Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado dell’Umbria, sez. II, 07 novembre 2023, n. 343
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO DELL’UMBRIA
SECONDA SEZIONE/COLLEGIO
Sentenza
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
La Associazione è proprietaria di un edificio in G. per il quale, dopo opportuni lavori di ristrutturazione, è stata presentata la richiesta di accatastamento fabbricati in E7 (categoria propria dei fabbricati destinati all’esercizio pubblico di culti). L’Ufficio ha rilevato la mancata indicazione della rendita ed ha invitato la parte ad integrare la richiesta di modifica catastale. L’Associazione, anziché provvedere di conseguenza, depositava all’Ufficio istanza di autotutela, respinta sul presupposto della omessa indicazione della rendita. La medesima ha conseguentemente attivato il contenzioso, ritenuto inammissibile con la sentenza in questa sede appellata. Il Giudice di primo grado ha ritenuto che “l’Associazione avrebbe dovuto presentare ricorso per la mancata accettazione della Docfa. Non si può giudicare in relazione ad un atto divenuto definitivo in quanto non contestato nei termini. La autotutela non interrompe i termini ai fini del ricorso avverso la rettifica” catastale divenuta definitiva. E’ seguito l’appello per errore in fatto e diritto. L’Ufficio ha chiesto con memoria deduttiva la conferma della sentenza impugnata. L’appello è meritevole di accoglimento. Il Giudice di primo grado ha ritenuto la “definitività” della nota con la quale l’Ufficio rifiutava di prendere in carico la Docfa se non integrata con la rendita. Tale nota non presenta invece – ad avviso del Collegio – i caratteri minimi che la possano ricondurre ad atto amministrativo, essendo del tutto priva degli elementi caratterizzanti non solo l’atto fiscale quanto l’atto amministrativo in generale. Se non altra la presunta volontà definitiva dell’Ufficio non è stata accompagnata dalla indispensabile – a pena di nullità – precisazione delle modalità di impugnazione. Il documento di mancata presa in carico può invece considerarsi come atto istruttorio, contenente alla parte specifico invito ad integrare la richiesta catastale con la indicazione della rendita. La parte contribuente ha presentato istanza di autotutela, respinta dall’Ufficio. Ad avviso del Collegio il documento conseguente emesso dall’Ufficio nell’ambito della procedura formalmente ascrivibile all’autotutela ha invece acquisito le caratteristiche sostanziali del definitivo diniego, una volta constata la conclusione negativa della fase istruttoria con il mancato adempimento dell’Associazione all’onere di precisazione della categoria catastale. E’ vero che gli atti conclusi delle procedure di autotutela sono impugnabili solo per vizi propri, ma nel caso specifico la definitiva motivata volontà dell’Amministrazione si è impropriamente attualizzata proprio in questa sede. L’opinare diversamente darebbe ingresso ad una ipotesi di denegata tutela, in violazione dell’articolo 24 della Costituzione. La cognizione di questo Giudice è estesa a tutti gli atti comunque immediatamente lesivi di posizioni fiscalmente tutelate, a prescindere dal nomen che essi assumono. In conclusione sul punto, il Collegio ritiene che tutta la vicenda sia stata fattualmente caratterizzata da una dinamica anomala, a fronte – va subito sottolineato – della sostanziale esistenza di un contrasto di merito ai fini fiscali circa la sicura spettanza della rendita a zero, trattandosi di luogo di culto aperto al pubblico di una associazione religiosa debitamente riconosciuta come tale. Superata la questione della ammissibilità, il Collegio ritiene che la non contestata Docfa circa la richiesta di accatastamento in E7 renda errore formale non determinante la omessa compilazione del quadro H con la precisazione della rendita, che in ogni caso avrebbe dovuto riportare il valore zero. In linea generale, il Collegio è ben consapevole delle oscillazioni giurisprudenziali che hanno riguardato il tema della validità delle Docfa non accompagnate dalla indicazione della rendita, ma la fattispecie propone una tematica specifica diversamente circoscritta, posto che la rendita è diretta conseguenza della categoria ed è neutra ai fini fiscali. In conclusione, l’appello deve trovare accoglimento nel merito con conseguente dichiarazione di illegittimità del diniego di accettazione della Docfa e conseguente iscrizione dell’immobile nella categoria (…) con rendita zero. La particolarità del caso in esame giustifica la compensazione delle spese
P.Q.M.
La Corte di giustizia tributaria di secondo grado di PERUGIA accoglie l’appello della Associazione contribuente per quanto in motivazione, compensando le spese del doppio grado di giudizio
Perugia il 7 novembre 2023.
COMMENTO REDAZIONALE – La pronuncia in commento si uniforma all’indirizzo giurisprudenziale secondo il quale la cognizione del giudice tributario è estesa a tutti gli atti comunque immediatamente lesivi di posizioni fiscalmente tutelate, a prescindere dal nomen che essi assumono, in quanto una diversa conclusione si risolverebbe in una lesione del diritto di difesa del contribuente, tutelato dall’art. 24 Costituzione.
In applicazione di tale principio generale, viene ritenuto ammissibile il ricorso tributario avverso un provvedimento dell’Agenzia delle Entrate solo formalmente qualificabile come diniego di autotutela, ma in realtà dotato delle caratteristiche sostanziali di un definitivo diniego della richiesta di modifica catastale di un immobile.
Nella specie, l’Associazione ricorrente, dopo l’esecuzione di alcuni lavori di ristrutturazione, presentava una richiesta di modifica catastale di un immobile di sua proprietà nella categoria E7 (categoria propria dei fabbricati destinati all’esercizio pubblico di culti). L’ufficio rilevava la mancata indicazione della rendita catastale dell’immobile ed invitava la parte alla necessaria integrazione.
L’associazione, anziché provvedere in tal senso, presentava un’istanza di autotutela, che veniva respinta dall’Ufficio per mancata indicazione della rendita catastale.
Il predetto provvedimento, seppure formalmente emesso nell’ambito di un procedimento di autotutela, viene ritenuto integrare un diniego definitivo della richiesta di modifica catastale, come tale impugnabile dinanzi al giudice tributario sulla base del richiamato principio, e senza che a ciò sia di ostacolo l’impugnabilità dei provvedimenti emessi in sede di autotutela unicamente per vizi propri.