Cass. civ., sez. V, 27.09.2018 n. 23260


Svolgimento del processo

I contribuenti hanno impugnato le cartelle di pagamento loro notificate per iva, irpef e irap relative all’anno 2003 nella qualità di soci solidalmente responsabili della s.n.c. Autotrasporti Va.Gi. e G., eccependone la nullità per violazione del beneficium excussionis, nonché la nullità delle notificazioni, il difetto dell’elemento soggettivo delle violazioni contestate e l’infondatezza della pretesa.

Il ricorso non ha avuto successo e anche il successivo appello dei contribuenti è stato rigettato.

In particolare, la Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna ha sostenuto che le cartelle potessero essere notificate ai soci nonostante la loro non immediata escutibilità, perché l’invocato beneficium excussionis si può opporre in sede esecutiva; ha rimarcato la regolarità delle notificazioni delle cartelle e comunque la piena conoscenza che di esse hanno dimostrato i contribuenti allorquando le hanno impugnate; ha escluso la fondatezza dell’eccezione di prescrizione; ha affermato l’adeguata motivazione delle cartelle e l’irrilevanza dell’omessa indicazione del responsabile del procedimento, nonché dell’omissione di sottoscrizione.

Contro questa sentenza propongono ricorso i contribuenti, che affidano a tre motivi, che illustrano con memoria, cui replica con controricorso l’agente della riscossione, mentre l’Agenzia non propone difese scritte.

Motivi della decisione

1.- Infondata è l’eccezione d’inammissibilità per carenza di legittimazione passiva proposta dall’agente della riscossione.

Ciò in quanto la legittimazione processuale dell’agente deriva dall’acquisizione della qualità di parte nei gradi di merito e quella sostanziale scaturisce dalle contestazioni mosse col ricorso introduttivo, che hanno investito anche vizi propri della cartella, ossia l’affermata carenza della sua motivazione, l’omessa indicazione del responsabile del procedimento e la mancanza di sottoscrizione.

2.- Fondato è, invece, il primo motivo del ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, col quale i contribuenti lamentano la violazione o falsa applicazione degli artt. 2291 e 2304 c.c., là dove il giudice d’appello, benché abbia dato atto della non immediata escutibilità dei soci, ha comunque escluso che la violazione del beneficium excussionis si riverberi sull’illegittimità delle cartelle, perché il beneficium va opposto in sede esecutiva.

2.1.- Questa Corte ha già avuto occasione di affermare (con sentenza 27 febbraio 2017, n. 4959) che, in tema di riscossione delle imposte, in caso di ricorso al procedimento mediante ruolo, legittimamente il contribuente fa valere il beneficium excussionis con l’impugnazione della cartella di pagamento.

Si è così superato l’indirizzo, del quale v’è eco nella sentenza impugnata, in base al quale il beneficium excussionis ha efficacia limitatamente alla fase esecutiva, nel senso che il creditore non può procedere coattivamente a carico del soggetto a vantaggio del quale è stabilito se non dopo aver agito infruttuosamente sui beni da escutere preventivamente, ma può premunirsi di un titolo esecutivo anche nei confronti di quel soggetto (da ultimo, in questo senso, Cass. 21 dicembre 2016, n. 26549 e ord. 29 luglio 2016, n. 15966).

2.1.- Quest’orientamento non tiene conto del fatto che la materia tributaria è segnata da rilevanti specificità, che ne determinano una deviazione dai principi generali.

In generale, l’opposizione con la quale si faccia valere il beneficium excussionis, poiché concerne una condizione dell’azione esecutiva nei confronti del contribuente titolare del beneficio, e, quindi, una condizione posta all’esercizio del diritto del fisco di agire esecutivamente ai suoi danni, è materia di opposizione all’esecuzione (in termini, proprio in relazione al beneficium excussionis stabilito dall’art. 2304 c.c., vedi Cass. 14 novembre 2011, n. 23749).

In particolare, la notificazione della cartella risponde, oltre che alla funzione di portare a conoscenza del contribuente l’estratto del ruolo al fine di far decorrere i termini per l’impugnazione, anche a quella prodromica all’esecuzione forzata.

La peculiarità del procedimento di riscossione delle imposte sta giustappunto nella sua sequenza procedimentale, la quale prevede:

– in luogo del titolo esecutivo, il ruolo formato dall’ente impositore (arg. D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 49, comma 1);

– in luogo del precetto, la cartella di pagamento (tra le ultime, Cass. 14 settembre 2016, n. 18002) o l’avviso di mora o intimazione di pagamento (tra varie, Cass. 3 marzo 2012, n. 3374).

