Cass. civ., sez. V, ord., 1° settembre 2025 n. 24332


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA CIVILE

riunita in camera di consiglio nella seguente composizione:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere relatore

Dott. PENTA Andrea – Consigliere

Dott.ssa DELL’ORFANO Antonella – Consigliere

Dott.ssa FLAMINI Martina – Consigliere

ha pronunciato la seguente ordinanza

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 12078/2024 R.G., proposto

DA

A.A., in qualità di ex socio ed amministratore della “S. G. di A.A. Snc”, con sede in A, cancellata dal registro delle imprese presso la C.C.I.A.A. della Provincia di Roma il 27 giugno 2023, rappresentato e difeso dall’Avv. S.T. e dall’Avv. A.S., entrambi con studio in R, ove elettivamente domiciliato (indirizzi pec per notifiche e comunicazioni: (Omissis) e (Omissis)), giusta procura in allegato al ricorso introduttivo del presente procedimento;                                                                                                                                        RICORRENTE

CONTRO

Comune di Ariccia (RM), in persona del Sindaco pro tempore;                                                                                   INTIMATO

avverso la sentenza depositata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio il 19 febbraio 2024, n. 1152/14/2024;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 25 giugno 2025 dal Dott. Giuseppe Lo Sardo;

Svolgimento del processo

  1. A.A., in qualità di ex socio ed amministratore della “S. G. di A.A. Snc”, cancellata dal registro delle imprese presso la C.C.I.A.A. della Provincia di Roma il 27 giugno 2023, ha proposto ricorso sulla base di due motivi per la cassazione della sentenza depositata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio il 19 febbraio 2024, n. 1152/14/2024, la quale, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di avviso di accertamento d’ufficio n. 6799 del 27 gennaio 2020, notificato il 7 luglio 2020, da parte del Comune di Ariccia (RM), nei confronti della “S. G. di A.A. Snc” (all’epoca, ancora in bonis) per l’omesso parziale versamento della TARI relativa all’anno 2014, nella misura di Euro 2.769,00 (oltre ad interessi moratori e sanzioni amministrative), con riferimento ad un immobile sito in Ariccia (RM) alla Via Nettunense km. 8 n. 1, ha accolto l’appello proposto dal Comune di Ariccia (RM) nei confronti della “S. G. di A.A. Snc” avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Roma il 17 febbraio 2022, n. 1887/33/2022, con compensazione delle spese giudiziali.
  2. Il giudice di appello ha riformato la decisione di prime cure – che aveva accolto il ricorso originario della società contribuente – nel senso di confermare l’impugnato avviso di accertamento d’ufficio, sul presupposto che le aree destinate alla lavorazione artigianale (autofficina) e, quindi, alla produzione di rifiuti speciali non potessero beneficiare dell’esenzione dal tributo per l’anno di riferimento.
  3. Il Comune di Ariccia (RM) è rimasto intimato.
  4. In corso di causa, il ricorrente ha depositato istanza per la dichiarazione di cessazione della materia del contendere in conseguenza della stipulazione di verbale di conciliazione stragiudiziale del 20 novembre 2024.

Motivi della decisione

  1. La conciliazione stragiudiziale della controversia in corso di causa (come da verbale del 20 novembre 2024, in allegato al fascicolo della ricorrente) non consente di dichiarare la cessazione della materia del contendere ai sensi del comma 2 dell’art. 48 del D.Lgs. 31 gennaio 1992, n. 546, sia perché la controparte è rimasta intimata e non ha concorso alla presentazione dell'”istanza congiunta”, sia perché tale modalità di definizione della controversia è stata prevista per i giudizi dinanzi alla Corte Suprema di Cassazione soltanto con l’introduzione del comma 4-bis nella medesima disposizione da parte dell’art. 1, lett. u), del D.Lgs. 30 dicembre 2023, n. 220, sempre che essi siano instaurati dopo il 4 gennaio 2024 (art. 4, comma 2, seconda parte, del D.Lgs. 30 dicembre 2023, n. 220) (Cass., Sez. Trib., 30 gennaio 2024, n. 2797; Cass., Sez. Trib., 22 luglio 2024, n. 20180).

