Cass. civ., sez. V, ord., 17 giugno 2024 n. 16743


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere-Relatore

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 19784/2022 R.G. proposto da:

A.A., elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI FRASSINI N. 23, presso lo studio dell’avvocato F.G……… che lo rappresenta e difende     -ricorrente-

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE ed AGENZIA DELLE ENTRATE -RISCOSSIONE, elettivamente domiciliate in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (Omissis), che le rappresenta e difende                                                                           -controricorrenti-

nonché contro

AGENZIA DELLE ENTRATE – DIREZIONE PROVINCIALE II DI ROMA -UFFICIO TERRITORIALE DI ROMA 5 – TUSCOLANO, AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI VITERBO, AGENZIA ENTRATE RISCOSSIONE                                                                       -intimati-

avverso SENTENZA della COMM.TRIB.REG. DEL LAZIO n. 219/02/22 depositata il 19/01/2022.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/11/2023

dal Consigliere GIACOMO MARIA NONNO.

Svolgimento del processo

  1. Con sentenza n. 219/02/22 del 19/01/2022 la Commissione tributaria regionale del Lazio (di seguito CTR) ha respinto l’appello proposto da A.A. nei confronti della sentenza n. 4461/10/19 della Commissione tributaria provinciale di Roma (di seguito CTP), che aveva a sua volta rigettato il ricorso del contribuente avverso un avviso di intimazione relativo a sedici cartelle di pagamento emesse per il mancato pagamento di tributi vari.

1.1. La CTR respingeva l’appello di A.A. osservando che i crediti recati dalle cartelle di pagamento non erano prescritti.

  1. Avverso la sentenza della CTR il contribuente proponeva ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
  2. L’Agenzia delle Entrate (di seguito AE) e l’Agenzia delle Entrate – Riscossione (di seguito AER) resistevano con un unico controricorso.

Motivi della decisione

  1. Con il primo motivo di ricorso A.A. deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2946 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente ritenuto che i crediti recati dalle cartelle di pagamento, notificate tra l’anno 2001 e l’anno 2005, non fossero prescritti alla data in cui è stato notificato il primo avviso di intimazione (03/02/2016).

1.1. Con il secondo motivo di ricorso si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., la nullità della sentenza e del procedimento in relazione all’art. 32 Cost., all’art. 2946 cod. civ. e all’art. 112 cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente ritenuto che la prima intimazione di pagamento non sia stata impugnata dal contribuente.

  1. Il primo motivo è fondato nei termini di seguito specificati, con assorbimento del secondo motivo.

2.1. La CTR sostiene che i crediti recati dalle cartelle di pagamento, tutte notificate tra il 06/10/2000 e il 20/09/2005, non sarebbero prescritti. In particolare: i) non potrebbe farsi valere la prescrizione eventualmente maturata in data antecedente alla notificazione delle cartelle di pagamento, atteso che la stessa avrebbe dovuto essere eccepita in sede di impugnazione delle menzionate cartelle; ii) non potrebbe farsi valere la prescrizione successivamente maturata perché non sarebbe stato impugnato l’avviso di intimazione notificato il 04/02/2016; iii) non sarebbe maturata la prescrizione ordinaria decennale tra la data di notificazione di quest’ultima intimazione e quella di notificazione dell’atto impugnato nel presente giudizio (22/01/2018).

2.2. Orbene, mentre l’affermazione sub i) è sicuramente corretta, in quanto il contribuente avrebbe dovuto fare valere l’eventuale prescrizione del credito maturata antecedentemente alla notificazione delle cartelle di pagamento in sede di impugnazione di dette cartelle, allo stesso regolarmente notificate, non altrettanto può dirsi con riferimento alle statuizioni sub ii) e iii).

2.3. Invero, indipendentemente dall’impugnazione del primo avviso di intimazione, il contribuente ben può far valere in sede di impugnazione del secondo avviso di intimazione la prescrizione eventualmente maturata – peraltro, nell’ordinario termine di prescrizione dei singoli tributi (cfr. Cass. S.U. n. 23397 del 17/11/2016) – dalla data di notificazione delle singole cartelle di pagamento a quella della notifica del primo avviso di intimazione.

2.3.1. L’avviso di intimazione, infatti, sebbene contenente l’esplicitazione di una ben definita pretesa tributaria, non è un atto previsto tra quelli di cui all’art. 19 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, con conseguente facoltà e non obbligo di impugnazione (Cass. n. 2616 del 11/02/2015; si vedano, altresì, Cass. n. 26129 del 02/11/2017; Cass. n. 1230 del 21/01/2020). Ciò nondimeno, sotto il profilo sostanziale, l’avviso di intimazione integra un sollecito di pagamento e, in quanto tale, è idoneo ad interrompere il decorso della prescrizione.

