Cass. Civ., sez. VI-5, ord., 01.08.2018 n. 20410


Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Rilevato che:

  1. L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, cui replica la società intimata con controricorso, avverso la sentenza in epigrafe con cui la Commissione tributaria regionale della Sicilia, rilevato l’omesso deposito da parte dell’amministrazione finanziaria appellante della ricevuta postale di spedizione dell’atto di appello, dichiarava, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 2, e art. 22, l’inammissibilità dell’impugnazione proposta avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Catania, che aveva accolto il ricorso proposto dalla contribuente avverso la cartella di pagamento recante iscrizione a ruolo dell’IVA dovuta dalla contribuente con riferimento all’anno di imposta 2004.
  2. Con ordinanza interlocutoria n. 3988 del 2018, emessa all’adunanza del 23/11/2017, è stata disposta l’acquisizione dei fascicoli dei gradi di merito.
  3. Sulla rinnovata proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio.
  4. Il Collegio ha deliberato la redazione della motivazione dell’ordinanza in forma semplificata.

Considerato che:

  1. Con il motivo di ricorso, dedotto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 16, comma 22 e art. 53, poiché la CTR ha ritenuto quale causa di inammissibilità dell’appello il mancato deposito della ricevuta di spedizione dell’atto medesimo.
  2. Il motivo è infondato e va rigettato.

2.1. Invero, nel caso di specie è pacifico, perché ammesso dalla parte ricorrente, che la stessa non provvide a depositare, all’atto della sua costituzione nel giudizio di appello, la ricevuta di spedizione a mezzo raccomandata postale dell’atto di impugnazione, ma soltanto l’avviso di ricevimento della raccomandata postale contenente l’atto di appello, che però non consente di far ritenere idoneamente superata l’inammissibilità del ricorso impugnatorio secondo i principi recentemente enunciati dal Supremo consesso di questa Corte nelle sentenze n. 13452 e n. 13453 del 2017, che ha affermato, con riguardo alla notificazione dell’appello, nel processo tributario, a mezzo del servizio postale (come nel caso di specie), che: 1) “il termine di trenta giorni per la costituzione in giudizio del ricorrente o dell’appellante, che si avvalga per la per la notificazione del servizio postale universale, decorre non dalla data della spedizione diretta del ricorso a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento, ma dal giorno della ricezione del plico da parte del destinatario (o dall’evento che la legge considera equipollente alla ricezione)”; 2) “non costituisce motivo d’inammissibilità del ricorso o dell’appello, che sia stato notificato direttamente a mezzo del servizio postale universale, il fatto che il ricorrente o l’appellante, al momento della costituzione entro il termine di trenta giorni dalla ricezione della raccomandata da parte del destinatario, depositi l’avviso di ricevimento del plico e non la ricevuta di spedizione, purché nell’avviso di ricevimento medesimo la data di spedizione sia asseverata dall’ufficio postale con stampigliatura meccanografica ovvero con proprio timbro datario, solo in tal caso, essendo l’avviso di ricevimento idoneo ad assolvere la medesima funzione probatoria che la legge assegna alla ricevuta di spedizione, laddove, in mancanza, la non idoneità della mera scritturazione manuale o comunemente dattilografica della data di spedizione sull’avviso di ricevimento può essere superata, ai fini della tempestività della notifica del ricorso o dell’appello, unicamente se la ricezione del plico sia certificata dall’agente postale come avvenuta entro il termine di decadenza per l’impugnazione dell’atto o della sentenza”.

2.2. Infatti, anche secondo la corretta prospettazione fatta al riguardo dalla controricorrente, nell’avviso di ricevimento della raccomandata postale manca l’attestazione certa della data di spedizione della stessa e la notifica dell’appello risulta essersi perfezionata in data 29/05/2012, ovvero dopo la scadenza del termine lungo (di un anno e 46 giorni, trattandosi di ricorso introdotto nell’ottobre del 2008), ex art. 327 c.p.c., per impugnare la sentenza di primo grado (pubblicata in data 7/04/2011 e non notificata) che, considerata la sospensione per il periodo feriale, andava a scadere il 23/05/2012.

