Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Caserta, sez. VII, 15 luglio 2024 n. 3034
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il contribuente Sig. F. F. ha impugnato atto di rigetto, notificato in data 19.01.24, della propria istanza di annullamento in autotutela dell’avviso di accertamento n. TF7010301663/2022 relativo all’anno di imposta 2016, notificatogli in data 02/12/22, con il quale si è accertato, ai sensi del combinato disposto degli art. 39, comma 2 lett. d) bis e 41 bis del D.P.R. 600/73 un maggior reddito, nonché indebite compensazioni di crediti IVA.
Questi, in sintesi, i motivi di doglianza:
mancata dimostrazione della fondatezza della pretesa dell’Agenzia delle Entrate riferita ai soli dati dello spesometro ed in assenza di riscontri di alcun tipo;
violazione del diritto di difesa non essendo motivato l’avviso di accertamento di cui si chiede l’annullamento in autotutela.
Si è costituita l’AGENZIA delle ENTRATE con deposito di controdeduzioni.
Eccepisce la fondatezza e legittimità del rigetto della istanza di autotutela, in quanto ampiamente motivata.
Più in particolare ha dedotto che nonostante i plurimi inviti, notificati al contribuente, parte ricorrente, non è stata mai depositata la documentazione idonea a comprovare la dichiarata quota di IVA posta in detrazione.
Alla odierna udienza la causa è posta in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è inammissibile.
Appare necessario un preliminare inquadramento, sotto il profilo giuridico, della controversia all’esame.
L’atto impugnato, per espressa affermazione del ricorrente, è rappresentato dal rigetto della istanza di annullamento in autotutela, notificata in data 19.01.24, di precedente avviso di accertamento notificatogli in data 02/12/22 e mai impugnato.
Lo statuto del contribuente, di cui alla L 212/00, così come recentemente modificata con D.Lgs. 30 dicembre 2023, n. 219, ha disciplinato, con le norme di cui agli artt. 10 quater e 10 quinquies, l’esercizio del potere di autotutela obbligatoria e facoltativa della amministrazione finanziaria. Più in particolare, con la norma di cui all’art. 1° quater ha individuato i casi, tassativi, nei quali è obbligatorio l’annullamento di atti di imposizione ovvero la rinuncia all’imposizione, senza necessità di istanza di parte, anche in pendenza di giudizio o in caso di atti definitivi.
Con la successiva norma di cui all’art 10 quinquies ha disposto che, al di fuori dei casi tassativi di cui all’art. 10 quater, l’amministrazione ha facoltà di procedere all’annullamento, in tutto o in parte, di atti di imposizione, ovvero alla rinuncia all’imposizione, senza necessità di istanza di parte, anche in pendenza di giudizio o in caso di atti definitivi, purché, però, in presenza di una illegittimità o dell’infondatezza dell’atto o dell’imposizione.
La norma di cui all’art 19 dlgs 546/92, come modificata dal recente d.lgs. 220/23, ha previsto, con diposizione immediatamente applicabile, la impugnabilità, tra l’altro, del rifiuto espresso o tacito sull’istanza di autotutela nei casi previsti dall’articolo 10-quater e 10 quinquies.
In ragione, dunque, delle novità introdotte con il riportato quadro normativo, ferma restando la obbligatorietà e/o facoltatività, nei casi di cui ai più volte richiamati artt. 10 quater e quinquies L 212/00, del potere di autotutela, il contribuente è legittimato ad impugnare l’eventuale il “rifiuto” espresso o tacito sulla istanza di autotutela.
Il legislatore, dunque, ha reso impugnabile non l’esito del riesame in autotutela, ma solo l’eventuale “rifiuto” di procedere al riesame in parola, lo specifico caso, cioè, in cui l’ufficio si rifiuti di riesaminare l’atto, nei casi di cui all’art 10 quinquies, oppure si rifiuti di annullarlo nei casi di cui all’art 10 quater.
Diversamente ragionando, laddove si ritenesse impugnabile anche l’atto di motivato rigetto della istanza di annullamento in autotutela, nei casi di cui all’art 10 quinquies, si introdurrebbe una sostanziale elusione dei termini decadenziali di impugnativa degli atti impositivi.
Nel caso concreto all’esame, non si verte in alcuna delle ipotesi tassative di cui al citato art. 10 quater, con conseguente obbligatorietà dell’annullamento in sede di autotutela dell’atto impositivo. Si versa, viceversa, nel caso di istanza di autotutela facoltativa di cui al successivo art. 10 quinquies, cui, tuttavia, l’ufficio ha dato correttamente seguito.
Non risulta, infatti, un “rifiuto espresso o tacito sull’istanza di autotutela”, ma un “rigetto” della istanza di autotutela stessa, motivato, peraltro, in modo esaustivo a seguito di compiuto riesame dell’atto in parola.
Ne consegue, dunque, la inammissibilità del ricorso, non trattandosi, nel caso di motivato “rigetto” della istanza di annullamento in autotutela ai sensi dell’art 10 quinquies, di un atto impugnabile ex art 19 d.lgs. 546/92.
La novità della questione trattata consente, ai sensi dell’art 15 d.lgs. 546/92, la compensazione delle spese processuali.
P.Q.M.
La corte di giustizia tributaria provinciale, definitivamente pronunciando, dichiara inammissibile il ricorso.
Spese compensate
COMMENTO REDAZIONALE – Con l’introduzione delle lettere g-bis) e g-ter) dell’art. 19, comma 1, D.lgs. 546/1992 (avvenuta ad opera dell’art. 1, comma 1, lettera i) D.lgs. 30 dicembre 2023 n. 220), sono stati aggiunti tra gli atti impugnabili mediante ricorso tributario “il rifiuto espresso o tacito sull’istanza di autotutela nei casi previsti dall’articolo 10-quater della legge 27 luglio 2000, n. 212” e “il rifiuto espresso sull’istanza di autotutela nei casi previsti dall’articolo 10-quinquies della legge 27 luglio 2000, n. 212”.
Si tratta, in particolare, delle due disposizioni introdotte nell’ambito dello “Statuto del contribuente” ad opera dell’art. 1, comma 1, lettera m), D.lgs. 30 dicembre 2023 n. 219, per disciplinare rispettivamente l’autotutela obbligatoria (esercitabile nelle fattispecie tassative tipizzate dall’art. 10-quater Legge 212/2000) e l’autotutela facoltativa (non preventivamente tipizzata dall’art. 10-quinquies del predetto Statuto, ma esercitabile dall’Amministrazione finanziaria secondo una propria valutazione discrezionale quando, al di fuori delle fattispecie tipizzate che richiedono l’autotutela obbligatoria, l’atto o l’imposizione risultino comunque illegittimi o infondati).
La pronuncia in commento chiarisce come l’ampliamento del novero degli atti impugnabili mediante ricorso tributario, operato con l’aggiunta delle predette lettere g-bis) e g-ter) all’art. 19, comma 1, D.lgs. 546/1992, consenta di impugnare solo l’eventuale “rifiuto” di procedere al riesame in autotutela, e non l’esito di tale riesame.
In caso contrario, laddove si ritenesse impugnabile anche l’atto di motivato rigetto dell’istanza di annullamento in autotutela facoltativa ex art. 10-quinquies Statuto del contribuente, si finirebbe per introdurre una sostanziale elusione dei termini decadenziali di impugnativa degli atti impositivi.
In conclusione, quindi, anche a seguito della “nuova” lettera g-ter) dell’art. 19, comma 1, D.lgs. 546/1992, resta comunque non impugnabile il motivato rigetto dell’istanza di autotutela facoltativa.