Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Vicenza, sez. II, ord., 10 aprile 2025 n. 100
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO DI VICENZA
SECONDA SEZIONE
riunita in udienza il 07/04/2025 alle ore 14:00 in composizione monocratica:
– GENOVESE GIOVANNI, – Giudice monocratico
in data 07/04/2025 ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
– sul ricorso n. 599/2024 depositato il 30/09/2024
proposto da
(…) S.p.a. – (…) Difeso da (…) – (…) (…) – (…) (…) Rappresentato da (…) – (…) Rappresentante difeso da (…) – (…)(…) – ed elettivamente domiciliato presso (…)
contro
Comune di Montebello Vicentino – Piazza Italia N. 1 36054 Montebello Vicentino VI elettivamente domiciliato presso montebellovicentino.vi@cert.ip-veneto.net A. S.p.a. – (…) Difeso da…, (…) ed elettivamente domiciliato presso ufficiolegale@cert.abacospa.it
Avente ad oggetto l’impugnazione di:
– AVVISO DI ACCERTAMENTO n. (…) CUP 2023 a seguito di discussione in pubblica udienza
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
La società (…) s.p.a. ha impugnato l’avviso di accertamento esecutivo n. (…) del 19/07/2024, concernente il canone patrimoniale di concessione, autorizzazione o esposizione pubblicitaria e pubbliche affissioni (CUP) per l’anno 2023, notificato da A. s.p.a., concessionaria del servizio di liquidazione, accertamento e riscossione delle entrate del Comune di Montebello Vicentino (VI), e relativo ad esposizioni rilevate dalla medesima nel territorio comunale e da essa ritenute imponibili, in quanto dotate di valenza pubblicitaria.
La ricorrente, nel proprio ricorso, ha premesso la sussistenza della giurisdizione tributaria, con ciò andando di diverso avviso rispetto all’indicazione contenuta nell’atto impugnato, che individuava nel giudice ordinario l’autorità munita di giurisdizione.
La questione ha formato oggetto di discussione, unitamente al merito, all’udienza del 07/04/2025, nella quale parte resistente si è rimessa alla Corte in ordine alla sussistenza o meno della giurisdizione tributaria.
Il tema è controverso in dottrina e ha formato oggetto di pronunce contrastanti nella giurisprudenza di merito ordinaria, amministrativa e tributaria, sicché questa Corte ritiene sussistere tutti i presupposti richiesti dall’art. 363-bis c.p.c., trattandosi di questione:
– rilevabile d’ufficio, e sulla quale è quindi necessario pronunziarsi ai fini della definizione del giudizio;
– non ancora risolta dalla Corte di Cassazione;
– che presenta gravi difficoltà interpretative, come attestato dalla diversificazione delle soluzioni adottate;
– che è suscettibile di porsi in numerosi giudizi.
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza n. 34851/2023, hanno peraltro stabilito che anche il giudice tributario di merito può avvalersi del rinvio pregiudiziale, e che esso può avere ad oggetto anche una questione di diritto incidente sulla giurisdizione del giudice adito.
L’istituto che ci occupa è stato introdotto dall’art. 1, commi 816 – 847, L. n. 160 del 2019, in sostituzione di precedenti tributi ed entrate patrimoniali (ICP, CIMP, COSAP, TOSAP, canone di autorizzazione di cui all’art. 127 c.d.s.) che sono stati accorpati in un unico canone, espressamente definito “patrimoniale”.
Il comma 819 stabilisce che “Il presupposto del canone è: a) l’occupazione, anche abusiva, delle aree appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile degli enti e degli spazi soprastanti o sottostanti il suolo pubblico; b) la diffusione di messaggi pubblicitari, anche abusiva, mediante impianti installati su aree appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile degli enti, su beni privati laddove siano visibili da luogo pubblico o aperto al pubblico del territorio comunale, ovvero all’esterno di veicoli adibiti a uso pubblico o a uso privato.”
La definizione di “canone patrimoniale”, unitamente alla constatazione della natura eterogenea degli istituti accorpati (la giurisprudenza di nomofilachia riconosceva, ad esempio, la giurisdizione tributaria per la Tosap, e quella ordinaria per la Cosap; cfr., ex multis, Cass. 25451/2019), ha condotto a differenti orientamenti in punto di giurisdizione.
Secondo un primo indirizzo (ex multis, CGT II Friuli V.G. 38/2024; CGT Pordenone 65/2022; CGT Reggio Emilia 178/2022; CGT II Liguria 799/2024, TAR Brescia 576/2023), la giurisdizione sul nuovo CUP spetterebbe al giudice tributario, in quanto, al di là del nomen iuris attribuito dal legislatore, al canone in questione andrebbe riconosciuta natura sostanziale di tributo.
