Cass. pen. Sez. VI, sent., 02 febbraio 2023, n.4580


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISCUOLO Anna – Presidente –

Dott. APRILE Ercole – Consigliere –

Dott. GIORGI Maria Silvia – Consigliere –

Dott. COSTANTINI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. RICCIO Stefania – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

A.A., nato in (Omissis);

avverso la sentenza del 22/11/2022 della Corte di appello di Torino;

visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Antonio Costantini;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Morosini Piergiorgio, che ha richiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;

lette le conclusioni del difensore, avvocato …, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo

  1. Con sentenza del 22 novembre 2022, la Corte di appello di Torino ha ritenuto sussistenti le condizioni per l’esecuzione del mandato di arresto Europeo emesso il 27 dicembre 2021 dall’autorità giudiziaria della Romania, limitatamente al reato di guida senza patente commesso il (Omissis) ed all’espiazione della pena di anni uno e mesi sei di reclusione ed ordinato la consegna del cittadino rumeno A.A. a quella Autorità in relazione alla sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Craiova, divenuta definitiva il 25 maggio 2021.
  2. Avverso la decisione il ricorrente deduce tre motivi di ricorso.

2.1. Con il primo motivo viene dedotta violazione della L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 7.

La Corte di merito, secondo la difesa, ha errato nel ravvisare la doppia incriminazione in ragione della ritenuta recidiva nel biennio della guida “in stato di ebbrezza” (rectius: guida senza patente). Poiché i due ultimi episodi di guida senza patente risultano commessi, rispettivamente, il (Omissis) ed il (Omissis), il secondo di essi in ordine al quale viene richiesta la consegna non risulta essere stato commesso entro due anni dalla commissione del primo con conseguente assenza di recidiva nel biennio tale da integrare la fattispecie prevista dalla legislazione italiana.

2.2. Con il secondo motivo di ricorso si censura l’erronea applicazione della L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 2 in relazione agli artt. 3 e 6 CEDU. La difesa deduce l’omessa valutazione da parte della Corte di appello del pericolo di trattamenti inumani e degradanti in ipotesi di consegna del A.A. alle autorità rumene, ipotesi da ritenersi concreta in ragione dei vari report e sentenze di condanna emessi nei confronti della Romania in relazione alla situazione di sovraffollamento carcerario e alle precarie condizioni degli istituti di detenzione.

Ciò imponeva alla Corte di appello la necessità di effettuare un supplemento istruttorio al fine di richiedere con urgenza alle autorità rumene le informazioni complementari circa le condizioni di detenzione previste per il consegnando e l’esistenza in quel paese di procedimenti e meccanismi di controllo della condizione dei detenuti.

2.3. Con il terzo motivo la difesa deduce la violazione della L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 18-bis, comma 2, avendo la Corte di merito disposto la consegna nonostante la presenza di plurimi elementi sintomatici dell’effettivo radicamento del ricorrente sul territorio italiano allegati dalla difesa, con particolare riferimento al contratto di lavoro a tempo indeterminato ed a quello di locazione a fini abitativi.

La Corte di merito ha, inoltre, trascurato il legame affettivo che unisce il ricorrente alla madre, residente in Italia da circa venti anni.

Motivi della decisione

  1. Il ricorso, in quanto generico e manifestamente infondato, deve essere dichiarato inammissibile.
  2. Manifestamente infondato risulta il primo motivo per mezzo del quale il ricorrente deduce l’assenza del presupposto della doppia incriminazione L. 22 aprile 2005, n. 69, ex art. 7.

Il Collegio osserva che detta norma, come modificata all’esito dell’intervento del D.Lgs. 2 febbraio 2021, n. 10, prevede che si dia esecuzione al mandato d’arresto Europeo solo nel caso in cui il fatto sia previsto come reato anche dalla legge nazionale e ciò indipendentemente dalla qualificazione giuridica e dai singoli elementi costitutivi del reato (comma 1). La decisione della Corte di appello di Torino risulta rispettosa della disposizione richiamata, avendo fatto adeguato riferimento alla corrispondenza tra la condotta oggetto della condanna alla base della richiesta di consegna e il reato di guida senza patente.

Ed infatti, a fronte di una condanna divenuta esecutiva il 5 aprile 2016 (sentenza n. 1091 del 17 marzo 2016), la seconda violazione era stata commessa il (Omissis), alcuni giorni dopo il definitivo accertamento di quella commessa in precedenza.

