Cass. civ., sez. V, sent., 23 settembre 2024 n. 25433


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA CIVILE

composta da:

dott. CRUCITTI Roberta – Presidente Rel.

dott. CATALDI Michele – Consigliere

dott. FRACANZANI M. Marcello – Consigliere

dott. ROSETTI Riccardo – Consigliere

dott. NAPOLITANO Angelo – Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

I.T.R. Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in R, via (Omissis) presso lo studio dell’Avv. P. R. e rappresentata e difesa, per procura in calce al ricorso, dall’Avv. D.D.;                                                                                                                                      – ricorrente –

contro

AGENZIA delle ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma, via (Omissis) presso gli Uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende.                                                                                                                                                                              – resistente –

avverso la sentenza n. 5164/66/14 della Commissione tributaria regionale della Lombardia – sez. staccata di Brescia, depositata il 7 ottobre 2014;

udita la relazione svolta alla pubblica udienza del 10 luglio 2024 dal Presidente Roberta Crucitti;

udito il P.M., nella persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Michele Di Mauro il quale ha chiesto l’accoglimento del primo motivo di ricorso;

uditi per la ricorrente l’Avv. D. D. e per la resistente l’Avv. B. T.

Svolgimento del processo

Nella controversia originata dall’impugnazione da parte della I.T.R. Srl di avvisi di accertamento relativi a IVA, IRAP e IRES degli anni di imposta 2005, 2006 e 2007, la Società ricorre, affidandosi a sei motivi, nei confronti dell’Agenzia delle entrate (che ha depositato atto al solo fine dell’eventuale partecipazione, poi avvenuta, alla pubblica udienza) avverso la sentenza, indicata in epigrafe, con la quale la Commissione Tributaria regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia, in accoglimento dell’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, aveva integralmente riformato la decisione di primo grado di accoglimento dei ricorsi riuniti.

In particolare, il Giudice di appello, dato atto di avere sentito i rappresentanti delle parti e premesso di riportarsi a quanto già deciso con altra sentenza resa tra le stesse parti per due annualità diverse, riteneva, innanzitutto, inutilizzabili in giudizio i documenti che non erano stati forniti ai verificatori in sede di accesso in quanto dal p.v.c. si rilevava un comportamento del tutto ostativo da parte del legale rappresentante della ricorrente che giunge persino alla falsificazione del libro matricola. In ordine al merito della pretesa impositiva, riteneva che l’Ufficio avesse fornito elementi gravi precisi e concordanti circa l’indeducibilità dei costi (quali prima tra tutti l’inesistenza fiscale delle imprese emittenti le fatture, prive di dipendenti) mentre la contribuente non era stata in grado di dimostrare chi avesse effettuato i lavori né fosse stata in grado di dimostrare l’effettivo costo sopportato.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione alla pubblica udienza in prossimità della quale il P.G. ha depositato le sue conclusioni scritte chiedendo l’accoglimento del primo motivo di ricorso.

La Società ha depositato istanza con la quale ha chiesto, ai sensi dell’art. 1, comma 197, della legge 29.12.2022 n.197, la sospensione della controversia dichiarando la sua intenzione di avvalersi della definizione agevolata dei giudizi pendenti dinnanzi alla Corte di cassazione prevista dall’art. 1 commi da 186 a 203 della legge 29.12.2022 n. 197.

Trascorsi i termini per la presentazione della suddetta istanza la Società, avendo scelto di non avvalersi della definizione agevolata, ha chiesto la trattazione del ricorso.

Indi il ricorso è stato fissato alla pubblica udienza in prossimità della quale il P.M. ha depositato le sue conclusioni riportandosi a quelle già in precedenza rassegnate.

Motivi della decisione

  1. Con il primo motivo di ricorso si deduce ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 4 cod. proc. civ. la nullità della sentenza e del procedimento in relazione all’art. 24 Cost. e agli artt.61, 31, 34 e 17 D.Lgs. n.546 del 1992 e 45 e 48 del D.Lgs. n. 82/2005.

