Cass. Civ. Sez. 5 -, Sent. 8 aprile 2022, n. 11432


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 15899/2015 R.G. proposto da:

… S.p.a., in persona del liquidatore p.t., elett.te domiciliato in …, presso lo studio dell’avv. …, unitamente agli avv.ti … che lo rappresentano e difendono come da procura a margine del ricorso;           – ricorrente/controricorrente incidentale –

contro

Comune di Montebello Vicentino, in persona del Sindaco p.t., elett.te domiciliato in …, presso lo studio dell’avv. …, unitamente all’avv. …., che lo rapp.ta e difende come da procura in calce al controricorso – controricorrente/ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 2044/30/14 della Commissione Tributaria Regionale del Veneto, depositata in data 11 dicembre 2014;

udita la relazione della causa svolta dal consigliere Dott.ssa D’ORIANO MILENA nella pubblica udienza del 20/1/2022;

udito per la ricorrente l’avv. …, per delega dell’avv. …;

udito per il controricorrente l’avv. …;

udito il P.M in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Stanislao De Matteis, che ha concluso nel senso del rigetto del ricorso principale e per l’accoglimento del ricorso incidentale.

Svolgimento del processo

  1. Con sentenza n. 2044/30/14, depositata in data 11 dicembre 2014, la Commissione Tributaria Regionale del Veneto rigettava l’appello proposto dalla società contribuente avverso la sentenza n. 7/4/14 della Commissione Tributaria Provinciale di Vicenza, con compensazione delle spese di lite;
  2. il giudizio aveva ad oggetto l’impugnazione di quattro avvisi di accertamento ICI, per gli anni 2010 e 2011, relativi a terreni edificabili acquistati nel 2007, e a fabbricati ivi insistenti, che risultavano dichiarati per un valore inferiore a quello adottato dalla G.M. del D.Lgs. n. 446 del 1997, ex art. 59, e rettificati al valore di Euro 65,77 al mq;
  3. la Commissione di primo grado aveva rigettato il ricorso della contribuente, ritenendo congruo il valore del tributo, ed accolto il motivo relativo alle sanzioni applicando il cumulo giuridico; la CTR aveva rigettato sia l’appello principale che quello incidentale.
  4. Avverso la sentenza di appello, la contribuente proponeva ricorso per cassazione, consegnato per la notifica il 11 giugno 2015, affidato a dieci motivi e depositava controricorso avverso il ricorso incidentale; il Comune resisteva con controricorso e proponeva appello incidentale, consegnato per la notifica il 25 settembre 2015, depositava altresì memoria ex art. 378 c.p.c..

 

Motivi della decisione

  1. Con il primo motivo di ricorso la società contribuente eccepiva la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c.dell’art. 324 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deducendo che la CTR del Veneto non aveva tenuto conto del giudicato esterno formatosi in relazione alla sentenza della stessa CTR n. 597/05/13, emessa tra le medesime parti, e relativa a terreni insistenti sulla stessa area ma relativa ad annualità precedenti, che aveva ridotto il valore dei terreni ad Euro 40,00;
  2. con il secondo motivo di ricorso denunciava la nullità della sentenza, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per omessa pronuncia in ordine alla eccezione di giudicato esterno di cui al primo motivo;
  3. con il terzo motivo eccepiva la formazione del giudicato esterno nei termini di cui ai primi due motivi;
  4. con il quarto motivo lamentava un omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che individuava nella determinazione del valore effettivo del terreno al mq, tenendo conto di altri parametri quali la capitalizzazione degli interessi passivi e l’inclusione delle perdite di gestione;
  5. con il quinto motivo denunciava un omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che individuava nell’incidenza degli oneri di urbanizzazione sul valore dell’area;
  6. con il sesto motivo lamentava un omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che individuava nella collocazione geografica e nelle caratteristiche dei terreni, divisi in due blocchi, il cui valore era condizionato dal completamento di una bretella autostradale in fase di realizzazione;
  7. con il settimo motivo denunciava un omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che individuava nella perizia di stima redatta per altro giudizio e nell’atto di compravendita di un terreno similare;
  8. con l’ottavo motivo eccepiva la violazione e falsa applicazione degli artt. 2421 e 2422 c.c.e degli art. 2 e 3 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver illegittimamente utilizzato i valori dichiarati dalla società nella delibera di aumento di capitale desumibile del verbale del c.d.a. del 27.2.2006;
  9. con il nono motivo eccepiva la violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè la violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per aver utilizzato contraddittoriamente ai fini della determinazione del valore anche atti successivi alla delibera di aumento di capitale di cui all’ottavo motivo;
  10. con il decimo motivo deduceva la violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 5, e art. 11, del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 59, comma 1, lett. g), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, contestando l’utilizzo da parte del Comune dei valori predeterminati dalla GM ex art. 59 cit. e la legittimità dei valori ivi fissati senza tener conto dei parametri indicati dal legislatore.
  11. Con un unico motivo del ricorso incidentale, il Comune deduceva la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12, comma 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui aveva ritenuto applicabile il cumulo giuridico delle sanzioni in caso di mancato pagamento di annualità successive.
  12. Preliminarmente va accolta l’eccezione di inammissibilità del ricorso principale, formulata dal Comune nel controricorso, in conseguenza della sua tardività.

