Cass. civ., sez. V, ord., 23 gennaio 2024 n. 2285


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente

Dott. CANDIA Ugo – Consigliere

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere

Dott. PICARDI Francesca – Consigliere-Rel.

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 27827-2019 R.G. proposto da:

AUTOSTRADE PER L’ITALIA SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ………, presso lo studio dell’avvocato P. G. (Omissis), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati T. L. (Omissis) e T. L. (Omissis),                               – ricorrente –

contro

SOGET SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ……………….., presso lo studio dell’avvocato D.R. S. (Omissis), che la rappresenta e difende,                                                                                                                                   – controricorrente –

nonché contro

COMUNE SILVI, ……………..                                                                                                  – intimato –

avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. ABBRUZZO n. 190-2019 depositata il 21-02-2019,

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16-01-2024 dal Consigliere FRANCESCA PICARDI.

Svolgimento del processo

  1. Autostrade per l’Italia s.p.a. ha impugnato l’avviso di accertamento avente ad oggetto la t.o.s.a.p. (anno 2016) per l’occupazione, mediante cavalcavia autostradale, dell’area sovrastante le strade comunali, ritenendo errata l’applicazione degli artt. 38ss. del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, stante la peculiarità dell’occupazione riconducibile a concessione statale ed alla realizzazione di un’opera pubblica, e, comunque, applicabile l’esenzione di cui al successivo art. 49.
  2. Il ricorso è stato rigettato in primo grado, con sentenza confermata sul punto in appello. Nella sentenza della Commissione tributaria regionale si legge: “deve ritenersi che l’occupazione in oggetto debba considerarsi propria dell’ente concessionario e vada, dunque, assoggettata alla tassa, in quanto la società concessionaria è l’esecutrice della progettazione e della realizzazione dell’opera pubblica, a fronte del corrispettivo costituito dal diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente tutti i lavori realizzati per la durata, di regola, non superiore a trenta anni. A nulla rileva il fatto che il viadotto sia di proprietà del demanio e che, al termine della concessione, anche la gestione di esso ritorni in capo allo Stato, poiché nel periodo di durata della concessione, il bene, che pure è funzionale all’esercizio di un servizio di pubblica utilità, è gestito in regime di concessione da un ente che agisce in piena autonomia e non quale mero sostituto dello Stato nello sfruttamento dei beni”.
  3. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione Autostrade per l’Italia s.p.a., formulando due motivi.
  4. La So.g.e.t. s.p.a. (ente per la riscossione) si è costituita con controricorso, eccependo in via preliminare il difetto di autosufficienza, anche in considerazione della mancata trascrizione del regolamento comunale invocato.
  5. Il Comune, pur regolarmente evocato in giudizio, non si è costituito.
  6. Entrambe le parti costituite hanno depositato memoria. Parte ricorrente ha citato giurisprudenza di merito e del Consiglio di Stato.
  7. La causa è stata trattata all’adunanza camerale del 16 gennaio 2024.

Motivi della decisione

  1. La ricorrente ha dedotto: 1) la violazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., delle leggi n. 463 del 1955, n. 729 del 1961, n. 385 del 1968, degli artt. 3839del D.Lgs. n. 507 del 1993, degli artt. 3 e 5 del regolamento t.o.s.a.p. del Comune di Silvi, approvato con delibera n. 38 del 1998 del Consiglio comunale, in quanto sono soggetti alla tassa in esame i beni appartenenti al demanio o patrimonio indisponibile di comuni e province, mentre, da un lato, lo spazio sovrastante la strada in esame non appartiene più al demanio del Comune, in base alle leggi statali (a cui è riconducibile la ricostruzione dell’autostrada e la sottrazione definitiva di tale spazio all’uso generalizzato della comunità locale ed ai poteri dell’ente territoriale) e, dall’altro lato, è usato dalla società Autostrade in virtù non di concessione comunale, ma di una convenzione con l’allora concedente A.n.a.s., sicché non sussiste, nel caso di specie, il presupposto di imposta; 2) la violazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., degli art. 49, comma 1, lett. a, e 56, comma 2, D.Lgs. n. 507 del 1993, 822 cod. civ., 1 D.Lgs. n. 461 del 1999, 16 del regolamento t.o.s.a.p. del Comune di Silvi, visto che, da un lato, la rete autostradale e, cioè, il bene oggetto di concessione, appartiene al demanio statale ex art. 822 cod. civ. e, dall’altro lato, pur essendo affidata ad Autostrade s.p.a. la gestione dell’opera pubblica, sono previsti penetranti poteri pubblici, anche in ordine alla determinazione delle tariffe, proprio per il perseguimento di interessi generali.
  2. Entrambi i motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto sottendono la medesima questione giuridica, sono infondati, atteso che la strada (il cui spazio sovrastante è occupato dal cavalcavia) è rimasta comunale, non essendo mai stata trasferita allo Stato, ed il soggetto attualmente occupante è diverso dallo Stato.

