Cass. civ. Sez. II, Ord., 13 febbraio 2023, n. 4326


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. PAPA Patrizia – rel. Consigliere –

Dott. TRAPUZZANO Cesare – Consigliere –

Dott. AMATO Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13704-2019 proposto da:

A.A., elettivamente domiciliata in …, presso lo studio dell’avv. …., rappresentata e difesa dall’avv. …giusta procura a margine del ricorso, con indicazione degli indirizzi pec;                                                                                                                                        – ricorrente –

contro

COMUNE di (Omissis), in persona del sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ….., presso lo studio dell’avv. … dal quale è rappresentato e difeso giusta procura a margine del controricorso, con indicazione dell’indirizzo pec.;                      – controricorrente –

avverso la sentenza n. 969/2018 del TRIBUNALE di CASTROVILLARI, depositata il 30/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/07/2022 dal consigliere Dott. PATRIZIA PAPA.

Svolgimento del processo

  1. Con sentenza n. 339-2011, il Giudice di pace di (Omissis) accolse l’opposizione di A.A. avverso il verbale di accertamento della Polizia municipale del Comune di (Omissis) n. (Omissis) del (Omissis), compensando le spese di lite.

Con sentenza n. 969 del 2018, pubblicata in data 30/10/2018, il Tribunale di Castrovillari, adito in via principale da A.A. per la riforma della statuizione di compensazione delle spese, accolse invece l’appello incidentale del Comune e, in conseguenza, modificando la statuizione di primo grado, rigettò l’opposizione, confermando la sanzione applicata e condannando l’appellante al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio.

Il Tribunale affermò che, secondo il verbale, il dispositivo di rilevazione della velocità risultava ben visibile e adeguatamente segnalato e la circostanza era confermata dalle fotografie non contestate.

Aggiunse che l’appellante principale aveva riproposto alcuni ulteriori motivi posti a fondamento della sua opposizione e non esaminati dal giudice di primo grado perché ritenuti assorbiti e ne valutò la fondatezza, escludendola; sostenne, infatti, che l’appellato incidentale ha “la facoltà di riproporre le domande e le eccezioni ai sensi dell’art. 346 c.p.c. sino all’udienza di precisazione delle conclusioni, non essendo applicabile all’appello il sistema di preclusioni introdotto per il giudizio di primo grado”. In particolare, escluse la fondatezza dei motivi di opposizione concernenti l’omessa menzione in verbale del provvedimento impositivo del limite di velocità e dell’autorità che lo aveva emanato, la mancata contestazione immediata dell’infrazione e il difetto di motivazione e, infine, la prova dell’omologazione dell’apparecchiatura.

Avverso questa sentenza A.A. ha proposto ricorso per cassazione per sei motivi, a cui il Comune di (Omissis) ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

  1. Con il primo motivo, la ricorrente ha sostenuto la nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 112, 163 n. 3, 164, 166, 167, 342, 343 e 347 c.p.c.in relazione all’art. 360 comma I n. 4 c.p.c.perché il Tribunale avrebbe pronunciato l’accoglimento dell’appello incidentale in violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, in difetto di adeguate conclusioni e, in particolare, di una domanda di rigetto dell’avversa opposizione.

Con il secondo motivo, A.A. ha prospettato la nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 112, 346, 132 n. 4 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., nonché della Cost., art. 111 in relazione all’art. 360 comma I n. 4 c.p.c. perché il Tribunale non avrebbe esaminato il motivo di opposizione concernente l’omessa menzione, nel verbale, della presenza di adeguata segnaletica del limite di velocità di 50 km orari; ha sottolineato che il riesame del motivo era dovuto perché non vi era alcun onere di riproposizione, da parte sua, in appello, in quanto ciascun motivo di opposizione non costituiva domanda autonoma.

Con il terzo motivo, la ricorrente ha riproposto quale vizio per omesso esame di fatto decisivo, rilevante ex n. 5 del comma I dell’art. 360 c.p.c., la medesima questione dell’assenza di segnali in loco sul limite di velocità a 50 km orari come sollevata con l’atto di opposizione, con conseguente violazione degli artt. 142 e 201 del codice della strada e dell’art. 343 del suo regolamento di attuazione.

