Cass. Pen. sez. IV, sent. 17 giugno 2022, n. 23676


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRANTI Donatella – Presidente –

Dott. SERRAO Eugenia – rel. Consigliere –

Dott. D’ANDREA Alessandro – Consigliere –

Dott. PAVICH Giuseppe – Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

S.F., nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 05/10/2020 del TRIBUNALE di FIRENZE;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere SERRAO EUGENIA;

letta la requisitoria del Procuratore generale, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

  1. Il Tribunale di Firenze, con la sentenza indicata in epigrafe, ha applicato la pena concordata dalle parti ai sensi dell’art. 444 c.p.p., nei confronti di S.F. in relazione al reato previsto dal D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 186, comma 2, lett. c) e comma 2bis, commesso in (OMISSIS).
  2. S.F. propone ricorso per cassazione chiedendo che sia sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 186 C.d.S., comma 2-bis, nella parte in cui prevede in via automatica la revoca della patente nei casi in cui il reato sia aggravato da un incidente senza danni a persone, in contrasto con l’art. 3 Cost.sotto il profilo della manifesta irragionevolezza intrinseca della scelta legislativa.

Premesso in merito alla rilevanza che, nel caso in esame, il giudice ha applicato la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida, in merito alla non manifesta infondatezza della questione il difensore ritiene che l’arbitrarietà della scelta legislativa di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2-bis, sia di tutta evidenza in relazione al fatto che l’art. 222 C.d.S., richiamato dall’art. 186, comma 2-bis, del medesimo corpo normativo prevede la regola di carattere generale per cui, se da una violazione delle norme del codice della strada derivino danni alle persone, il giudice applica con la sentenza di condanna la sanzione amministrativa accessoria della sospensione o della revoca della patente, prevedendo solo al comma 4 la sola sanzione della revoca della patente nel caso di condanna o patteggiamento della pena per i reati di omicidio stradale e di lesioni personali stradali gravi o gravissime.

Ne consegue, secondo la difesa, l’evidente irragionevolezza della regola che dispone l’applicazione della revoca della patente in presenza di soli danni a cose, senza consentire al giudice di eseguire una valutazione individualizzante.

  1. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per il rigetto del ricorso.
  2. Il ricorso è manifestamente infondato.

4.1. La questione è stata in precedenza affrontata e risolta nel senso della manifesta infondatezza in altra decisione di questa Sezione (Sez.4, n. 7950 del 11/02/2021, Zappalorto, Rv. 280951 – 01), che ha affermato il principio secondo il quale “E’ manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 186 C.d.S., comma 2-bis, in relazione all’art. 3 Cost., nella parte in cui dispone la revoca obbligatoria della patente di guida nell’ipotesi di sinistro stradale provocato da conducente per il quale sia stato accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro, sussistendo piena autonomia tra tale previsione e quella di cui all’art. 222 C.d.S., e non avendo, la declaratoria di parziale illegittimità costituzionale di tale ultima disposizione, ad opera della sentenza n. 88 del 2019 della Corte costituzionale, inciso sulla coerenza sistematica delle disposizioni in materia di revoca e sospensione della patente attualmente vigenti”.

4.2. Il Collegio ribadisce e fa proprie le ragioni ivi esposte, e in particolare il rilievo secondo il quale la ratio della previsione incriminatrice contenuta nell’art. 186 C.d.S., che prevede come obbligatoria la revoca della patente di guida per l’ipotesi in cui il conducente, che versi in stato di ebbrezza, con tasso alcolemico accertato superiore a 1,5 g/l, abbia provocato un incidente stradale, va ricercata nella volontà del legislatore di punire più gravemente situazioni nelle quali la turbativa della circolazione sia correlata all’accertamento dello stato di ebbrezza del conducente, in quanto ritenute maggiormente idonee a porre in pericolo l’incolumità personale dei soggetti e dei beni coinvolti nella circolazione. In ordine ai rapporti con l’art. 222 C.d.S., le due disposizioni mantengono una propria autonomia sistematica e precettiva, atteso che l’art. 222 disciplina il novero di sanzioni amministrative accessorie all’accertamento di reati, ha portata generale e attribuisce rilevanza sanzionatoria crescente alla gravità delle lesioni personali che siano derivate da reati colposi commessi con violazione delle norme sulla circolazione stradale, laddove la condizione di ebbrezza alcolica del reo, con parametri superiori ad una determinata soglia, come prevista dall’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c), rappresenta ulteriore ragione di aggravamento (a cui è collegata la revoca della  patente di guida) di una condotta colposa di danno autonomamente sanzionata in via amministrativa mediante la sospensione della patente di guida. Nella fattispecie contemplata dall’art. 186 C.d.S., comma 2-bis, il reato di riferimento è proprio la guida in stato di ebbrezza e cioè una ipotesi contravvenzionale di pericolo per la quale il legislatore ha ritenuto di anticipare la soglia di punibilità a prescindere da profili di danno a cose o a persone che possano essere derivati dal sinistro, essendo sufficiente a integrare l’ipotesi aggravata la correlazione tra qualsivoglia incidente e lo stato di alterazione del conducente. Ne consegue la manifesta infondatezza dell’asserita disparità di trattamento o irragionevolezza del sistema delle sanzioni accessorie attualmente vigente, come lamentato dalla difesa.