Ai sensi dell’artt. 38, comma 1, del D.Lgs. n. 507 del 1993 (D.Lgs. oggi abrogato e sostituito dalla L. 27 dicembre 2019, n. 160 – in particolare, per quanto concerne la t.o.s.a.p. v. art. 1, commi 837 e ss.), sono soggette alla tassa le occupazioni di qualsiasi natura, effettuate, anche senza titolo, nelle strade, nei corsi, nelle piazze e, comunque, sui beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei comuni e delle province. Il successivo art. 39 precisa che la tassa è dovuta al comune o alla provincia dal titolare dell’atto di concessione o di autorizzazione o, in mancanza, dall’occupante di fatto, anche abusivo, in proporzione alla superficie effettivamente sottratta all’uso pubblico nell’ambito del rispettivo territorio.

Il tributo è, dunque, dovuto in caso di qualsiasi occupazione di una strada riconducibile al demanio o patrimonio indisponibile di comuni e province: sia in caso di occupazione fondata su un provvedimento amministrativo, sia, come precisano le disposizioni in esame, di occupazione di fatto, che avvenga in assenza di una autorizzazione o concessione, a prescindere dal carattere abusivo oppure legittimo, secondo quanto si ricava dall’avverbio “anche”, prima dell’aggettivo “abusivo” nell’art. 39. Il riferimento all’occupazione di qualsiasi natura (anche abusiva e, quindi, prima ancora a quella legittima) consente, pertanto, di includere nella fattispecie impositiva quelle occupazioni che, come nel caso di specie, trovino il loro fondamento nella legge, a cui è effettivamente riconducibile la realizzazione dell’opera pubblica e l’individuazione del tracciato della rete autostradale.

Le leggi de quibus, relative alla realizzazione dell’autostrada ed invocate da Autostrade, sono, del resto, anteriori all’istituzione della t.o.s.a.p., nella cui regolamentazione il legislatore non vi ha fatto alcun riferimento e non ha, dunque, affatto escluso dalla fattispecie impositiva l’occupazione delle strade comunali e provinciali avvenuta per la realizzazione della rete autostradale.

Né è dirimente l’assenza di poteri di rimozione o riappropriazione da parte del Comune, che caratterizza anche le occupazioni avvenute in base a provvedimento concessorio, nell’ipotesi di fisiologico espletamento del rapporto.

A ciò si aggiunga che, sebbene la realizzazione della rete autostradale sia stata prevista ed approvata con provvedimenti legislativi, ciò non ha comportato automaticamente il trasferimento della proprietà delle strade interessate allo Stato ed il conseguente passaggio di quelle comunali e provinciali nel demanio statale, al contrario essendo necessario un procedimento di espropriazione o la conclusione di accordi con effetti traslativi. L’art. 822 cod. civ. prevede, del resto, che le strade, le autostrade e le strade ferrate fanno parte del demanio pubblico, se appartengono allo Stato e, cioè, rientrano nel demanio pubblico statale meramente eventuale, sicché è ben possibile la strada su cui insiste il cavalcavia dell’autostrada (e lo spazio sovrastante) appartenga ad un altro ente. Infine, l’art. 12, ultimo comma, della L. n. 729 del 1961, vigente ratione temporis, nel prevedere che gli enti proprietari potranno prescrivere esclusivamente le cautele da osservare e le opere provvisionali da eseguire durante la costruzione delle opere, conferma la possibile appartenenza del tratto di strada (su cui insiste il cavalcavia autostradale) ad Amministrazioni diverse dallo Stato, quali gli enti territoriali.