Con il quarto motivo, A.A. ha prospettato la violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del decreto ministeriale 15/08/2007, nonché degli art. 2700, 2697 c.c., degli art. 115, 163, 167, 311 c.p.c. e degli art. 74 e 87 disp att. c.p.c. per avere il Tribunale accolto l’appello incidentale e ritenuto comunque legittimo il verbale, nonostante lo specifico motivo di opposizione della mancata indicazione della distanza tra la postazione di controllo e la relativa segnaletica, pur in assenza di produzione da parte del Comune di adeguata documentazione sul punto.

Con il quinto motivo, è stata sostenuta la nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 132 n. 4 c.p.c. e 118 c.p.c. in relazione all’art. 360 comma I n. 4 c.p.c. perché non vi risulterebbe specificato quale materiale fotografico sia stato utilizzato per ritenere provata l’esistenza di segnaletica dell’autovelox a sufficiente distanza dalla postazione.

Infine, con il sesto motivo, la ricorrente ha lamentato, in relazione all’art. 360 comma I n. 4 e agli art. 91, 92, 132 n. 4 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. l’omessa pronuncia sul motivo di appello principale sulla compensazione delle spese in primo grado.

  1. Il primo motivo è infondato: dalla stessa prospettazione contenuta in ricorso risulta che con l’appello incidentale il Comune ha chiesto in modo inequivocabile la riforma dell’impugnata sentenza, ribadendo nelle motivazioni della sua comparsa le ragioni a difesa del corretto esercizio del suo potere sanzionatorio e l’infondatezza dei motivi di opposizione; non era evidentemente necessaria alcuna altra indicazione sull’oggetto della sua impugnazione, perché il procedimento di opposizione a sanzione amministrativa è strutturato sin dal primo grado come giudizio impugnatorio diretto ad escludere la fondatezza della pretesa sanzionatoria esercitata dalla pubblica amministrazione, con conseguente nullità o annullamento della sanzione; la pubblica amministrazione, pertanto, è tenuta unicamente a difendere il corretto esercizio di questo potere e a resistere ai motivi di opposizione che costituiscono la causa petendi della contrapposta domanda di annullamento.

2.1. Nel secondo e terzo motivo di ricorso, poi, la ricorrente ha censurato la sentenza di appello, prospettando l’omesso esame del suo motivo di opposizione, formulato in primo grado, della mancanza di segnalazione del limite di 50 km/h sul luogo della contestata infrazione: citando la pronuncia della Sez. lavoro di questa Corte n. 6803 del 2003, ha sostenuto, sul punto, che non vi fosse onere, da parte sua, di riproporre nel giudizio di appello questo e gli altri motivi di opposizione non esaminati, perché l’art. 346 c.p.c., nell’imporre l’onere di riproporre in appello le domande e le eccezioni non accolte in primo grado e rimaste assorbite, presuppone comunque la soccombenza e si riferisce perciò ad una pluralità di domande o di eccezioni proposte non via cumulativa, ma in via alternativa o subordinata e non è applicabile quando, come nella specie, sia stata proposta un’unica domanda, sostenuta da più motivi, comunque poi accolta.

In ogni caso, la ricorrente ha rimarcato di aver riproposto la questione al giudice di appello laddove nell’atto di impugnazione ha riportato che “ad ogni modo, anche gli altri motivi avrebbero meritato accoglimento, essendo palesemente fondati” e laddove a verbale “dell’udienza di precisazione delle conclusioni” (cioè all’ultima udienza prima della decisione), ha chiesto il rigetto dell’appello incidentale “anche alla luce degli originari motivi di opposizione nei quali si insiste e di cui si chiede, comunque, l’accoglimento”; infine, ha sottolineato che dei fatti se ne era comunque discusso nelle memorie conclusionali.