4.3. Né la prospettazione difensiva trova conforto nella pronuncia della Corte costituzionale richiamata nel ricorso. Con sentenza del 17 aprile 2019, n. 88, la i Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 222 C.d.S., comma 2, quarto periodo, nella parte in cui non prevede che, in caso di condanna, ovvero di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’art. 444 c.p.p., per i reati di cui agli artt. 589 bis (omicidio stradale) e art. 590 bis c.p. (lesioni personali stradali gravi o gravissime), il giudice possa disporre, in alternativa alla revoca della  patente di guida, la sospensione della stessa ai sensi del secondo e terzo periodo dello stesso art. 222 C.d.S., comma 2 a meno che non ricorra alcuna delle circostanze aggravanti previste dai rispettivi art. 589 bis c.p., commi 2 e 3 e art. 590 bis c.p.. Peraltro, in caso di omicidio stradale o lesioni personali stradali, ove ricorrano le aggravanti dell’essersi il conducente posto alla guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, rimane ferma la sanzione accessoria obbligatoria della revoca della patente di guida.

  1. Deve, altresì, ricordarsi che la Corte Costituzionale, con ordinanza n. 247 del 21 ottobre 2013, nel dichiarare manifestamente infondate le questioni di costituzionalità sollevate con riguardo all’art. 186 C.d.S., comma 9 bis che consente la sostituzione della pena detentiva e pecuniaria con quella del lavoro di pubblica utilità solo al di fuori dei casi previsti dall’art. 186 C.d.S., comma 2-bis – ha fornito chiarimenti di ordine più generale che consentono di ritenere manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale proposta dalla difesa in questa sede. Nella citata ordinanza la Corte costituzionale si è soffermata sulla compatibilità della preclusione contenuta nell’art. 189 C.d.S., comma 9-bis, con i principi di uguaglianza (art. 3 Cost.) e di necessaria finalizzazione rieducativa della pena (art. 27 Cost., comma 3), affermando che la ratio dell’aggravante di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2-bis, è da ricercarsi nella volontà del legislatore di punire più gravemente qualsiasi turbativa delle corrette condizioni di guida, in quanto ritenuta potenzialmente idonea a porre in pericolo l’incolumità personale dei soggetti e dei beni coinvolti nella circolazione a causa della strutturale pericolosità connessa alla circolazione dei veicoli che richiedono una particolare abilitazione alla guida. Nella motivazione si legge: che il trattamento sanzionatorio del reato di guida in stato di ebbrezza, aggravato dall’aver causato un incidente stradale, consente già al giudice un margine di apprezzamento sufficiente perché la sanzione inflitta sia proporzionata alla complessiva considerazione delle peculiarità oggettive e soggettive del caso di specie, potendo l’aumento della pena oscillare tra il minimo e il massimo in funzione della gravità del danno derivante dal sinistro o del grado della colpa; che le scelte legislative nella commisurazione delle sanzioni involgono apprezzamenti tipicamente politici e sono sindacabili solo nel caso trasmodino nella manifesta irragionevolezza o nell’arbitrio; che la previsione di limiti all’applicazione di sanzioni sostitutive è valutazione che spetta al legislatore, e che la scelta di non distinguere, ai fini dell’operatività della preclusione, in funzione della gravità dell’incidente sembra corrispondere a un criterio di prevenzione generale non irragionevole.
  2. Ne consegue la declaratoria di manifesta infondatezza della proposta questione di legittimità costituzionale e d’inammissibilità del ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali; inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale; rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, il ricorrente va condannato al pagamento di una somma che si stima equo determinare in Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiarata la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 10 giugno 2022.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2022


MASSIMA– E’ manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 186 C.d.S., comma 2-bis, in relazione all’art. 3 Cost., nella parte in cui dispone la revoca obbligatoria della patente di guida nell’ipotesi di sinistro stradale provocato da conducente per il quale sia stato accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro, sussistendo piena autonomia tra tale previsione e quella di cui all’art. 222 C.d.S., e non avendo, la declaratoria di parziale illegittimità costituzionale di tale ultima disposizione, ad opera della sentenza n. 88 del 2019 della Corte costituzionale, inciso sulla coerenza sistematica delle disposizioni in materia di revoca e sospensione della patente attualmente vigenti.