12.1 Risulta incontestato che il presente ricorso è stato avviato per la notifica presso il domicilio eletto dal Comune in secondo grado, in (OMISSIS), solo in data 9 luglio 2015, e quindi ampiamente oltre il termine di sei mesi dal deposito della sentenza impugnata, avvenuto in data 11-12-2014.

12.2 Nè nella specie può assumere rilevanza la notifica attivata in data 11 giugno 2015, ma tentata con esito negativo in (OMISSIS), che costituiva il luogo di elezione di domicilio del Comune nel giudizio di primo grado.

In tema di rinnovazione della notifica costituisce, infatti, principio consolidato, affermato da questa Corte a Sezioni Unite nella sentenza n. 14594 del 2016, che “In caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa. (Conformi Cass. n. 19059 del 2017; n. 11485 e n. 20700 del 2018; n. 8618 del 2019; n. 17577 del 2020) Secondo tale consolidato principio il presupposto per poter procedere in maniera valida alla nuova notifica dopo il fallimento della prima, va individuato nella circostanza che quest’ultima non sia andata a buon fine “per ragioni non imputabili al notificante”.

12.3 Ebbene, il difensore del contribuente nulla ha eccepito al riguardo, limitandosi ad invocare un principio di ultrattività dell’elezione di domicilio sino alla successiva comunicazione di variazione ad opera della parte, che tuttavia nella specie risulta irrilevante dal momento che il Comune, non avendo mai variato il domicilio eletto nel giudizio di secondo grado. non aveva sul punto alcun onere di comunicazione.

In presenza di una corretta elezione di domicilio nel giudizio di secondo grado, ed in assenza di una successiva modifica di tale indirizzo, l’esito negativo della notifica, perchè effettuato in luogo diverso, ed in particolare presso il diverso domicilio eletto in primo grado, non può che imputarsi ad una mancanza di diligenza del notificante nell’individuazione del luogo di notificazione dell’impugnazione ai sensi dell’art. 330 c.p.c..

Tale negligenza, in assenza della deduzione di circostanze eccezionali che avrebbero potuto rendere non imputabile l’omessa notifica nei termini di cui all’art. 327 c.p.c. al domicilio regolarmente eletto ed indicato negli atti di II grado, non consente alcuna rimessione in termini, nè di ritenere tempestiva la successiva notifica sebbene avviata nell’immediatezza nel domicilio effettivamente eletto.

12.4 Mancando il requisito della assenza di negligenza nel notificante, che giustifica la possibilità di rinotificare entro il termine fissato dalle Sezioni Unite nella metà di quello di cui all’art. 325 c.p.c., il ricorso principale va dichiarato inammissibile per tardività.

  1. Va invece rigettato il ricorso incidentale.

13.1 In tema di cumulo di sanzioni, trova applicazione del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 12 (come sostituito dal D.Lgs. 5 giugno 1998, n. 203, art. 2, comma 1, lett. e), e successivamente modificato dal D.Lgs. 30 marzo 2000, n. 99, art. 2, comma 1, lett. a)); ai sensi di tale norma, il principio del cumulo materiale, che prevede la sommatoria di tante sanzioni quante sono le violazioni, risulta derogato a favore del contribuente dal cd. cumulo giuridico che consente l’applicazione di una sola sanzione maggiorata nei casi di:

1) concorso formale (art. 12, comma 1), che si ha quando un soggetto con una sola azione viola più norme anche relative a tributi diversi;

2) concorso materiale (art. 12, comma 1), ove la medesima disposizione sia violata, anche con più azioni, diverse volte;

3) progressione (art. 12, comma 2), che si ha quando, anche in tempi diversi, vengono commesse più violazioni che, nella loro progressione, pregiudicano “la determinazione dell’imponibile ovvero la liquidazione anche periodica del tributo”;

4) continuazione (art. 12, comma 5), per il caso in cui violazioni “della stessa indole vengono commesse in periodi d’imposta diversi”.

5) rilevanza delle stesse violazioni ai fini di più tributi (l’art. 12, comma 3).

In particolare la disposizione citata afferma che: “è punito con la sanzione che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave, aumentata da un quarto al doppio chi, con una sola azione od omissione, viola diverse disposizioni, anche relative a tributi diversi (comma 1, prima parte); soggiace alla stessa sanzione “chi, anche in tempi diversi, commette più violazioni che, nella loro progressione, pregiudicano o tendono a pregiudicare la determinazione dell’imponibile ovvero la liquidazione anche periodica del tributo” (comma 2); si applica la sanzione base aumentata dalla metà al triplo “quando violazioni della stessa indole vengono commesse in periodi di imposta diversi” (comma 5).

