Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado del Piemonte, sez. III, 20 marzo 2023 n. 117


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nella pubblica udienza del 7/3/2023 di rinvio dalla precedente del 10/01/2023, vengono trattati gli appelli (R.G.A. n. 76/2021 e R.G.A. n. 78/2021) promossi, il primo, dal sig. A. C. e, il secondo, dal sig. F. L. , contro la sentenza della C.T.P. di Torino, sez. 3^, n. 425 del 03/3/2020, in materia di accertamento ai fini IRES, IRAP e IVA, originariamente elevato in capo all’estinta società T. S.G. srl, e, per essa, ai soci, sigg. F. L. (titolare del 99% delle quote dell’ex Srl) e A.C. (titolare del restante 1%), relativamente all’anno d’imposta 2013.

L’Agenzia delle Entrate-Direzione Provinciale I di Torino, notificava, in data 08/01/2019, avviso di accertamento n. T7E03… 2018 per l’anno d’imposta 2013, ai fini IRES, IRAP e IVA nei confronti di T. S. G. srl, ma essendo la Società estinta, notificava l’atto ai soci, sopra citati, che impugnavano, con ricorsi individuali e distinti, ma di identico contenuto, tale accertamento. Con tale atto l’Agenzia delle Entrate disconosceva i costi sostenuti della estinta società T. S.G. Srl, società operante in attività di sala scommesse, sala giochi e lotteria, in quanto la stessa non aveva provveduto a consegnare, per il tramite del liquidatore della società, sig. R. P. , la documentazione richiesta.

Si instaurava, successivamente, in sede giurisdizionale la vertenza contro detto accertamento, promosso dagli ex soci della Srl estinta, che si concludeva, previa riunione dei ricorsi, con giudizio della C.T.P. di rigetto del ricorso.

In estrema sintesi, la C.T.P., con la sentenza n. 425/2020, respingeva le varie argomentazioni dei Soci circa le illegittimità dell’accertamento verso la estinta compagine societaria, in particolare sull’instaurazione del contraddittorio in sede amministrativa, cui aveva partecipato il Liquidatore della Società e, pertanto, riconosceva la validità della presunzione di distribuzione tra i Soci degli utili extra bilancio della Società estinta nel 2014.
Contro tale sentenza proponevano appelli, distinti tra loro, dei due ex soci, i sigg. C. e L. che eccepivano:

  1. A) nullità della sentenza per violazione dell’ 36, comma 2, numero 4, d.lgs. n. 546/1992, per motivazione meramente apparente e/o inesistente (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.). Per gli appellanti, i Giudici di I° grado avrebbero emesso il loro giudizio senza aver adeguatamente visionato la documentazione, che la società T S G srl, tramite il liquidatore di essa aveva depositato all’Ufficio e cioè:

1) fatture emesse e giustificativi contabili dei ricavi delle vendite e delle prestazioni;

2) fatture passive e giustificativi degli acquisti e spese di cui alle voci del bilancio civilistico, ossia i c.d. costi della produzione per materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci e per servizi;

3) schede contabili;

4) bilancio di verifica al 31/12/2013;

5) registri IVA

6) ed ancora, poiché la società risultava cedente di contratto di cessione di ramo d’azienda, l’Ufficio aveva domandato la documentazione contabile relativa a detta cessione avvenuta il 20/11/2013; 

che, in data 20/12/2018, il Liquidatore, Sig. P. R. , aveva depositato presso l’Agenzia delle Entrate la seguente documentazione:

1) Bilancio di verifica al 31/12/2013;

2) Registri IVA acquisti e IVA sulle vendite; 

3) Fatture passive ed attive ;

4) Bilancio di esercizio chiuso al 31/12/2013;

5) Estratti c/c intestati alla società;

6) Partitari contabili;

7) Costi della produzione;

che l’intera documentazione depositata dal Liquidatore era unicamente “carente” della copia dell’atto di cessione di azienda, atto però che era già in possesso dell’Ufficio in quanto redatto per atto pubblico, regolarmente registrato.