In particolare, la ricorrente rassegna che il suo difensore nei gradi di merito (Avv. Stefano Spaggiari) presso il quale aveva eletto domicilio non aveva ricevuto (come da attestazione della Segreteria della C.T.R. allegata in atti) l’avviso di trattazione da parte della Segreteria il che avrebbe comportato la mancata comparizione in udienza, come comprovato dal verbale di udienza riportato in ricorso e allegato, anch’esso in atti.

  1. Con il secondo motivo si deduce, sempre ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 4 cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata in relazione agli artt.61 e 36 D.Lgs. n. 546 del 1992 laddove nella sentenza impugnata era stato dichiarato di avere sentiti i rappresentanti delle parti mentre dal verbale di udienza risultava che nessuno era presente per l’appellata.
  2. Con il terzo motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 52, comma quinto, del D.P.R. n. 633 del 1972 lamentando l’errore in cui sarebbe incorsa la C.T.R. nel non ritenere inutilizzabili i documenti prodotti con i ricorsi introduttivi, ovvero i compact disc depositati con il ricorso in appello assumendo che la contribuente si fosse rifiutata o avesse dolosamente non esibito tutta la documentazione richiesta sebbene dallo stesso pvc detta richiesta non risultava formulata e anzi la stessa documentazione risultasse contenuta nel compact disc allegato al PVC.
  3. Con il quarto motivo del ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 39 D.P.R. 600/1973 d 54 D.P.R. 633 del 1972 e di altre norme di legge lamentandosi, in sintesi, l’errore in cui sarebbe incorsa la C.T.R. nel ritenere provata l’inesistenza dei costi sostenuti dalla contribuente desumendo il fatto dalla circostanza che le ditte contestate non avevano propri dipendenti e i volumi di affari dichiarati non erano compatibili con quelli accertati sebbene tali elementi contrastassero con le emergenze processuali e, più in particolare, con l’esistenza di soggetti non dipendenti dalla contribuente che avevano effettivamente eseguito le prestazioni contestate e degli ulteriori documenti, prodotti dalla contribuente che provavano l’esistenza dei requisiti previsti dall’art.109 del TUIR e 19 D.P.R. n.633 del 1972.
  4. Con il quinto motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art.360, primo comma, num. 4 cod. proc. civ. un’omessa pronuncia in ordine all’eccezione con la quale si contestava la legittimità dell’avviso per carenza di presupposti soggettivi per l’applicazione delle sanzioni irrogate malgrado tempestivamente dedotta in primo grado e ribadita in secondo.
  5. Con il sesto motivo la ricorrente – premesso che, con riferimento all’avviso di accertamento relativo all’anno di imposta 2007 nel quale era stata determinata la sanzione in Euro 1.032,00, l’Ufficio aveva emesso un successivo avviso di autotutela parziale con il quale aveva rideterminato le sanzioni in Euro 940.698,00 – deduce, ai sensi dell’art.360, primo comma, num. 4 cod. proc. civ. un’ulteriore omessa pronuncia laddove la C.T.R. non aveva deciso il dedotto motivo di nullità e/o illegittimità dell’atto di autotutela parziale con il quale l’Agenzia delle entrate aveva rettificato in pejus le sanzioni irrogate con l’avviso di accertamento precedentemente emesso malgrado lo stesso fosse stato ritualmente proposto in primo grado e riproposto in grado di appello.
  6. La censura di nullità alla sentenza impugnata mossa con il primo motivo di ricorso è fondata, con assorbimento dei restanti mezzi di impugnazione.