Per esaminare la fondatezza del secondo e terzo motivo di ricorso, è perciò necessario verificare preliminarmente se la questione posta – l’assenza di segnali in loco sul limite di velocità a 50 km orari – fosse ancora scrutinabile dal giudice dell’impugnazione o, invece, dovesse intendersi definitivamente preclusa in quanto non riproposta tempestivamente in sede di appello.

Innanzitutto, si deve precisare che il giudizio in esame, iniziato con ricorso in opposizione del 25/7/2011, è regolato secondo il sistema normativo risultante dalla riforma del D.L. 18 ottobre 1995, n. 432, convertito dalla L. 20 dicembre 1995, n. 534 e dalla novella entrata in vigore dal 1 marzo 2006.

Per quel che qui rileva, deve allora considerarsi che la struttura del giudizio di appello è ispirata ad una volontà di concentrazione inconciliabile con una articolazione in più udienze: secondo gli artt. 350 e 352 c.p.c., il giudice d’appello, esaurite le attività preliminari di cui agli artt. 350 e 351 c.p.c., ove non disponga atti istruttori e ritenga la causa matura per la decisione, può compiere gli atti che preludono alla decisione già in prima udienza, invitando le parti a precisare le loro conclusioni definitive nella stessa udienza o in un’udienza successiva, senza che, prima di passare alla fase di rimessione in decisione, vi sia Spa zio per altre udienze di trattazione.

Conseguentemente, le attività assertive e probatorie devono necessariamente essere concentrate nella fase iniziale del procedimento e, perciò, compiute nella prima udienza di trattazione perché, non operando una devoluzione automatica, è necessario che anche nel giudizio di impugnazione sia immediatamente definito l’ambito delle questioni effettivamente devolute alla cognizione di secondo grado.

Ciò stabilito, deve quindi ribadirsi che dalla struttura di giudizio impugnatorio del giudizio di opposizione – come già prima sottolineata – deriva quale ulteriore corollario, per quel che concerne l’opponente, che tutte le ragioni poste alla base della richiesta di nullità ovvero di annullamento dell’atto – cioè, come detto, la causa petendi della pretesa – debbano essere prospettate nel ricorso introduttivo e non possano essere integrate in corso di causa; simmetricamente, quindi, l’amministrazione non può dedurre, a sostegno della pretesa sanzionatoria, motivi o circostanze diversi da quelli enunciati con l’ordinanza ed il giudice non può rilevare d’ufficio ragioni di nullità del provvedimento opposto o del procedimento che l’ha preceduto, eccettuata l’ipotesi di inesistenza del potere sanzionatorio (Sez. 2, Ordinanza n. 27909 del 31/10/2018).

In altri termini, sebbene sia vero che nel giudizio di opposizione è proposta un’unica domanda di accertamento negativo sul corretto esercizio del potere sanzionatorio, è vero altresì che i motivi di opposizione sono disponibili, nel senso che la manifestazione della volontà della parte opponente è strutturalmente prevista quale elemento integrativo della fattispecie difensiva; in conseguenza, i motivi di opposizione soggiacciono allo stesso regime delle eccezioni non rilevabili d’ufficio.

Ciò sottolineato, deve quindi escludersi che possa intendersi riprodotto in sede di appello un motivo di opposizione – e, quindi, in specie, quello del limite di velocità – con il solo richiamo agli “originari” motivi di opposizione e con la richiesta di loro accoglimento.

Seppure, infatti, la riproposizione in appello delle domande ed eccezioni che non siano state accolte nella sentenza di primo grado, richiesta dall’art. 346 c.p.c., non esige formule sacramentali, è tuttavia necessario che la volontà di sottoporre al riesame del giudice superiore le domande ed eccezioni precedentemente disattese sia manifestata in maniera esplicita e non equivoca, non con un generico richiamo alle deduzioni formulate in primo grado (Sez. 2, Sentenza n. 789 del 08/04/1964; Sez. 2 -, Ordinanza n. 40833 del 20/12/2021).

