Cass. civ., sez. II, ord., 04 agosto 2022 n. 24214
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERTUZZI Mario – Presidente –
Dott. PAPA Patrizia – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –
Dott. VARRONE Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16501/2019 R.G. proposto da:
T.A., rappresentato e difeso dall’avv. Joachim Lau, con domicilio eletto in Roma, Circonvallazione Trionfale n. 1, presso l’avv. Claudio Giangiacomo; – ricorrente –
contro
COMUNE DI PISA, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Sandra Ciaramelli, elettivamente domiciliata in Roma, alla Via Polibio n. 15, presso l’avv. Giuseppe Lepore; – controricorrente –
avverso la sentenza del Tribunale di Pisa n. 241/2019, pubblicata in data 20.3.2019;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 22.6.2022 dal Consigliere Giuseppe Fortunato.
Svolgimento del processo
- T.A., cittadino italiano residente in (OMISSIS), ha proposto opposizione dinanzi al Giudice di pace di Pisa, avverso sei verbali di accertamento con cui gli era stata contestata la violazione del D.Lgs. n. 285 del 1992, artt. 7 e 14.
Ha dedotto di aver noleggiato, nel 2010, un’auto dalla Easy Car Italia s.p.a. e di aver inavvertitamente transitato più volte in zona a traffico limitato, non avvedendosi della segnaletica a causa della condizioni metereologiche avverse; che la società noleggiatrice, raggiunta da sei distinti verbali di accertamento, notificati in data 18.1.2011, aveva comunicato al Comune di dati del conducente in data 9.2.2011; che l’amministrazione aveva poi trasmesso alle autorità consolari tedesche i verbali in data 9.9.2011 e 21.9.2011 per la notifica al conducente, dopo il decorso di un rilevante lasso di tempo dall’identificazione del trasgressore.
Ha chiesto di dichiarare l’intervenuta estinzione della sanzione per violazione del D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 201, comma 1.
Il Comune, dopo aver annullato d’ufficio due dei verbali impugnati, si è costituto in giudizio, chiedendo di respingere l’opposizione.
Con sentenza n. 173/2012, il Giudice di pace ha dichiarato la cessazione della materia del contendere riguardo alle violazioni oggetto dei verbali annullati d’ufficio, ha accolto l’opposizione relativamente a due ulteriori verbali e ha confermato quelli aventi i nn. (OMISSIS) e (OMISSIS), poiché notificati entro il termine di 360 gg. fissato dall’art. 201 C.d.S., comma 1.
Il tribunale di Pisa, investito del gravame del T., ha confermato la decisione.
Il sanzionato non aveva agito – secondo il giudice d’appello – in stato di necessità e, peraltro, la segnaletica stradale era idonea a rendere il trasgressore edotto dell’esistenza di limitazioni al traffico veicolare.
La sentenza ha affermato che il termine per la notifica stabilito dall’art. 201 C.d.S., comma 1, si fonda su ragionevoli esigenze di carattere pubblicistico, dato che l’amministrazione, non avendo la possibilità di accedere in automatico ai pubblici registri degli Stati esteri, deve necessariamente porsi in contatto con le autorità straniere per procedere alla notifica del provvedimento sanzionatorio.
La cassazione della sentenza è chiesta da T.A. con ricorso in quattro motivi, illustrati con memoria.
Il Comune di Pisa si difende con controricorso.
Motivi della decisione
- Il primo motivo denuncia la violazione del D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 201, comma 1, sostenendo che il titolare del veicolo era immediatamente identificabile in base alla targa italiana dell’auto e che le generalità del conducente erano state acquisite già il 9.2.2011, per cui la notifica della violazione doveva avvenire, a pena di estinzione, entro gg. 90 dall’accertamento.
L’art. 201 C.d.S., comma 1, dovrebbe interpretarsi nel senso che, per il trasgressore identificabile senza necessità di accedere ai registri esteri, opera il termine di 90 gg. per la notifica della contestazione, mentre il più lungo termine di 360 gg. si applicherebbe solo ove l’identificazione non sia possibile tramite la consultazione dei pubblici registri italiani.