2.2.- Come, in generale, dunque, la giurisprudenza non dubita che sia ammissibile impugnare l’atto di precetto per far valere il beneficio di preventiva escussione, senza dover attendere il pignoramento (Cass. n 23749/11, cit.), così, in particolare, non si ravvisano ostacoli di sistema per ammettere che sia impugnabile la cartella per far valere il beneficio in questione.

3.- Anzi, la ricognizione del sistema rende obbligata una tale soluzione.

Il legislatore ha stabilito l’esclusione dalla giurisdizione tributaria delle controversie riguardanti gli atti dell’esecuzione forzata tributaria successivi alla notificazione della cartella di pagamento (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 1, secondo nucleo normativo).

E la Corte costituzionale, nel raccordare il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2 con il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 57 che pone limiti alla facoltà di proporre le opposizioni regolate dagli artt. 615 e 617 c.p.c., ha chiarito che se il contribuente contesta il titolo della riscossione coattiva, la controversia così introdotta appartiene alla giurisdizione del giudice tributario e l’atto processuale d’impulso è giustappunto il ricorso D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 19, proponibile avverso “il ruolo e la cartella di pagamento”, e non già l’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. (Corte cost. 31 maggio 2018, n. 114).

Allora, in quanto è proponibile il ricorso D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 19 è inammissibile l’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c.: “l’inammissibilità dell’opposizione ex art. 615 cod. proc. civ. si salda, in simmetria complementare, con la proponibilità del ricorso D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 19 assicurando, in questa parte, la continuità della tutela giurisdizionale” (così Corte cost. n. 114/2018).

3.1.- Anche in precedenza, d’altronde, la Corte costituzionale, ancora una volta interpellata sulla tenuta costituzionale del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57 nel dichiarare la manifesta inammissibilità della questione proposta, relativamente alla parte in cui la norma esclude la possibilità di presentare opposizione all’esecuzione, se non per ciò che concerne la pignorabilità dei beni, ha segnalato che il contribuente in quel caso ben avrebbe potuto impugnare – evidentemente avanzando le doglianze malamente in quel caso veicolate nell’opposizione all’esecuzione – dinanzi al giudice tributario le intimazioni di pagamento che aveva ricevuto dopo la cartella (Corte cost., ord. 13 aprile 2011, n. 133).

3.3.- Il legislatore ha quindi scelto di riservare al giudice tributario la soluzione di ogni aspetto di rilievo sostanziale e procedurale correlato alla disciplina tributaria: il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 1, secondo periodo, ancora il discrimine tra giurisdizione tributaria e giurisdizione ordinaria alla notificazione della cartella di pagamento o comunque del titolo esecutivo (Cass., sez. un., 5 giugno 2017, n. 13913; conf., sez. un., 23 ottobre 2017, n. 24965).

E’ quindi indubbio che il beneficium excussionis si possa, anzi, si debba opporre dinanzi al giudice tributario allorquando si riceva notificazione della cartella: è in quel momento e in quella sede che il contribuente ha titolo per contestare la sussistenza della condizione posta al fisco per agire esecutivamente contro di lui.

4.- Va, poi, rimarcato che, giusta il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21 la notificazione della cartella “vale anche come notificazione del ruolo”.

Il ruolo è un elenco, formato dall’ente impositore in prospettiva della riscossione, che contiene i nominativi dei debitori e le somme dovute (D.P.R. n. 602 del 1973, art. 10). Questo elenco è poi consegnato (D.P.R. n. 602 del 1973, art. 24) all’agente della riscossione, che provvede alla predisposizione (D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25) e alla notificazione (D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26) ai singoli contribuenti delle cartelle di pagamento.

Ne deriva, hanno precisato le sezioni unite (Cass., sez. un., 2 ottobre 2015, n. 19704), che il ruolo non solo è atto proprio ed esclusivo dell’ente impositore, ma, nella progressione dell’iter amministrativo di imposizione e riscossione, precede ogni attività dell’agente per la riscossione, della quale costituisce presupposto indefettibile.

4.1.- Di qui discende la conseguenza che l’iscrizione a ruolo avvenuta in violazione del beneficium excussionis, conformando l’attività di riscossione, è illegittima e che tale illegittimità, riguardando il presupposto indefettibile della predisposizione e della notificazione della cartella, si riverbera su di essa, determinandone un vizio proprio.

5.- Nel caso in esame, quindi, il motivo va accolto e quest’accoglimento determina l’assorbimento dei restanti due, che concernono per diversi aspetti la nullità delle cartelle impugnate.