La stessa norma ha riformulato la disciplina generale dell’istituto della continuazione nell’illecito tributario, confermando ed ampliando il principio del cumulo giuridico delle sanzioni, che è stato reso obbligatorio e non più facoltativo (come invece disponeva la L. n. 4 del 1929, art. 8), e disciplinando specificamente l’ipotesi delle violazioni riguardanti periodi di imposta diversi, stabilendo, per questa particolare fattispecie, regole di maggior rigore, fermo restando, tuttavia, l’obbligo di procedere al cumulo giuridico delle sanzioni.

La nuova nozione di continuazione di cui all’art. 12 cit. ha determinato un superamento delle previgenti nel senso dell’obbligatorietà (in quanto la concessione del beneficio non è facoltativa per gli uffici); dell’irrilevanza dell’elemento psicologico (non essendo richiesta una “medesima risoluzione”) e dell’elemento temporale (non essendo limitata allo stesso periodo di imposta); dell’ampliamento oggettivo (applicandosi alla generalità dei tributi ed anche tra violazioni non riguardanti lo stesso tributo).

  1. Si è dunque in presenza di una pluralità di regole correttive la cui applicazione risente, a sua volta, della natura dei singoli tributi, dando luogo a conseguenze diverse che non si pongono in contrasto tra loro perchè riferite a fattispecie riduttive ed impositive differenti.

In termini più generali si è ritenuto che “Le violazioni tributarie che si esauriscono nel tardivo od omesso versamento dell’imposta risultante dalla dichiarazione fiscale non sono soggette all’istituto della continuazione disciplinato dalla D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12, comma 2, perchè questo concerne le violazioni potenzialmente incidenti sulla determinazione dell’imponibile o sulla liquidazione del tributo, mentre il ritardo o l’omissione del pagamento è una violazione che attiene all’imposta già liquidata, per la quale il D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, dispone un trattamento sanzionatorio proporzionale ed autonomo per ciascun mancato pagamento. (Vedi Cass. n. 10357 del 2015 in tema di imposta di bollo; Cass. n. 1540 del 2017 e Cass. n. 8148 del 2019) Tale principio si ispira alla considerazione che la sfera applicativa della progressione tributaria, di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12, comma 2, è limitata alle violazioni potenzialmente incidenti su “la determinazione dell’imponibile ovvero la liquidazione anche periodica del tributo” mentre, in caso di pagamenti omessi o tardivi che riguardano imposte già compiutamente liquidate si è in presenza di ipotesi di ben maggiore gravità, in quanto causative di un sicuro deficit di cassa, che giustificano l’inapplicabilità della continuazione e l’autonomia quoad poenam di ciascun tardivo od omesso versamento d’imposta, per il quale la legge, derogando alla generale applicazione degli istituti di favor rei di cui sopra, commina una distinta sanzione proporzionale, nella misura del trenta per cento di “ogni importo non versato” (D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13).

Su tale specifico aspetto, che esula dalla fattispecie in esame nel presente giudizio, si registra, tuttavia, un precedente difforme che ritiene applicabile la continuazione nell’ipotesi di cui all’art. 12, comma 2 cit., anche in caso di omessi versamenti rispetto ad imposte già determinate da versare alla scadenza; da Cass. n. 21570 del 2016 è stato, infatti, affermato che “In tema di sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie, si applica un’unica sanzione ridotta in luogo della somma delle sanzioni previste per i singoli illeciti in caso di omesso versamento, alle prescritte scadenze, degli acconti e dei saldi delle imposte dovute, atteso che il D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, identifica l’entità della sanzione, ma non incide sull’operatività della nuova disciplina della continuazione (o della progressione), di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12, comma 2, che ha reso obbligatorio il cumulo giuridico ed ha escluso la necessità che le violazioni siano riconducibili alla “medesima risoluzione”, allo stesso periodo d’imposta ed allo stesso tributo.” In materia doganale si è poi affermato che per le “sanzioni doganali è inapplicabile il regime della continuazione di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12, comma 5, che postula la commissione delle violazioni “in periodi d’imposta diversi”, trattandosi di nozione estranea al diritto doganale, senza che ad essa possa ritenersi equivalente il compimento delle singole operazioni di importazione ed esportazione” (Vedi Cass. n. 19633 del 2020), ed anche che premessa l’estensibilità della disciplina di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12, quanto “alle violazioni doganali, il concorso materiale omogeneo assume rilevanza, ai fini dell’applicazione dell’istituto della continuazione, solo ove si tratti di più violazioni di carattere formale e non invece nel caso di ripetute violazioni di carattere sostanziale che hanno dato luogo all’emissione di atti di irrogazione di sanzioni distinti per ciascuna delle violazioni”(vedi Cass. n. 1974 del 2020).