Il motivo è infondato.
L’art. 201 C.d.S., comma 1, prevede che qualora la violazione non possa essere immediatamente contestata, il verbale, con gli estremi precisi e dettagliati della violazione e con la indicazione dei motivi che hanno reso impossibile la contestazione immediata, deve, entro novanta giorni dall’accertamento, essere notificato all’effettivo trasgressore o, quando questi non sia stato identificato e si tratti di violazione commessa dal conducente di un veicolo a motore, munito di targa, ad uno dei soggetti indicati nell’art. 196, quale risulta dall’archivio nazionale dei veicoli e dal P.R.A., alla data dell’accertamento.
Qualora l’effettivo trasgressore od altro dei soggetti obbligati sia identificato successivamente alla commissione della violazione, la notificazione può essere effettuata entro novanta giorni dalla data in cui risultino dal P.R.A. o nell’archivio nazionale dei veicoli l’intestazione del veicolo e le altre indicazioni identificative degli interessati o comunque dalla data in cui la pubblica amministrazione è posta in grado di provvedere alla loro identificazione. Per i residenti all’estero la notifica deve essere effettuata entro trecentosessanta giorni dall’accertamento.
La giurisprudenza costituzionale ha da tempo posto in rilievo la diversità di disciplina contenuta dal codice della strada in tema di notificazioni dei verbali di contestazioni in base alla residenza del soggetto sanzionato, diversità che dipende dalla necessità di tener conto delle ipotesi in cui sorgano difficoltà nella concreta effettuazione della notifica, anche in relazione al luogo di destinazione (cfr. Corte Cost. 149/2000), mentre per i residenti, la tempestività dell’acquisizione delle informazioni dipende, di norma, dalla solerzia con cui procede l’amministrazione, non dovendo avvalersi della collaborazione delle autorità di altri Stati, nonché dalla minor complessità degli adempimenti occorrenti per il perfezionamento della notifica stessa.
Più in particolare, per i cittadini stranieri, trova in ogni caso applicazione il termine di 360 gg., decorrente dall’accertamento, e non il più breve termine di gg. 90 previsto per i residenti in Italia, posto che l’ultima parte dell’art 201 C.d.S., comma 1, nell’accordare all’amministrazione un intervallo di tempo più ampio per le notifiche all’estero, non prevede eccezioni per l’ipotesi che l’autoveicolo impiegato per la violazione risulti registrato al PRA o per l’ipotesi che l’amministrazione sia da subito in possesso dei dati di identificazione (come può argomentarsi da Corte Cost. 149/2000, che ha ritenuto la legittimità del termine di 360 gg. per la notifica del verbale di contestazione nei confronti del residente all’estero resosi responsabile di una violazione del CDS con veicolo estero immatricolato in Italia con la sigla EE).
- Il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 201 C.d.S., comma 1, e art. 18 del TFUE, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sostenendo che la previsione di un termine di notifica di 360 gg. per i residenti all’estero determinerebbe una violazione del divieto di non discriminazione non sorretta da alcuna giustificazione, almeno nelle ipotesi in cui non ricorra la necessità per l’amministrazione di acquisire i dati del trasgressore o quando trattasi di violazioni commesse con auto immatricolate in Italia.
La discriminazione sarebbe sussistente anche in base ad un giudizio astratto che prescindesse dal caso concreto: difatti, il termine di notifica decorre solo dalla data in cui le autorità straniere comunicano i dati del conducente, per cui, da tale momento, sarebbe più che ragionevole un termine di gg. 90, anche considerando il criterio della scissione tra notificato e notificante invocabile in materia sanzionatoria e la possibilità dell’amministrazione di avvalersi delle tecnologie e dei moderni sistemi di comunicazione, oltre al fatto che la Direttiva 2011/82/UE consente agli organi di polizia degli Stati UE di accedere alle banche dati degli altri Stati membri.