Perciò, per gli appellanti l’estinta Società aveva consegnato all’Ufficio la documentazione contabile, atta a controllare quanto richiesto dall’Ufficio.

  1. B) violazione e/o falsa applicazione del difetto di motivazione ex art.360 c.p.c. commi 3, della cit. sentenza, per aver il Giudice di I° grado basato la decisione “nella mancata produzione della completa documentazione contabile relativa alle dichiarate voci di costo contestate e alla citata cessione di ramo d’azienda…“, mentre l’accertamento evidenziava che “…stante la mancata consegna della documentazione espressamente richiesta dall’Ufficio (registri IVA acquisti e vendite con indicazione della liquidazione e fatture giustificative, richiesta con invito n. I002123…/2018), si procede al recupero dell’imposta indebitamente detratta, in violazione all’19 del DPR/633/72, per euro 6.706,00″ ; ed ancora che “….. A seguito della notifica dell’invito, la Parte non si è presentata in ufficio né ha prodotto alcuna documentazione. Pertanto, l’Ufficio non ha potuto effettuare i dovuti controlli sulla documentazione contabile, in particolare in relazione ai componenti negativi dedotti ai fini dell’imposizione diretta, Irap ed IVA” e di conseguenza, “L’Ufficio procede, quindi, a determinare il reddito d’impresa”, ecc….. e l’effetto di quanto sopra è il recupero a tassazione di componenti negativi di reddito “per complessivi euro 175.963,00”.
    Per contro, gli appellanti enfatizzavano che “La estinta società T.S. G. srl,…..aveva depositato tutta la documentazione contabile richiesta!”, da qui l’insanabile difetto di motivazione della sentenza. Per gli appellanti “Appare lapalissiano che la Commissione Tributaria Provinciale di Torino sia andata ultra petitum riportando quello che l’Ufficio ha tentato di mascherare nelle proprie controdeduzioni. I giudici di prime cure avevano, invece, il dovere di attenersi agli atti e non ai, vietati, motivi aggiuntivi dell’Ufficio” ;
  2. C) Terzo motivo d’impugnazione, era la violazione e la falsa applicazione dell’2495 c.c.in relazione all’art.28, 5° comma, D.lgs 175/2014.
    Per gli appellanti, “L’art. 2495, co. 2, c.c.novella l’efficacia costitutiva della cancellazione della società dal Registro delle imprese. La succitata norma, però, è stata riformulata a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n.6/2003 con cui è stata ridisegnata la disciplina delle società di capitali e con cui è stato fatto trasmigrare il testo dell’art. 2456 c.c. nell’art. 2495 c.c..”. “L’art. 2495 c.c. prevedeva che “…..Approvato il bilancio finale di liquidazione, i liquidatori devono chiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese. Ferma restando l’estinzione della società, dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti potevano far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento fosse dipeso da colpa di questi”. “La domanda, se proposta entro un anno dalla cancellazione, poteva essere notificata presso l’ultima sede della società”.
    “Con la nuova formulazione dell’art. 2495, co.2, c.c. si è, dunque, voluto attribuire alla cancellazione della società, sia essa di capitali o di persone, una vera e propria “efficacia costitutiva” idonea a determinare, da un lato, la totale estinzione della stessa e, dall’altro, la possibilità di rifarsi esclusivamente sui soggetti fiscalmente responsabili (soci, amministratori e liquidatori)”.

Pertanto, proseguivano gli appellanti, “stante le pronunce a Sezioni Unite del 2010 e 2013, gli atti impositivi riferiti ad una società estinta dovevano ritenersi giuridicamente inesistenti, per via dell’efficacia costitutiva della cancellazione della società dal Registro delle Imprese”. “Con l’art. 28, co.4, del D.lgs n. 175/2014, però, il termine per l’estinzione della società cancellata, solo per il fisco, risulta essere quinquennale.” “Il legislatore con il suddetto decreto ha stabilito che “ai soli fini della validità e dell’efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e interessi, l’estinzione della società di cui all’articolo 2495 del codice civile ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione dal Registro delle imprese”. “Di fatto, è stato previsto che la società, cancellata dal Registro delle Imprese e, quindi, estinta, alla stregua della nuova formulazione di cui all’art. 2495 c.c., comunque, possa rimanere in vita nei cinque anni successivi alla cancellazione, con riferimento limitato alle sole ipotesi in cui il Fisco debba effettuare la sua attività di accertamento.”

