Cass. Civ., Sez. V, ord. 25 marzo 2024, n. 7475
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CATALDI Michele – Presidente
Dott. MACAGNO Gian Paolo – Consigliere – Rel.
Dott. DI MARZIO Paolo – Consigliere
Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere
Dott. LUME Federico – Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19589/2016 R.G. proposto da:
… Srl, A.A., in proprio, elettivamente domiciliati in …, presso lo studio dell’avvocato … (Omissis) …. – ricorrenti –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, domiciliata ex lege in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (Omissis) che la rappresenta e difende, – resistente –
avverso SENTENZA di COMM. TRIB. REG. LAZIO n. 265/2016 depositata il 20/01/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/02/2024 dal Consigliere Gian Paolo Macagno.
Svolgimento del processo
- Con l’avviso di accertamento n. (Omissis), l’Agenzia delle entrate, a seguito di P.V.C. redatto dalla Guardia di Finanza fondato su verbale di ispezione dell’INPS, contestava alla società in epigrafe l’omesso versamento di ritenute su maggiori compensi corrisposti ai propri dipendenti per l’anno 2007.
- La ragioni della società non erano apprezzate nei gradi di merito.
- Avverso la sentenza della CTR del Lazio indicata in epigrafe ricorre con tre motivi la società contribuente.
L’Agenzia delle entrate ha depositato foglio di costituzione per l’eventuale discussione in pubblica udienza.
- In prossimità dell’adunanza la ricorrente ha depositato memoria ex art. 380.1 bis cod. proc. civ.
Motivi della decisione
- Va preliminarmente rilevata la carenza di legittimazione ad impugnare di A.A., in proprio, che non risulta essere stato parte nei gradi di merito, con conseguente dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
- Deve essere quindi esaminata l’eccezione di giudicato sollevata dalla società contribuente, in relazione alla sentenza n. 8429/2914 della CTR del Lazio, che per l’anno 2006 avrebbe accertato con efficacia di giudicato che l’Impresa S Srl aveva correttamente attribuito ai propri dipendenti l’indennità di trasferta.
2.1. Va rilevato che la ricorrente richiama, inoltre, altre due pronunce della CTR del Lazio (la n. 279/2913 e la n. 472/2020) che, in relazione agli anni di imposta 2003 e 2204, avrebbero statuito su analoghe controversie in senso favorevole alla contribuente, all’epoca operante quale impresa individuale.
Il richiamo non è espressamente operato in funzione di una eccezione di giudicato esterno, e, comunque, queste ultime due sentenze non risultano prodotte.
2.2. Esaminando l’eccezione fondata sulla pronuncia n. 8429/2914 va considerato, in primo luogo, che il giudicato esterno, per essere eccepito o rilevato comunque per la prima volta nel giudizio di legittimità, deve essere sopravvenuto rispetto alla sentenza impugnata con il ricorso.
In relazione alla predetta sentenza irrevocabile, pubblicata in data 16/04/2014, rispetto alla data di deposito della sentenza qui impugnata (20/01/2016) e comunque alla data della relativa udienza di deliberazione (06/10/2015) – termine ultimo per ogni allegazione difensiva in grado di appello nel rito tributario (cfr. ex plurimis Cass. 16/10/2023 n. 28681; Cass. 02/09/2022, n. 25863; Cass. 31/05/2019, n. 14883, nel giudizio ordinario; Cass. 22/11/2021, n. 35920) – tale condizione non sussiste, sicché la rilevazione del giudicato rimane ulteriormente preclusa con riferimento a tutte le tre decisioni di merito sulla quale si fonda. Infatti, il ricorrente non deduce inequivocabilmente né dimostra di aver eccepito il giudicato nei precedenti gradi di merito.
2.3. Va comunque osservato che la problematica della configurabilità, nel processo tributario, dell’istituto del giudicato esterno e della conseguente efficacia espansiva, questione che trova come punto di riferimento la pronuncia delle Sezioni Unite, 16 giugno 2006, n. 13916, alla quale si è uniformata la successiva giurisprudenza della Corte di legittimità, propone al riguardo un orientamento interpretativo, peraltro rigoroso, al quale si intende assicurare continuità.
