la sentenza impugnata va cassata, e, decidendo nel merito, deve essere respinto l’originario ricorso della contribuente.

L’evolversi della vicenda processuale legittima la compensazione delle spese del giudizio di merito.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso della contribuente;

condanna la contribuente alla refusione delle spese di lite sostenute dalla ricorrente che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre 200,00 per esborsi, rimborso forfettario ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 5 luglio 2022.

Depositato in Cancelleria il 1 settembre 2022


COMMENTO REDAZIONALE- In accoglimento del ricorso promosso dal Concessionario della riscossione, la sentenza in commento ribadisce il carattere universale della tariffa di igiene ambientale (TIA).

Di conseguenza, ad essa sono assoggettati tutti gli immobili siti nel territorio del Comune, in quanto potenzialmente idonei a produrre rifiuti.

La riduzione di cui all’art. 62, comma 3, D.lgs. 15 novembre 1997 n. 507 trova applicazione solo per quelle parti di superficie dei locali che producono rifiuti speciali, non assimilabili ai rifiuti urbani e smaltiti in proprio dal contribuente. Anche rispetto a tali superfici, peraltro, l’esonero può riguardare unicamente la parte variabile della TIA, e mai la parte fissa, che resta invece in ogni caso dovuta (in senso conforme, Cass. civ., sez. V, ord., 27 febbraio 2020 n. 5360).

Per tale motivo, è legittimo il regolamento comunale che assoggetta alla parte fissa della tariffa un immobile ad uso non abitativo, che non venga utilizzato (si veda, in senso conforme, Cass. civ., sez. V, ord., 22 settembre 2017 n. 22127).

In applicazione dei suddetti principi, viene riformata la sentenza di secondo grado, che aveva ritenuto la società contribuente, in quanto produttrice di rifiuti speciali non assimilabili a quelli urbani, interamente esente dalla TIA, anche relativamente alla parte fissa.

L’originario ricorso della società contribuente avverso l’avviso di accertamento TIA viene dunque respinto, con condanna della predetta società al pagamento delle spese processuali.