In definitiva, occorre distinguere la proprietà della strada su cui insiste il pontone o cavalcavia dell’autostrada da quella di quest’ultimo manufatto: la prima resta di titolarità dell’ente territoriale, in assenza di un atto di trasferimento, pur essendo la seconda di proprietà statale. Non si configura, infatti, una ipotesi di accessione invertita a favore dello Stato, che non è contemplata dalla legge.

Infine non può escludersi, nel caso di specie, la condotta dell’occupazione, in considerazione della destinazione del bene. A prescindere dalla considerazione che l’uso dell’autostrada è subordinato al pagamento di una tariffa al gestore dell’opera e, quindi, non è libero, sicché il bene non è più nella disponibilità della collettività, l’occupazione di cui all’art. 38 del D.Lgs. n. 507 del 1993 consiste semplicemente nella sottrazione dell’area agli enti territoriali che ne sono titolari per qualsiasi finalità avvenga, essendo attribuita rilevanza alla natura del soggetto occupante o al perseguimento di determinati interessi sociali tramite la previsione di una serie di esenzioni all’art. 49 e non tramite la delimitazione e riduzione della fattispecie impositiva. Del resto, questa Corte ha già affermato che la società, concessionaria statale, che abbia realizzato e gestito un’opera pubblica, occupando di fatto spazi rientranti nel demanio comunale o provinciale, è tenuta al pagamento del canone, non assumendo rilievo il fatto che l’opera sia di proprietà statale, poiché la condotta occupativa è posta in essere dalla società nello svolgimento, in piena autonomia, della propria attività d’impresa (Cass., Sez. 1, 10 giugno 2021, n. 16395). E’, dunque, sufficiente l’utilizzazione del bene da parte di un soggetto diverso dall’ente pubblico titolare, mentre risulta indifferente la strumentalità di tale utilizzazione alla realizzazione di un pubblico interesse, in assenza di una specifica ipotesi di esenzione.

Né è significativo il fatto che l’opera pubblica (autostrada) sia realizzata in virtù di concessione dello Stato, restando il concessionario un soggetto distinto dal concedente.

Devono, quindi, confermarsi i precedenti di questa Corte richiamati dai giudici di merito.

Si è, difatti, già affermato che l’attraversamento da parte di un viadotto autostradale del suolo comunale, sebbene sia previsto dalla legge, è assoggettato a TOSAP in virtù dell’art. 38, comma 2, del D.Lgs. n. 507 del 1993, impedendo una diversa forma di utilizzazione di detto spazio (v. Cass., Sez. 6-5, 25 luglio 2018, n. 19693, che ha anche precisato che l’esenzione prevista per lo Stato e per gli altri enti pubblici dall’art. 49, comma 1, lett. a), del D.Lgs. n. 507 del 1993, postula che l’occupazione sia ascrivibile al soggetto esente, sicché ove la stessa avvenga ad opera della società Autostrade s.p.a., in qualità di concessionaria per la realizzazione e la gestione di un’opera pubblica, alla stessa non spetta l’esenzione, senza che assuma rilevanza che l’opera sia di proprietà dello Stato, al quale ritornerà la gestione al termine della concessione, tenuto conto delle finalità lucrative dell’attività d’impresa svolta da una società per azioni). Si è anche precisato che l’esenzione prevista per lo Stato e gli altri enti dall’art. 49, comma 1, lett. a), del D.Lgs. n. 507 del 1993, postula che l’occupazione, quale presupposto del tributo, sia ascrivibile al soggetto esente, sicché, nel caso di occupazione di spazi rientranti nel demanio o nel patrimonio indisponibile dello Stato da parte di una società concessionaria per la realizzazione e la gestione di un’opera pubblica (nella specie, un tratto di rete autostradale inclusiva di un viadotto sopraelevato), alla stessa non spetta l’esenzione in quanto è questa ad eseguire la costruzione dell’opera e la sua gestione economica e funzionale, a nulla rilevando che l’opera sia di proprietà dello Stato, al quale ritornerà la gestione al termine della concessione (Cass., Sez. 5, 12 maggio 2017, n. 11886; v. anche Cass., Sez. 1, 29 maggio 2023, n. 15010, secondo cui il canone per l’occupazione di spazi e aree pubbliche è sempre dovuto dalla concessionaria incaricata della gestione del servizio autostradale in relazione al viadotto ricompreso nell’infrastruttura, poiché il fine e il vincolo di natura pubblicistica che pur contrassegnano l’opera gestita non valgono a rendere la concessionaria – che persegue in autonomia un proprio fine di lucro – una mera longa manus dell’amministrazione statale, non potendo perciò fruire delle esenzioni riservate alle occupazioni di suolo attuate da parte di quest’ultima).