2.4. E’ stato in particolare affermato da questa Corte che: “a) il processo tributario non è un giudizio sull’atto (da annullare), ma ha, invece, ad oggetto la tutela di un diritto soggettivo del contribuente ed è quindi un giudizio che inevitabilmente si estende al merito e, dunque, anche all’accertamento del rapporto; b) si deve escludere che il giudicato (salvo che il giudizio non si sia risolto nell’annullamento dell’atto per vizi formali o per vizio di motivazione) esaurisca i propri effetti nel limitato perimetro del giudizio in esito al quale si è formato e se ne deve ammettere una potenziale capacità espansiva in un altro giudizio tra le stesse parti, secondo regole non dissimili – nei limiti della “specificità tributaria” – da quelle che disciplinano l’efficacia del giudicato esterno nel processo civile; c) se e vero che l’autonomia dei periodi d’imposta comporta l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori del periodo considerato, e altrettanto vero che una siffatta indifferenza trova ragionevole giustificazione solo in relazione a quei fatti che non abbiano caratteristica di durata e che comunque siano variabili da periodo a periodo (ad es. la capacità contributiva, le spese deducibili); vi sono, peraltro, anche elementi costitutivi della fattispecie a carattere (tendenzialmente) permanente, in quanto entrano a comporre la fattispecie medesima per una pluralità di periodi di imposta, quali le qualificazioni giuridiche (es. “ente commerciale”), assunte dal legislatore quali elementi preliminari per l’applicazione di una specifica disciplina tributaria e per la determinazione in concreto dell’obbligazione per una pluralità di periodi d’imposta, ovvero la rendita catastale e la spettanza di una esenzione o agevolazione pluriennale; d) va quindi escluso che il giudicato relativo ad un singolo periodo d’imposta sia idoneo a “fare stato” per i successivi periodi in via generalizzata ed aspecifica, bensì solo in relazione a quelle statuizioni che siano relative a qualificazioni giuridiche o ad altri eventuali elementi preliminari rispetto ai quali possa dirsi sussistere un interesse protetto avente il carattere della durevolezza nel tempo; e) nella fattispecie ivi considerata, concernente una esenzione pluriennale, il tempo costituisce un elemento referente della fattispecie medesima, assumendo la pluriennalità carattere costitutivo dell’esenzione (o agevolazione), in quanto il relativo arco temporale di estensione e stabilito in ragione di una considerazione unitaria di un insieme di periodi di imposta, trattati sostanzialmente come una sorta di maxiperiodo” (Cass., 7 dicembre 2018, n. 8138, in motivazione).
2.5. In particolare, è stato precisato che il principio del giudicato esterno non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso, oltre a riguardare soltanto le imposte sui redditi, si giustifica solo in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo, e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta, assumono carattere tendenzialmente permanente sì da potersi, a tal fine, considerare gli stessi come unicum e non come differenti periodi frazionati (Cass., 27 ottobre 2021, n. 38950; Cass., 20 febbraio 2020, n. 15171; Cass., 15 luglio 2016, n. 14509; Cass., 11 marzo 2015, n. 4832; Cass., 4 luglio 2011, n. 20029).
2.6. Più specificamente, qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il “petitum” del primo. Tale efficacia, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso, oltre a riguardare soltanto le imposte sui redditi ed a trovare significative deroghe sul piano normativo, si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (ad esempio, la capacità contributiva, le spese deducibili), e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente. In riferimento a tali elementi, il riconoscimento della capacità espansiva del giudicato appare d’altronde coerente non solo con l’oggetto del giudizio tributario, che attraverso l’impugnazione dell’atto mira all’accertamento nel merito della pretesa tributaria, entro i limiti posti dalle domande di parte, e quindi ad una pronuncia sostitutiva dell’accertamento dell’Amministrazione finanziaria (salvo che il giudizio non si risolva nell’annullamento dell’atto per vizi formali o per vizio di motivazione), ma anche con la considerazione unitaria del tributo dettata dalla sua stessa ciclicità, la quale impone, nel rispetto dei principi di ragionevolezza e di effettività della tutela giurisdizionale, di valorizzare l’efficacia regolamentare del giudicato tributario, quale “norma agendi” cui devono conformarsi tanto l’Amministrazione finanziaria quanto il contribuente nell’individuazione dei presupposti impositivi relativi ai successivi periodi d’imposta (Cass., Sez. U., 16 giugno 2006, n. 13916; Cass., 29 luglio 2011, n. 16675; Cass., 30 ottobre 2012, n. 24433; Cass., 1 luglio 2015, n. 13498; Cass., 3 gennaio 2019, n. 37).