Per gli appellanti “È fondamentale a questo punto chiarire che l’art. 28 del decreto c.d. Semplificazioni Fiscali (D. Lgs. n. 175 del 21.11.2014, n.d.r.), non si è solo limitato a disciplinare gli effetti fiscali e contributivi dell’estinzione delle società, ma è anche intervenuto modificando l’art. 36 del DPR 602/73 (disciplinante la responsabilità fiscale dei liquidatori, dei soci e degli amministratori)”. “Invero, l’art. 28, co. 5, del suddetto D.lgs prevede che: i liquidatori “(…) che non adempiono all’obbligo di pagare, con le attività della liquidazione, le imposte dovute per il periodo della liquidazione medesima e per quelli anteriori, rispondono in proprio del pagamento delle imposte se non provano di aver soddisfatto i crediti tributari anteriormente all’assegnazione di beni ai soci o associati, ovvero di avere soddisfatto crediti di ordine superiore a quelli tributari. Tale responsabilità è commisurata all’importo dei crediti d’imposta che avrebbero trovato capienza in sede di graduazione dei crediti”. “Ebbene, stante le modifiche de quo, è stata prevista la responsabilità personale dei liquidatori, nel caso in cui, salvo prova contraria, abbiano distribuito somme ai soci (in violazione dell’obbligo di rispettare il grado di privilegio dei crediti) relative all’anno di liquidazione oppure ad anni precedenti o abbiano soddisfatto preliminarmente crediti di rango inferiore rispetto a quelli tributari”. “In sostanza, è stato sancito che laddove i liquidatori non dovessero dimostrare di aver assolto tutti gli oneri tributari, saranno tenuti a rispondere in proprio del versamento dei tributi dovuti dalla società estinta, nei limiti dei crediti erariali che avrebbero trovato capienza in sede di graduazione dei crediti”. “Nel caso de quo la società T. S. G. Srl, cosi come si evince dagli allegati bilanci, non ha proceduto ad alcun pagamento negli ultimi 5 anni antecedenti la estinzione”.
Di conseguenza, per gli appellanti “La richiesta dell’Organo accertatore, conseguentemente, risulta del tutto destituita in fatto ed in diritto, perché la società e per essa il liquidatore non ha proceduto al pagamento di alcun altro creditore né ha distribuito somma alcuna ai soci.”

“Va segnalato che l’Agenzia delle Entrate non ha notificato l’atto de quo all’ex liquidatore, Sig. P. R. , esonerandolo del tutto da qualsivoglia responsabilità e riconoscendo, implicitamente con tale comportamento, la bontà della sua gestione!!!”
Gli appellanti riportavano (Cass., SS.UU. nn. 6070 e 6071 del 2013), secondo cui “la cancellazione della società dal registro delle imprese, pur provocando, dopo la riforma del diritto societario, attuata dal d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, l’estinzione della società, non determina l’estinzione dei debiti insoddisfatti nei confronti dei terzi, verificandosi un fenomeno di tipo successorio sui generis, in cui la responsabilità dei soci è limitata alla parte di ciascuno di essi conseguita nella distribuzione dell’attivo risultante dal bilancio di liquidazione, sicché l’effettiva percezione delle somme da parte dei soci, in base al bilancio finale di liquidazione, e la loro entità, vanno provate dall’Amministrazione finanziaria che agisce contro i soci per i pregressi debiti tributari della società, secondo il normale riparto dell’onere della prova”.

