T.A.R. Campania Napoli, Sez. VI, Sent., 26 giugno 2024, n. 3961
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2814 del 2020, proposto da G.C., rappresentata e difesa dall’avvocato …, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Afragola, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati …, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l’annullamento
- a) – delle ordinanze n. 394 del 6 giugno 2005, n. 402 del 27 settembre 2005 e n. 430 del 4 ottobre 2005, conosciute solo oggi, con le quali il responsabile dell’U.T. del comune di Afragola ha ingiunto la demolizione delle opere relative all’immobile sito nel medesimo comune alla via A.F. n. 22;
- b) – dell’ordinanza n. 167 del 1 giugno 2006, conosciuta solo oggi, con la quale il responsabile dell’U.T. del comune di Afragola, richiamato il verbale di accertamento di inottemperanza del 25 maggio 2006, prot. n. (…), ha disposto l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale delle opere oggetto delle ordinanze di demolizione impugnate sub a);
- c) – di tutti gli altri atti preordinati, connessi e consequenziali, comunque lesivi della posizione giuridica della ricorrente, ivi compreso il Provv. n. 26743/2020 del 12 maggio 2020, notificato in data 13 maggio 2020, a firma congiunta del dirigente del Settore Lavori Pubblici e Servizio Patrimonio del comune di Afragola e del responsabile PO del Servizio Patrimonio, con la quale si comunica la chiusura del procedimento avviato con nota del 21 febbraio 2018, n. 10907, avente ad oggetto “diffida al rilascio dell’immobile sito in A. alla via A.F., n. 22, e alla corresponsione in favore dell’Ente proprietario, Comune di Afragola, delle somme dovute a titolo di indennità di occupazione e risarcimento danni”.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Afragola;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 maggio 2024 il dott. Rocco Vampa e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
- La ricorrente è proprietaria nel Comune di Afragola alla via A.F. n. 22, di un fabbricato, consistente in un piano seminterrato, un piano rialzato e un primo piano.
1.1. Con il ricorso in esame venivano impugna le ordinanze n. 394 del 6 giugno 2005, n. 402 del 27 settembre 2005 e n. 430 del 4 ottobre 2005, con le quali il Comune di Afragola ha intimato la demolizione, il pedissequo accertamento, con ordinanza n. 167 del 1 giugno 2006, dell’inottemperanza alla predetta intimazione e la diffida, con Provv. n. 26743/2020 del 12 maggio 2020, al rilascio dell’immobile e alla corresponsione della indennità di occupazione e risarcimento danni, in favore del Comune proprietario.
1.2. Nella diffida del 12.5.2020 si dà atto che, per il piano interrato e per il piano rialzato dell’immobile, individuato catastalmente al foglio (…), p.lla (…), sub. (…) e sub. (…), pende istanza di condono ai sensi della L. n. 724 del 1994, non ancora definita.