E’ necessario, invero, che l’atto processuale si articoli sia in una parte volitiva – la domanda sottoposta al giudice e, nel caso di impugnazione, la richiesta di riesame – sia in una parte argomentativa – l’illustrazione dei motivi a sostegno della questione.

Nella specie, invece, l’atto di impugnazione di A.A. – esaminabile da questa Corte perché è stato dedotto un error in procedendo – contiene unicamente in parte narrativa l’esposizione della questione di cui si discute e, per giunta, a pag.6, contiene pure l’esplicita affermazione che “l’accoglimento del ricorso (…) rende (…) non necessaria ogni specifica censura in questa sede” relativa agli altri motivi di opposizione non esaminati.

Ritenuto, perciò, che in atto di appello non vi è stata riproposizione del motivo di opposizione concernente l’assenza di segnali in loco sul limite di velocità a 50 km orari, occorre allora stabilire se anche nella fattispecie operasse la regola dettata dall’art. 346 c.p.c. secondo cui “le domande e le eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado, che non sono espressamente riproposte in appello si intendono rinunciate”.

In fatto, si deve considerare che, nel caso in esame, il Giudice di pace aveva accolto l’opposizione sulla base del solo motivo della asserita non visibilità dell’apparecchio e della lamentata assenza di presegnalazione idonea e che l’appello è stato proposto da A.A. soltanto avverso il capo di compensazione delle spese.

L’appellante attuale ricorrente, pertanto, quando ha proposto la sua limitata impugnazione, ancora continuava a non avere più interesse al riesame dei motivi di opposizione non scrutinati: questo interesse, infatti, è oggettivamente sorto soltanto in seguito alla proposizione dell’impugnazione incidentale da parte dell’appellato Comune.

Conseguentemente, la fattispecie sembra comunque sfuggire alla previsione dell’art. 346 c.p.c. perchè diversamente ritenendo, si costringerebbe l’appellante vincitore alla devoluzione di ogni questione non esaminata, a prescindere dall’attualità dell’interesse al tempo di proposizione dell’impugnazione, in tal modo pregiudicando il favor per la stabilità delle decisioni.

D’altro canto, si tradirebbe l’esigenza dell’esplicita e tempestiva devoluzione al giudice dell’impugnazione delle questioni non decise – come protetta dall’art. 346 c.p.c. – se si affermasse, come preteso in ricorso, che, in mancanza di interesse attuale al momento dell’impugnazione, la riproposizione delle domande e delle eccezioni non esaminate (nel nostro caso, i motivi di opposizione) possa avvenire senza limiti di tempo, fino alla decisione della causa.

In mancanza di una disciplina specifica, giova, allora, considerare la norma dettata dal comma 2 dell’art. 343 c.p.c. per un altro caso in cui l’interesse al riesame della materia decisa sorge non immediatamente dal provvedimento impugnato, ma soltanto a seguito del comportamento processuale di controparte: secondo tale norma, l’appello incidentale, “quando l’interesse alla sua proposizione sia sorto dall’impugnazione di altra parte diversa dall’appellante principale”, può e deve essere proposto “in ogni caso immediatamente, nella prima udienza successiva”.

Con questa previsione, il legislatore ha contemperato l’esigenza dell’esplicita e tempestiva devoluzione al giudice dell’impugnazione delle questioni da esaminare e il principio di concentrazione con la necessità, altrettanto essenziale alla speditezza dei giudizi, di assicurare la devoluzione delle sole questioni per cui vi sia un concreto e attuale interesse.

Così ricostruita l’operatività dei due articoli, l’ipotesi oggetto del presente giudizio può allora trovare disciplina con l’applicazione analogica del comma 2 dell’art. 343 c.p.c. letto congiuntamente con l’art. 346 c.p.c. Pertanto, nel giudizio di impugnazione regolato dalla novella n. 80 del 2006, deve ritenersi che l’ultimo limite temporale per l’appellante alla riproposizione delle eccezioni non esaminate, quando l’interesse alla loro riproposizione sia per lui sorto dall’avversa impugnazione incidentale, deve essere fissato necessariamente nella prima difesa utile e, cioè, non oltre la prima e unica udienza di trattazione.

