Cass. civ., sez. V, ord., 31 gennaio 2025 n. 2357


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente

Dott. LA ROCCA Giovanni – Consigliere

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere/Rel.

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere

Dott. LEUZZI Salvatore – Consigliere

Ha pronunciato la seguente

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

Sul ricorso n. 33332-2019, proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, cf 06363391001, in persona del Direttore p.t., elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende                                                                                           Ricorrente

CONTRO

A.A.                                                                                                                                                                                           Intimato

Avverso la sentenza n. 3051/20/2018 della Commissione tributaria regionale della Lombardia, depositata il 3.07.2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22 ottobre 2024 dal Consigliere dott. Francesco Federici;

sentite le conclusioni della Procura Generale, nella persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Tommaso Basile, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

sentite le conclusioni rese dalle parti presenti;

Svolgimento del processo

Dalla sentenza impugnata si evince che l’Agenzia delle entrate notificò al A.A., quale titolare di ditta individuale, l’avviso d’accertamento con cui, relativamente all’anno d’imposta 2008, rideterminò l’imponibile ai fini Irpef, Irap ed Iva, richiedendo maggiori imposte e irrogando sanzioni. Gli esiti dell’accertamento erano dovuti al disconoscimento di tutti i costi dichiarati nell’Unico 2009, per i quali l’amministrazione finanziaria aveva trasmesso un questionario, al quale il contribuente non aveva dato risposta.

Nel contenzioso seguitone, la Commissione tributaria provinciale di Milano accolse le ragioni del A.A. con sentenza n. 9656/09/2016.

L’appello proposto dall’ufficio fu respinto dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia con sentenza n. 3679/20/2017. Il giudice regionale, dopo aver evidenziato che la documentazione non allegata, come richiesto dal questionario, era stata prodotta in giudizio, ha ritenuto che in ogni caso la mancata risposta al questionario non poteva legittimare il disconoscimento di tutti i costi, diversamente ledendosi il principio costituzionale della capacità contributiva.

La ricorrente ha censurato con quattro motivi la pronuncia, chiedendone la cassazione. Il contribuente è rimasto intimato.

All’udienza pubblica del 22 ottobre 2024, dopo la discussione, le parti presenti hanno concluso e la causa è stata riservata in decisione.

Motivi della decisione

L’Agenzia delle entrate ha denunciato con il primo motivo la violazione e falsa applicazione degli artt. 36, D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, 112 e 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ., 111, comma 7, Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. La sentenza sarebbe viziata da nullità radicale per omessa motivazione o motivazione apparente;

con il secondo motivo la violazione dell’art. 112, comma 2, cod. proc. civ. e 2, D.Lgs. D.P.R. n. 546 del 1992. La sentenza sarebbe comunque nulla perché, pur con l’accoglimento delle ragioni del contribuente, avrebbe dovuto rideterminare l’imposta e non annullare del tutto l’atto impositivo;

con il terzo motivo la violazione e falsa applicazione dell’art. 32 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. Il giudice d’appello avrebbe erroneamente apprezzato la allegazione in giudizio della documentazione richiesta nella fase endoprocedimentale ex art. 32 cit., inutilizzabile perché non prodotta in quella fase senza dedurre un qualunque giustificabile impedimento;

con il quarto motivo la violazione e falsa applicazione dell’art. 109, D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, dell’art. 32, D.P.R. n. 600 del 1973, degli artt. 2697, 2727 e 2729 cod. civ. La sentenza sarebbe errata perché l’amministrazione finanziaria aveva rideterminato l’imponibile relativo al 2008 sulla base dei ricavi e al netto dei costi d’ammortamento dichiarati, ma disconoscendo gli ulteriori costi, per i quali la documentazione richiesta non era stata depositata. Tale documentazione, anche quando depositata in giudizio, si era rivelata del tutto generica e inidonea a dare prova dei costi dichiarati, sia in ordine alla non rispondenza dei valori, sia in riferimento alla generica descrizione delle operazioni, in riferimento all’inerenza e competenza dei costi medesimi.