6.- In definitiva, in accoglimento del primo motivo di ricorso, si cassa la sentenza impugnata in relazione al profilo accolto, con rinvio, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna in diversa composizione.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 22 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2018


 COMMENTO

La sentenza in commento accoglie il primo motivo di ricorso dei contribuenti, relativo alla violazione e falsa applicazione, da parte del Giudice di secondo grado, degli artt. 2291 e 2304 c.c., i quali prevedono che la responsabilità personale dei soci di una società in nome collettivo per le obbligazioni sociali sia temperata dal cd. beneficium excussionis. Infatti, mentre la prima delle due disposizioni richiamate stabilisce che nella società in nome collettivo tutti i soci rispondono solidalmente ed illimitatamente per le obbligazioni sociali, con inefficacia dell’eventuale patto contrario rispetto ai terzi, la seconda dispone che i creditori della società, anche se in liquidazione, non possano pretendere il pagamento dai singoli soci, se non dopo l’infruttuosa escussione del patrimonio sociale.

La problematica affrontata dalla pronuncia in commento è dunque se l’Agente della riscossione sia oppure no legittimato a notificare ai singoli soci una cartella di pagamento, relativa ad un debito tributario della società, prima di avere esperito un’infruttuosa esecuzione forzata sul patrimonio di quest’ultima.

I Giudici di secondo grado si erano espressi in senso favorevole: infatti, pur dando atto della non immediata escutibilità dei soci di una società in nome collettivo, la Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna aveva ritenuto il beneficium excussionis limitato alla sola fase esecutiva, la quale ha inizio unicamente con il pignoramento (art. 491 c.p.c.). Pertanto, anteriormente all’escussione del patrimonio sociale, l’Agente della Riscossione non sarebbe stato legittimato ad azionare alcuna forma espropriativa nei confronti dei soci, ma avrebbe invece potuto notificare loro una cartella di pagamento.

La Corte di Cassazione perviene invece ad una conclusione diametralmente opposta, fondata sulla specificità della materia tributaria, che è tale da comportare una deroga rispetto ai principi generali valevoli per i creditori “comuni”.

Tale specificità consiste in particolare nella funzione della cartella di pagamento, la quale non si limita ad una mera comunicazione del ruolo (titolo esecutivo formato dall’Ente impositore ex art. 49 DPR 602/1973), ma include anche una funzione ingiuntiva del pagamento, equivalente a quella dell’atto di precetto dell’espropriazione ordinaria.

La giurisprudenza è concorde nell’affermare che sia possibile far valere il beneficium excussionis mediante impugnazione dell’atto di precetto, senza necessità di dover attendere il successivo pignoramento (si vedano, in tal senso, Cass. civ., sez. III, 15.07.2005 n. 15036 e Cass. civ., sez. III, 14.11.2011 n. 23749).

Nell’ambito dell’espropriazione ordinaria, l’impugnazione del precetto per violazione del beneficium excussionis avviene nella forma dell’opposizione all’esecuzione ex art. 615, comma 1, c.p.c.

Nell’ambito dell’espropriazione esattoriale per debiti tributari, invece, l’impugnazione della cartella per il medesimo motivo deve avvenire mediante ricorso al Giudice tributario, in quanto il combinato disposto degli artt. 2 D.Lgs. 546/1992 e 57 DPR 602/1973 impone di ritenere che, se il contribuente contesta il titolo della riscossione coattiva, la controversia così introdotta appartiene alla giurisdizione del Giudice tributario, ed il relativo atto di impulso è il ricorso tributario (proponibile avverso “il ruolo e la cartella di pagamento” ex art. 19, comma 1, lettera d), D.Lgs. 546/1992), e non già l’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. (Corte Costituzionale, 31.05.2018 n. 114).

Come emerge dalla stessa motivazione della sentenza in commento, la soluzione prospettata non appare univoca in giurisprudenza.

Esiste infatti un indirizzo di legittimità, al quale si era conformata anche la sentenza di secondo grado impugnata, secondo il quale il beneficium excussionis di cui all’art. 2304 c.c. inciderebbe solo sulla fase esecutiva e non impedirebbe la notifica al socio della società di persone della cartella di pagamento. Quest’ultima costituirebbe infatti un mero atto di contestazione e legale conoscenza del debito tributario, solo prodromico alla futura ed eventuale esecuzione (Cass. civ., sez. VI-5, ord., 03.01.2014 n. 49; Cass. civ., sez. VI-5, ord., 22.06.2015 n. 12839; Cass. civ., sez. VI-5, ord., 16.06.2016 n. 12494; Cass. civ., sez. VI-5, ord., 29.07.2016 n. 15966 e Cass. civ., sez. V, 21.12.2016 n. 26549). Tra le due funzioni che la cartella di pagamento svolge nell’ambito della disciplina di cui al DPR 602/1973, tale orientamento valorizza quindi maggiormente quella comunicativa del ruolo, ossia quella di atto conclusivo dell’iter che conduce alla formazione del titolo esecutivo e che preannuncia soltanto l’esercizio dell’azione esecutiva, senza farne parte, e senza poter quindi essere soggetta ad una norma (quale l’art. 2304 c.c. sul beneficium excussionis), che solo all’azione esecutiva vera e propria è applicabile.