Chiedevano la riforma integrale della sentenza impugnata e, per l’effetto, dichiarare nullo l’avviso di accertamento per difetto di motivazione, per insussistenza della pretesa tributaria, per violazione dell’art. 2495 c.c. e vittoria delle spese per entrambi i gradi di giudizio, con distrazione a favore del difensore antistatario.
Si costituiva in appello Parte Resistente con apposite controdeduzioni volte a replicare ai motivi d’appello sopra riportati.

In premessa alle controdeduzioni, l’Ufficio specificava che la società accertata era cessata il 29/08/2017 ed aveva, quale amministratore e liquidatore finale della stessa, il Sig. P. R. , cui aveva richiesto chiarimenti e documentazione a supporto in relazione agli elevati costi dichiarati dalla Società per l’annualità 2013 e dell’assenza di documentazione contabile a giustificazione delle voci di costo indicate in dichiarazione, oltreché in relazione alla cessione di ramo d’azienda alla “B. E. Srl” avvenuta nell’anno 2013.
Inoltre, precisava che a mezzo dell’invito n. I02123…/2018, notificato l’8/10/2018, l’Ufficio aveva chiesto alla Srl in liquidazione di fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento e cioè :

la produzione della documentazione contabile inerente specifiche voci di bilancio di importi significativi, ovvero le fatture e i giustificativi relativi alle voci di bilancio “costi della produzione per materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci” (dichiarate per Euro 46.037,00) ; “costi della produzione per servizi” (indicati per Euro 59.857,00), “costi della produzione per il godimento di beni di terzi” (indicati per Euro 70.069,00) ; fatture emesse; schede contabili ; ed altri doc. contabili.

L’Ufficio chiedeva anche la documentazione relativa alla cessione di ramo d’azienda avvenuta il 20/11/2013.

Infatti, all’Ufficio risultava registrata in data 16/12/2013, scrittura privata di cessione di ramo d’azienda, stipulata in data 20/11/2013, con cui la T .S .G .SRL cedeva alla “B. E. Srl” il ramo d’azienda avente ad oggetto la somministrazione di alimenti e bevande corrente in Moncalieri (TO), Piazza B n. 25/C, per il corrispettivo di Euro 65.000,00.
Dopo n. 2 incontri fissati senza riscontro da parte del liquidatore, sig. P. , l’Ufficio emetteva l’accertamento.
Parte Resistente precisava ancora che “Solo successivamente all’inoltro dell’avviso d’accertamento, in data 20/12/2018, il Sig. P. , in riscontro all’Invito notificatogli dall’Ufficio in data 20/11/2018, presentava all’Ufficio un plico di documenti riguardante un’esigua parte delle voci di costo contestate dall’Ufficio e pure non veniva offerta dal contribuente alcuna documentazione relativa alla cessione di ramo d’azienda, lasciando inevasa la richiesta documentale inoltrata dall’Ufficio con l’Invito n. I02.. /2018, dell’8/10/2018.
Conclusa tale premessa, in punto controdeduzione ai 3 motivi d’appello, l’Ufficio chiedeva, in via preliminare, la necessità di riunire i due appelli, aventi RGA nn. 76 e 78/2021, promossi separatamente dai due ex soci della Srl cessata e, poi, sui n. 3 motivi d’appello, osservava :
a) che il primo e il secondo motivo d’appello contenessero censure, entrambe, infondate e prive di pregio in quanto l’assenza della documentazione contabile relativa alle voci di costo dichiarate nell’anno 2013 e in relazione alla cessione di ramo d’azienda avvenuta nell’anno 2013 era tale da acclarare la sussistenza dei presupposti per i recuperi a tassazione operati con l’accertamento. Da qui, la conferma della validità dell’azione amministrativa operata e il conseguente legittimo giudizio da parte dei Giudici della C.T.P. di Torino;

  1. b) sul terzo motivo d’appello, che la censura verso la motivazione della sentenza laddove essa, “in presunta violazione degli artt. 2495 c.c. e 28, 5 comma, del Lgs.vo 175/2014, decide a sfavore del contribuente senza tener conto che ai sensi delle citate norme la responsabilità dei soci è limitata alla parte di ciascuno di essi conseguita nella distribuzione dell’attivo risultante dal bilancio di liquidazione” ; e “in questa vicenda dal bilancio finale alcuna somma è stata riscossa dai soci”.