Il terzo motivo denuncia la violazione dell’art. 201 C.d.S., comma 1, artt. 20 e 21 TFUE, assumendo che la previsione del maggior termine di notifica per i residenti all’estero violerebbe la libertà di circolazione, sottoponendo i non residenti in Italia ad un trattamento più penalizzante quanto al regime di estinzione delle sanzioni, solo in base alla scelta, da essi assunta, di collocare la residenza in altro Stato comunitario.
I due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.
L’art. 18 TFUE introduce un divieto di non discriminazione basato sulla nazionalità (o anche sulla residenza) che non ha carattere assoluto e che ammette deroghe.
In particolare, una differenza nel trattamento riservato a persone in situazioni relativamente comparabili è discriminatoria se è priva di giustificazione obiettiva e ragionevole, cioè se non persegue uno scopo legittimo o se non sussiste un ragionevole rapporto di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo che si intende conseguire (Corte EDU, Burden c. Regno Unito n. 13378/05; Corte EDU, Guberina c. Croazia, n. 23682/13).
Nel diritto dell’UE, la discriminazione effettuata in base alla nazionalità (o alla residenza) è vietata nell’ambito di applicazione dei trattati (art. 18 del TFUE) e con riferimento al principio della libera circolazione delle persone.
Poiché quindi l’art. 201 C.d.S., comma 1, differenzia il regime del termine entro cui va notificata la contestazione – e gli effetti che ne conseguono sull’estinzione della sanzione – contemplando per i residenti all’estero un termine quattro volte maggiore di quello invocabile dai residenti in Italia, occorre considerare se tale diversità di regime sia giustificata e proporzionata rispetto agli scopi perseguiti dal legislatore nazionale.
Si è già detto che l’art. 201, comma 1, cpv. 5, prevede che per i residenti la notifica della contestazione deve avvenire entro gg. 360 dall’accertamento.
L’estinzione della sanzione si determina non solo nell’ipotesi in cui la notifica non venga affatto eseguita, ma anche quando risulti nulla per violazione delle disposizioni che ne disciplinano le specifiche modalità (Cass. s.u. 11550/2022). L’eventuale nullità è sanata solo se l’interessato abbia proposto tempestiva opposizione; nel caso contrario può limitarsi ad eccepire la tardività della notifica, spettando all’amministrazione l’onere della prova di dimostrare che non sia intervenuta la decadenza per l’esercizio del potere sanzionatorio (Cass. s.u. 11550/2022).
Non si profila, inoltre, in ambito comunitario, un’unica modalità di notifica delle sanzioni (rispetto ai cittadini di altri Stati membri (cfr. Cass. s.u. 2866/2021, che, per le notifiche da eseguire in Germania, ha ritenuto necessaria l’assistenza della Autorità centrale dello Stato di residenza e destinazione, ai sensi dell’art. 2 della Convenzione di Strasburgo del 24.11.1977, in difetto della quale la notifica è nulla, ma non inesistente).
Poiché quindi il termine di 360 gg. previsto dall’art. 201 C.d.S., è imposto a pena di decadenza dal potere sanzionatorio, occorre quindi vagliare la razionalità e proporzionalità della disposizione, tenendo conto dell’esigenza di bilanciare il diritto di difesa, potenzialmente pregiudicato da un termine irragionevolmente lungo, con la necessità di non vanificare l’effettività del potere sanzionatorio, sicuramente posto a rischio da una disciplina che non tenesse conto delle particolarità delle notifiche all’estero e della non assimilabilità, sul piano pratico e quanto ai tempi di effettuazione, rispetto alla notifica da eseguirsi in Italia.
Va evidenziato come non possa escludersi che, nei singoli casi, all’identificazione del trasgressore (momento dal quale decorre il termine di notifica) debbano seguire ulteriori verifiche presso le autorità straniere circa il luogo effettivo ed aggiornato ove indirizzare la notifica o che si renda comunque necessaria la collaborazione delle autorità consolari.