La pronuncia in commento si uniforma invece all’orientamento di segno opposto, sostenuto da alcune sentenze più risalenti nel tempo (Cass. civ., sez. V, 08.05.2003 n. 7000 e Cass. civ., sez. V, 09.05.2007 n. 10584), ma già ripreso da un precedente molto recente (Cass. civ., sez. V, 27.02.2017 n. 4959). Tale diverso indirizzo valorizza maggiormente la funzione ingiuntiva del pagamento, che è anch’essa propria della cartella e che la assimila all’atto di precetto dell’espropriazione ordinaria. Poiché è pacifico che il debitore di un’espropriazione ordinaria possa far valere il beneficium excussionis mediante impugnazione dell’atto di precetto, senza necessità di dover attendere il successivo pignoramento (Cass. civ., sez. III, 15.07.2005 n. 15036 e Cass. civ., sez. III, 14.11.2011 n. 23749), analoga facoltà deve essere riconosciuta anche al debitore di un’espropriazione esattoriale, mediante l’impugnazione della cartella.

Diverso è unicamente lo strumento processuale utilizzabile: opposizione all’esecuzione ex art. 615, comma 1, c.p.c. in caso di precetto ordinario, ricorso tributario ex art. 19, comma 1, lettera d) D.lgs. 546/1992 in caso di cartella di pagamento relativa a debiti tributari. Tale diversità di strumento processuale utilizzabile si giustifica con la scelta legislativa di riservare alla giurisdizione tributaria la soluzione di ogni questione, sia procedurale che sostanziale, correlata alla disciplina tributaria, escludendo da essa solo le controversie relative agli atti dell’espropriazione forzata successivi alla notifica della cartella di pagamento (art. 2, comma 1, secondo periodo, D.lgs. 546/1992).

Un ulteriore argomento a sostegno di tale conclusione viene infine rinvenuto dalla pronuncia in esame nella disposizione dell’art. 21 D.lgs. 546/1992, secondo cui “la notificazione della cartella vale anche come notificazione del ruolo”. Quest’ultimo è un elenco, formato dall’Ente impositore in prospettiva della riscossione e contenente i nominativi dei debitori e le somme dovute (art. 10 DPR 602/1973), il quale viene consegnato (art. 24 DPR 602/1973) all’Agente della riscossione, affinché provveda alla predisposizione e alla notificazione delle cartelle di pagamento ai singoli contribuenti (artt. 25 e 26 DPR 602/1973). Pertanto, il ruolo non è solo un atto proprio ed esclusivo dell’Ente impositore, ma, nella progressione dell’iter amministrativo di imposizione e riscossione, precede ogni attività dell’Agente per la riscossione, della quale costituisce presupposto indefettibile (Cass. civ., SS.UU., 02.10.2015 n. 19704). Da ciò deriva che l’iscrizione a ruolo avvenuta in violazione del beneficium excussionis, conformando l’attività di riscossione, è illegittima e che tale illegittimità, riguardando il presupposto indefettibile della predisposizione e della notificazione della cartella, si riverbera su di essa, determinandone un vizio proprio.

Sebbene il contrasto giurisprudenziale sopra descritto si sia formato con specifico riferimento alla cartella di pagamento, strumento di riscossione utilizzato in via esclusiva dall’Agente nazionale della riscossione (oggi: Agenzia delle entrate-Riscossione), analoghe considerazioni sembrano potersi applicare anche all’ingiunzione fiscale di cui al R.D. 14.04.1910 n. 639, utilizzata dagli Enti locali e dai cd. “Concessionari minori”. Anch’essa, infatti, cumulando in sé la duplice funzione di atto comunicativo dell’accertamento del credito e di atto ingiuntivo del pagamento, risulta assimilabile ad un atto di precetto dell’espropriazione ordinaria: di conseguenza, in applicazione del principio statuito dalla sentenza in commento, anch’essa, qualora relativa a crediti tributari, potrà essere oggetto di ricorso ex art. 19 D.lgs. 546/1992 per violazione del beneficium excussionis di cui all’art. 2304 c.c. (sull’impugnabilità dell’ingiunzione fiscale dinanzi al Giudice tributario, si vedano, tra le altre, Cass. civ., SS.UU., 12.10.2000 n. 1092; Cass. civ., SS.UU.,19.12.2009 n. 26818; Cass. civ., SS.UU., 05.01.2016 nn. 29 e 30; Cass. civ., SS.UU., 23.10.2017 n. 24965).

Dott.ssa Cecilia Domenichini

(Unicusano-Roma)