Corte di Giustizia Tributaria di Primo Grado di Roma, sez. IX, 09 luglio 2024 n. 9140


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO DI ROMA

NONA SEZIONE

RIUNITA IN UDIENZA IL 03/07/2024 ALLE ORE 11:00 CON LA SEGUENTE COMPOSIZIONE COLLEGIALE:

CORIGLIANO CAMPOLITI GIUSEPPE, – Presidente

CIRILLO MARCO EMILIO LUIGI, – Relatore

RISPOLI ELISABETTA, – Giudice

in data 03/07/2024 ha pronunciato la seguente

SENTENZA

– sul ricorso n. 1003/2024 depositato il 19/01/2024

proposto da

(…) Srl – (…)  Difeso da (…) ed elettivamente domiciliato presso (…)

contro

Comune di Roma, elettivamente domiciliato presso [email protected] Avente ad oggetto l’impugnazione di:

– AVVISO DI ACCERTAMENTO n. (…) CONTR SOGGIORNO 2021

– AVVISO DI ACCERTAMENTO n. (…) CONTR SOGGIORNO 2022

a seguito di discussione in pubblica udienza

Richieste delle parti: Omissis

Ricorrente/Appellante: Come da verbale Resistente/Appellato: Come da verbale

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato il 19/1/2024 (…) S.r.l. impugnava l’avviso di accertamento esecutivo n. (…) dell’importo di Euro. 5.904,00 per contributo di soggiorno oltre sanzioni ed interessi di Euro 4.723,00 relativo all’annualità 2021, nonché l’avviso di accertamento esecutivo n. (…) dell’importo di Euro. 5344,00 per contributo di soggiorno oltre sanzioni ed interessi di Euro 4.275,20 relativo all’annualità relativo all’annualità 2022, entrambi notificati in data 1.11.2023 da Roma Capitale per contributo di soggiorno non versato.

Assumeva (…) S.r.l. che:

– il maggiore contributo di soggiorno dipendeva dal numero di pernottamenti accertati difforme da quello dichiarato;

– l’accertamento era illegittimo per omessa motivazione e mancata allegazione degli atti richiamati nonché per violazione del diritto di difesa;

– l’accertamento e l’irrogazione delle sanzioni erano illegittimi, per illegittimità del D.I. 11 novembre 2020, che, mettendo a disposizione dati personali violava la privacy tutelata dagli artt. 35 e 36 del Regolamento UE n. 2016/679 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, nonché violava l’art. 154, comma 5-bis, del D.Lgs. n. 196 del 2003, che imponeva in tali casi il parere dell’Autorità garante, tanto da dover essere disapplicato in applicazione dell’art. 7, comma 5, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546;

– Roma Capitale non aveva provato il maggior numero di pernotti accertato, non indicando né le date né i soggetti, mentre l’utilizzazione dei dati in possesso della Questura era inattendibile, perché in quella sede si registravano solo gli arrivi e non le partenze, senza neppure tenere conto degli ospiti esenti dall’imposta di soggiorno.

Resisteva Roma Capitale contestando i motivi di ricorso e chiedendone il rigetto, in particolare replicando che si era legittimamente avvalsa di dati forniti da soggetti terzi imparziali, mentre il ricorrente non aveva fornito il minimo riscontro logico o documentale che confutasse la differenza di pernottamenti accertata, limitandosi ad allegare di aver dichiarato il numero di pernottamenti effettivi, senza neppure provare l’esclusione o la esenzione di ospiti.

(…) depositava memorie illustrative.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato secondo la ragione più liquida.

Roma Capitale ha motivato l’accertamento incrociando il numero di pernotti dichiarati con le risultanze dei dati provenienti dall’Agenzia delle Entrate.

In realtà l’Agenzia delle Entrate non fa altro che rendere disponibili sul “Portale S.-Puntofisco”, a beneficio degli enti locali che verificano la congruenza del contributo di soggiorno incassato, le informazioni trasmesse dal Ministero degli Interni.

A sua volta il Ministero degli Interni elabora, rendendoli anonimi e aggregandoli per struttura alberghiera, i dati ricevuti dalle Questure, cui il gestore della struttura alberghiera trasmette non già il numero di pernotti imponibili agli effetti del contributo di soggiorno, bensì l’identità dei clienti che chiedono di essere ospitati e il numero di notti prenotate.

Ne deriva che il confronto che Roma Capitale ha effettuato tra il numero di pernotti dichiarato al Fisco e il numero di pernotti trasmesso per ragioni di ordine pubblico alle Questure è fallace, perché non tiene conto delle notti di soggiorno effettive, né delle esenzioni dall’imposta.

Vero è infatti, che la semplice intenzione del cliente di fermarsi in città per un certo numero di notti ben potrebbe non essere rispettata, mentre l’obbligo di indicare le generalità del cliente non si accompagna alla spendita delle qualità soggettive o delle circostanze oggettive, che la stessa Roma Capitale indica quali ragioni di esenzione dall’imposta, senza contare che la segnalazione diretta alla Polizia deve includere coloro che occupano la stanza di giorno senza pernottare, e cioè senza che sorga il presupposto per il pagamento dell’imposta.

Sono, pertanto, sicuramente inesatti i dati dei pernotti utilizzati da Roma Capitale per accertare la maggiore imposta di soggiorno, e segnatamente (…) a fronte di (…) dichiarati, di cui (…) esenti, per il 2021, nonché a fronte di (…) dichiarati, di cui (…) esenti per il 2022.

Spese compensate per la novità della questione.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso. Compensa le spese.

Roma, il 3 luglio 2024.


COMMENTO REDAZIONALE – In accoglimento del ricorso della società ricorrente, esercente attività alberghiera, la Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Roma annulla l’avviso di accertamento esecutivo ex art. 1, comma 792, Legge 27 dicembre 2019 n. 160 relativo ad imposta di soggiorno, che Roma Capitale aveva motivato “incrociando” il numero di pernotti dichiarati dalla medesima struttura alberghiera alla Questura con le risultanze dei dati provenienti dall’Agenzia delle Entrate.

Quest’ultima rende disponibili sul “Portale S.-Puntofisco” le informazioni trasmesse dal Ministero degli Interni, a beneficio degli Enti locali che verificano la congruenza del contributo di soggiorno incassato.

A propria volta, il Ministero degli Interni elabora, rendendoli anonimi e aggregandoli per struttura alberghiera, i dati ricevuti dalle Questure, alle quali il gestore della struttura alberghiera trasmette non già il numero di pernotti imponibili agli effetti del contributo di soggiorno, bensì l’identità dei clienti che chiedono di essere ospitati e il numero di notti prenotate.

Per tali motivi, non risulta attendibile il confronto, operato da Roma Capitale, tra il numero di pernotti dichiarato al Fisco e quello trasmesso per ragioni di ordine pubblico alle Questure. Tale confronto, infatti, non tiene conto delle notti di soggiorno effettive, né delle esenzioni dall’imposta.

Da un lato, infatti, la semplice intenzione del cliente di fermarsi in città per un certo numero di notti potrebbe non essere rispettata; dall’altro, l’obbligo di indicare alla Questura le generalità del cliente non si accompagna alla spendita delle qualità soggettive o delle circostanze oggettive, che potrebbero dare luogo all’esenzione dall’imposta di soggiorno.

Per tali motivi, l’avviso di accertamento impugnato viene annullato, con compensazione delle spese di lite, stante la novità della questione trattata.