Parimenti, qualora la notifica non sia andata a buon fine, l’esigenza di non pregiudicare l’effettività della reazione sanzionatoria richiede che l’amministrazione sia posta in condizione di rinnovarla, entro un tempo non irragionevolmente ridotto, all’esito dei necessari controlli che non di rado esigono di acquisire informazioni aggiuntive, con gli ineliminabili tempi di attesa.
Sebbene nella considerazione della congruità del termine, il legislatore abbia già tenuto conto che l’amministrazione – specie nei luoghi ove è maggiore la circolazione dei veicoli o nei centri urbani – è tenuta a provvedere ad una mole di contestazioni così numerosa da rendere necessario un lasso di tempo sufficiente a farvi fronte, sia ai residenti in Italia, che a non residenti (cfr. Corte Cost. 255/1994), è però escluso che, come sostenuto dal ricorrente, il termine di 90 gg. possa apprezzarsi quale parametro imprescindibile che segna il limite massimo di ragionevolezza (Corte Cost. 255/1994 e 198/1996, par. 6, secondo cui il termine di 150 gg., per le notifiche in Italia, fissato dall’art. 201 C.d.S., comma 1, nel testo anteriore alle modifiche introdotte dalla L. n. 120 del 2010, costituisce invece il massimo limite tollerabile a garanzia dei diritti di difesa).
Non può quindi ritenersi irragionevole o sproporzionato il diverso termine di gg. 360 fissato dall’art. 201 C.d.S., comma 1, dato che, per i residenti all’estero, alle esigenze di carattere operativo già evidenziate si sommano quelle ricollegabili alla necessità di accordare un tempo sufficiente a svolgere tutte le verifiche preliminari eventualmente occorrenti e a far pervenire il provvedimento sanzionatorio all’estero con un’attività che non dipende solo dalla sollecitudine con cui l’amministrazione proceda agli adempimenti di propria competenza, dovendosi preservare l’esigenza di non comprimere eccessivamente il lasso temporale decorso il quale la sanzione perde efficacia, garantendo all’amministrazione anche la possibilità rinnovare la notifica.
In senso si è già espressa, come detto, la giurisprudenza costituzionale, evidenziando che “il termine massimo di trecentosessanta giorni per compiere il predetto adempimento, stabilito dal legislatore nell’ambito della sua discrezionalità, non appare di per sè irragionevole, trovando giustificazione nella necessità di tener conto anche delle ipotesi in cui sorgano difficoltà nel reperimento del destinatario o nella notifica in luoghi remoti, nè determina una ingiustificata disparità di trattamento rispetto alla notificazione dell’atto a chi risulta residente in Italia, essendo ovviamente diverse le rispettive situazioni” (cfr. Corte Cost. 149/2000).
In definitiva, la necessità di procedere alla notifica all’estero e i maggiori tempi richiesti per la sua effettuazione rispetto a quella da eseguire in Italia giustificano la diversità di trattamento.
Per tali ragioni, non sussiste la denunciata violazione del principio di non discriminazione o un vulnus alla libertà di circolazione delle persone.
- Il quarto motivo denuncia la violazione della L. n. 689 del 1981, art. 3, commi 1 e 2, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, sostenendo che non era in contestazione che, nei giorni delle infrazioni, le condizioni meteorologiche fossero particolarmente avverse e che i cartelli di segnalazione della zona a traffico limitato fossero scarsamente visibili, tanto che il ricorrente aveva dovuto far ricorso ad un navigatore satellitare per sostarsi all’interno del centro cittadino. In tali condizioni sussistevano i presupposti per configurare l’esimente della forza maggiore, con conseguente non punibilità della condotta.