Pertinente risulta, al riguardo, il riferimento operato dalla Corte territoriale alla giurisprudenza di questa Corte secondo cui, al fine di ritenere sussistente il reato di guida senza patente, affinché si realizzi la recidiva nel biennio idonea, ai sensi del D.Lgs. 5 gennaio 2016, n. 8, art. 5 ad escludere il reato dall’area della depenalizzazione, non è sufficiente che sia intervenuta la mera contestazione dell’illecito depenalizzato, ma è necessario che questo sia stato definitivamente accertato (Sez. 4, n. 27398 del 06/04/2018, Dedominici, Rv. 273405).

Detto principio di diritto, pertanto, esclude che possa avere rilievo, come pur messo in risalto nel ricorso, la data del commesso reato precedente alla realizzazione del reato preso in esame, dovendosi fare riferimento alla data in cui lo stesso è stato definitivamente accertato, nel caso di specie tre mesi dopo il passaggio in giudicato della decisione precedente.

  1. Inammissibile risulta anche il secondo motivo di ricorso con cui il ricorrente contesta l’omessa verifica e richiesta di informazioni circa il rischio di essere sottoposto ad un trattamento disumano e degradante che non può ritenersi integrato dalla mera prospettazione dell’esistenza di simile trattamento, laddove tanto non sia corredato dalla dimostrazione del livello di pericolo derivante da quanto rappresentato o da elementi concreti sulla reale situazione nelle carceri di quello Stato (principio espresso da Sez. 6, n. 43537 del 15/10/2014, Florin, Rv. 260448, in ordine a consegna in esecuzione di misura cautelare ai sensi della L. n. 69 del 2005, art. 18, comma 1, lett. h), nella stesura precedente alla riformulazione operata dal D.Lgs. 2 febbraio 2021, n. 10).

3.1. Dagli atti del procedimento, cui questa Corte ha accesso (Sez. 6, n. 47071 del 04/12/2009, Lefter, Rv. 245456; Sez. 6, n. 13812 del 25/03/2009, Leonowski, Rv. 243415), non emerge che il ricorrente abbia mai dedotto la questione prospettando l’esistenza di criticità presso le carceri rumene ovvero la necessità di richiedere informazioni circa l’esistenza di un pericolo di essere sottoposto a trattamenti disumani; in tal senso depone l’esame del verbale delle udienze del 23 settembre, 4 ottobre e 22 novembre 2022 ove non si apprezza alcuna richiesta formulata in merito.

3.2. Ed invero, con la modifica apportata dal D.Lgs. 2 febbraio 2021, n. 10 alla L. n. 69 del 2005, art. 18, comma 1, lett. a), sono stati fortemente ridotti i motivi di ricorso in cassazione avverso il provvedimento che dispone la consegna, limitandoli alle sole ipotesi di difetto di giurisdizione e violazione di legge ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. a), b) e c); è stata, pertanto, esclusa la possibilità di dedurre il vizio di motivazione elidendo la parte della norma che estendeva l’ambito del giudizio dinanzi alla Corte di cassazione “anche per il merito”.

Ormai consolidato, quindi, risulta quell’orientamento di questa Corte in base al quale si è sottolineato come costituisca onere della parte interessata fornire elementi specifici e debitamente aggiornati in ordine al rischio di sottoposizione a trattamenti inumani e degradanti, così da indurre, se necessario, l’adozione di eventuali iniziative istruttorie da parte della Corte di appello (tra le tante, Sez. 6, n. 18126 del 06/05/2021, Scutari, Rv. 281305; ma anche Sez. 6, n. 875 del 11/01/2023, Viorel Angel, non massimata; Sez. 6, n. 26318 del 08/07/2021, Mihai, non massimata).

3.3. Nondimeno, il Collegio osserva che, seppure siano stati effettuati numerosi rilievi in ordine alla situazione carceraria ed alle corrispondenti condizioni dei detenuti in Romania (25/4/2017, ric. Rezmives), a seguito di richiesta da parte della Corte EDU a quello Stato dell’adozione di un piano di azione per la rimozione delle rilevate criticità, ed in particolare la introduzione di “misure generali per risolvere il problema del sovraffollamento carcerario e delle pessime condizioni di detenzione”, le Autorità rumene hanno presentato al Segretariato del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, competente in merito, che ha esaminato, dando atto dei consistenti, anche se non risolutivi, progressi effettuati da quello Stato per rimediare agli aspetti critici segnalati.

Questa Corte, di conseguenza, facendo leva sull’onere del consegnando di allegare elementi oggettivi, precisi, attendibili e aggiornati in merito alle condizioni di detenzione vigenti nello Stato richiedente, idonei a fondare il timore che la sua consegna preluda a un trattamento incompatibile con i diritti fondamentali della persona, si è già espressa nel senso della necessità di un aggiornamento, ritenendo inattuali le critiche difensive non attualizzate ai progressi registrati nel sistema rumeno in sede ufficiale (Sez. F, n. 36464 del 22/08/2019, Stetco, non massimata; Sez. F, n. 35554 del 01/08/2019, Mogos, non massimata).