Preliminarmente deve tuttavia evidenziarsi che, ai fini della regolare instaurazione del contraddittorio, manca la prova della notifica del ricorso al contribuente, rimasto intimato.

Dalla documentazione in atti il ricorso risulta notificato al A.A., rimasto contumace in appello, all’indirizzo del difensore nel giudizio di primo grado. Non assicurandosi la conoscibilità dell’atto, tale notifica è viziata.

Tale notifica non è tuttavia inesistente, ma nulla. Deve darsi infatti continuità al principio secondo cui, per aversi notifica inesistente, occorre che questa sia stata eseguita con modalità del tutto estranee e non riconducibili ai modelli legali, ovvero in luogo o a persona che non presentino alcun riferimento o collegamento col destinatario, mentre la notifica dovrà considerarsi nulla laddove sia stata eseguita in luogo o a soggetto diversi da quelli stabiliti dalla legge ma che, tuttavia, abbiano un certo collegamento o un qualche riferimento col destinatario medesimo (Cass., 28 luglio 2003, n 11623; 11 giugno 2004, n. 11175; 4 aprile 2006, n. 7818; Sez. U, 3 marzo 2003). Pertanto, anche per il processo tributario, ove la notifica del ricorso alla parte contumace in appello sia stata effettuata presso lo studio del difensore domiciliatario della stessa nel primo grado, l’atto non potrà ritenersi del tutto esulante dai modelli legali della sua categoria, né potrà negarsi un “qualche collegamento o riferimento” tra il suddetto difensore e la parte, tale da rendere possibile che l’atto pervenga a conoscenza del destinatario. Sicché, qualora questi si costituisca, il vizio risulterà sanato, e altrimenti occorrerà procedere al rinnovo della notifica al suo domicilio personale (Sez. U, 29 aprile 2008, n. 10817; 11 maggio 2018, n. 11485).

Nel caso di specie la mancata costituzione del contribuente impone il rinnovo della notifica presso il domicilio personale.

Deve dunque ordinarsi alla ricorrente il rinnovo della notifica e a tal fine la causa va rinviata a nuovo ruolo.

P.Q.M.

Ordina all’Agenzia delle entrate il rinnovo della notificazione del ricorso al A.A., assegnando giorni sessanta dalla comunicazione della presente ordinanza. Rinvia la causa a nuovo ruolo.

Così deciso in Roma, il 22 ottobre 2024.

Depositato in Cancelleria il 31 gennaio 2025.


COMMENTO REDAZIONALE– In materia di notificazioni, la pronuncia in commento conferma il carattere meramente residuale della categoria dell’inesistenza, a fronte della generale qualificazione del vizio in termini di nullità (si vedano, in tal senso, Cass. civ., Sezioni Unite, 20 luglio 2016 n. 14916 e successive conformi).

La notifica inesistente, insuscettibile di qualsiasi forma di sanatoria, è unicamente quella eseguita con modalità del tutto estranee e non riconducibili ai modelli legali, ovvero in luogo o a persona che non presentino alcun riferimento o collegamento col destinatario.

La notifica deve invece considerarsi nulla, e quindi suscettibile di sanatoria (per raggiungimento dello scopo, ex art. 156, comma 3, c.p.c., oppure mediante rinnovazione) laddove sia stata eseguita in un luogo o ad un soggetto diversi da quelli stabiliti dalla legge, ma che presentino un certo collegamento o un riferimento con il destinatario medesimo.

In applicazione di tale principio, viene ritenuta nulla, e non radicalmente inesistente, la notifica del ricorso per Cassazione effettuata alla parte, che era rimasta contumace nel giudizio di appello, effettuata presso lo studio del difensore domiciliatario della stessa nel primo grado. In tale fattispecie non può infatti negarsi un “qualche collegamento o riferimento” tra il difensore di primo grado e la parte, tale da rendere possibile che l’atto pervenga a conoscenza del destinatario. 

Pertanto, qualora quest’ultimo si costituisca nel giudizio di legittimità, il vizio risulta sanato per raggiungimento dello scopo (art. 156, comma 3, c.p.c.); diversamente, qualora resti intimato, occorre procedere al rinnovo della notifica al suo domicilio personale.