1.3. Nel ricorso, G.C.:
- a) asserisce di aver avuto conoscenza “solo oggi” delle ordinanze di demolizione e del pedissequo accertamento dell’inottemperanza;
- b) riferisce di aver presentato osservazioni con nota del 27.3.2018 nel procedimento avviato con comunicazione del 21.2.2018 per il “rilascio dell’immobile sito in A., alla via A.F., n.22, e alla corresponsione in favore dell’Ente proprietario, Comune di Afragola, delle somme dovute a titolo di indennità di occupazione e risarcimento danni”;
- c) articola le seguenti censure avverso i provvedimenti impugnati:
1) violazione dell’art. 38 della L. n. 47 del 1985 in relazione all’art. 39 della L. n. 724 del 1994. violazione dei principi di “legalità” e colpevolezza”; violazione degli artt. 6, 7 e 1, prot. (…), CEDU; i provvedimenti impugnati sarebbero illegittimi perché la presentazione dell’istanza di condono sospende ex lege il procedimento di irrogazione delle sanzioni amministrative repressive dell’abuso edilizio e inoltre l’acquisizione dell’immobile al patrimonio del Comune sarebbe inopponibile alla ricorrente in quanto estranea all’abuso, come dimostrato dal fatto che l’istanza di condono è stata presentata da altro soggetto che se ne è implicitamente assunto la responsabilità;
- violazione e falsa applicazione dell’art. 31 del D.P.R. n. 380 del 2001 anche in relazione al mancato accertamento della inottemperanza e alla omessa individuazione delle aree oggetto di acquisizione; violazione del giusto procedimento; eccesso di potere; altri profili; il provvedimento acquisitivo della proprietà dell’immobile al patrimonio del Comune mancherebbe del presupposto legale tipico (ordinanza di demolizione produttiva di effetti), stante la sospensione delle sanzioni amministrative conseguente alla presentazione dell’istanza di condono; inoltre non sarebbe stato preceduto da un formale provvedimento di “accertamento di inottemperanza” e da verifiche tecniche sulla consistenza delle aree da acquisire come “pertinenze urbanistiche” dell’immobile nel rispetto del principio di proporzionalità;
- violazione e falsa applicazione dell’art. 31 del D.P.R. n. 380 del 2001 sotto altri profili; eccesso di potere per difetto assoluto dei presupposti di fatto e di diritto; carente istruttoria; omessa ponderazione della situazione contemplata; travisamento; sviamento; la Corte Costituzionale, con sentenza n. 345 del 15 luglio 1991, ha precisato che l’acquisizione gratuita dell’area non è una misura strumentale all’esecuzione della demolizione, né una sanzione accessoria di questa, ma costituisce una sanzione autonoma che consegue all’inottemperanza all’ingiunzione irrogabile solo al responsabile dell’abuso e non al proprietario estraneo al compimento dell’opera abusiva;
- illegittimità derivata. violazione e falsa applicazione dell’art. 31 del D.P.R. n. 380 del 2001; violazione del giusto procedimento; eccesso di potere per illogicità manifesta: i vizi degli atti presupposti si estenderebbero al Provv. del 12 aprile 2020, peraltro affetto di vizi propri perché pone a carico della ricorrente il pagamento di un’indennità di occupazione in assenza di un atto presupposto che abbia dichiarato la prevalenza dell’interesse alla conservazione dell’immobile, anziché disporne la demolizione;
- violazione dell’art. 10 della L. n. 241 del 1990; violazione del principio del “giusto procedimento”; difetto assoluto di motivazione; il provvedimento di rilascio sarebbe illegittimo, anche perché omette ogni riferimento agli scritti difensivi regolarmente trasmessi dalla ricorrente in data 27 marzo 2018 prot. n. (…).
1.4. Si costituiva il Comune di Afragola si è costituito con memoria di stile, producendo la sentenza di condanna della ricorrente quale autrice dell’abuso in questione.
1.5. Questo TAR, con due distinte ordinanze, disponeva incombenti istruttori a carico della Amministrazione, che all’uopo provvedeva al deposito documentale del 2 gennaio 2024.
1.6. La causa, al fine, veniva introitata per la decisione all’esito della pubblica udienza del 22 maggio 2024.
- Il ricorso è irricevibile per intempestività per quanto attiene alle ordinanze del 2005 e del 2006.
2.1. E, invero, all’esito della produzione documentale del Comune, all’uopo reiteratamente compulsato da questo TAR, è emerso che:
– la ordinanza di demolizione del Comune di Afragola n. 394/2005 del 22 settembre 2005 è stata notificata al domicilio della ricorrente, nelle mani della suocera (tale qualificatasi), sig.ra G.R., in data 23 settembre 2005;
– la ordinanza di demolizione del Comune di Afragola n. 402/2005 del 27 settembre 2005 n. 402/2005 è stata notificata al domicilio della ricorrente, nelle mani della suocera (tale qualificatasi), sig.ra G.R., in data 29 settembre 2005;
– la ordinanza di demolizione del Comune di Afragola n. 430/2005 del 4 ottobre 2005 è stata notificata al domicilio della ricorrente, nelle mani della suocera (tale qualificatasi), sig.ra G.R., in data 6 ottobre 2005 29 settembre 2005;
– la ordinanza di acquisizione del Comune di Afragola n. 167/2006 dell’1 giugno 2006 è stata notificata al domicilio della ricorrente, nelle mani della figlia (tale qualificatasi), sig.ra G.S., in data 5 giugno 2006.
