Cass. civ., Sez. V, Ordinanza, 23 ottobre 2024, n. 27441
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PERRINO Angelina Maria – Presidente
Dott. SOCCI Angelo Matteo – Consigliere
Dott. BILLI Stefania – Consigliere
Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere
Dott. PICARDI Francesca – Relatore
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15996/2023 R.G. proposto da:
…, in liquidazione, rappresentato e difeso dall’avvocato … (omissis) – (omissis); – ricorrente –
contro
COMUNE MUGNANO, rappresentato e difeso dall’avvocato (omissis) – (omissis); – controricorrente –
avverso SENTENZA di CORTE GIUSTIZIA TRIBUTARIA SECONDO GRADO CAMPANIA n. 550/2023 depositata il 17/01/2022,
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/10/2024 dal Consigliere FRANCESCA PICARDI.
Svolgimento del processo
- … ha impugnato l’avviso di accertamento IMU per l’annualità 2015, notificato dal Comune di Mugnano, in relazione agli immobili di sua proprietà ubicati nel territorio di tale comune, invocando l’esenzione riconosciuta per gli alloggi sociali, di cui all’art. 13, comma 2, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.
- Il ricorso è stato parzialmente accolto in primo grado, con il riconoscimento della detrazione di Euro 200,00 in virtù del comma 10 dell’art. 13 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e con l’eliminazione delle sanzioni in considerazione della situazione di incertezza normativa.
- L’appello del contribuente è stato rigettato. Nella sentenza impugnata si è ritenuto che il ricorrente non ha assolto l’onere probatorio a suo carico in ordine ai presupposti dell’esenzione invocata – “in assenza di documentazione adeguata e sufficiente e di una perizia che fornisce solo una descrizione strutturale delle unità abitative, ma nessun elemento relativo alla loro destinazione funzionale, va ritenuto che la contribuente non abbia fornito al prova, che incombe a carico della parte che invoca l’esenzione, che gli immobili oggetto di accertamento abbiano la natura di alloggi sociali”.
- Avverso la sentenza di appello l’Istituto ha proposto ricorso per cassazione.
- Il Comune di Mugnano ha resistito con controricorso.
- Il ricorrente ha depositato ulteriore memoria.
- La causa è stata decisa all’adunanza camerale dell’11 ottobre 2024.
Motivi della decisione
- Il ricorrente ha dedotto, con il primo motivo, la violazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., dell’art. 2697 cod. civ. e dell’art. 13, commi 1 e 2, del D.L. n. 201 del 2011, conv. in legge n. 214 del 2011, atteso che l’assegnazione degli immobili a famiglie bisognose è operata dallo stesso Comune ente impositore ai sensi della legge della Regione Campania n. 18 del 1997, per cui l’Istituto autonomo case popolari non deve fornire alcuna prova in merito all’assegnazione. In particolare il ricorrente ha precisato che “il Comune … sa se quelli posseduti da Iacp sono alloggi sociali, perché esso stesso li assegna con propri decreti a favore dei propri cittadini che ne hanno fatto richiesta e che sono in possesso dei requisiti”, per cui “la regola del riparto dell’onere della prova applicata dalla CGT non trova luogo nel caso concreto perché la fattispecie concreta è nota all’ente impositore per averla esso concorsa a realizzare”: in definitiva la destinazione soggettiva degli immobili “non è controversa e pertanto non necessita di dimostrazione alcuna, atteso che è stato lo stesso Comune, odierno ente impositore, ad assegnare gli immobili di Iacp alla propria popolazione bisognosa, concorrendo alla realizzazione della fattispecie concreta e al perseguimento della finalità sociale”.
Il motivo è inammissibile.
La sentenza impugnata ha ritenuto 1) che la natura di alloggi sociali degli immobili in esame fosse contestata dal Comune (che, altrimenti, avrebbe riconosciuto l’esenzione invocata) e 2) che la perizia prodotta dall’appellante fosse del tutto generica e inidonea a fornire la prova della natura di alloggi sociali di tali immobili. E ciò non soltanto, come si sostiene in ricorso, per mancanza di prova della destinazione “soggettiva” (a dire del ricorrente, difatti, in base al ragionamento dei giudici di secondo grado “…gli immobili dell’Iacp presentano le caratteristiche costruttive indicate dal D.M. citato, ma ciò non è sufficiente per qualificarli “alloggi sociali””), ma anche perche la perizia e stata comunque considerata inadeguata e insufficiente, “…anche in considerazione della eterogeneità degli immobili oggetto di accertamento, che risultano di dimensioni variabili e soprattutto anche di categorie catastali diverse dalla A/3, tipica dell’edilizia economica.”.
Tale conclusione resa sul quadro probatorio non può essere censurata in sede di legittimità. Va, difatti, ribadito che è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, solleciti, in realtà, una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass., Sez. U., 27 dicembre 2019, n. 34476), così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (tra le tante cfr. Cass., 4 aprile 2017, n. 8758, con riferimento ad un motivo di ricorso che, pur prospettando una violazione degli artt. 1988 c.c. e 2697 c.c., in realtà tendeva ad una nuova interpretazione di questioni di mero fatto). Difatti, la valutazione degli elementi probatori, così come l’accertamento di una contestazione o non contestazione sono attività istituzionalmente riservate al giudice di merito, non sindacabile in cassazione – in passato sotto il profilo della congruità della motivazione del relativo apprezzamento ed attualmente nei limiti di cui all’art. 360, primo comma n. 5, cod. proc. civ. (v, in ordine alla valutazione degli elementi probatori, Cass., Sez. 6, 26 gennaio 2015, n. 1414, ed, in ordine all’accertamento della contestazione o non contestazione, Cass., Sez. 2, 28 ottobre 2019, n. 27490).