2.7. In conclusione, deve escludersi che il giudicato intervenuto tra le stesse parti in relazione al medesimo tributo, e relativo ad un singolo periodo d’imposta, sia idoneo, ex se, a “fare stato”, in via generalizzata, per ulteriori periodi, precedenti o successivi, potendo avere un tale effetto solo in relazione a quelle statuizioni che siano relative a qualificazioni giuridiche, o ad altri eventuali elementi preliminari caratterizzati dalla durevolezza nel tempo. L’efficacia di giudicato su di un’annualità estende dunque i suoi effetti anche alle altre nel caso in cui vengano in esame fatti che, per legge, hanno durata pluriennale e sono idonei a produrre effetti lungo un arco temporale che comprende più periodi d’imposta; tali fatti sono allora suscettibili di essere considerati, ai presenti fini, come un unico periodo d’imposta (Cass., 24 maggio 2022, n. 16684).
2.8. Per quanto diffusamente rilevato sopra, nel processo tributario, l’effetto vincolante del giudicato esterno è limitato alle ipotesi in cui vengano presi in esame fatti che, per legge, hanno efficacia permanente o pluriennale, producendo effetti per un arco di tempo che comprende più periodi di imposta, o nei quali l’accertamento concerne la qualificazione di un rapporto ad esecuzione prolungata. E, tuttavia, qualora, invece, si abbiano accertamenti su più annualità, l’applicabilità del giudicato esterno deve essere valutata con riferimento all’autonomia dei singoli periodi d’imposta, al fine di stabilire se il giudicato formatosi su di un’annualità si estenda anche alle altre, oggetto di separato giudizio. In particolare, la sentenza del giudice tributario che accerta definitivamente il contenuto e l’entità degli obblighi del contribuente per un determinato periodo d’imposta fa stato, quanto ai tributi dello stesso tipo da questi dovuti per gli anni successivi, solo per gli elementi che abbiano un valore “condizionante” inderogabile rispetto alla disciplina della fattispecie esaminata, mentre, laddove risolve una situazione fattuale riferita ad uno specifico periodo d’imposta, come nel caso in esame, essa non può estendere automaticamente i suoi effetti ad un’altra e diversa annualità.
2.9. Nel caso di specie l’estensione non può operare, essendo la pronuncia invocata attinente a circostanze di fatto peculiari e differenti rispetto a quelle esaminate con riguardo all’anno di imposta qui in esame.
L’eccezione deve pertanto essere rigettata.
- Con il primo motivo di ricorso si denuncia la “Violazione o falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., dell’art. 2712 c.c., nonché del D.Lgs. n. 82/2005 e successive modifiche (codice della amministrazione digitale) e in particolare degli articoli 20, 21 22, 23 e 71 e infine dell’art. 2697 c.c. per la conseguente inesistenza, nullità ovvero annullabilità o inefficacia del verbale ispettivo INPS n. 3570/2007 nonché inesistenza degli atti derivati, in particolare il verbale della G. di F. del 17.10.2007, l’avviso di accertamento impugnato ed il relativo atto di contestazione, parimenti impugnato”.
3.1. Il motivo, da ritenersi proposto in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., pur in assenza di puntuale indicazione, è infondato.
3.2. Non coglie nel segno il richiamo alle norme del Codice dell’Amministrazione digitale invocate dalla contribuente, che disciplinano i requisiti di validità delle scritture private (art. 20 cit.), degli atti pubblici (art. 21 cit.), e delle copie informatiche di documenti analogici (art. 22 cit.) e analogiche di documenti informatici (art. 23 cit.)
3.3. Nel caso di specie, come già chiarito dai giudici del merito, i dati estratti dal sistema di controllo automatico nell’ambito della ispezione sono confluiti in un verbale cartaceo e sottoscritto dagli operatori che, in quanto redatto da pubblici ufficiali, fa fede fino a querela di falso dei fatti da essi accertati.