2.3. Ne consegue che nel caso in esame non ha esito positivo la c.d. “prova di resistenza” evocata dalle Sezioni unite di questa Corte nelle sopra citate pronunce, in base alla quale l’inammissibilità non può essere dichiarata “se la data di ricezione del ricorso, essendo asseverata dall’agente postale addetto al recapito in giorno anteriore alla scadenza del termine per impugnare l’atto o appellare la sentenza, dia obiettiva certezza pubblica della tempestiva consegna del plico all’ufficio postale da parte del notificante per l’inoltro al destinatario” (Cass. Sez. U., citate; conf. Cass. n. 25237, 25400 e n. 25495 del 2017).

2.4. Va aggiunto che a superare tale prova non è utile la distinta-elenco delle raccomandate redatta dall’amministrazione finanziaria e presentata all’ufficio postale perché documento su cui non risulta apposto il timbro a secco di accettazione dell’ufficio postale (che ne avrebbe attestato con certezza la consegna al predetto ufficio – cfr. Cass. n. 22878 del 2017; v. anche Cass. n. 24568 del 2014 e n. 7312 del 2016).

  1. Conclusivamente, quindi, il ricorso va rigettato e le spese compensate stante l’incidenza sulla decisione del sopravvenuto orientamento giurisprudenziale, dovendosi altresì dare atto che, risultando soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, (v. Cass., Sez. U., n. 9338 del 2014; conf. Cass. n. 1778, n. 18893 e n. 22267 del 2016).
P.Q.M.

rigetta il ricorso e compensa le spese processuali.

Così deciso in Roma, il 21 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 1 agosto 2018


 

COMMENTO

L’Agenzia delle Entrate censura la sentenza di secondo grado, che aveva ritenuto inammissibile il suo appello, perché depositato senza la ricevuta di spedizione postale, dalla quale risultasse l’avvenuta spedizione del plico in data anteriore alla scadenza del cd. “termine lungo” per l’appello ex artt. 38, comma 3, D.lgs. 31.12.1992 n. 546 e 327 c.p.c.

La censura non trova accoglimento, in quanto nel caso di specie l’avviso di ricevimento depositato non conteneva l’asseverazione della data di spedizione del plico mediante stampigliatura meccanografica o timbro datario, e non era quindi idoneo a supplire al mancato deposito della ricevuta di spedizione.

La pronuncia in commento ribadisce il principio, già affermato dalla giurisprudenza di legittimità a Sezioni Unite (Cass. civ., SS.UU., 29.05.2017 n. 13452 e Cass. civ., SS.UU., 29.05.2017 n. 13453), secondo cui non costituisce motivo di inammissibilità del ricorso o dell’appello, notificato direttamente a mezzo del servizio postale universale, il fatto che il ricorrente o l’appellante, al momento della costituzione – da effettuarsi entro il termine di trenta giorni dalla ricezione della raccomandata da parte del destinatario, e non già dalla mera spedizione della raccomandata –  depositi l’avviso di ricevimento del plico e non la ricevuta di spedizione, purché nell’avviso di ricevimento medesimo la data di spedizione sia asseverata dall’ufficio postale con stampigliatura meccanografica ovvero con proprio timbro datario: solo in tal caso, infatti, l’avviso di ricevimento è idoneo ad assolvere la medesima funzione probatoria, che la legge assegna alla ricevuta di spedizione.

Infatti, la stampigliatura con macchina numeratrice e datatrice non fa perdere ai documenti postali in generale la loro natura di atti pubblici, ancorché privi della sottoscrizione del pubblico ufficiale che ha presieduto a tali operazioni, il quale resta pur sempre identificabile, così come è identificabile l’ufficio mittente.

Del resto, la normativa postale, fin dai primi anni Ottanta, si è orientata nel senso di non richiedere più la convalida con bollo e firma per i propri atti automatizzati nei rapporti con l’utenza (art. 1 DPR 28.04.1981 n. 336; art. 102-bis R.D. 30.05.1940 n. 775).