2.1.1. In claris non fit interpretatio.
Emerge per tabulas la pena conoscenza e/o conoscibilità dei provvedimenti repressivi nel corso del tempo posti in essere dal Comune, siccome ritualmente portati nella sfera di signoria e di dominio della ricorrente pel tramite del procedimento notificatorio perfezionatosi, a’ sensi dell’art. 139, comma 2 c.p.c., con la consegna da parte dell’ufficiale giudiziario dei provvedimenti, nel domicilio della ricorrente, e nelle mani di sue parenti (suocera e figlia) e, dunque, di persone di famiglia.
2.1.2. D’altra parte, costituisce dato inveterato del diritto vivente quello in forza del quale “la consegna dell’atto da notificare “a persona di famiglia”, secondo il disposto dell’art. 139, comma 2, c.p.c., non postula necessariamente né il solo rapporto di parentela – cui è da ritenersi equiparato quello di affinità – né l’ulteriore requisito della convivenza del familiare con il destinatario dell’atto, non espressamente menzionato dalla norma, risultando, a tal fine, sufficiente l’esistenza di un vincolo di parentela o di affinità il quale giustifichi la presunzione, iuris tantum, che la “persona di famiglia” consegnerà l’atto al destinatario stesso; resta, in ogni caso, a carico di colui che assume di non aver ricevuto l’atto, l’onere di provare il carattere del tutto occasionale della presenza del consegnatario in casa propria, senza che a tal fine rilevino le sole certificazioni anagrafiche del familiare medesimo. (Cass. Sez. 1, 28/04/2021 n. 11228 che, in applicazione di tale principio, ha ritenuto valida una notificazione che era stata effettuata nelle mani della moglie separata del destinatario, peraltro qualificatasi come “incaricata della ricezione degli atti”; in senso conforme: Cass. Sez. 5, 18/06/2020 n. 11815)” (Cass., III, 4 gennaio 2024, n. 246).
2.2. Sotto altro profilo, sia detto meramente ad abundantiam, la immediata conoscenza dei ridetti atti -solo in questa sede gravati, a distanza di circa tre lustri- si inferisce inequivocabilmente anche dalla “domanda di concessione in sanatoria ex art. 36 del T.U. 380/01”, presentata dalla stessa ricorrente in data 15 settembre 2006 al Comune di Afragola, proprio a seguito degli accertamenti da parte del Comune di “un presunto abuso dell’intervento edilizio” relativo all’immobile sito in A., alla via F. 22; istanza, di poi, negata con Provv. del 10 ottobre 2006, notificato l’11 ottobre 2006 nelle mani della figlia della ricorrente; di qui la emanazione di una nuova ingiunzione a demolire, n. 266 del 27 ottobre 2006, notificata a mani del marito in data 31 ottobre 2006 (atti ambedue, diniego di accertamento di conformità e ingiunzione a demolire, neanche impugnati).
2.3. Ne discende, irrefragabile, la irricevibilità per intempestività del ricorso, nella parte in cui è diretto ad aggredire le ingiunzioni a demolire del 2005 e la ordinanza di acquisizione del 2006.