Il motivo è infondato sulla scorta dell’accertamento in fatto svolto dalla Corte distrettuale, secondo cui la segnaletica della presenza della zona a traffico limitato era perfettamente visibile ed il ricorrente era in condizioni di avvedersi dell’esistenza del divieto, avendo poi la sentenza dato atto che la sussistenza dello stato di necessità era tutt’altro che pacifica e che l’accesso alla Ztl non era affatto necessario per l’acquisto di farmaci non altrimenti reperibili, restando esclusa la sussistenza di esimenti che giustificassero la condotta del sanzionato.
- Il quinto motivo denuncia l’illegittimità costituzionale dell’art. 201 C.d.S., comma 1, per contrasto con gli artt. 3, 24 e 111 Cost., sostenendo che la norma riserverebbe al cittadino italiano residente all’estero un trattamento meno favorevole del residente in Italia, riguardo alla durata del termine per la notifica della sanzione.
Anche tale motivo non appare meritevole di accoglimento, atteso che, per quanto già osservato nell’esame del secondo e terzo motivo di ricorso, non può stabilirsi alcuna equivalenza ed assimilabilità, agli effetti di cui si discute, tra la posizione del cittadino residente in Italia e quella del residente all’estero, giustificandosi il diverso trattamento normativo per effetto della diversità delle situazioni e delle attività cui è tenuta l’amministrazione nelle due distinte ipotesi (cfr. Corte cost. 149/2000).
Il ricorso è quindi respinto, con aggravio delle spese liquidate in dispositivo.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano in Euro 100,00 per esborsi ed Euro 500,00 per compenso, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15%.
Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Suprema Corte di Cassazione, il 22 giugno 2022.
Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2022
COMMENTO – La vicenda in commento trae origine dall’impugnazione proposta da un cittadino italiano residente in Germania avverso sei verbali di accertamento, emessi nei suoi confronti ex artt. 7 e 14 D.lgs. 285/1992, per avere transitato in una zona a traffico limitato, utilizzando un veicolo preso a noleggio.
L’opponente contestava in via preliminare la tardività della notifica dei verbali, avvenuta molto tempo dopo che la società di noleggio auto aveva comunicato all’Ente locale i dati del conducente, in violazione del termine di decadenza di cui all’art. 201, comma 1, C.d.S.; nel merito, deduceva comunque di non essersi avveduto della segnaletica relativa alla zona a traffico limitato a causa delle avverse condizioni meteorologiche, invocando pertanto l’esimente della forza maggiore, e la conseguente non punibilità della condotta (art. 3 Legge 689/1981).
Il Giudice di Pace dava atto dell’avvenuta cessazione della materia del contendere relativamente a due dei sei verbali di accertamento, annullati d’ufficio in via di autotutela dal Comune; accoglieva l’opposizione relativamente ad altri due, mentre la respingeva per gli ultimi due, in quanto notificati entro il termine di trecentosessanta giorni dall’accertamento.
Tale statuizione veniva confermata in appello, con conseguente rigetto del gravame dell’opponente.
Quest’ultimo proponeva ricorso per Cassazione che tuttavia, con l’ordinanza in commento, viene anch’esso respinto.
In particolare, non trova accoglimento la tesi del ricorrente secondo cui, quando il trasgressore sia identificabile senza necessità di accedere ai registri esteri, per la notifica della contestazione dovrebbe operare il termine di decadenza di novanta giorni, e non quello più lungo di trecentosessanta giorni, ancorché il trasgressore risieda all’estero.
La giurisprudenza costituzionale ha infatti ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 201 C.d.S., sollevata in riferimento all’art. 3 Costituzione, nella parte in cui prevede un termine di decadenza per la notificazione del verbale di accertamento differenziato tra soggetti residenti nel territorio nazionale e soggetti residenti all’estero, posto che il termine più ampio previsto per questi ultimi trova una ragionevole giustificazione nella possibile difficoltà di reperimento del destinatario e di consegna dell’atto in luoghi remoti (Corte Costituzionale, 19 maggio 2000 n. 149). Essendo diverse le rispettive situazioni, non dà luogo ad una violazione del principio di eguaglianza-ragionevolezza la previsione di un termine di decadenza più ampio per il soggetto residente all’estero (trecentosessanta giorni) e più ristretto per il soggetto residente in Italia (centocinquanta giorni, all’epoca della pronuncia costituzionale; novanta giorni, alla data odierna).