Ebbene, per l’Ufficio “anche in questo motivo l’appellante non coglie né la natura della violazione commessa – che concerne l’illegittima e occulta percezione di utili extracontabili – né il tipo di responsabilità che conseguentemente grava sui soci della T. S. G .Srl”, concludendo che anche tale terzo motivo d’appello “è infondato”.
Richiamava, al riguardo, le proprie controdeduzioni nel giudizio di I° grado.
Chiedeva, in via preliminare e processuale, di disporre la riunione per connessione i due procedimenti rubricati con RGA n. 76/2021 e RGA n. 78/2021; in via principale, di rigettare gli appelli e di confermare la sentenza impugnata e vittoria delle spese di lite per il presente grado.
Terminata la relazione ; sentiti i difensori delle parti costituite ; conclusa la discussione in camera di consiglio ; la Corte di Giustizia Tributaria di II° grado del Piemonte, sezione 3^, decideva la causa.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente, il presente Collegio d’Appello reputa di riunire per connessione oggettiva e soggettiva i due appelli proposti.

Nel merito, gli appelli meritano di essere accolti per quanto segue.
La riforma del diritto societario, attuata con il D. Lgs. n. 6/2003, ha stabilito che l’estinzione della società si perfeziona dalla data di iscrizione della cancellazione della stessa dal Registro delle imprese.

L’interesse fiscale relativo alle obbligazioni tributarie, però, giustifica lo scostamento dalla disciplina civilistica ordinaria ed, infatti, il D.Lgs. n. 175/2014, all’art. 28, comma 4, ha disposto la sopravvivenza della società estinta, ai soli fini fiscali, per la durata di un quinquennio dall’avvenuta cancellazione.

Conseguentemente, il potere di rappresentanza delle società estinte permane in capo al liquidatore per cinque anni dalla data di cancellazione.
Nel caso in esame, l’Ufficio non ha notificato gli accertamenti nei confronti della società estinta in persona del liquidatore della stessa, ossia al sig. R. P. , bensì agli ex soci della società estinta, sigg. L e C , incorrendo in un grave errore procedimentale, che rende nulli gli accertamenti operati.

Di tale errore degli accertamenti non si è avveduto il Giudice di I° grado e, conseguentemente, in sede di giudizio d’appello, la sentenza impugnata va integralmente riformata.
Tutti i restanti temi sollevati restano assorbiti. In deroga al principio di soccombenza, le spese di lite per entrambi i gradi vengono compensate tra le parti in ragione del fatto che l’esito finale del processo, alla luce degli atti contenuti nei fascicoli processuali, è da ascrivere più al demerito ed all’incuria dell’Ufficio che a valide ragioni di merito degli appellanti.

P.Q.M.

Accoglie gli appelli. Spese compensate.


COMMENTO REDAZIONALE– In deroga all’ordinaria disciplina civilistica introdotta dalla riforma del diritto societario (D.lgs. 17 gennaio 2003 n. 6), secondo cui l’estinzione della società si verifica alla data di iscrizione della cancellazione della stessa dal Registro delle imprese, l’art. 28, comma 4, D.lgs. 21 novembre 2014 n. 175, a maggior tutela dell’interesse fiscale alla rapida ed efficiente riscossione delle entrate tributarie, dispone la sopravvivenza della società estinta, ai soli fini fiscali, per la durata di un quinquennio dall’avvenuta cancellazione.

Conseguentemente, ai soli fini fiscali, il potere di rappresentanza delle società estinte permane in capo al liquidatore per cinque anni dalla data di cancellazione.

E’ quindi affetta da nullità la notifica degli avvisi di accertamento agli ex soci della società estinta, anziché alla società estinta in persona del suo liquidatore, effettuata in tale arco temporale.