3.4. In assenza, pertanto, di richiesta fondata su specifica allegazione in ordine al rischio di trattamento inumano in Romania, la questione genericamente posta solo in sede di legittimità, deve ritenersi inammissibile.

  1. Manifestamente infondato risulta il terzo motivo con il quale il ricorrente censura l’omessa valutazione in ordine al prospettato radicamento L. 22 aprile 2005, n. 69, ex art. 18-bis, comma 2, secondo cui “(…) la corte di appello può rifiutare la consegna della persona ricercata che sia cittadino italiano o cittadino di altro Stato membro dell’Unione Europea legittimamente ed effettivamente residente o dimorante nel territorio italiano da almeno cinque anni, sempre che disponga che tale pena o misura di sicurezza sia eseguita in Italia (…)”.

Si precisa che, nonostante il ricorrente deduca la violazione di legge in ordine all’omessa analisi del prospettato radicamento, di fatto finisce per censurare la motivazione resa dalla Corte di appello che ha invece ritenuto non dimostrato il radicamento sulla base della documentazione allegata dal A.A..

Deve darsi continuità al condiviso principio di diritto enunciato da questa Corte secondo cui, quanto a disciplina del mandato di arresto Europeo, sono inammissibili quelle censure che involgono l’accertamento del radicamento del soggetto nel territorio dello Stato, le quali, pur dedotte quale vizio di violazione di legge, attengono in realtà alla motivazione della decisione, atteso che la L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 22 come modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2021, n. 10, art. 18 non consente il ricorso per cassazione per vizi di motivazione avverso la sentenza resa dalla corte di appello sulla richiesta di consegna (Sez. 6, n. 41074 del 10/11/2021, Huzu Ioan, Rv. 282260).

Ciò nonostante, si osserva come la Corte di merito abbia fornito completa risposta in ordine alle ragioni che hanno potato ad escludere il dedotto radicamento sul territorio nazionale, facendo rilevare come il ricorrente avesse dichiarato di vivere dalla madre in Italia da circa un anno, producendo una copia informale di una lettera di assunzione datata 29 settembre 2022 quale operaio a decorrere dal 8 ottobre 2022 (entrambe le date sono successive all’arresto), mentre il contratto di locazione era stato stipulato dal A.A. e dalla madre il 1 settembre 2022 per la durata di un anno; detti elementi sono stati motivatamente ritenuti inidonei a dimostrare non solo il mancato radicamento nei termini richiesti dall’art. 18-bis, comma 2 L. cit. ma anche non idonei a documentare come il medesimo abbia vissuto e si sia mantenuto nel periodo precedente alla stipula dei due contratti esibiti.

Non pregevole, alla luce dell’età del ricorrente, nato nel (Omissis), risulta il motivo a mente del quale la Corte di merito avrebbe trascurato i legami affettivi con la madre, che vive in Italia da circa venti anni, circostanza inconferente tenuto conto che il A.A. non è risultato aver frequentato la stessa nel periodo precedente alla stipula del contratto di locazione.

  1. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende, secondo quanto previsto dall’art. 616 c.p.p., comma 1.
  2. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.

Così deciso in Roma, il 1 febbraio 2023.

Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2023


COMMENTO: L’esecuzione al mandato d’arresto Europeo si ha solo nel caso in cui il fatto sia previsto come reato anche dalla legge nazionale e ciò indipendentemente dalla qualificazione giuridica e dai singoli elementi costitutivi del reato. La decisione della Corte di appello di Torino risulta rispettosa dell’art.7 L. 22 aprile 2005, n. 69, come modificato all’esito dell’intervento del D.Lgs. 2 febbraio 2021, n. 10, avendo fatto adeguato riferimento alla corrispondenza tra la condotta oggetto della condanna alla base della richiesta di consegna e il reato di guida senza patente.

Pertinente risulta, al riguardo, il riferimento operato dalla Corte territoriale alla giurisprudenza della Corte secondo cui, al fine di ritenere sussistente il reato di guida senza patente, affinchè si realizzi la recidiva nel biennio idonea, ai sensi del D.Lgs. 5 gennaio 2016, n. 8, art. 5 ad escludere il reato dall’area della depenalizzazione, non è sufficiente che sia intervenuta la mera contestazione dell’illecito depenalizzato, ma è necessario che questo sia stato definitivamente accertato.