Un altro orientamento (ex multis, TAR Lazio 3248/2022, Trib. Macerata 902/2023, Trib. Modena 41/2025) ritiene invece che la giurisdizione debba radicarsi in capo al giudice ordinario, “in quanto trattasi di atti contenenti la quantificazione di mere pretese patrimoniali della Pubblica Amministrazione, privi di qualsiasi valenza provvedimentale” (Trib. Macerata 902/2023). La tesi si fonda non soltanto sul dato testuale, ma anche sulla considerazione che esso costituirebbe un riflesso della volontà del legislatore di creare un’entrata di natura patrimoniale, avente natura corrispettiva.
Un orientamento intermedio ritiene invece che si debba indagare caso per caso, dovendosi perciò distinguere, con riguardo al contenuto concreto della pretesa, fra il canone richiesto per la pubblicità e quello per la concessione di spazi ed aree.
In questo senso, CGT II Liguria 799/2024 afferma che “L’intenzione legislativa non pare quella di istituire ex novo un tributo (o prestazione patrimoniale) quanto, piuttosto, di mutare denominazione fermi i precedenti presupposti, di fatto ripresi nel nuovo tessuto normativo”, per cui il CUP “in tema pubblicità si pone in netta continuità con la normativa che precedentemente disciplinava l’imposta in questione e la cui natura senza alcun dubbio era ed è tributaria. Tale assunto porta con sé l’affermazione della piena giurisdizione del giudice tributario dei ricorsi avverso i provvedimenti impositivi degli enti locali interessati, mentre alla giurisdizione del giudice ordinario spettano le controversie relative al canone per la concessione di spazi ed aree. Infatti, la formula utilizzata dal legislatore (canone “patrimoniale”), non ha alcun rilievo, al riguardo, occorrendo riscontrare in concreto e caso per caso se si sia o non in presenza di un tributo”; indagine, prosegue l’arresto in esame, da effettuare sulla scorta dei criteri indicati dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 141/2009.
A parere del rimettente, tutte le prospettazioni colgono profili significativi della nuova disciplina, meritevoli di essere sottoposti al preventivo scrutinio del supremo organo nomofilattico. Se è vero, come più volte espresso dal giudice delle leggi, che il nomen iuris non è decisivo ai fini dell’individuazione della natura tributaria o meno di una prestazione patrimoniale, non può tuttavia considerarsi priva di rilievo la volontà del legislatore di accorpare entrate di diversa natura in un unico canone di tipo patrimoniale, unificandone la disciplina e – in tesi – i rimedi giurisdizionali esperibili. D’altro canto, è indubbio che il CUP continui a presentare caratteri spiccatamente tributari, quali la doverosità, la natura autoritativa del provvedimento (che non a caso è rappresentato da un avviso di accertamento esecutivo) ed il collegamento con un presupposto dotato di rilevanza economica, sussumibile nell’alveo del presupposto d’imposta tradizionalmente inteso.
La bontà della tesi intermedia, che vorrebbe ricondurre la fattispecie di cui alla lett. a) del comma 819 nell’alveo della giurisdizione ordinaria, e quella di cui alla lett. b) nell’alveo di quella ordinaria, appare inoltre suffragata dalla considerazione che il canone, seppur unitario, mantiene comunque una disciplina differenziata tra le due ipotesi sotto vari profili (quali, ad esempio, le modalità di determinazione del canone dovuto, previste, rispettivamente, dai commi 824 e 825, e la previsione di un soggetto obbligato in solido nella sola ipotesi di diffusione di messaggi pubblicitari, contenuta nel comma 823), potendosi con ciò fondatamente ritenere che, all’interno del canone unico, continuino a convivere una componente patrimoniale ed una tributaria, tali da richiedere una diversificazione dei rimedi giurisdizionali esperibili.
In conclusione, la Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Vicenza, visto l’art. 363-bis c.p.c.
P.Q.M.
Sottopone alla Corte di Cassazione la risoluzione della seguente questione di diritto: “se la giurisdizione sulla controversia avente ad oggetto l’impugnazione dell’avviso di accertamento esecutivo concernente il canone patrimoniale di concessione, autorizzazione o esposizione pubblicitaria e pubbliche affissioni, di cui all’art. 1, commi 816 – 847,L. n. 160 del 2019, spetti sempre al giudice tributario, ovvero al giudice ordinario, ovvero ancora all’uno o all’altro in base al contenuto concreto della pretesa”;
sospende il presente procedimento fino alla decisione della Corte di Cassazione, salvo il compimento degli atti previsti dal secondo comma;
dispone che la presente ordinanza venga comunicata alle parti ed immediatamente trasmessa alla Corte di Cassazione.
Vicenza il 7 aprile 2025.
COMMENTO – L’ordinanza in commento, mediante rinvio pregiudiziale ex art. 363-bis c.p.c., sottopone alla Corte di Cassazione la risoluzione della questione di diritto “se la giurisdizione sulla controversia avente ad oggetto l’impugnazione dell’avviso di accertamento esecutivo concernente il canone patrimoniale di concessione, autorizzazione o esposizione pubblicitaria e pubbliche affissioni, di cui all’art. 1, commi 816 – 847, L. n. 160 del 2019, spetti sempre al giudice tributario, ovvero al giudice ordinario, ovvero ancora all’uno o all’altro in base al contenuto concreto della pretesa”.