3.4. I dati, estratti e rielaborati da un sistema informatico, non sono destinati di per sé soli a prova privilegiata, facendo però fede fino a querela di falso non il documento informatico, ma il verbale redatto dai pubblici ufficiali, nella parte in cui attesta che quei dati sono stati estratti da quel sistema e sono quelli ivi indicati, e non assume pertanto alcun rilievo il disconoscimento operato ai sensi dell’art. 2712 cod. civ., e qui richiamato, peraltro inammissibilmente effettuato in via cumulativa nei confronti di tutta la documentazione formata e depositata dall’INPS (arg. da Sez. L -, Sentenza n. 5523 del 08/03/2018; Sez. 1, Ordinanza n. 19155 del 2019, in motivazione, specie sul disconoscimento; Sez. 2 -, Ordinanza n. 5141 del 21/02/2019).
3.5. I dati in sé sono oggetto di libera valutazione da parte del giudice del merito, valutazione che la CTR ha compiutamente effettuato, anche con elementi di riscontro esterni, accertando la loro attendibilità e la loro rilevanza istruttoria concreta.
3.6. Nel resto la contestazione è inammissibile perché inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità, dovendosi rilevare che, paradossalmente, la ricorrente pretenderebbe di negare l’attendibilità dei dati dell’accesso sulla base di una assunta prassi illecita, per cui i “badge” elettronici sarebbero di regola utilizzati da soggetti diversi dai titolari.
3.7. Deve pertanto enunciarsi il seguente principio di diritto: “I dati che i pubblici ufficiali, in sede di ispezione o verifica, estraggono e rielaborano da un sistema informatico non sono destinati di per sé soli a prova privilegiata, facendo fede fino a querela di falso non il documento informatico, bensì il verbale redatto dai pubblici ufficiali nella parte in cui attesta che quei dati sono stati estratti da quel sistema e sono quelli ivi indicati, mentre i dati in sé sono oggetto di libera valutazione da parte del giudice del merito, non sindacabile in sede di legittimità se congruamente e ragionevolmente motivata, non risultando altresì pertinente il richiamo alle norme del D.Lgs. n. 82/2005 (Codice dell’Amministrazione digitale), che disciplinano i requisiti delle scritture private e degli atti pubblici formati con modalità informatiche”.
- Con il secondo motivo di ricorso si lamenta la “Violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. nonché dell’art. 36 D.Lgs. n. 546/92.” per l’omessa valutazione da parte del Giudice di appello degli elementi istruttori offerti in entrambi i gradi di giudizio, che avrebbero confutato gli elementi, addotti dall’Amministrazione a sostegno della propria pretesa.
4.1. Il motivo è inammissibile alla luce del chiaro e costante insegnamento di questa Corte (v., tra le altre, Cass. 1 marzo 2022 n.6774, id. n. 1229 del 2019) secondo cui “In tema di ricorso per cassazione, una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione”.
4.3. Nel caso in esame, dalla lettura del motivo di ricorso nessuna di tali censure viene mosse al Giudice di appello del quale si contesta, esclusivamente e nella sostanza, la valutazione delle risultanze delle prove offerte, rilevandosi inoltre come la Commissione regionale abbia operato secondo corretti criteri, valutando, pur in via sintetica, gli elementi istruttori, anche indiziari, in combinazione ragionata tra loro.
- In conclusione, il ricorso proposto da A.A. deve essere dichiarato inammissibile ed il ricorso della società rigettato. Non si liquidano le spese di lite, in assenza di attività difensiva dell’Agenzia delle Entrate.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso proposto da A.A., in proprio, e rigetta il ricorso proposto da … Srl.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Conclusione
Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2024.
Depositato in Cancelleria il 20 marzo 2024.
MASSIMA: I dati che i pubblici ufficiali, in sede di ispezione o verifica, estraggono e rielaborano da un sistema informatico non sono destinati di per sé soli a prova privilegiata, facendo fede fino a querela di falso non il documento informatico, bensì il verbale redatto dai pubblici ufficiali nella parte in cui attesta che quei dati sono stati estratti da quel sistema e sono quelli ivi indicati, mentre i dati in sé sono oggetto di libera valutazione da parte del giudice del merito, non sindacabile in sede di legittimità se congruamente e ragionevolmente motivata, non risultando altresì pertinente il richiamo alle norme del D.Lgs. n. 82 del 2005, che disciplinano i requisiti delle scritture private e degli atti pubblici formati con modalità informatiche.