  1. In definitiva, il ricorso deve essere rigettato. Le spese di questo giudizio di legittimità devono essere integralmente compensate, visto che la giurisprudenza di questa Corte sulla questione in esame si è consolidata successivamente alla sua instaurazione.

P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso;

dichiara integralmente compensate le spese di lite;

ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.

Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2024

Depositato in Cancelleria il 23 gennaio 2024.


COMMENTO – Autostrade per l’Italia S.p.A. impugnava un avviso di accertamento t.o.s.a.p. per l’occupazione, mediante cavalcavia autostradale, di un’area sovrastante alcune strade comunali, lamentando l’asserita violazione degli artt. 38 ss. D.Lgs. 15 novembre 1993 n. 507 ed invocando l’esenzione di cui all’art. 49 del medesimo Decreto, stante la peculiarità dell’occupazione, asseritamente riconducibile ad una concessione statale e alla realizzazione di un’opera pubblica.

Il ricorso veniva respinto in entrambi i gradi di merito.

Autostrade per l’Italia S.p.A. proponeva quindi ricorso per Cassazione, anch’esso respinto dall’ordinanza in commento.

Il tributo t.o.s.a.p. è infatti dovuto in caso di qualsiasi occupazione di una strada riconducibile al demanio o al patrimonio indisponibile di Comuni e Province, sia in caso di occupazione fondata su un provvedimento amministrativo, sia in caso di occupazione di fatto, che avvenga in assenza di una autorizzazione o concessione, a prescindere dal carattere abusivo oppure legittimo.

Sebbene la realizzazione della rete autostradale sia stata prevista ed approvata mediante provvedimenti legislativi, ciò non comporta automaticamente il trasferimento della proprietà delle strade interessate allo Stato ed il conseguente passaggio al demanio statale delle strade comunali e provinciali. Per tale passaggio, infatti, si renderebbe necessario un vero e proprio procedimento di espropriazione oppure, in alternativa, la conclusione di accordi dotati di efficacia traslativa, nella specie non sussistenti.

Tale conclusione risulta indirettamente confermata anche dall’art. 822 c.c., che attribuisce le strade, le autostrade e le strade ferrate al demanio statale meramente eventuale, con ciò rendendo possibile che la strada su cui insiste il cavalcavia dell’autostrada (e lo spazio sovrastante) appartenga ad un Ente diverso dallo Stato.

In conclusione, occorre distinguere la proprietà del pontone (o cavalcavia) dell’autostrada da quella della strada su cui tale opera insiste. Mentre la proprietà del cavalcavia è senza dubbio statale, quella della strada sottostante, in assenza di un atto di trasferimento, resta in capo all’Ente territoriale, non configurandosi per legge alcuna fattispecie di accessione invertita.