2.4. Inammissibile, di poi, si appalesa il gravame nella parte in cui è diretto avverso la diffida del 12 maggio 2020, trattandosi di atto:
– meramente notiziale, con cui il Comune si limita a comunicare che si procederà (stante la acquisizione dell’immobile e il suo mancato sgombero) ex art. 31, comma 2, D.P.R. n. 380 del 2001: al “recupero delle somme dovute” ex R.D. n. 639 del 2010, al calcolo e alla richiesta della indennità di occupazione sine titulo dell’immobile e all’esecuzione forzata;
– non mai avente veruna valenza provvedimentale, ovvero attitudine lesiva della sfera giuridica di parte ricorrente;
– in relazione al quale, indi, la impugnazione promossa dalla ricorrente è sfornita della condizione dell’azione costituita dall’interesse a ricorrere, ovvero dalla legitimatio ad processum, comechè carene del suo indefettibile sostrato sostanziale costituito dalla attualità e concretezza della paventata lesione;
– da cui non scaturisce una concreta e attuale attitudine lesiva, da riconoscere -al più e de futuro- all’eventuale, successiva, azione del Comune.
2.4.1. Costituisce, all’uopo, dato ricevuto quello in forza del quale “la regola secondo la quale l’atto endoprocedimentale non è autonomamente impugnabile, giacché la lesione della sfera giuridica del suo destinatario è normalmente imputabile all’atto che conclude il procedimento, è di carattere generale; la possibilità di un’impugnazione anticipata è invece di carattere eccezionale e riconosciuta solo in rapporto a fattispecie particolari, ossia ad atti di natura vincolata idonei a conformare in maniera netta la determinazione conclusiva oppure in ragione di atti interlocutori che comportino un arresto procedimentale (Cons. Stato, sez. IV, 16 maggio 2011 , n. 2961)” (CdS, III, 02/11/2019, n.7476).
2.4.2. E, d’altra parte, “il requisito dell’attualità dell’interesse non è rilevabile allorché il pregiudizio derivante dall’atto amministrativo impugnato è meramente eventuale, ovvero quando l’emanazione del provvedimento non ha arrecato alcuna lesione diretta nella sfera giuridica del soggetto ricorrente né è certo che una siffatta lesione comunque si realizzerà in un secondo tempo (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 10 febbraio 2017, n. 343; T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 17 aprile 2015, n. 5711; altresì Consiglio di Stato, Sez. VI, 19 giugno 2009, n. 4125; 14 gennaio 2009, n. 111)” (TAR Lombardia, I, 16 maggio 2024, n. 1472; TAR Lombardia, II, 26 aprile 2021, n. 1039).
2.4.3. Di qui la inammissibilità del ricorso, in parte qua, stante la inesistenza di un provvedimento che comprima immediatamente la sfera giuridica della ricorrente e che, solo, avrebbe determinato l’insorgere di un interesse attuale e concreto alla sua rimozione ovvero caducazione in sede giurisdizionale.
- Le peculiari connotazioni della controversia inducono, al fine, a compensare tra le parti le spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara irricevibile per intempestività – per quanto attiene alla impugnazione delle ordinanze nn. 394/05, 402/05, 430/05 e 167/06- e inammissibile per carenza di interesse, per quanto attiene alla impugnazione dell’atto del 12 maggio 2020.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Conclusione
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 22 maggio 2024 con l’intervento dei signori magistrati:
Santino Scudeller, Presidente
Angela Fontana, Consigliere
Rocco Vampa, Primo Referendario, Estensore
MASSIMA: È legittima ed efficace la notifica delle ordinanze di demolizione effettuate al domicilio del ricorrente, proprietario dell’immobile oggetto di abuso, nelle mani di suoi familiari (nella specie suocera e figlia).
La consegna dell’atto da notificare “a persona di famiglia”, secondo il disposto dell’art. 139, comma 2, c.p.c., non postula necessariamente né il solo rapporto di parentela – cui è da ritenersi equiparato quello di affinità – né l’ulteriore requisito della convivenza del familiare con il destinatario dell’atto, non espressamente menzionato dalla norma, risultando, a tal fine, sufficiente l’esistenza di un vincolo di parentela o di affinità il quale giustifichi la presunzione, iuris tantum, che la “persona di famiglia” consegnerà l’atto al destinatario stesso; resta, in ogni caso, a carico di colui che assume di non aver ricevuto l’atto, l’onere di provare il carattere del tutto occasionale della presenza del consegnatario in casa propria, senza che a tal fine rilevino le sole certificazioni anagrafiche del familiare medesimo