Anche per il tardivo pagamento dei diritti doganali in conto di debito si è esclusa l’applicazione del cumulo giuridico del D.Lgs. n. 472 del 1997, ex art. 12, comma 1, trovando applicazione il regime sanzionatorio ai sensi del D.Lgs. n. 471 del 1997, ex art. 13, in ragione del carattere intrinsecamente dannoso della mora debendi (Cass. 8 marzo 2013, n. 5897, Rv. 625953).

  1. Dalle ipotesi in cui le ripetute condotte illecite si concentrano comunque in un unico periodo d’imposta, e che rientrano nella previsione di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12, comma 2, vanno poi distinte quelle in cui la commissione degli illeciti continua ripetutamente in relazione al medesimo tributo, ma in più periodi d’imposta, e ove la continuazione della violazione rientra invece nella disciplina del comma 5, per il quale “quando violazioni della stessa indole vengono commesse in periodi di imposta diversi si applica la sanzione base aumentata dalla metà al triplo” (Vedi Cass. n. 29966 del 2019, non massimata).

15.1 In materia di ICI costituisce già orientamento consolidato che” l’omessa presentazione della dichiarazione per più periodi, fino al regolare adempimento, oltre a comportare l’applicabilità delle sanzioni per ciascuna annualità, non osta all’applicazione del regime della continuazione previsto dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12, comma 5, venendo in rilievo condotte che, traducendosi nel reiterato ostacolo alla determinazione dell’imponibile ed alla liquidazione dell’imposta con riferimento allo stesso tributo, sono tra loro oggettivamente e strettamente collegate” (Vedi Cass. n. 18447 del 2021; Cass. n. 18230 del 2016), trattandosi di violazione della stessa indole, ascrivibili ad una medesima reiterata condotta e quindi meritevoli del suddetto regime attenuato della continuazione (Vedi Cass. n. 728 del 2021 e Cass. n. 8829 del 2019, non massimate).

  1. Ebbene, analoghe considerazioni vanno effettuate anche nell’ipotesi in cui, con identici accertamenti della medesima natura e contenuto, l’ente impositore contesti al contribuente un omesso o insufficiente versamento dell’imposta ICI, in relazione ad annualità successive.

Tale ipotesi, infatti, conseguente ad accertamenti rispetto ad uno stesso immobile, fondati sugli stessi presupposti di fatto e diritto, riferiti a diversi periodi di imposta, è certamente sussumibile in quella di più violazioni della stessa indole, di cui al D.Lgs. cit., art. 12, comma 5.

16.1 Nè, del resto, in questi casi sarebbe configurabile la ratio che ha portato all’esclusione della continuazione per progressione di cui all’art. 12, comma 2, stesso decreto, dal momento che l’omesso o insufficiente versamento non risulta parametrato rispetto ad una imposta già predeterminata e liquidata, bensì all’esito di un accertamento con cui l’ente impositore ha proceduto all’esatta determinazione del tributo dovuto per ciascuna annualità.

  1. Tanto premesso, facendo corretta applicazione delle norme e dei principi suindicati, va affermato il seguente principio di diritto “In tema di ICI, in caso di più violazioni per omesso o insufficiente versamento che, in relazione ad uno stesso immobile, conseguono ad identici accertamenti per più annualità successive, deve trovare applicazione il regime della continuazione attenuata, di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12, comma 5, che consente di irrogare un’unica sanzione, pari alla sanzione base aumentata dalla metà al triplo”.

17.1 Dal momento che la CTR ha fatto corretta applicazione di tale principio, ne consegue il rigetto del ricorso incidentale.

  1. La soccombenza reciproca giustifica la compensazione delle spese di lite tra le parti.
  2. Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013, in quanto notificato dopo tale data, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17(che ha aggiunto il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1quater) – della sussistenza dell’obbligo di versamento da parte della società ricorrente e del Comune ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione dichiarata inammissibile e per il ricorso incidentale integralmente rigettato.

P.Q.M.

La Corte:

– dichiara inammissibile il ricorso principale;

– rigetta il ricorso incidentale;

– compensa le spese di giudizio tra le parti.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente e del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, all’esito della riconvocazione, il 3 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 8 aprile 2022


MASSIMA:  In tema di ICI, in ipotesi di più violazioni per omesso o insufficiente versamento dell’imposta relativa ad uno stesso immobile, conseguenti a identici accertamenti per più annualità successive, si applica il regime della continuazione attenuata di cui all’art. 12, comma 5, del d.lgs. n. 472 del 1997, che consente di irrogare un’unica sanzione, pari alla sanzione base aumentata dalla metà al triplo.