In conseguenza, per sottoporre nuovamente al Tribunale in funzione di giudice d’appello la questione dell’omessa segnalazione del limite dei 50 km/h come sollevata in atto di opposizione e non decisa dal primo giudice perché assorbita, l’opponente vittoriosa non era evidentemente tenuta a riproporla con impugnazione incidentale, in quanto non esplicitamente rigettata dal primo giudice; ella era obbligata, tuttavia, a riprodurla espressamente nella prima difesa utile e comunque non oltre la prima udienza, per sottrarsi alla presunzione di rinuncia (cfr. Sez. U, Sentenza n. 7940 del 2019); ciò non ha fatto, riproponendo esplicitamente questo motivo di opposizione soltanto nelle memorie conclusionali.

Diversamente non può ritenersi in riferimento al precedente della sezione lavoro di questa Corte citato dalla ricorrente: in quella pronuncia, infatti, è ribadito unicamente che l’art. 346 c.p.c. si occupa soltanto delle domande e delle eccezioni sulle quali non vi sia stata una parte praticamente soccombente, ma certamente la statuizione non collide con l’affermazione dell’onere della parte che sia rimasta totalmente vittoriosa nel merito di riproporre con la prima difesa utile le questioni non esaminate dal primo giudice e ritenute ancora efficaci per contrastare la pretesa di controparte.

Per queste considerazioni, il secondo e il terzo motivo sono inammissibili in quanto concernenti questione non riproposta tempestivamente e, perciò, non più esaminabile in appello per preclusione ex art. 343, 346 e 347 c.p.c..

2.2 Anche il quarto motivo e il quinto motivo, che possono essere trattati congiuntamente per continuità argomentativa, sono in parte inammissibili e in parte infondati.

Il Tribunale ha esplicitamente statuito che per contrastare le affermazioni contenute in verbale sulla visibilità e la preventiva segnalazione dell’apparecchio di segnalazione sarebbe stato necessario proporre querela di falso, invece non proposta; ha quindi aggiunto che la documentazione fotografica prodotta in primo grado dimostra la presenza, lungo la strada, di cartelli segnalatori di dimensioni appropriate, ben visibili e contenenti l’indicazione “controllo elettronico della velocità” integrata con il simbolo dell’organo accertatore, classificabili nel tipo “a”, secondo la previsione dell’art. 1 del decreto del Ministero dei Trasporti del 15 agosto 2007, emanato per l’attuazione del D.L. 3 agosto 2007, n. 117, art. 3, comma 1, lettera b), recante disposizioni urgenti modificative del codice della strada per incrementare i livelli di sicurezza nella circolazione.

Deve allora considerarsi, in diritto, che la sussistenza del cartello di presegnalazione cui è subordinata la validità della sanzione amministrativa è circostanza oggettiva, che ricade sotto la diretta percezione dei verbalizzanti; la relativa menzione contenuta nel verbale, pertanto, non integra una mera clausola di stile, ma costituisce attestazione di un dato direttamente rilevato dagli accertatori senza margini di apprezzamento, né diversamente valutabile nella sua oggettività, potendo l’opponente contestarne la veridicità solo mediante la querela di falso (Cass. 5997/2014 e 680/2011).

La fede privilegiata non si estende, invece, agli apprezzamenti e alle valutazioni, nè ai fatti di cui i pubblici ufficiali abbia avuto notizia da terzi o dedotti in base a presunzioni o considerazioni di carattere logico (Cass. 23800/2014; Cass. 11012/2013; Cass. 3705/2013).

La querela di falso era perciò necessaria per contestare la presenza del segnale attestata dal verbale, non anche per sindacare l’adeguatezza della medesima presegnalazione, oggetto di un apprezzamento dei verbalizzanti di cui il giudice poteva però tener conto, come ha fatto, valutandone la rilevanza nel confronto con le altre risultanze processuali, al pari di ogni elemento risultante dal verbale di accertamento.