2.3.2. Ne consegue che A.A. non aveva l’onere d’impugnare il primo avviso di intimazione per fare valere l’eventuale prescrizione dei crediti tributari maturata tra la data di notificazione delle cartelle di pagamento e quella di notificazione del primo avviso di intimazione, come ritenuto erroneamente dalla CTR; l’eccezione di prescrizione, pertanto, è stata correttamente proposta in sede di impugnazione del successivo avviso di intimazione e il giudice di appello avrebbe dovuto verificare se detta prescrizione si era effettivamente maturata.

2.4. La difesa erariale osserva che, diversamente da quanto evidenziato dalla CTR, anche il primo avviso di intimazione sarebbe stato oggetto di impugnazione da parte del contribuente e la relativa causa si sarebbe conclusa con sentenza della CTR n. 6819/06/19, passata in giudicato. Detta sentenza avrebbe accertato che le cartelle indicate nell’avviso di intimazione oggi impugnato sarebbero state tutte regolarmente notificate e che non sarebbe decorso il termine di prescrizione decennale in ragione del fallimento di A.A. e dell’insinuazione al passivo di detti crediti.

2.4.1. Peraltro, la sentenza prodotta dalla parte pubblica -astrattamente idonea a condizionare gli esiti del presente giudizio -è priva di attestazione di passaggio in giudicato, sicché non può essere presa in considerazione da questa Corte; e neppure risulta, in questa sede, il fallimento del contribuente (eccezione, del resto, mai formulata in precedenza).

2.4.2. Ne consegue che ogni statuizione in merito non può che essere rimessa al giudice del rinvio.

2.5. Infine, va evidenziato che questa Corte non è in grado nemmeno di valutare ex actis l’ulteriore rilievo della difesa erariale, per la quale sarebbe cessata la materia del contendere con riferimento ai crediti recati da sette delle tredici cartelle di pagamento impugnate unitamente all’avviso di intimazione, in ragione dell’annullamento d’ufficio del ruolo, trattandosi di crediti inferiori, dapprima, a mille euro (art. 4 del d.l. 23 ottobre 2018, n. 119, conv. con modif. nella l. 17 dicembre 2018, n. 136) e, quindi, a cinquemila euro (art. 4 del d.l. 22 marzo 2021, n. 41, conv. con modif. nella l. 21 maggio 2021, n. 69).

  1. In conclusione, va accolto il primo motivo di ricorso nei termini di cui si è detto, assorbito il secondo, e la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, per nuovo esame in ordine all’intervenuta prescrizione dei crediti e alla eventuale cessazione della materia del contendere, nonché per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 22 novembre 2023.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2024.


COMMENTO REDAZIONALE – Il contribuente impugnava un avviso di intimazione, eccependo la prescrizione dei crediti asseritamente maturata tra la notificazione delle cartelle (avvenuta in date comprese tra il 06 ottobre 2000 ed il 20 settembre 2005) e quella di un precedente avviso di intimazione (eseguita in data 03 febbraio 2016).

Entrambe le pronunce di merito respingevano il ricorso.

In particolare, la sentenza di secondo grado rilevava che non potesse essere eccepita né la prescrizione asseritamente maturata prima della notificazione delle cartelle di pagamento, stante la mancata impugnazione di queste ultime, né quella asseritamente maturata dopo la notificazione delle cartelle, ma anteriormente alla notificazione del primo avviso di intimazione.

Mentre la prima di tali affermazioni trova conferma anche in sede di legittimità, non altrettanto avviene per la seconda.

Infatti, indipendentemente dall’impugnazione del primo avviso di intimazione, il contribuente può legittimamente far valere, in sede di impugnazione del secondo avviso di intimazione, la prescrizione eventualmente maturata – peraltro, nell’ordinario termine di prescrizione dei singoli tributi, e non in quello decennale proprio dell’actio judicati ex art. 2953 c.c. (Cass. civ., Sezioni Unite, 17 novembre 2016 n. 23397) – dalla data di notificazione delle singole cartelle di pagamento a quella della notifica del primo avviso di intimazione.

Quest’ultimo, sebbene contenente l’esplicitazione di una ben definita pretesa tributaria e idoneo sotto il profilo sostanziale ad interrompere il decorso della prescrizione, in quanto integrante un sollecito di pagamento, non è un atto previsto tra quelli di cui all’art. 19, comma 1, D.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 , con la conseguenza che il contribuente ha facoltà, ma non obbligo (i.e.: onere), di impugnarlo.

Pertanto, a differenza di quanto ritenuto dai giudici di merito, il contribuente non aveva l’onere di impugnare il primo avviso di intimazione per far valere l’eventuale prescrizione dei crediti tributari maturata tra la data di notificazione delle cartelle di pagamento e quella di notificazione del primo avviso di intimazione.

L’eccezione di prescrizione risulta quindi correttamente proposta in sede di impugnazione del successivo avviso di intimazione: il giudice di appello avrebbe dovuto verificare se detta prescrizione fosse effettivamente maturata.

Per tali motivi, la sentenza di secondo grado impugnata viene annullata con rinvio al giudice del merito per un nuovo accertamento di fatto su tale punto.