Ne deriva che il tracciamento automatizzato con le macchine operatrici assicura la relazione intercorrente tra il mittente e l’ufficio postale e tra quest’ultimo ed il destinatario del plico, garantendo l’identità dei dati relativi a giorno e modi di spedizione tanto sul modulo per l’accettazione della raccomandata, quanto sull’avviso di ricevimento, entrambi sempre generati dal sistema operativo di Poste Italiane.

Analogamente, la veridicità dell’apposizione della data mediante il timbro postale a calendario (cd. “datario”) è presidiata dal reato di falso ideologico in atto pubblico, poiché si riferisce all’attestazione di attività compiute dal pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni.

Riguardo al timbro postale mancante di firma, la giurisprudenza di legittimità, specie in sede penale, ha ritenuto qualificabile come “atto pubblico” anche il documento privo di sottoscrizione, esistendo la possibilità di identificarne la provenienza e non richiedendone la legge la sottoscrizione ad substantiam.

Ai fini del processo tributario, la data di presentazione delle raccomandate consegnate all’ufficio postale, risultante dalla copia dell’elenco delle raccomandate consegnate per la spedizione alle Poste italiane, che annovera il codice a barre identificativo e che reca il timbro postale, è certa e validamente attestata, risultando da atto equipollente a quelli contenenti lo stesso timbro, sia che questo sia stato apposto sul piego postale, sia che lo sia stato sulla busta della raccomandata, secondo una prassi adottata dagli uffici postali, di notoria conoscenza, e riconducibile ad una nozione costituzionalmente adeguata delle dette disposizioni, anche in rispondenza della nozione ristretta delle inammissibilità processuali, posta dalla Corte costituzionale a cardine interpretativo del contenzioso fiscale (Cass. civ., sez. V, 29.03.2006 n. 7312 e Cass. civ., sez. VI-5, ord., 18.11.2014 n. 24568).

In conclusione, pertanto, i dati alfanumerici sulla data di spedizione e sull’ufficio postale di accettazione, anche laddove incompleti sull’avviso di ricevimento, sono surrogati, con efficacia di atto pubblico anche in difetto di sottoscrizione, dal timbro datario dell’ufficio postale di partenza, che attesti l’avvenuta consegna per l’inoltro in forme e modi equivalenti a quelli della ricevuta di spedizione.

Qualora, invece, manchino sia la stampigliatura meccanografica, sia la certificazione risultante da timbro datario, la non idoneità della mera scritturazione manuale o comunemente dattilografica della data di spedizione sull’avviso di ricevimento può essere superata, ai fini della prova della tempestività della notifica del ricorso o dell’appello, unicamente se la ricezione del plico da parte del destinatario sia certificata dall’agente postale come avvenuta entro il termine di decadenza per l’impugnazione dell’atto o della sentenza.

Nel caso di specie, sull’avviso di ricevimento della raccomandata postale mancava l’attestazione certa della data di spedizione della stessa e, d’altro canto, la ricezione dell’appello da parte del destinatario risultava essersi perfezionata dopo la scadenza del cd. “termine lungo” per impugnare la sentenza di primo grado, con conseguente esito negativo della “prova di resistenza” evocata dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (si vedano anche, in senso conforme, Cass. civ., sez. VI-5, ord., 24.10.2017 n. 25237; Cass. civ., sez. VI-5, ord., 25.10.2017 n. 25400 e  Cass. civ., sez. VI-5, ord., 26.10.2017 n. 25495).

Ad evitare la declaratoria di inammissibilità dell’appello non viene ritenuta utile neppure la distinta-elenco delle raccomandate redatta dall’Amministrazione finanziaria e presentata all’ufficio postale, in quanto su tale documento non risultava apposto il timbro a secco di accettazione dell’ufficio postale, che ne avrebbe attestato con certezza la consegna al predetto ufficio (si vedano, in senso conforme, Cass. civ., sez. VI-5, ord., 18.11.2014 n. 24568; Cass. civ., sez. V, 29.09.2017 n. 22878 e Cass. Civ., sez. VI-5, ord., 04.06.2018 n. 14163).

Dott.ssa Cecilia Domenichini

(Unicusano- Roma)