Per completezza occorre evidenziare che la legge della Regione Campania n. 18 del 1997 disciplina, in generale, il procedimento per l’assegnazione degli alloggi sociali, ma non si occupa, nello specifico, degli immobili oggetto del presente giudizio, mentre l’eventuale coinvolgimento del Comune, nell’assegnazione degli stessi, secondo i criteri degli alloggi sociali, avrebbe dovuto essere dimostrato nel giudizio di merito, non potendo ritenersi la materia de qua sottratta agli ordinari criteri di ripartizione dell’onere probatorio.
Peraltro, secondo l’orientamento giurisprudenziale consolidato, in tema di agevolazioni tributarie, chi vuole fare valere una forma di esenzione o di agevolazione qualsiasi deve provare, quando sul punto vi è contestazione, i presupposti che legittimano la richiesta della esenzione o della agevolazione (Cass., Sez. 6 – 5, 4 ottobre 2017, n. 23228).
Infine, ribadita l’inammissibilità della censura in esame per le ragioni esposte, oltre che per la non piena congruenza rispetto al contenuto della decisione impugnata, deve evidenziarsi che la recente ordinanza di questa Corte (Cass., Sez. V, 8 marzo 2024, n. 6380), invocata dal ricorrente nella memoria difensiva, si è limitata, riguardo al caso esaminato, a ritenere la sentenza impugnata in tale giudizio immune dell’error in iudicando denunciato in base all’accertamento di fatto in quel caso effettuato dalla Commissione tributaria regionale: accertamento di fatto, che è di contenuto opposto a quello effettuato nella sentenza impugnata in questo giudizio e che è stato fondato sull’assegnazione di tutti gli immobili, oggetto di contestazione, in locazione permanente dall’Ater al Comune (in particolare al punto 1.16 dell’ordinanza n. 6380 del 2024 si legge che “la Commissione tributaria regionale ha accertato, in fatto, con riguardo agli immobili in questione quanto segue: … gli alloggi di edilizia residenziale pubblica di proprietà dell’Ater di C, costruiti dall’ex IACP con il totale contributo dello Stato/Regione, sono stati assegnati in locazione permanente al Comune di C”). Il principio di vicinanza della prova non è, dunque, stato utilizzato dalla Corte con l’ordinanza richiamata per ribaltare gli orientamenti sulla ripartizione dell’onere della prova con riferimento all’agevolazione in esame, ma piuttosto per verificare, alla luce dell’accertamento di fatto compiuto, la corretta applicazione della regola sostanziale.
- Il ricorrente ha dedotto, con il secondo motivo, la violazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., degli artt. 1, comma 162, della legge n. 296 del 2006, 7, comma 5, della legge n. 212 del 2000 e 3 della legge n. 241 del 1990, essendo nullo l’avviso di accertamento impugnato (integralmente trascritto ai fini dell’autosufficienza) per difetto di motivazione., in quanto esso consta nella mera indicazione degli immobili per i quali viene richiesto il tributo, senza indicare le ragioni di diritto e quelle di fatto per le quali è avanzata la pretesa impositiva.
Tale censura è infondata, avendo la decisione impugnata fatto corretta applicazione del principio, dettato in tema di ici, secondo il quale gli avvisi di liquidazione e accertamento devono sì essere motivati in relazione ai presupposti di fatto e alle ragioni giuridiche che li hanno determinati, ma non devono indicare anche le ragioni giuridiche relative al mancato riconoscimento di ogni possibile esenzione prevista dalla legge ed astrattamente applicabile, poiché è onere del contribuente dedurre e provare l’eventuale ricorrenza di una causa di esclusione dell’imposta (così Cass., Sez. 5, 24 gennaio 2018, n. 1694, che, in applicazione del principio, ha confermato la sentenza impugnata che aveva ritenuto sufficientemente motivato l’avviso di accertamento, nel quale erano stati indicati i dati identificativi dell’immobile, il soggetto tenuto al pagamento e l’ammontare dell’imposta). Tale principio opera anche con riferimento all’i.m.u., in quanto la indicazione degli immobili per i quali è richiesta la pretesa tributaria consente al contribuente di individuare i fatti astrattamente giustificativi di essa, che consentano di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ente impositore nell’eventuale successiva fase contenziosa, restando, poi, affidate al giudizio di impugnazione dell’atto le questioni riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva.
- In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Le spese, liquidate nel dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte di cassazione: rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 4.000,00, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge;
ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Conclusione
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’11 ottobre 2024.
Depositata in Cancelleria il 23 ottobre 2024.
MASSIMA: In tema di esenzione IMU per gli alloggi sociali, spetta al contribuente l’onere della prova riguardo ai presupposti che legittimano la richiesta dell’esenzione. L’inosservanza di tale onere giustifica il rigetto della domanda di esenzione.