Neppure può escludersi la condotta dell’occupazione, perché l’utilizzo dell’autostrada non è libero, bensì subordinato al pagamento di una tariffa in favore del gestore dell’opera, e dunque il bene non è più nella disponibilità della collettività. Inoltre la condotta dell’occupazione di cui all’art. 38 del D.Lgs. n. 507 del 1993 consiste semplicemente nella sottrazione dell’area agli Enti territoriali che ne sono titolari, a prescindere dalla finalità alla quale tale sottrazione è preordinata e risultando quindi indifferente la strumentalità dell’utilizzo del bene alla realizzazione di un pubblico interesse.

In conclusione, quindi, per realizzare la condotta dell’occupazione assume rilievo unicamente l’utilizzazione del bene da parte di un soggetto diverso dall’Ente pubblico titolare, mentre non è significativo che l’opera pubblica (i.e., nel caso di specie: autostrada) sia realizzata in virtù di una concessione dello Stato, dal momento che il concessionario (Stato) è un soggetto distinto rispetto al concedente (Ente locale).

Viene quindi confermato il principio secondo cui l’esenzione prevista per lo Stato ed altri Enti dall’art. 49, comma 1, lettera a), D.lgs. 507/1993 (oggi abrogato, ma applicabile ratione temporis all’annualità di imposta 2016 in contestazione) postula che l’occupazione, che costituisce il presupposto del tributo, sia ascrivibile al soggetto esente. Di conseguenza, nel caso di occupazione di spazi rientranti nel demanio o nel patrimonio indisponibile dello Stato da parte di una società concessionaria per la realizzazione e la gestione di un’opera pubblica, alla stessa non spetta l’esenzione, in quanto è la predetta società concessionaria ad eseguire la costruzione dell’opera e ad occuparsi della sua gestione economica e funzionale, a nulla rilevando che l’opera sia di proprietà dello Stato, al quale ritornerà la gestione al termine della concessione (si vedano, in tal senso, Cass. civ., sez. V, sent., 12 maggio 2017 n. 11886 e Cass. civ., sez. VI-5, ord., 25 luglio 2018 n. 19693).

In senso analogo anche Cass. civ., sez. V, ord., 21 luglio 2017 n. 18102 e Cass. civ., sez. V, ord., 15 gennaio 2020 n. 613, secondo le quali, nel caso di area del demanio comunale appartenente alla rete viaria della città e adibita a parcheggio di autoveicoli in concessione a società privata, per comprendere se quest’ultima sia oppure no assoggettata al pagamento della TOSAP è necessario distinguere se la stessa occupi l’area sottraendola all’uso pubblico oppure se, invece, ad essa sia soltanto attribuito il mero servizio di gestione del parcheggio con potere di esazione delle somme dovute dai singoli per utilizzo del parcheggio. Nel primo caso, la TOSAP sarà dovuta; nel secondo, invece, operando la società concessionaria come mero sostituto dell’Ente locale nello sfruttamento dei beni, non potrà ravvisarsi alcuna sottrazione all’uso pubblico dell’area adibita a parcheggio, che non è oggetto della concessione e che rimane quindi, anche di fatto, nella disponibilità del Comune. In tale secondo caso opera quindi l’esenzione dalla t.o.s.a.p. ex art. 49, comma 1, lettera a), D.lgs. 507/1993, salvo che dall’atto di concessione non emerga una diversa volontà pattizia.

Analoghi principi sono infine stati ribaditi, ancor più recentemente, riguardo al COSAP (si veda, in tal senso, Cass. civ., sez. I, ord., 29 maggio 2023 n. 15010, che ha affermato la debenza del predetto canone da parte della concessionaria incaricata della gestione del servizio autostradale in relazione al viadotto ricompreso nell’infrastruttura, “poiché il fine e il vincolo di natura pubblicistica che pur contrassegnano l’opera gestita non valgono a rendere la concessionaria – che persegue in autonomia un proprio fine di lucro – una mera “longa manus” dell’amministrazione statale, non potendo perciò fruire delle esenzioni riservate alle occupazioni di suolo attuate da parte di quest’ultima”).

Dott.ssa Cecilia Domenichini

Unicusano- Roma