In conclusione, quindi, per i cittadini stranieri e per i soggetti residente all’estero, trova in ogni caso applicazione il termine di trecentosessanta giorni decorrente dall’accertamento, posto che l’art 201, comma 1, ultima parte, C.d.S. accorda alla Pubblica Amministrazione un intervallo di tempo più ampio per le notifiche all’estero, senza prevedere eccezioni per l’ipotesi in cui l’autoveicolo impiegato per la violazione risulti registrato al P.R.A. o, comunque, l’Amministrazione sia da subito in possesso dei dati di identificazione (come appunto era avvenuto nel caso di specie, in cui il conducente era stato identificato a seguito della comunicazione dei suoi dati da parte della società di noleggio).
L’ordinanza in commento esclude altresì che la previsione di un termine di decadenza differenziato, a seconda che il destinatario della notificazione risieda in Italia o all’estero, si ponga in violazione dell’art. 18 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE).
Tale ultima norma, pur introducendo un divieto di discriminazione basato sulla nazionalità o sulla residenza, non ha carattere assoluto ed ammette deroghe, quando la differenza di trattamento tra persone in situazioni relativamente comparabili persegua uno scopo legittimo e vi sia un ragionevole rapporto di proporzionalità tra i mezzi impiegati ed il fine che si intende conseguire.
L’art. 201, comma 1, C.d.S. differenzia il regime del termine entro cui, a pena di decadenza dal potere sanzionatorio, deve essere notificata la contestazione, prevedendo per i residenti all’estero un termine quattro volte maggiore di quello invocabile dai residenti in Italia.
Nella previsione di tale termine, occorre bilanciare due esigenze tra loro opposte: da un lato, occorre garantire il diritto di difesa dell’utente della strada, che verrebbe pregiudicato da un termine irragionevolmente lungo; dall’altro, è necessario non vanificare l’effettività del potere sanzionatorio, che certamente verrebbe messo a rischio da una disciplina che non tenesse conto delle particolarità delle notifiche all’estero.
Deve quindi certamente escludersi che, come sostenuto dal ricorrente, il termine di novanta giorni dall’accertamento costituisca il limite massimo di ragionevolezza, posto che la stessa giurisprudenza costituzionale aveva reputato legittimo il maggior termine di centocinquanta giorni previsto per le notifiche in Italia dal testo previgente della norma (Corte Costituzionale, 23 giugno 1994 n. 255 e Corte Costituzionale, 17 giugno 1996 n. 198).
Non può quindi ritenersi irragionevole o sproporzionato il diverso termine di trecentosessanta giorni, fissato dall’art. 201, comma 1, C.d.S. per i soggetti residenti all’estero, stante la necessità di verifiche preliminari all’effettuazione della notifica, nonché della sua eventuale rinnovazione, con il compimento di attività che, almeno in parte, non dipendono tanto dalla solerzia dell’Amministrazione, quanto piuttosto dai tempi di risposta delle Autorità estere.
In conclusione, quindi, la necessità di procedere alla notifica all’estero e i maggiori tempi richiesti per la sua effettuazione rispetto a quella da eseguire in Italia giustificano la diversità di trattamento, senza che quest’ultima dia luogo ad una violazione dell’art. 18 TFUE.
Viene infine anche respinto l’ulteriore motivo di ricorso del trasgressore, volto a far valere l’esimente della forza maggiore, e la conseguente non punibilità della condotta, a causa delle avverse condizioni meteorologiche, che avrebbero impedito la visibilità della segnaletica relativa all’esistenza di una zona a traffico limitato, stante l’accertamento compiuto in sede di merito circa la adeguata visibilità della segnaletica.
Dott.ssa Cecilia Domenichini
Unicusano-Roma