Si tratta di una questione relativamente alla quale, nell’ambito della giurisprudenza di merito, si sono formati orientamenti contrastanti.
Secondo un primo indirizzo, nonostante il nomen juris di “canone patrimoniale” utilizzato dal Legislatore, il prelievo de quo manterrebbe le caratteristiche proprie del tributo, quali la doverosità della prestazione, la natura autoritativa del provvedimento (rappresentato, non a caso, da un avviso di accertamento esecutivo, dalla cui impugnazione si è originato il giudizio di merito) ed il collegamento con un presupposto dotato di rilevanza economica: da ciò discenderebbe la giurisdizione del giudice tributario.
Al contrario, un altro orientamento si è espresso in favore della giurisdizione del giudice ordinario, sulla base della considerazione che tale prelievo riunisce in sé sia entrate di carattere tributario (quali la tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, l’imposta comunale sulla pubblicità, il diritto sulle pubbliche affissioni, il canone per l’installazione dei mezzi pubblicitari), sia entrate di carattere patrimoniale (quali il canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche e il canone di cui all’art. 27, commi 7 e 8, D.lgs. 285/1992), con conseguente necessità di radicare la giurisdizione ordinaria per non incorrere nel divieto di istituzione di nuovi giudici speciali (art. 102 Costituzione). Secondo il predetto orientamento, infatti, la volontà del Legislatore sarebbe stata quella di procedere all’unificazione di plurimi precedenti prelievi in un prelievo unico, a carattere corrispettivo, patrimoniale ed extra-tributario, in un’ottica di progressiva semplificazione dei prelievi di importo più contenuto.
Infine, secondo un indirizzo intermedio tra i primi due, sarebbe necessario stabilire di volta in volta se la giurisdizione spetti al giudice tributario oppure al giudice ordinario, a seconda della diversa pretesa creditoria fatta valere: in particolare, sussisterebbe la giurisdizione tributaria in caso di canone richiesto per la pubblicità e quella ordinaria in caso di canone per la concessione di spazi ed aree.
La questione presenta quindi gravi difficoltà interpretative, posto che tutti gli orientamenti sopra descritti colgono profili significativi della nuova disciplina, e non è ancora stata risolta dalla Corte di Cassazione, riscontrandosi in materia soltanto pronunce della giurisprudenza di merito. Inoltre, essa è suscettibile di porsi in numerosi giudizi, stante l’elevato numero di avvisi di accertamento relativi al canone patrimoniale unico che vengono impugnati.
Per tali motivi, risulta ammissibile un’ordinanza di rinvio pregiudiziale alla Suprema Corte, in base al “nuovo” istituto introdotto dalla cd. “riforma Cartabia” (art. 3, comma 27, lettera c), D.lgs. 10 ottobre 2022 n. 149).
Quest’ultimo è utilizzabile anche dal giudice tributario di merito, “in virtù del generale rinvio alle norme del codice di procedura civile contenuto nell’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992 e dell’unicità della disciplina del giudizio di legittimità anche nel processo tributario (ex art. 62, comma 2, del citato d.lgs.), nonché della funzione nomofilattico-deflattiva del rinvio”, diretto a sollecitare l’anticipata enunciazione di un principio di diritto da parte della Suprema Corte, quale giudice di legittimità pure nella giurisdizione tributaria (Cass. civ., Sezioni Unite, sent., 13 dicembre 2023 n. 34851).
Inoltre, secondo quest’ultima pronuncia, il rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione ex art. 363-bis c.p.c. può avere ad oggetto una questione di diritto incidente sulla giurisdizione del giudice adito, “non ostandovi la circostanza che il giudice di legittimità, per dirimere tali questioni, opera come giudice anche del fatto, poiché per tutte le questioni di carattere processuale, pur risultando inscindibilmente connessi i profili di diritto e quelli di fatto, è possibile distinguere concettualmente tra l’interpretazione della norma giuridica astrattamente destinata a regolare la fattispecie, che può essere demandata alla S.C. con il rinvio pregiudiziale, e la ricostruzione della concreta vicenda processuale, che resta affidata al giudice di merito, sia in via preventiva, per motivare la rilevanza della questione, sia successivamente, per l’applicazione del principio di diritto enunciato”.
Spetterà quindi adesso alla Suprema Corte di Cassazione stabilire a quale giurisdizione debbano essere ricondotte le controversie relative all’impugnazione degli avvisi di accertamento esecutivi del canone unico patrimoniale (cd. “CUP”), introdotto dall’art. 1, commi 816-847, Legge 27 dicembre 2019 n. 160.
Avv. Cecilia Domenichini