Non resta, perciò, che dichiarare l’inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, essendo venuta meno una residua utilità alla coltivazione della lite in capo alla società contribuente (peraltro, ormai estinta per cancellazione dal registro delle imprese).

  1. Essendo rimasta intimata la controparte, non può esservi luogo ad alcuna regolamentazione delle spese giudiziali.
  2. Il meccanismo sanzionatorio del raddoppio del contributo unificato di cui all’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, è applicabile solo ove il procedimento per cassazione si concluda con integrale conferma della statuizione impugnata, ovvero con la “ordinaria” dichiarazione di inammissibilità del ricorso, non anche nell’ipotesi di declaratoria di inammissibilità sopravvenuta di quest’ultimo per cessazione della materia del contendere, poiché essa determina la caducazione di tutte le pronunce emanate nei precedenti gradi di giudizio e non passate in cosa giudicata, rendendo irrilevante la successiva valutazione della virtuale fondatezza, o meno, del ricorso in quanto avente esclusivo rilievo in merito alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità (tra le tante: Cass., Sez. 3°, 10 febbraio 2017, n. 3542; Cass., Sez. 5°, 20 giugno 2019, n. 16562; Cass., Sez. 5°, 21 febbraio 2020, n. 4663; Cass., Sez. 3°, 20 luglio 2021, n. 20697; Cass., Sez. 5°, 5 novembre 2021, nn. 31871, 31923, 31924 e 31937; Cass., Sez. Trib., 13 dicembre 2022, n. 36334; Cass., Sez. Trib., 7 marzo 2023, n. 6851; Cass., Sez. Trib., 23 giugno 2023, n. 18072; Cass., Sez. Trib., 22 luglio 2024, n. 20180).

P.Q.M.

La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.

Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 25 giugno 2025.

Depositato in Cancelleria il 1° settembre 2025.


COMMENTO REDAZIONALE– L’ordinanza in commento conclude un giudizio nel quale, dopo la proposizione del ricorso per Cassazione da parte della società contribuente, le parti avevano raggiunto una conciliazione fuori udienza.

La Suprema Corte esclude la possibilità di dichiarare la cessazione della materia del contendere, ai sensi dell’art. 48, comma 2, D.lgs. 546/1992, sia perché l’Ente impositore aveva omesso di costituirsi nel giudizio di legittimità, rimanendo intimato, sia perché l’estensione della conciliazione stragiudiziale (o fuori udienza) al grado di legittimità del giudizio tributario, introdotta dal D.lgs. 220/2023, non risultava applicabile ratione temporis, essendo stato il ricorso per Cassazione proposto anteriormente alla data del 05 gennaio 2024.

Viene quindi dichiarata l’inammissibilità del ricorso per Cassazione proposto dalla società contribuente per sopravvenuta carenza di interesse.

Nulla viene statuito sulle spese processuali, dal momento che il Comune impositore era rimasto intimato.

Viene invece escluso il cd. “raddoppio” del contributo unificato (art. 13, comma 1-quater, D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, Legge 24 dicembre 2012 n. 228). Quest’ultimo è infatti applicabile solo laddove il procedimento per Cassazione si concluda con un’integrale conferma della statuizione impugnata, ossia con la “ordinaria” dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Non è invece applicabile nell’ipotesi di declaratoria di inammissibilità sopravvenuta del ricorso per cessazione della materia del contendere, poiché essa determina la caducazione di tutte le pronunce emanate nei precedenti gradi di giudizio e non passate in cosa giudicata, rendendo irrilevante la successiva valutazione della virtuale fondatezza, o meno, del ricorso, che ha esclusivo rilievo in merito alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

In senso analogo si era già espressa Cass. civ., sez. V, ord., 22 luglio 2024 n. 20180, secondo cui “In caso di conciliazione stragiudiziale in corso di causa, la quale non comporta la presentazione di un’istanza congiunta da parte di tutte le parti in giudizio, la Corte di Cassazione non può dichiarare la cessazione della materia del contendere ai sensi dell’art. 48, comma 2, del D.Lgs. 31 gennaio 1992, n. 546”.