A ciò deve aggiungersi – ed è precisazione rilevante per l’esame di fondatezza dei motivi – che gravava sull’opponente e non sulla P.A. l’onere di provare la concreta inidoneità della segnaletica ad assolvere la funzione di avviso della presenza di postazioni di controllo della velocità (Cass. 6242/1999; Cass. 23566/2017). Non era quindi necessario che il verbale contenesse un avvertimento puntuale circa le modalità di segnalazione, venendo in rilievo – ai fini della legittimità della sanzione – l’effettiva esistenza e l’idoneità della segnalazione stessa, da accertarsi in applicazione dei principi enunciati oltre che tenendo conto della valenza probatoria e dei requisiti essenziali di contenuto del verbale di accertamento (Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 11792 del 2020).

In tal senso il Tribunale ha ampiamente motivato sull’adeguatezza dei cartelli segnalatori come risultante dal materiale fotografico acquisito, descrivendone in dettaglio la tipologia.

Sarebbe stato perciò onere della ricorrente indicare precisamente in ricorso quale documento fotografico fosse decisivo, ex n. 5 del comma I dell’art. 360 c.p.c., per contrastare il giudizio del Tribunale: questa indicazione manca in ricorso e la censura della mancanza di dettaglio della motivazione è in sè inammissibile dopo la riforma dell’art. 360 c.p.c..

2.3. Il sesto motivo è ugualmente inammissibile: il Tribunale ha accolto l’appello incidentale e riformulato la condanna alle spese per il doppio grado, con ciò evidentemente assorbendo l’esame. 3. Il ricorso dev’essere perciò rigettato.

Le spese, liquidate in dispositivo in riferimento al primo scaglione, sono poste a carico della ricorrente in favore del Comune, secondo soccombenza.

Si applica alla presente impugnazione, proposta dopo il 30.1.2013, il comma 1-quater dell’art. 13 D.P.R. n. 115 del 2002 (introdotto dalla legge di stabilità 228/12), che obbliga la parte, che proponga un’impugnazione inammissibile, improcedibile o totalmente infondata, a pagare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ove dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso;

condanna la ricorrente al rimborso delle spese di giudizio in favore del Comune, liquidandole in Euro 800,00 oltre Euro 200,00 per esborsi.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 7 luglio 2022.

Depositato in Cancelleria il 13 febbraio 2023


COMMENTO: La sussistenza del cartello di presegnalazione cui è subordinata la validità della sanzione amministrativa è circostanza oggettiva, che ricade sotto la diretta percezione dei verbalizzanti; la relativa menzione contenuta nel verbale, pertanto, non integra una mera clausola di stile, ma costituisce attestazione di un dato direttamente rilevato dagli accertatori senza margini di apprezzamento, né diversamente valutabile nella sua oggettività, potendo l’opponente contestarne la veridicità solo mediante la querela di falso (Cass. 5997/2014 e 680/2011).

La fede privilegiata non si estende, invece, agli apprezzamenti e alle valutazioni, né ai fatti di cui i pubblici ufficiali abbia avuto notizia da terzi o dedotti in base a presunzioni o considerazioni di carattere logico (Cass. 23800/2014; Cass. 11012/2013; Cass. 3705/2013).

A ciò deve aggiungersi che grava sull’opponente e non sulla P.A. l’onere di provare la concreta inidoneità della segnaletica ad assolvere la funzione di avviso della presenza di postazioni di controllo della velocità (Cass. 6242/1999; Cass. 23566/2017). Non è quindi necessario che il verbale contenga un avvertimento puntuale circa le modalità di segnalazione, venendo in rilievo – ai fini della legittimità della sanzione – l’effettiva esistenza e l’idoneità della segnalazione stessa, da accertarsi in applicazione dei principi enunciati oltre che tenendo conto della valenza probatoria e dei requisiti essenziali di contenuto del verbale di accertamento (Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 11792 del 2020).