7.1 Nel processo tributario la comunicazione della data di udienza (artt. 31 e 61 del D.Lgs. n. 546 del 1992) adempie ad un’essenziale funzione di garanzia del diritto di difesa e del principio del contraddittorio, sicché l’omessa comunicazione alle parti, almeno trenta giorni prima, dell’avviso di fissazione dell’udienza di discussione, determina la nullità della decisione della Commissione tributaria (cfr. Cass. n. 13654/ 2011; Cass. n.23607/2012; conf. Cass. n. 11487/2013) Anche successivamente si è ribadito che nel contenzioso tributario, la comunicazione della data di udienza, ai sensi dell’art. 31 del D.Lgs. n. 546 del 1992, applicabile anche ai giudizi di appello in relazione al richiamo operato dell’art. 61 del medesimo decreto, adempie ad un’essenziale funzione di garanzia del diritto di difesa e del principio del contraddittorio, sicché l’omessa comunicazione alle parti, almeno trenta giorni prima, dell’avviso di fissazione dell’udienza di discussione, determina la nullità della decisione comunque pronunciata (Cass. n. 1786/2016; Cass. 11/07/2018, n. 18279).

Ciononostante si è, di recente, statuito che nel processo tributario, la trattazione dell’appello in pubblica udienza, senza preventivo avviso alla parte, costituisce sì una nullità processuale, ma non determina la retrocessione del processo alla C.T.R., ove non siano necessari accertamenti meritali e debba essere decisa una questione di mero diritto, atteso che il principio costituzionale della ragionevole durata del processo impedisce di adottare decisioni che, senza utilità per il diritto di difesa o per il rispetto del contraddittorio, comportino l’allungamento dei tempi del giudizio” (v. Cass. n. 22890 del 21/07/2022 e di recente, Cass. n. 9030 del 4.4.2024)

7.2. Nel caso di specie, comprovato che al difensore della Società non venne effettuata la prescritta comunicazione e che lo stesso non prese parte, quindi, all’udienza di trattazione fissata innanzi alla C.T.R. con evidente violazione del principio del diritto al contraddittorio, e assorbito in ogni caso il secondo motivo di ricorso (con il quale si deduce la nullità della sentenza per avere affermato che era presente la parte laddove all’udienza fissata nessuno comparì per la Società), va rilevato che alcune delle ulteriori censure mosse alla sentenza impugnata (come sopra illustrate) presuppongono accertamenti meritali onde non può trovare applicazione il principio da recente statuito e sopra riportato.

  1. Ne consegue che, in accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti, va dichiarata la nullità della sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia di secondo grado della Lombardia – Brescia, in diversa composizione, perché provveda all’esame e regoli le spese di questo giudizio.

P.Q.M.

In accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia/Brescia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

Cosi deciso in Roma il 10 luglio 2024.

Depositata in Cancelleria il 23 settembre 2024


COMMENTO REDAZIONALE– La comunicazione della data di udienza, ex art. 31 D.lgs. 546/1992, adempie ad un’essenziale funzione di garanzia del diritto di difesa e del principio del contraddittorio, sicché l’omessa comunicazione alle parti, almeno trenta giorni prima, dell’avviso di fissazione dell’udienza di discussione, determina la nullità della decisione comunque pronunciata.

Il predetto principio è applicabile anche al grado di appello, in forza del generale rinvio nei limiti della compatibilità alle norme previste per il primo grado, operato dall’art. 61 D.lgs. 546/1992.

La predetta nullità processuale non determina automaticamente la retrocessione del processo al secondo grado di giudizio, ove non siano necessari accertamenti di merito e debba essere decisa una questione di mero diritto, posto che il principio costituzionale della ragionevole durata del processo impedisce di adottare decisioni che comportino un allungamento dei tempi del giudizio, senza apportare alcuna utilità per il diritto di difesa o per il rispetto del principio del contraddittorio.

Tuttavia, nel caso di specie, posto che alcune censure sollevate dal ricorrente per Cassazione presuppongono accertamenti di merito, viene disposto l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio al giudice di secondo grado, in diversa composizione.